[MI147] La viola di Emmett Meyer

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Traccia di mezzanotte

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La viola di Emmett Meyer

Ho sempre avuto una memoria debole, nonostante i miei ventiquattro anni, per tutto il periodo che ho abitato a Londra in Holborn.
Eppure che io stesso non riesca a trovare la mia casa è strano e mi lascia perplesso, perché non è a più di mezz’ora a piedi dalla Inns of Court e in quanto giurista non avrei potuto dimenticarla.
Non ricordo come ci arrivai, avevo abitato in parecchie zone, e ritenni di essere capitato in Holborn affascinato dalla sua storia settecentesca; lì mi fermai proprio di fronte all’Inns of Court e mi accorsi che quella che doveva essere la mia casa era edificata proprio lì.
Vivevo in una mansarda, questo lo ricordavo, ed era l’unico appartamento affittato, fatta eccezione per il secondo piano, dove abitava il portiere dello stabile. Proprio in quel momento sentii una strana musica salire dal pian terreno, che doveva essere disabitato.
Perplesso chiesi spiegazioni al portiere che mi venne incontro in quel momento. Mi disse che si trattava di un vecchio suonatore di viola, di nome Emmett Meyer ormai in pensione, ma che amava suonare la notte.
Da allora sentii sempre le sonate di Meyer, e sebbene mi tenessero sveglio ne ero ossessionato.
Ne conclusi che era un genio: più lo ascoltavo più ne ero affascinato, finché, dopo due settimane, decisi di fare la sua conoscenza.
Andai a bussare al suo appartamento e gli dissi che mi sarebbe piaciuto ascoltarlo mentre suonava.
Era un individuo alto, magro, vestito elegante e con due occhi verdi che brillavano e alle mie parole reagì con irritazione.
Infine con riluttanza mi fece segno di seguirlo.
La sua camera era grande: l’arredamento si limitava a un letto, un tavolino, una piccola libreria, un leggio per musica e due vecchie sedie. Sul pavimento erano sparsi alla rinfusa spartiti.

Tolse la viola dalla custodia e si sedette. Non guardò il leggio, ma suonando a orecchio, mi incantò per un’ora con la musica.
Ricordavo quelle note misteriose e a volte le avevo canticchiate tra me senza farci caso; così, quando il musicista posò l’arco gli chiesi se fosse disposto a continuare a farmele ascoltare. La faccia, perse l’espressione di tranquillità che aveva avuto durante il concerto e tornò a esprimere la rabbia che avevo notato nei primi momenti. Pensai che sarei riuscito a convincerlo, vincendo le sue resistenze, e per risvegliare la sua vena artistica accennai a uno dei motivi che avevo sentito la notte prima; quando riconobbe l’aria che fischiavo il suo dito indice ossut0, balzò verso la mia bocca per bloccare l’indegna imitazione. Questo strano atteggiamento fu accompagnato da un’occhiata di terrore verso la finestra nascosta dalle tende, come se Meyer temesse l’ingresso di qualcuno. La direzione del suo sguardo mi suggerì di tirare le tende, ma il vecchio mi saltò addosso con rabbia. Mi indicò la porta con un cenno della testa e cercò di trascinarmi con tutt’e due le mani in quella direzione. Disgustato da quell’atteggiamento, gli promisi che me ne sarei andato immediatamente. La stretta di Meyer diminuì, e, vedendomi offeso, sembrò calmarsi. Mi strinse il braccio, stavolta cordiale, poi, con aria triste, si mise dall’altra parte del tavolo e cominciò a scrivere un lungo messaggio.

Il biglietto che alla fine mi consegnò era una richiesta accorata di scuse. Meyer diceva di essere afflitto da strane paure, che avevano a che fare con la sua musica e non solo. Gli aveva fatto piacere avermi come ascoltatore e sperava che sarei tornato. Fino al nostro incontro non aveva immaginato che io potessi apprezzare la sua musica. Nel silenzio tuonò un rumore che veniva dalla finestra: le imposte dovevano aver sbattuto per il vento, ma per qualche motivo sussultai. Quando ebbi finito di leggere strinsi la mano al musicista e me ne andai.

