Oggi la mamma è piccola
Posted: Sun Jan 03, 2021 9:31 am
Oggi la mamma proprio non si vuole alzare. Per convincerla le riempio la faccia di baci, le faccio il solletico e mille linguacce, ma lei nasconde la testa sotto le coperte e dice che vuole solo dormire. Niente da fare, dico io. Sposto le coperte e la tiro giù dal letto. Che pesante che è la mia mamma.
Davanti al lavandino la mamma si guarda allo specchio da dietro una tenda di capelli che la fanno assomigliare al cane buffo dei vicini. Prendo una sedia, ci salgo in piedi e comincio a pettinarla. Piano piano trovo un occhio poi anche l'altro. Trovo anche due labbra dritte come le righe del mio quaderno. Farle lavare la faccia è un'altra sfida. Che sfaticata che è la mia mamma.
La spingo fino in camera come fosse sugli sci e le ciabatte si lamentano: frusc frusc frusc. La mamma vuole tornare a letto, ma io la metto davanti all’armadio a fare la bella statuina. Oggi si vestirà come piace a me: i calzini a fiori rosa e gialli, la gonna arancione che fa le onde come il mare e la camicetta rossa che le tinge le guance dello stesso colore. Che pallida che è la mia mamma.
Arriviamo in cucina seguite dal frusc frusc frusc delle ciabatte pigre che si fermerebbero su ogni scalino. Metto la mamma a tavola e le costruisco un treno di pane carico di burro e marmellata di fragole. La mia preferita e anche la sua. «Mangia», le dico. «La colazione è il pasto più importante di tutta la giornata e noi abbiamo bisogno di forze: io per crescere, tu per sorridere.» Che magra che è la mia mamma.
Avvolgo la mamma nella sciarpa bianca piena di minuscole nuvolette grige che le piace tanto. Fuori c'è il sole, ma la mamma è freddolosa negli ultimi giorni, così prendo anche una maglia verde che infilo spingendo dentro la mia borsa. Mi aggrappo alla sua mano svogliata e la trascino in strada. Che pigra che è la mia mamma.
Frusc frusc frusc. Ho scordato di metterle le scarpe, così le ciabatte ci hanno seguito fin sul marciapiede! Faccio sedere la mamma sul gradino, le tolgo quelle ciabatte invadenti e le riporto in casa. Loro non possono uscire! Meglio usare i sandali rossi, come la camicia: sarà proprio una mamma colorata, oggi. Che distratta che è la mia mamma.
Allaccio i sandali con la lingua tra i denti, riprendo la mano che non ha ancora trovato la voglia di fare niente e ricomincio a tirare: tic, tic, tic canticchiano i tacchetti con un ritmo tutto diverso da quel brutto frusc frusc frusc che ci perseguita in casa. Che lenta che è la mia mamma.
Tira tira, spingi spingi, arriviamo dalla dottoressa Fiorella che ci aspetta sulla porta con un sorriso tutto denti e una gonna color arcobaleno grande come una mongolfiera. La dottoressa Fiorella prende in consegna la mano della mamma, io le dico di comportarsi bene poi mi siedo sulla poltrona verde mela e tiro fuori il blocco da disegno. Che silenziosa che è la mia mamma.
Disegno la mamma sorridente e vestita di tutti i colori come piace a me. La disegno mentre giochiamo a palla, mentre mangiamo una torta al cioccolato, mentre legge un libro e si arriccia i capelli tra le dita, la disegno mentre lavora e mentre nuota.
La disegno in tutte le maniere, solo non la disegno con la bocca dritta come una linea e sdraiata nel suo letto. Che felice che è la mia mamma.
Manca qualcosa nel mio disegno, ma certo, manco io! Ricomincio a disegnare e mi infilo tra le braccia di tempera e carta della mamma. Qui mi schizza, lì mi imbocca, qua mi accarezza la testa, là mi abbraccia. Che affettuosa che è la mia mamma.
Manca ancora qualcosa al mio disegno. Guardo e riguardo, ma non riesco a capire. Ci sono i colori, ci sono io, c’è la mia mamma. Poi capisco. Disegno una nuvola grossa e grassa con le pance da panna montata, faccio una mano e poi anche l’altra. Disegno un cerchio, ci metto occhi, naso e una bocca che sorride. Per ultimo aggiungo i capelli, ricci come i miei. Che sorridente che era il mio papà.
