[MI148] Cella senza cielo

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Traccia di mezzanotte

Varco la soglia della cella d’isolamento e un uomo identico a me entra dalla parte opposta. Ci guardiamo negli occhi, sbigottiti, mentre le porte si chiudono.
«Hey! Che significa?» Domandiamo nello stesso momento.
Lo guardo con diffidenza, e lo stesso fa lui. Le pareti bianche della stanza circolare sono senza finestre e l’unico arredamento è un piccolo pilastro tronco al centro del pavimento. «Che sta succedendo?» Chiediamo in perfetto sincrono.
Avanziamo di un paio di passi uno verso l’altro. Quegli occhi, quel naso, quelle labbra… sono io. Alzo la mano destra e lui fa lo stesso. Non mi sta imitando: i nostri movimenti sono specchiati.
«Che cosa si sono inventati, pur di...» Scuotiamo la testa, increduli, poi alziamo lo sguardo alla telecamera tonda al centro del soffitto. «Credete che gettarmi in cella con un mio clone mi farà cantare?»
«No, no, aspetta», torniamo a guardarci. «Forse hai sbagliato a capire». La voce mi arriva doppia alle orecchie. «Il clone sei tu». Ci puntiamo il dito contro e quasi si toccano.
Questo è troppo. Non solo mi hanno clonato, mi vogliono anche far credere che lui ora stia pensando esattamente come me. È inconcepibile: sono un essere umano, sono un pezzo unico, sono io, e non riusciranno a deumanizzarmi fino a farmene dubitare. Qualsiasi gioco stiano tentando, non riusciranno a... «piegarmi», sussurriamo in contemporanea. Stava seguendo il mio stesso filo di pensieri?
Prendo fiato e gli assesto un gancio destro in volto. Vengo sbalzato all’indietro, un dolore pulsante allo zigomo sinistro, e lo stesso accade a lui.
«Maledetto...» Ci portiamo una mano al viso e ci lanciamo un’occhiata furente.
Sulla colonnina compare un piccolo monitor che riporta un conto alla rovescia: 54 minuti. Passo a sinistra della colonna, e il clone mi passa accanto dall’altro lato; torniamo a guardare i monitor: identici, da una parte e dall’altra.
«Dove si nascondono i tuoi compagni?» Una voce metallica da qualche altoparlante nascosto. «È tutto ciò che vogliamo sapere. Chi di voi due confesserà avrà la grazia immediata invece della condanna a morte. Se non avremo risposta entro il tempo indicato sui monitor, morirete entrambi.»
La voce tace e noi ci guardiamo. «Non osare aprire bocca, o giuro che... Mi fa incazzare anche solo che pensi che possa farlo! Stai zitto!» Mi afferro la testa tra le mani. «Parla tu. No, parla tu. Ora io sto zitto e tu parlerai, okay?» Ci guardiamo l’un l’altro, in silenzio. Prendo fiato, ma lo stesso fa lui; allora taccio, ma lo stesso fa lui. «Ho detto di...» Diciamo in contemporanea. «Basta! Non abbiamo bisogno di dialogare, giusto? Ci sta solo mandando fuori di testa.»
Ci sediamo uno di fronte all’altro, la schiena poggiata contro la parete bianca. Calma. L’altro sta avendo i miei stessi pensieri, è nella mia stessa situazione – o meglio, crede di esserlo, ma è solo un clone – quindi non ho motivo di preoccuparmi. Non confesserò mai, quindi neanche lui lo farà.
