Una vita a granelli

1
viewtopic.php?f=8&t=1540&p=12568#p12568

Oggi sto bene. Altre volte sto bene, ma oggi sto bene davvero. Sento i polmoni che alzano la cassa toracica con vigore, gli occhi che girano tra le occhiaie pesanti, il cuore che spinge forte, quasi per uscire. Mi sento viva. Ed è proprio la giornata giusta per vivere, oggi è tornato Michele e mi ha portata al mare. Com'è stato difficile senza di lui. Cristina di solito è cortese, ma non può rimboccarmi la coperta sulle gambe come lui, non mi carezza i capelli come lui. Al mare non si può andare, le ruote si incastrano nella sabbia ed è difficile cambiare il costume. Non si può andare al mare in carrozzina.

Mi chiamo Emma e ho la SLA. Fatico a dimenticarlo, come ora, con Michele sulla sabbia che mi sussurra che sono bella. Fingo che non stia mentendo. La mia faccia è bloccata in una smorfia, non mi guardo più allo specchio. Le mie mani sono accartocciate, le mie gambe seguono linee che appartengono solo agli alberi. È difficile guardarmi con occhi privi di pietà, solo Michele lo sa fare, solo lui mi sta accarezzando con le mani e con gli occhi. La sabbia è calda tra le mie mani, posso sentire i raggi del sole posarsi sulla mie spalle. La mia schiena si appoggia al petto di Michele, la mia testa sorretta dalle sue spalle forti. Sapevo da sempre che sarebbe tornato.

Ricordo con amarezza il momento in cui la mia malattia ha imposto la sua presenza. Avevo diciott'anni, stavo entrando a scuola e sul primo gradino della scalinata il mio ginocchio cedette. Ero rimasta per poche ore in ospedale, mi avevano fasciato la gamba e rimandata a casa. Le stampelle non erano comprese e mia madre chiamò al telefono tutti i conoscenti per chiederne in prestito un paio. Sembrava fosse una questione di vita o di morte, era agitata come mai prima, alla fine dovette comprarle lei e io mi sentii così in colpa da chiedere di pagarle con i miei risparmi. Era iniziata la mia vita vera, senza corse, salti, passeggiate.
Continuai ad andare a scuola, senza capire cosa mi stesse succedendo, perché non guarivo mai. Aspettavo di tornare a casa per potermi sdraiare sul divano e sentirmi normale, più stavo in piedi e più la disperazione mi assaliva. Mi sentivo spossata e la gamba perdeva tonicità, spesso dei crampi logoranti la avvolgevano facendomi saltare sul letto nel pieno della notte. Le grida non bastavano a fermarli, iniziai a convivere con loro e con il pianto impotente di mia madre in sottofondo.
Michele era nella mia classe e si accorse presto che avevo la gamba fasciata da troppo tempo e che spesso saltavo le lezioni. Quando mi sentivo abbastanza bene da andare a scuola mi aiutava ad arrivare all'autobus e non mi lasciava mai sola a ricreazione. Ma quando mancavano un paio di mesi al diploma non poté più farmi compagnia sulla panchina del cortile, si era paralizzata anche l'altra gamba.

Michele mi ha portato delle conchiglie, le tiene con cura tra le mani sabbiose. I granelli seccati dal sole scivolano a terra mischiandosi agli altri, diventando anonimi e senza memoria. Nessuno li ricorderà più, come nella clessidra della mia vita, dove ogni giorno si mischia all'altro nell'attesa di svuotarle la testa.
Vedo passare un signore con i pantaloni eleganti arrotolati fino alle ginocchia che cammina sul bagnasciuga. Mi rivolge un accenno di sorriso anche se gli occhi rimangono persi nel mare, io gli dico buongiorno e mi chiedo come sia, cosa vuole dalla vita. Se è buono, cattivo, se sta scappando da qualcosa, se è sempre così triste, se gli piacciono le conchiglie. L'immaginazione è l'unica cosa che mi rimane da quando sono su questa carrozzina.