Dopo qualche giorno capii che Meyer non desiderava affatto la mia compagnia. Non mi invitava mai e quando andavo a trovarlo di mia iniziativa sembrava a disagio e suonava svogliato. Tutto questo avveniva di notte: durante il giorno dormiva. A volte sul pianerottolo, davanti alla porta chiusa e attraverso il buco della serratura, udivo cose che mi procuravano un terrore indefinibile. Tuttavia Emmett Meyer era un genio dal talento sopraffino. Col passare delle settimane la musica divenne sempre più fantastica, mentre il vecchio artista si rifiutava di farmi entrare in casa e se ci incontravamo mi evitava.
Una notte, mentre origliavo alla porta, la viola sprigionò una serie di suoni incontrollati. Ne seguì un urlo spaventoso, denso di paura e angoscia. Bussai ripetutamente alla porta ma senza risposta. Aspettai, tremando di paura, finché sentii che il musicista tentava di venirmi ad aprire. Bussai di nuovo. Meyer chiuse di scatto le imposte; poi venne all’uscio, che aprì per farmi entrare. Stavolta il piacere di vedermi era autentico, perché il viso brillò di sollievo e mi afferrò con forza. Emmett mi fece sedere mentre lui si accasciava su una sedia; la viola e l’arco erano abbandonati sul pavimento.

Per qualche tempo Meyer non fece niente, mi guardò in silenzio. Poi si avvicinò al tavolo e scrisse un biglietto che mi passò. Il testo era breve e mi pregava, di ascoltare la causa dei terrori da cui era perseguitato. Io aspettai. Dopo circa un’ora, lo vidi trasalire come per un terribile shock. Non c’era dubbio: fissava la finestra nascosta dalle tende. Mi sembrò di udire qualcosa: non era un suono minaccioso ma piuttosto una nota musicale, lontana, che probabilmente veniva da un’altra casa. Doveva esserci un altro suonatore, fuori. Su Meyer l’effetto fu terribile, perché, si alzò di scatto, afferrò la viola e suonò alla notte.

Fu la cosa più spaventosa che avessi mai sentito. Cercava di far rumore: di soffocare, qualcosa che stava fuori… che cosa non riuscivo a immaginare, ma doveva essere mostruoso. Il concerto diventò delirante, isterico, ma conservò fino in fondo le qualità geniali che il vecchio possedeva. Sempre più forte, sempre più febbrile suonava l’arco sulla viola. Il musicista si contorceva come un animale, senza perdere d’occhio la finestra. Poi credetti di sentire una nota più acuta e più decisa che non veniva dallo strumento: una nota calma, implacabile, piena di significato, quasi beffarda.
A questo punto le imposte cominciarono a sbattere al vento.

La viola di Meyer superò se stessa, emettendo suoni che non avrei mai creduto possibili. Diedi un’occhiata al vecchio. Gli occhi verdi erano vitrei; la folle esecuzione era diventata un'accozzaglia di suoni meccanici e irriconoscibili.
All’improvviso ricordai il mio desiderio di guardare dalla finestra. Era molto buio, solo tenebre. Mentre il terrore m’inchiodava, il vento spense le candele, lasciandomi nel buio impenetrabile.

Arretrai di qualche passo, senza poter accendere una luce, e andai a sbattere contro il tavolo. Mi diressi verso il punto in cui palpitava la musica. Dovevo tentare di salvare me ed Emmett Meyer. Ebbi la sensazione di essere sfiorato da una cosa fredda e urlai, ma il grido non riuscì a sovrastare il suono della viola. Poi l’arco impazzito mi colpì nel buio e capii di essere arrivato accanto al musicista. Toccai lo schienale della sedia di Meyer e gli diedi un colpo alla spalla.