Sorrido alla telecamera. Nei minuti che mi separano dalla morte ripercorro alcuni ricordi. Ogni tanto io e il clone ci rivolgiamo un sorriso malinconico e ne commentiamo qualcuno assieme: «oh, quella ragazza», oppure «quella volta me la sono vista brutta». Non c’è bisogno che esplicitiamo gli accaduti, ci stiamo pensando entrambi.
Arrivati sotto al minuto d’attesa ci alziamo in piedi. Non parliamo, non ce n’è bisogno, ma non riusciamo a trattenere le lacrime.
... 2, 1, 0.
La cima della colonna tronca si apre come una botola e un carrello emerge con un ronzio metallico. C’è posata una pistola. Fisso il buco nero della canna.
«Cosa volete fare?», alzo lo sguardo alla telecamera.
«E adesso?», chiede il clone, lo sguardo sull’arma.
Trasalisco.
«Ma certo...» Mormora lui.
«È la pistola», dico. «L’unico oggetto non simmetrico in questa cella è la pistola».
«Per questo la divergenza». Mi parla sopra.
«Cambio di piani», dice la voce beffarda all’altoparlante. «Solo uno di voi due è condannato a morte, e chi porta a termine l’esecuzione può sopravvivere. Prego, procedete.»
Mi irrigidisco. «Non farlo».
«Uno di noi dovrà».
«Messa in questi termini, è scontato chi dovrà morire».
«Già», conferma. «Il clone».
Annuisco. «Cioè tu».
«No, tu».
«Senti...» Faccio spallucce. «Tu sai tutto quello che ho passato, no? Ti hanno impiantato i miei ricordi, in fondo. E sai che tutta questa situazione» faccio un gesto largo col braccio «mi sta mandando fuori di testa. Perciò, ti prego; lo capisco, davvero, lo so che sei convinto di essere l’originale e pensi di avere diritto di vivere tanto quanto ne ho io, ma cerca di avere un minimo di compassione verso me – verso te stesso! Non ti sembra la scelta più giusta che sia il clone a morire?»
«Certamente è la scelta più giusta, ma come fai a dire di essere l’originale? Fino a prova contraria, l’unica cosa che so è che io» si batte un pugno sul petto «sono nato e cresciuto in questo corpo, io» si porta l’indice alla tempia «ho vissuto tutte le esperienze che ricordo, io ho lottato e ho sofferto e sono stato torturato. Io, non tu. E non c’è niente al mondo che possa farmi cambiare idea.»
Poso la mano destra sulla canna dell’arma, e lui sul calcio. «Non c’è altra scelta, vero?» Chiedo.
«Ce la giochiamo a sorte?»
Annuisco. «Morra cinese?»
Annuisce. «Subito». Alza il pugno sinistro.
Un momento, maledizione, lasciami pensare. La mia mossa più usata è sasso, quindi è anche la sua. Questo significa che dovrò usare carta per vincere. Ma se lui fa lo stesso ragionamento, allora...
«Subito!» Mi sorride.
Inizia a contare e sono costretto a fare lo stesso. Se lui userà carta, allora io userò...
Uso forbice. Lui sasso.
Alzo lo sguardo, inorridito. Strattono la pistola, ma lui è più rapido; rovino a terra e lui mi punta l’arma in fronte. «Mi dispiace».
«Aspetta!» Sbraito, e guardo la telecamera. «Il nostro quartier generale è sotto al vecchio municipio abbandonato! Vi prego, non lasciatemi morire.»
«Maledetto!» Alza l’arma al soffitto. «Non volevo ucciderti, pensavo lo sapessi, visto che siamo la stessa persona, stupido idiota!» Mira alla telecamera e preme il grilletto.
Clic. È scarica. Le porte della cella si aprono.