Quando anche la gamba destra si paralizzò mi infuriai con il mio medico perché non era riuscito a capirlo prima, perdendosi in un dedalo di controlli e medicine per me inutili. Io avevo bisogno di risposte che non arrivavano, ma quando mi disse cosa mi stava succedendo preferii non aver mai chiesto niente. Sclerosi Laterale Amiotrofica, SLA. Non ebbi il tempo di spaventarmi per me stessa, il cervello mi fu riempito di macigni al momento più pesanti. Il costo di medicinali che mi aiutassero a non sentire dolore, di una carrozzina che mi aiutasse quando mi volevo spostare, di un operatore sanitario che mi aiutasse quando ero sola. Passai dalla vergogna di aver fatto comprare delle stampelle a mia madre alla più logorante perdita di dignità.
Mi venne detto che la malattia sarebbe peggiorata velocemente, ma che non sapevano darmi un tempo preciso, ogni caso era diverso. Mia madre mi disse subito che non mi dovevo aspettare miracoli, ogni accenno di speranza mi venne proibito, secondo lei per il mio bene. Di giorno giravo veloce per casa, mi esercitavo per diventare più agile sulla carrozzina, ma fuori andavo piano. Cercavo di non farmi notare, di non suscitare domande o sorrisi commiseranti. La mia vita era fatta di ruote sul parquet e strategie di mimetizzazione.
Michele mi aiutò a seguire le ultime lezioni da casa e il giorno del diploma spinse la mia carrozzina fino all'aula dove mi aspettavano i professori. Lui non continuò a studiare, mi faceva compagnia dopo le lezioni dell'università che io seguivo da casa, trascriveva i miei esercizi di matematica, bevevamo thè e ci rimpinzavamo di biscotti al burro. Lui mi insegnò a respirare forte per imparare gli odori diversi delle stagioni, facendomi dare un senso al mio esserci. Il mondo era lì per me come un dipinto meraviglioso, l'avevano creato perché io potessi ammirarlo, assaporarlo e ascoltarlo. Dentro al mondo io e Michele coltivavamo con pazienza un amore ideale fatto di risate e passeggiate lente nei viali asfaltati, fino a che lui trovò lavoro a Londra.
Fu mia madre a comunicarmelo e come punizione dovette fermarmi infinite volte mentre cadevo. Non sapeva quando sarebbe successo, non lo sapevo esattamente nemmeno io, ma senza che potessi fare nulla ogni tanto il suo ricordo tornava. Michele mi compariva in testa emergendo dal mare piatto del mio cervello e provocava una tempesta da nausea, la barchetta di carta del mio buonsenso si inzuppava e sprofondava. Mi arrabbiavo con il mio corpo cocciuto che non riusciva a correre da Michele, lo costringevo ad alzarsi spingendomi in alto con la poca forza che mi restava nelle braccia e puntualmente arrivavo con il naso a due centimetri dal pavimento, finchè mia madre non mi salvava. Ero quasi soddisfatta di vederla spaventata, un po' la detestavo per aver infranto il mio mondo e credevo che fosse giusto che anche lei avesse qualche pena.
Michele se n'era andato senza dirmi niente, non aveva lasciato messaggi e non riuscii a trovare il suo nuovo indirizzo, mi aveva abbandonata. Ogni mio pensiero si legò alla solitudine, ogni frase o situazione mi sembrava un'offesa alla mia condizione, volevo che il mondo vivesse con il pensiero fisso della mia sfortuna e mi infuriavo quando lo scordava. Diventai cattiva e permalosa, il mio cervello era pieno di corde tese che ogni movimento maldestro della gente faceva saltare. Le lacrime erano sempre pronte a uscire, sull'orlo del precipizio mi abituai a vedere il mondo a metà. Dimenticai spesso di ringraziare il destino che mi teneva in vita, non riuscivo a pensare a ogni giorno come a un regalo, volevo che tutto finisse, ma il mio corpo era così debole che non riusciva nemmeno a farsi del male. Non riuscivo più a vedere il dipinto meraviglioso del mondo, i suoi profumi mi infastidivano e avrei voluto non vedere niente.
Passò un anno e mia madre assunse Cristina, una ragazza di ventidue anni che mi avrebbe seguita quando lei non c'era. Odiai subito quell'intrusione e il fatto che fosse più giovane di me non aiutò la mia accettazione. Mi sentii umiliata, dipendente da una ragazzina e incapace di esercitare quell'autorità che avrei voluto. Lei prese il posto di mia madre nei miei salvataggi all'ultimo secondo, mi circondava di cuscini giganteschi quando ero sul divano e non mi perdeva mai di vista. Iniziò a controllarmi anche dopo avermi sistemata sul gabinetto o nella vasca da bagno, nonostante riuscissi ancora a tenere la spugna tra le mani. Mia madre era rassicurata dalla sua dedizione e si sentiva autorizzata a prendersi le sue libertà, usciva più spesso e tornava più tardi. Io credetti di essere stata dimenticata e intanto l'immobilità saliva.

