[MI145] Il labirinto di Kerikos

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traccia di mezzogiorno

Odisseus non aveva detto a Kerikos che per entrare dentro quel mostruoso cavallo di legno, costruito per valicare le mura di Troia, c’erano due entrate. Non ci pensava Kerikos mentre seguiva i suoi compagni in quella notte d’estate, con lo scudo legato in spalla e l’odore del mare che li avvolgeva tutti.
Odisseus gli si mise di fronte per parlargli e questo fece piacere a Kerikos; Odisseus era il suo re, perché tutti e due appartenevano a Itaca. Ma la voce del re era triste mentre gli poggiava una mano sulla spalla, con il suo sorriso bianco nella notte.
«Ho dovuto chiedere a un Dio», disse nella dolce parlata di Itaca.
«Mi saranno favorevoli. Ma uno dei miei uomini dovrà garantire»
Kerikos non capiva, mentre si sentiva sprofondare e Odisseus si allontanava da lui. Eppure era sicuro di non muoversi.
«Mi dispiace», diceva il re. «Ma sono solo un uomo e devo obbedire»
«Cosa vuoi che faccia?»
«Che tu vada avanti e non mi odi»
«Non sarà mai. Ma cosa devo fare?»
«Non lo so fratello» disse Odisseus e sembrava sincero e strano che proprio lui non sapesse qualcosa.