Re: [MI148] Cella senza cielo

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Sono senza parole: che tortura raffinata!
Noi contro noi stessi, il nemico sembra fuori ma è dentro di noi.
Trovo che anche il titolo sia molto azzeccato.
Hai descritto così bene la situazione che nemmeno viene voglia di chiedersi dove e quando esattamente si svolga questa storia, perché é stato arrestato, come si producano i cloni, come facciano a rubare e impiantare i ricordi.
Il tuo racconto mi ha lasciato soddisfatta così com'è.
Fantastico!

Re: [MI148] Cella senza cielo

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@Mina ciao, bello de zio. Quanto tempo. Mi sei mancato   :love3:
Mina ha scritto: «Hey! Che significa?» Domandiamo nello stesso momento.
Domandiamo penso vada in minuscolo
Mina ha scritto: «Che sta succedendo?» Chiediamo in perfetto sincrono.
qui pure
Mina ha scritto: «Credete che gettarmi in cella con un mio clone mi farà cantare?»
no, dai. Cantare è kitsch
Mina ha scritto: «No, no, aspetta», torniamo a guardarci. «Forse hai sbagliato a capire». La voce mi arriva doppia alle orecchie. «Il clone sei tu». Ci puntiamo il dito contro e quasi si toccano.
Questo è troppo. Non solo mi hanno clonato, mi vogliono anche far credere che lui ora stia pensando esattamente come me. È inconcepibile: sono un essere umano, sono un pezzo unico, sono io, e non riusciranno a deumanizzarmi fino a farmene dubitare. Qualsiasi gioco stiano tentando, non riusciranno a... «piegarmi», sussurriamo in contemporanea. Stava seguendo il mio stesso filo di pensieri?
bella l'idea, potente. Inquietante. Resa bene e con pochi passaggi

 uuh, Minuccio... molto figo. Esposizione asciuta, secca e senza fronzoli (anche se dopo il trentesimo "clone" volevo chiamare i carabinieri... potevi usare qualche sinonimo o comunque giocarci un po'), e quel finale che davvero mi ha spiazzato. Non ho temuto la banalità nel finale perché non sei il tipo. Ti conosco, mascherina. In alcune cose mi ha ricordato il romanzo Loop, forse lo conosci, ma quello mi aveva fatto cagare, il tuo racconto invece mi è piaciuto un sacco.
Saluti :plata: 
Barone sbracato che non chiede dazio né gabella.

Re: [MI148] Cella senza cielo

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@Mina 
Un racconto intriso di suspense e tensione. Non perdi tempo e fai entrare subito il lettore nel fitto della trama con scambi veloci e potenti. Una bella idea ben congegnata... fino a metà. Quando, come altri ti hanno fatto notare, l'uno diventano due, casca l'impalcatura che avevi sapientemente costruito fino a quel momento e ti resta quel non so che di incompiuto. Il finale è a sorpresa e preparato a dovere ma non basta, a mio avviso, a risollevare il tutto.

Re: [MI148] Cella senza cielo

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@@Monica @L @Almissima @Plata @Brutus @Alba359 @Kasimiro Grazie mille  :love:
Plata ha scritto: lun apr 12, 2021 5:28 pmIn alcune cose mi ha ricordato il romanzo Loop, forse lo conosci, ma quello mi aveva fatto cagare, il tuo racconto invece mi è piaciuto un sacco.
No, non lo conosco, e se dici così non credo lo leggerò  :asd: ma ti ringrazio tanto   :arrossire:

L ha scritto: lun apr 12, 2021 2:43 pmnon capisco perché a un certo punto le due persone/cloni smettano di parlare e muoversi all’unisono.
Brutus ha scritto: lun apr 12, 2021 9:07 pmQuando, come altri ti hanno fatto notare, l'uno diventano due, casca l'impalcatura che avevi sapientemente costruito fino a quel momento e ti resta quel non so che di incompiuto.
Il punto incriminato è questo:

Mina ha scritto: dom apr 11, 2021 10:14 pm«Cosa volete fare?», alzo lo sguardo alla telecamera.
«E adesso?», chiede il clone, lo sguardo sull’arma.
Trasalisco.
«Ma certo...» Mormora lui.
«È la pistola», dico. «L’unico oggetto non simmetrico in questa cella è la pistola».
«Per questo la divergenza». Mi parla sopra.
È colpa mia, sono stato poco chiaro  :hm: Quello che intendevo è questo:

«Cosa volete fare?», alzo lo sguardo alla telecamera.
«E adesso?», chiede il clone, lo sguardo sull’arma.
Trasalisco, rendendomi conto che abbiamo smesso di parlare e agire in sincrono.
«Ma certo...» Mormora lui.
«È la pistola», dico. «L’unico oggetto non simmetrico in questa cella è la pistola».
«Per questo abbiamo iniziato a divergere, è la nostra prima esperienza diversa». Mi parla sopra.