Michele mi riempie di baci, di parole e di calore. Per un momento quasi mi fido e credo che tutto andrà bene, che lui rimarrà con me per sempre. Dice che non dovrebbe essere mai partito, mi giura che si è subito pentito. E allora perché non sei subito tornato? Guarda da un'altra parte, diventa triste e non risponde. Non insisto, mi lascio distrarre dai gabbiani che si tuffano in mare, bianche spose di Poseidone.

Un paio di mesi fa mia madre iniziò a parlare del mio compleanno. Avrei compiuto trent'anni e lei avrebbe organizzato una festa, anche i medici sostenevano che era un miracolo che fossi ancora viva. Mia madre disse che l'atmosfera della casa doveva essere allegra, che dovevo essere felice per continuare a vivere. La faceva davvero facile, secondo lei sarebbero bastati dei festoni e un abito elegante per farmi sentire bene. Invece tutto è andato contro i suoi piani a partire da qualche ora fa, quando ha provato a infilarmi un vestito da sera rigonfio di tulle rigirandomi sul letto come una salsiccia. Cristina cercava di nascondere la risata che le traboccava dalle labbra e mia madre quasi piangeva dalla frustrazione, io mi sono opposta alla sua idea stupida rifiutando qualsiasi collaborazione.
Manca mezz'ora all'arrivo degli ospiti e io ho chiesto di andare in spiaggia. Casa mia non è lontana, bastano dieci minuti a piedi per sentir scricchiolare la sabbia. Per anni mi è stato negato questo regalo, ma oggi è il mio compleanno e non hanno potuto non acconsentire. Cristina mi ha sollevata mentre mia madre spostava la carrozzina vicino a un ombrellone, poi mi ha posata su un asciugamani e si è accomodata accanto a me, ma le ho chiesto di lasciarmi da sola. Sono rientrate insieme in casa e io mi sono sentita libera da tutta l'incuranza e la debolezza di cui è intrisa la mia famiglia. Mia madre non piange più per me e io la sento più lontana quando mi è vicina che quando non c'è quindi ora mi sento bene. Allungo le dita tra la sabbia, chiudo gli occhi e finalmente ricevo il mio regalo di compleanno. Vedo il mio Michele venirmi incontro e lo abbraccio con braccia di rami, a lui permetto di sedermi vicino ed è di nuovo mio.
Il cielo cambia sopra la mia testa, delle gocce d'acqua mi bagnano le braccia e riflettono l'ombra delle nuvole. La luce sta calando e tutto diventa più grigio, l'aria più fredda. La nebbia e le nuvole mi gonfiano il cervello come una spugna, l'istinto ritorna primitivo e si sente Dio. La pioggia diventa più pesante, ma mia madre non si vede. Guardo Michele, sta sorridendo con il volto al cielo, mi fa pensare di nuovo a quanto sia bello il mondo. Non facile, non benevolente, ma bello certamente sì, pieno di dettagli da catturare e sensazioni. Capisco che sento nuovamente amore, che riesco nuovamente a immaginare. Michele mi bacia, mi stringe a sé e mi viene da piangere per la felicità.
Poi mia madre arriva di corsa e mi copre con un impermeabile, le sue lacrime come le mie si mischiano alle gocce di pioggia o forse non sta piangendo. Da sola solleva la carrozzina e la porta sull'asfalto, poi mi raccoglie come un Cristo michelangiolesco e arranca nella sabbia per portarmi in salvo. Michele non c'è più, lei l'ha fatto svanire con la sua materialità, ma non importa, più tardi tornerà.

Michele è la creazione che alla mia mente è sempre riuscita meglio, conosco a memoria ogni onda dei capelli e so aggiungere ogni tanto qualche ruga attorno agli occhi perché immagino che sorrida molto. La sua vita deve essere felice a Londra, forse si è sposato, forse ha avuto dei bambini, spero siano buoni come lui. Non mi importa più di essere stata dimenticata, con il tempo ho imparato a capire la sua paura o forse la sua voglia di libertà. Michele non lo sa, ma è per lui che sono ancora qui, che il mio cervello ha spinto forza vitale nei polmoni e nel cuore, mi sono aggrappata alla sua figura come da bambina al mio amico immaginario, confidandomi con lui e amando la sua immagine plasmabile anche più di lui. Mia madre mi porta in casa, Michele mi tiene la mano.