Non reagì e la viola continuò a suonare. Gli gridai all’orecchio che dovevamo fuggire. Lui continuò a suonare con una frenesia inaudita, mentre misteriose correnti d’aria sembravano avvolgerci. Quando lo sfiorai con la mano rabbrividii; poi gli tastai la faccia fredda, rigida e senza respiro, i cui occhi sporgevano nel vuoto. Allora capii, e per miracolo, trovai la porta. Mi precipitai fuori, lontano dal cadavere con gli occhi spalancati e dalla macabra sonata della viola, la cui furia aumentava mentre fuggivo. Corsi, mi gettai a precipizio per la strada.

Nonostante le ricerche scrupolose, non sono mai riuscito a rintracciare la mia casa a Londra e mi sono trasferito quella sera stessa a Parigi.
Non mi dispiace troppo, mi pare quasi di sentire ancora la musica di Emmett Meyer mentre addento un croissant.

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Ciao @julia1983 ! Eccomi qua.
La musica c’è... per cui la traccia è rispettata. Mi è piaciuto tanto il titolo che hai scelto per il racconto. Lo trovo evocativo e adeguato alla storia che hai immaginato. Anche il colore del racconto è viola, un viola scuro che permea di una sorta mistero tutta la narrazione. Una tonalità cupa che vira verso il surreale alla fine.
Vedo che non hai resistito a traslocare pure tu... Però integrare le due tracce proposte è un plus, per quanto mi riguarda.
Ora vengo al racconto.
L’incipit... perchè dichiarare l’età del protagonista ? La frase risulta poco scorrevole e sapere che aveva 24 anni non è così determinante.
La narrazione non è sempre fluida. Potrebbe essere un flusso o un monologo interiore, ma non ci sono i requisiti per inquadrarlo in un genere preciso.
Certo lo stress del tempo è un fattore di cui tenere buona considerazione. A volte le idee si affastellano senza avere la possibilità di farle sedimentare a dovere.
Comunque brava. 🌺

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Ciao @julia1983
La trama potrebbe essere più sviluppata: dave viene la musica e perchè, chi è veramente l'anziano che suona, perchè muore così, ecc.Lasci tutto in sospeso, hai usato molte parole ma alcuni concetti risultano ridondanti. Non è superfluo tutto quell'andare e venire da quella stanza? mi è piaciuto l'antefatto che si dipana alla fine e l'idea di base. Il narrato però va rivisitato.
buona continuazione di contesta e alla prossima.














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Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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@@monica Grazie, sono contenta che la traccia sia stata rispettata.
L'età? Boh in effetti non è fondamentale, probabile l'abbia inserita per creare un contrasto tra il vecchio che era anziano e il protagonista, un giovane giurista.
Sì il viola ha la duplice funzione di strumento e colore misterioso e anche porta sfiga per chi calca il palcoscenico dello spettacolo. (Infatti Emmett muore)
Non avevo necessità da contest di inquadrarlo in realtà in un genere specifico, quindi non me ne sono preoccupata.
Benché ho postato in extremis, avevo concluso il grosso alle 15, a mia parziale discolpa il voler narrare molte cose, forse alcune superflue. Ma siamo qui per sperimentare. Grazie comunque per i complimenti.

@Alba359 veniamo al tuo gradito commento, la musica mi piaceva lasciar intendere che venisse da un concorrente di Emmett che volesse superare il suo primato di genio del quartiere di Londra. Muore perché non sopporta la competizione, ovviamente il responsabile concreto dell'omicidio è qualcosa di misterioso, forse avrei potuto specificare di più tagliando altre parti come hai suggerito tu, sopratutto nell'andirivieni nella stanza. Ridondanti nel senso troppo prolissi?
Grazie comunque per aver in qualche modo gradito il mio brano.

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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ciao @julia1983 . Il tuo racconto lo interpreto così: una mansarda misteriosa, un vecchio musicista, un giovane malato precoce di alzheimer. La trama: due strani personaggi malati d'insonnia si danno convegno dove a suonare arriverà il demonio... La lotta a suon di suoni tra demonio e musicista vedrà la vittoria di Faust che verrà a riprendersi la vita di Emmett. Insomma: i due avevano fatto un patto musicale? ciao e scusa l'interpretazione.. :o
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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@bestseller2020 la tua interpretazione mi piace, il malato precoce di alzheimer troverà la sua consolazione a Parigi con un croissant, ammesso che si ricorderà cosa sia quel sapore fragrante a colazione, dopo una notte insonne sicuramente. Al povero Emmett, gli ha detto male, Faust aveva dalla sua schiere di demoni infernali: era una lotta persa in partenza. :P
Comunque non ho capito se ti è piaciuto o meno, se sì ne sono lieta, se no, ritenterò alla prossima. ;)
Grazie a prescindere per il commento.