Insomma, il punto è che a parità di esperienze passate, in situazioni identiche ci si comporterà sempre allo stesso modo, e quindi non esiste libero arbitrio; ma la rete meccanicistica è così complessa che basta un piccolissimo elemento - una pistola, per uno rivolta dalla parte del calcio e per l'altro della canna - a cambiare una persona. Tutto quanto nella stanza è simmetrico, e per questo i due individui hanno gli stessi identici stimoli, fino all'arrivo della pistola, che è pur sempre una differenza piccola, e infatti non diventano due opposti di punto in bianco: ancora si parlano sopra, ancora compiono ragionamenti praticamente uguali. Ma basta un elemento così semplice per far sì che differiscano abbastanza per rendersi conto quando uno o l'altro voglia parlare e lasciarlo parlare: in questo modo si instaura un dialogo, e dialogando i due si differenziano sempre più.
Quello che si ritrova l'arma dalla parte dell'impugnatura decide di compiere un gesto eroico, ovvero fingere di voler uccidere l'altro per poi in realtà distruggere la telecamera (azione che poi si rivela comunque vana), e da qui la sua sicurezza a morra cinese; quello che invece si ritrova a guardare all'interno della canna della pistola trova in quel pozzo nero la paura della morte, e per questo le sue paranoie sulla morra cinese, e per questo arriva a rivelare l'informazione che i suoi aguzzini volevano, pur di sopravvivere.
Spero che questo chiarisca il mio intento; anche se, lo so benissimo, non vale niente, perché avrei dovuto essere chiaro direttamente nel racconto... In revisione ne terrò conto

Re: [MI148] Cella senza cielo

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@Mina , dopo la tua spiegazione sono tornato a leggere il testo pensando: "vuoi vedere che lo frego con la telecamera?"
Macché, è tonda e al centro del soffitto, perfettamente simmetrica.
Bel racconto! Effettivamente l'idea della galera è inscindibileda quella della tortura: fisica, psicologica o anche insita nella stessa segregazione. E in questa dimensione di solitudine mentale, ci sta molto bene il clone: un prigioniero, infatti, può "sdoppiarsi, per poi magari diventare nemico di se stesso.
E ciò in seguito all'ingresso in scena di un unico singolo elemento che "stride" e, quindi, scatena una reazione. Magari adesso scopriamo che, in psichiatria, viene usato un escamotage simile per provocare salutari reazioni in chi soffre di sdoppiamento della personalità.
Una storia che, quindi, offre molti spunti mai banali e scontati.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI148] Cella senza cielo

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@Mina  della serie non si conosce bene mai nessuno, nemmeno se stessi. Come una piccola differenza nel vissuto cambi la direzione della propria vita. E ancora, vedere nel proprio clone la vigliaccheria di cui si è capaci. wowowo
Mi sono divertita molto. La morra cinese mi ha messo un'ansia... Quasi più della pistola. Ottima tensione narrativa. Bravo/a. <3
"Fare o non fare, non c'è provare." Yoda - Star Wars

Re: [MI148] Cella senza cielo

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È quasi un video, per quanto la parte fisica e l'azione - reazione dei personaggi è centrale. La narrazione ha un ritmo serrato e non dà spazio a spiegazioni o fermate lungo il velocissimo scorrere dei movimenti e dei dialoghi. Bella l'idea della simmetria che permette, con una piccola asimmetria, di ragionare sul libero arbitrio e sulle scelte del protagonista. Avrei magari leggermente calcato di più la mano su queste tematiche proprio nella parte che hai ripreso nei commenti, per dare una spiegazione più unitaria al lettore, ma questo genere di racconti soffre l'infodump più di altri e va benissimo così <3

Re: [MI148] Cella senza cielo

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@Macleobond @Edu @Garrula @bestseller2020 @ElmoInverso @Loscrittoreincolore @Poeta Zaza Grazie mille  <3
Macleobond ha scritto: Magari adesso scopriamo che, in psichiatria, viene usato un escamotage simile per provocare salutari reazioni in chi soffre di sdoppiamento della personalità.
è una prospettiva interessante, in effetti  :D
Loscrittoreincolore ha scritto: Avrei magari leggermente calcato di più la mano su queste tematiche proprio nella parte che hai ripreso nei commenti, per dare una spiegazione più unitaria al lettore, ma questo genere di racconti soffre l'infodump più di altri e va benissimo così <3
Il problema dell'infodump in effetti non è da sottovalutare; in revisione penso sistemerò quel passaggio, comunque, vediamo se riesco a farlo bene  :asd:
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