Re: Una vita a granelli

2
Spero non sia un racconto autobiografico. Mi hai emozionata, l'ho trovato davvero splendido. Profonda e pur misurata la rabbia, che non significa descritta sottotono, ma proporzionata all'esperienza che il personaggio va maturando giorno dopo giorno. Un amore, quello per MIchele, nato al tempo della salute e del "tutto il futuro davanti". Poi la sensibilità, la disponibilità e infine l'abbandono da parte del ragazzo. Hai usato uno stile che non enfatizza, ma descrive ogni dettaglio di questa triste esperienza attraverso lo sguardo esterno e interno della ragazza, e il lettore segue passo dopo passo l'evolversi della storia. Si colgono appieno le dinamiche familiari, e come esse vengono interpretate dell'inferma. La lunghezza delle frasi accompagna la lettura senza inciampo, non  ho trovato nemmeno refusi. Tutto fila per trama, metafore, registro. In sintesi, non cambierei nulla. Sembra di sentire il pulsare dell'animo di questa giovane donna che rimane attaccata alla vita grazie a quel sogno d'amore giovanile. 

Molto belle alcune espressioni che riporto sotto

Brava, brava, brava
AgnesePeretto ha scritto: la barchetta di carta del mio buonsenso si inzuppava e sprofondava.

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ti rileggerò volentieri. [/font]

Re: Una vita a granelli

3
posto qui le altre frasi che sono scomparse dal commento sopra:
AgnesePeretto ha scritto: Lui mi insegnò a respirare forte per imparare gli odori diversi delle stagioni, facendomi dare un senso al mio esserci.
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]La faceva davvero facile, secondo lei sarebbero bastati dei festoni e un abito elegante per farmi sentire bene. Invece tutto è andato contro i suoi piani a partire da qualche ora fa, quando ha provato a infilarmi un vestito da sera rigonfio di tulle rigirandomi sul letto come una salsiccia. Cristina cercava di nascondere la risata che le traboccava dalle labbra e mia madre quasi piangeva dalla frustrazione, io mi sono opposta alla sua idea stupida rifiutando qualsiasi collaborazione.[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Non insisto, mi lascio distrarre dai gabbiani che si tuffano in mare, bianche spose di Poseidone.[/font][/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]N.b.non riesco a quotare, dopo avere selezionato la frase, il messaggio che permetterebbe di quotarla scompare subito.[/font][/font]

Re: Una vita a granelli

5
@Adel J. Pellitteri no, non è autobiografico fortunatamente  O_o ho ottenuto il primo premio in un concorso sulla disabilità e mi hanno chiesto anche quelli della giuria se fosse un'esperienza di qualche mio familiare e sono rimasti sorpresi quando hanno saputo che non era così. Per me è motivo di molto orgoglio perché il perno del mio scrivere è proprio quello di immedesimarmi in personaggi molto diversi da me e immaginare come vivrebbero loro, e sono felice quando riesco a farne uscire un buon lavoro. Non amo molto le opere dove l'autore parla di sé, mi sembra riduttivo guardare la propria realtà, quando la scrittura è proprio il contrario, cioè inventare altri mondi e altre situazione diverse dalle proprie  :P Grazie mille ancora per i complimenti! E grazie anche per aver notato il mio buon italiano, è una lingua che sono contenta di padroneggiare bene, essendo la più splendida del mondo xD Insomma grazie grazie grazie a te!

Re: Una vita a granelli

6
AgnesePeretto ha scritto: on amo molto le opere dove l'autore parla di sé, mi sembra riduttivo guardare la propria realtà, quando la scrittura è proprio il contrario, cioè inventare altri mondi e altre situazione diverse dalle proprie
Concordo con la tua linea narrativa. 

Re: Una vita a granelli

7
@AgnesePeretto, perdonami, ma devo chiudere il tuo racconto perché hai sforato con i caratteri: qui siamo nella sezione racconti da 8000 caratteri, i tuoi sono più di 12000, quindi andrebbe postato nei Racconti lunghi. 
Il commento che hai scritto non è sufficiente alla pubblicazione, leggi questo post ti può sicuramente aiutare a capire come meglio organizzarti per un commento valido per postare. In cima a ogni sezione c'è un post che contiene le regole per pubblicare, leggi per bene anche quelli; per esempio, per un racconto lungo come il tuo, il commento va fatto a un racconto della stessa sezione o a due da altre sezioni.
Non ti scoraggiare, all'inizio sembra più difficile di quanto non sia in realtà.
Non appena avrai regolarizzato la situazione del tuo racconto puoi scrivere un messaggio a uno staffer che provvederà a riaprire il tuo racconto. Se hai bisogno di chiarimenti scrivimi in privato. 
https://www.edizioniel.com/prodotto/lan ... 866568070/
https://www.edizionipiuma.com/it/i-disobbedienti/
Linda e la montagna di fuoco
Bloccato

Torna a “Racconti”