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Ciao @julia1983
Ho visto qualche reminiscenza di Lovecraft e Poe nella ripetitiva ossessione di alcune tenebrose descrizioni e inquietanti stati d’animo. A quanto pare il vecchio suonatore è muto o non può parlare, visto che scrive un biglietto di scuse in presenza del giovane giurista.
Sicuramente c’è in ballo una qualche presenza demoniaca che si è impossessata del povero Meyer. Questa presenza viene appena evocata, quella lontana musica alla quale il povero vecchio risponde con il suo strumento è una sensazione paurosa. È stato sufficiente un breve accenno, senza descrizioni plateali per renderla palpabile, sembra di sentirla in lontananza, nella notte. Il giovane giurista mi da l’impressione di un giovane appunto, molto distaccato dalla vita dei suoi simili, per non parlare dei vecchi che gli appaiono come entità incomprensibili, che usa solo in base alle sue esigenze e curiosità, senza nessuna o poca empatia verso di loro e verso gli altri. Non sembra preoccuparsi dei motivi per cui il vecchio è in quelle condizioni, ma si diletta della sua musica, che interpreta in tutte le sue sfumature. Intendiamoci: come carattere nonché persona da evitare va benissimo. Mi pare che hai trasposto nel giovane una mentalità vagamente ottocentesca, un giovane odierno forse avrebbe chiamato i servizi sociali. Alla fine il giurista fugge ma solo davanti alla totale evidenza di una morte innaturale e diabolica, non ha presagito nulla, non si è fatto pervadere dalla situazione, per quanto anomala, non ha indagato. Forse è il miglior modo per sopravvivere agli imprevisti innaturali. Anche la scena finale del croissant mi ha ricordato un’altra epoca, per quanto i croissant siano una cosa comune e normale anche oggi.
L’idea di fondo mi è piaciuta, forse avrei approfondito qualcosa in più circa le motivazioni del terrore che aveva il povero Meyer.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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@Alberto Tosciri  sì atmosfere loftcraftiane soprattutto mi hanno ispirato.
Emmett non è muto, si esprime con la musica per questo passa il biglietto al giovane giurista.
Sì il demonio è presente nel brano in maniera evocativa. Il protagonista, intendo il ragazzo, è assolutamente curioso e poco empatico e ha sicuramente una mentalità ottocentesca. 
Concordo che avrei potuto approfondire circa le motivazioni del terrore indotto a Meyer, ma la paura di cadere in inutili spiegoni mi ha bloccato.
Ci penserò in fase di revisione.
Grazie per le tue argute riflessioni e per il gradito passaggio.

@Bestseller2020 due parole di nuovo anche per te. Sono lieta che sei tornato a commentarmi per precisare se avessi gradito o meno il mio racconto. Ci sta l'interpretazione musicale del Faust, che prediligo di più rispetto alla prima col malato precoce di alzheimer :P

Buona giornata a entrambi!

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Scritto bene @jullia1983, ottima atmosfera, il mistero affascina, è descritto bene. Non so perché ma non mi ha trasmesso il terrore che avrebbe dovuto. Non so se era uno dei principali obiettivi. Forse ci sarebbe stato bene qualche appiglio per aggrapparsi a questa paura che rimane molto astratta, il che va benissimo, ma nonostante l'ottima descrizione non la sento penetrare.
Il suonatore me lo sono immaginato come il quadro di Picasso: il vecchio chitarrista cieco.
Ottimo lavoro comunque. 
A rileggerti

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Brava @julia1983  - Sei riuscita a farmi rileggere il tuo racconto sette volte! :)

Una storia trascinante, misteriosa, poi "noir" d'inquietudine e d'angoscia, ritmata dalla musica della viola
sullo sfondo, che scandisce la vita dei due protagonisti, un giovane e un vecchio problematici.