La porta si apre, la dottoressa Fiorella mi consegna la mano della mamma. La prendo, la stringo, la tiro. La mamma mi guarda, io le regalo il mio disegno. Mamma lo prende, osserva e poi sorride come nel mio disegno. Sorrido anche io. Tic, tic tic io e mamma torniamo a casa. Che bella che è la mia mamma quando sorride.
Davanti al lavandino la mamma si guarda allo specchio da dietro una tenda di capelli che la fanno assomigliare al cane buffo dei vicini. Prendo una sedia, ci salgo in piedi e comincio a pettinarla. Piano piano trovo un occhio poi anche l'altro. Trovo anche due labbra dritte come le righe del mio quaderno. Farle lavare la faccia è un'altra sfida. Che sfaticata che è la mia mamma.
La spingo fino in camera come fosse sugli sci e le ciabatte si lamentano: frusc frusc frusc. La mamma vuole tornare a letto, ma io la metto davanti all’armadio a fare la bella statuina. Oggi si vestirà come piace a me: i calzini a fiori rosa e gialli, la gonna arancione che fa le onde come il mare e la camicetta rossa che le tinge le guance dello stesso colore. Che pallida che è la mia mamma.
Arriviamo in cucina seguite dal frusc frusc frusc delle ciabatte pigre che si fermerebbero su ogni scalino. Metto la mamma a tavola e le costruisco un treno di pane carico di burro e marmellata di fragole. La mia preferita e anche la sua. «Mangia», le dico. «La colazione è il pasto più importante di tutta la giornata e noi abbiamo bisogno di forze: io per crescere, tu per sorridere.» Che magra che è la mia mamma.
Avvolgo la mamma nella sciarpa bianca piena di minuscole nuvolette grige che le piace tanto. Fuori c'è il sole, ma la mamma è freddolosa negli ultimi giorni, così prendo anche una maglia verde che infilo spingendo dentro la mia borsa. Mi aggrappo alla sua mano svogliata e la trascino in strada. Che pigra che è la mia mamma.
Frusc frusc frusc. Ho scordato di metterle le scarpe, così le ciabatte ci hanno seguito fin sul marciapiede! Faccio sedere la mamma sul gradino, le tolgo quelle ciabatte invadenti e le riporto in casa. Loro non possono uscire! Meglio usare i sandali rossi, come la camicia: sarà proprio una mamma colorata, oggi. Che distratta che è la mia mamma.
Allaccio i sandali con la lingua tra i denti, riprendo la mano che non ha ancora trovato la voglia di fare niente e ricomincio a tirare: tic, tic, tic canticchiano i tacchetti con un ritmo tutto diverso da quel brutto frusc frusc frusc che ci perseguita in casa. Che lenta che è la mia mamma.
Tira tira, spingi spingi, arriviamo dalla dottoressa Fiorella che ci aspetta sulla porta con un sorriso tutto denti e una gonna color arcobaleno grande come una mongolfiera. La dottoressa Fiorella prende in consegna la mano della mamma, io le dico di comportarsi bene poi mi siedo sulla poltrona verde mela e tiro fuori il blocco da disegno. Che silenziosa che è la mia mamma.
Disegno la mamma sorridente e vestita di tutti i colori come piace a me. La disegno mentre giochiamo a palla, mentre mangiamo una torta al cioccolato, mentre legge un libro e si arriccia i capelli tra le dita, la disegno mentre lavora e mentre nuota.
La disegno in tutte le maniere, solo non la disegno con la bocca dritta come una linea e sdraiata nel suo letto. Che felice che è la mia mamma.
Manca qualcosa nel mio disegno, ma certo, manco io! Ricomincio a disegnare e mi infilo tra le braccia di tempera e carta della mamma. Qui mi schizza, lì mi imbocca, qua mi accarezza la testa, là mi abbraccia. Che affettuosa che è la mia mamma.
Manca ancora qualcosa al mio disegno. Guardo e riguardo, ma non riesco a capire. Ci sono i colori, ci sono io, c’è la mia mamma. Poi capisco. Disegno una nuvola grossa e grassa con le pance da panna montata, faccio una mano e poi anche l’altra. Disegno un cerchio, ci metto occhi, naso e una bocca che sorride. Per ultimo aggiungo i capelli, ricci come i miei. Che sorridente che era il mio papà.
La porta si apre, la dottoressa Fiorella mi consegna la mano della mamma. La prendo, la stringo, la tiro. La mamma mi guarda, io le regalo il mio disegno. Mamma lo prende, osserva e poi sorride come nel mio disegno. Sorrido anche io. Tic, tic tic io e mamma torniamo a casa. Che bella che è la mia mamma quando sorride.