Una curiosità: perché nella frase conclusiva, in cui l'autore, in genere, cerca una frase a effetto, tu hai ritenuto importante citare un croissant?
julia1983 ha scritto: Non mi dispiace troppo, mi pare quasi di sentire ancora la musica di Emmett Meyer mentre addento un croissant.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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ciao @Poeta Zaza wow grazie, addirittura sette riletture, lo prendo come un complimentone, anche perché si sa sette assieme al dodici son numeri perfetti. 
Per la frase d'epilogo volevo semplicemente connotare il trasferimento a Parigi, con un cibo tipico per colazione, a simboleggiare oltre allo spostamento di luogo del protagonista anche il fatto che facendo colazione implicitamente significasse che aveva dormito. 
A Londra infatti era per lo più insonne come Emmett.
Grazie ancora per il gradito commento. :rosa:

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Ciao @julia1983 , il tuo racconto mi ha fatto pensare a quelli di Poe, sia per trama che per scrittura. 
Ci sono dei passaggi che mi hanno convinta meno: sei molto precisa nelle indicazioni al lettore, ma in alcuni punti ho trovato degli aggettivi che mi hanno fatta “scollegare” dalla narrazione. Per esempio: 
julia1983 ha scritto: Proprio in quel momento sentii una strana musica salire dal pian terreno, che doveva essere disabitato.
Cosa rende “strana” una musica? La sua provenienza? Non credo che l’aggettivo aggiunga molto. 
julia1983 ha scritto: A volte sul pianerottolo, davanti alla porta chiusa e attraverso il buco della serratura, udivo cose che mi procuravano un terrore indefinibile.
Qui il narratore è vago, vaghissimo: che cos’è che lo tormenta? 

Mi piace la reticenza, ma da come è scritto il resto del testo credo sarebbe più coerente spaventare il lettore con la precisione delle descrizioni. 

A parte questo, buona prova! :D 

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Ciao inquietante @julia1983:D
a me sei piaciuta. Quando si parla di musica, finestre che sbattono e messaggi incompresi io ci sono, sempre. ;)
Qualche brivido me lo hai fatto venire; l'unica cosa che mi è mancata... un appiglio con la realtà. Che ne so... magari mentre il giovane è a Parigi e si pulisce la bocca con il fazzoletto, gli cade dalla tasca un piccolo angolo di spartito... giusto per confermare al lettore che questa storia surreale è "surrealmente" accaduta. 
Alla prossima e grazie per questo racconto.
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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@Garrula ciao, grazie per il tuo commento.
Sì Poe o comunque Lovecraft mi hanno ispirato per la stesura di questo pezzo.
Concordo con te, l'aggettivo strano riferito alla musica non aggiunge nulla in sè.
Dissento solo sul fatto che non era mio intento spiegare troppo per infondere spavento, doveva rimanere un'inquietudine vaga il tutto.
Grazie comunque del tuo gradito passaggio.

@paolasenzalai grazie anche a te per il tuo intervento.
Sì convengo con te che concludere con un appiglio di realismo avrebbe giovato al testo.
Ci penserò in fase di revisione.
Alla prossima e grazie a te per esserti soffermata a leggerlo, rabbrividendo ;)

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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julia1983 ha scritto: Vivevo in una mansarda, questo lo ricordavo, ed era l’unico appartamento affittato, fatta eccezione per il secondo piano, dove abitava il portiere dello stabile. Proprio in quel momento sentii una strana musica salire dal pian terreno, che doveva essere disabitato
Questo passaggio mi ha davvero un po' spiazzato. Abbiamo tre tempi diversi. Tu che sei nel presente ricordi. stai scrivendo all'imperfetto per parlare di un periodo. "proprio in quel momento" richiede uno sforzo notevole per capire a cosa ti riferisca.


Ciao @julia1983, questo racconto mi lascia un sapore ambivalente in bocca. Sembra di leggere uno di quei racconti di paura dell'800, uscito dalla penna di Mary Shelley o di Stevenson, ma lo dico nel bene e nel male. C'è un modo di scrivere molto carico, il comportamento del violinista è "disgustoso", le sue scuse "accordate" , la musica "spaventosa" ecc. Insomma, tutto è raccontato con un enfasi che dà un gusto retrò, in suo se è voluto. Secondo me è un arma a doppio taglio, ad ogni modo. A rileggerti 🙂
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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ciao @Edu, grazie del gradito commento.
Probabilmente il pezzo che mi hai citato è effettivamente un po' confuso nel susseguirsi dei molteplici tempi verbali. Proverò a uniformarli in sede di revisione.
Per il resto concordo, è un brano dal sapore retrò e ciò è voluto. Come tutte le sperimentazioni ha i suoi pregi e difetti.
Mi auguro che l'arma a doppio taglio non sia dalla parte troppo affilata. ;)
Buon proseguimento di giornata, a rileggerci!  

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Mi é piaciuto molto lo stile e l'ambientazione del tuo racconto. La tensione sale man mano che si legge e invoglia a continuare.
Però trovo che la questione del non ritrovare la propria casa crei confusione. Trovo anche che il personaggio del violoncellista non sia ben sviluppata. Mi ricorda un pochino certi racconti alla Poe, ciò nonostante il mutismo del musicista e "l'orrore" fuori dalla finestra non sono, a mio gusto, delineati abbastanza.
Mi rimangono un po' di domande aperte:
Dove davano le finestre del musicista?
Era morto fin dall'inizio oppure qualcosa é venuto a ghermirlo durante la fatidica notte?
L'idea é molto buona, si legge molto volentieri, ma alcune cose, per il mio sentire, andrebbero sviluppate di più.

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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ciao@Almissima grazie del tuo passaggio.
Sono lieta che tu abbia apprezzato lo stile e l'ambientazione.
Anche il fatto che la tensione sia palpabile e salga e invogli a proseguire la lettura lo prendo come un complimento.
Poe, Lovecraft e compagnia cantante sono stati la fonte d'ispirazione. 
Le finestre sul quartiere.
Il Faust (per dirla alla @bestseller2020 ) lo ha ghermito nella notte.
Sicuramente  terrò conto dei tuoi consigli in fase di revisione.
Grazie comunque per aver apprezzato l'idea.

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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@julia1983, Poe è stato il primo scrittore che ho letto e questo racconto, come a molti altri, me l'ha molto ricordato. Lovecraft no so neanche chi è, per quanto mi riguarda ce n'è già a sufficienza con Poe.
Il racconto mi è piaciuto molto e mi sta benissimo sia il detto, che il non detto: non ho altre curiosità.

Unico appunto:

Nonostante le ricerche scrupolose, non sono mai riuscito a rintracciare la mia casa a Londra e mi sono trasferito quella sera stessa a Parigi.

Il trasferimento la sera stessa a Parigi mi sembra molto improbabile e non e molto compatibile con ricerche scrupolose: scriverei: Nonostante le ricerche scrupolose, non sono mai riuscito a rintracciare la mia casa di Londea. In seguito mi sono trasferito a Parigi.
Bel pezzo
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI147] La viola di Emmett Meyer

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Grazie @Macleobond per il tuo gradito commento.
Poe mi ha sicuramente ispirato anche se devo ammettere che sono più preparata su Lovecraft forse perché più controverso. A ogni modo non è così importante.
Lieta di aver soddisfatto tutte le curiosità e di non aver lasciato nulla in sospeso.
Mi rendo d'altro canto conto che il trasferimento a Parigi è spiazzante proprio perché troppo repentino e la perdita di memoria del protagonista poco si sposa con una verosimile impossibilità sia nel rintracciare la sua casa di Londra sia nel trasferirsi la sera stessa in un'altra capitale europea.
Quel "in seguito" ci sta a pennello e credo proprio che lo userò in fase di revisione.
Mille grazie ancora per l'apprezzamento sincero del pezzo e buona serata. :)
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