Kerikos non sentì più nulla, con ancora tante domande nella testa.
La sua lancia urtò su una parete di pietre e pietra non avrebbe dovuto esserci sotto il cavallo di legno.
Si fece buio e silenzio. Il rumore del mare era molto affievolito, come se provenisse dall’esterno di una casa. Ma dov’erano i suoi compagni? Camminò tendendo la mano avanti come un cieco, c’era tanto spazio e sentiva una strada lastricata sotto i suoi piedi. I suoi schinieri di bronzo urtarono qualcosa all’altezza del ginocchio e cadde. Fu allora che sentì quel fiato sopra di lui, qualcosa che permaneva intorno, che non era del mondo ma che aveva già sentito: odore di sangue.
«Odisseus, mio re!» urlò inutilmente. Non c’era nessuno.
Sentiva freddo al cuore, come nell’imminenza di essere colpito da una lancia nel campo di battaglia.
“S-a-c-r-i-f-i-c-i-o” sentì nella sua mente. Sapeva di non averlo pensato, ma ora ebbe paura.
«Odisseus, mio re! Ricorda che hai una moglie e un figlio a Itaca! Dove sei?» Il sudore gli scendeva negli occhi, sulla bocca. Il sapore era di sangue. Qualcuno respirava intorno a lui, tutta l’aria era una presenza, ma non vedeva niente. Rumori lontani, urla disperate. Si sentì il sangue gelare. Levò lo scudo dalle spalle e sguainò la spada. Una corrente di aria gelida lo investì assieme a una pioggerella fine. Guardò in alto e gli sembrò di scorgere nuvole nere, ma ai suoi lati mura di pietra e questo non poteva essere, il cavallo era proprio sulla spiaggia, il muro che avevano eretto davanti a Troia era più lontano.
Si rialzò e cominciò a camminare chiamando i suoi compagni e il suo re, ma non rispondeva nessuno. Camminò a lungo, fino alle prime luci dell’alba. Era esausto ma guardava sbalordito le alte mura costituite da massi enormi che lo circondavano. Formavano lunghi canali con in mezzo una strada lastricata, si incrociavano, si univano, si staccavano da altre mura creando ampi incroci, altri corridoi che sbucavano in piazze chiuse, in strade sbarrate da pareti che lo costringevano a tornare indietro, a camminare all’infinito. In alto c’erano delle aperture, ma impossibili da raggiungere; i massi combaciavano perfetti e non lasciavano sporgenze o appigli.
Toccò la pietra grigia, ne respirò l’odore aspro; il sole non raggiungeva tutti i punti, un muschio secco, giallo e marrone si dipanava come dita adunche nell’ombra. Kerikos aveva sete. In alcune piazze cerano pozzi con dei sedili di pietra attorno. Ne raggiunse uno, ma non aveva niente per prendere l’acqua. Vide che il pozzo non era profondo e si calò dentro per bere. Mentre beveva un’ombra si delineò sopra di lui, specchiandosi sull’acqua. Per un attimo intravide un’ombra di forma umana con due lunghe corna sulla testa. Sollevò lo sguardo, estrasse la spada, ma non vide niente. Continuò a bere, ma l’acqua si trasformò in sangue. Spaventato e disgustato la sputò, risalì dal pozzo e si buttò su una panca di pietra che divenne come un corpo morto. Urlando Kerikos colpì la panca, diventata informe, facendone sprizzare sangue in abbondanza. Si allontanò da quel luogo. Corse lungo una salita, sperando di arrivare in cima a quelle mura, vedere cosa c’era intorno. La salita non finiva mai, a tratti si interrompeva in altre strade e doveva scegliere. Spesso tornava a scendere e preso dalla disperazione tornava indietro. Era esausto. Aveva di nuovo sete e fame quando cominciò a tramontare il sole su quella orribile giornata. Non vedeva vie d’uscita. E quell’ombra che sembrava spiarlo, pronto a ghermirlo, che si dileguava appena girava lo sguardo verso di lei… dapprima a tratti, poi sempre più frequentemente. Non la vedeva ma la sentiva. Poi gli parve di intravedere qualcosa, attraverso le ombre delle pareti di pietra.
«Chi sei?» urlò innumerevoli volte, ma inutilmente.
Venne di nuovo la notte. Era stanco. Questa volta vedeva qualcosa nel buio, forse c’era la luna piena. Esisteva la luna in quel posto? Non la vedeva, ma la luce era argentea, cercava di illudersi che fosse quella che vedeva specchiarsi nel mare di notte, davanti alla sua Itaca.
«Maledetto Odisseus, mi hai barattato con qualche Dio degli inferi per propiziarti la tua vittoria. Se esco da qui ti ucciderò!»
Ma ora Kerikos aveva fame. Sentiva dei passi che rimbombavano, sembravano trascinarsi sulla pietra. Allora Kerikos urlava e i passi si fermavano, come per sentire. Poi riprendevano. Ma non veniva nessuno. Kerikos sognava a occhi aperti che si era addormentato con la spada in pugno. E una lunga mano rugosa e venata come un vecchio tronco di vite gli accarezzava il petto, gli faceva male, un dolore che entrava dentro il cuore. Si svegliò e qualcosa si staccò repentinamente da lui.
Nell’aria azzurra e nera della notte permaneva odore di sangue, odore di mare.
Ritornò il giorno, ma non c’era gioia in Kerikos. Pensò di uccidersi con la sua spada, ma il pensiero che avrebbe sentito l’odore del sangue, da cui quel luogo era invaso, lo fermò.
Pensò di tracciare con la punta della spada una linea lungo il muro di pietra, in modo da avere una traccia e non ripassare negli stessi luoghi, ma dopo un po’, rendendosi conto dell’infinità e inutilità di questo lavoro, lasciò perdere. Non osava entrare dentro uno dei tanti pozzi per bere, nel timore che l’acqua si trasformasse in sangue, né sedersi sulle panche di pietra per timore si trasformassero in carne.
In carne. Prese a colpire la pietra con la spada, ma non successe niente. Sentì alle sue spalle una presenza che si dileguò appena volse il capo. Quella presenza mugolava in modo strano, sembrava piangere. La panca di pietra si inumidì fino a trasudare acqua. Kerikos si inginocchiò e bevve, dapprima riluttante, poi con sempre più avidità. L’acqua restò acqua. Poi la pietra si trasformò in carne, una massa informe. La tagliò con la spada, ne prese un pezzo, l’avvicinò alla bocca e mangiò. Sentì tornargli l’energia. Cadde addormentato.
Quando si risvegliò la panca era tornata di pietra. Provò a uscire da quello spiazzo, ma un’ombra si frappose all’uscita, una forma immateriale, impossibile da superare che lo fece indietreggiare fino alla panca. L’ombra sembrava respirare, emanare parole incomprensibili. Una forma adunca accarezzava la pietra, sembrava pulirla, prepararla, invitare. Invitare.
Quella mano rugosa… Kerikos voleva di nuovo uccidersi. Ma si sdraiò esausto sulla pietra. L’ombra si posava su di lui, lo avvolgeva, lo assorbiva, diventava lui. Si sentiva sazio. All’improvviso non aveva più fame né sete.
“Questo… è il tuo sacrificio. Vivrai.” Disse la voce dentro di lui.
Kerikos si mise a piangere. Non sarebbe morto di fame e di sete, ma non sarebbe mai più uscito da quel luogo. Quella creatura, quel Dio degli inferi, lo avrebbe accudito per sempre.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Il respiro di un racconto epico a latere della celebrata guerra di Troia, con la partecipazione straordinaria di Ulisse che chiede il sacrificio della vita al suo conterraneo Kerikos, per avere gli dei propizi nell'assalto finale a Troia.
Complimenti per la maestria della scrittura, @Alberto Tosciri :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Ciao @Alberto Tosciri
Il tuo racconto si incastona su una vicenda ben nota che tutti abbiamo studiato a scuola. Di per sé un'operazione rischiosa misurarsi con il Sommo Poeta, ma il tuo Kerikos risulta essere un personaggio credibile e coerente con la storia originale. Del resto Odisseo non era nuovo in questi traffici con gli dei avendo già complottato per sacrificare Ifigenia, la figlia di Agamennone.
L'unico appunto che posso fare riguardo al racconto sta in una certa ridondanza nella parte centrale: la fame, la sete, il pozzo, l'acqua, il sangue, le pietre, la carne. Ho trovato un allentamento della tensione nel ripetersi di questi elementi, come se tu stesso ti fossi per un attimo perso nella storia prima di trovare una via d'uscita. Poi la via che conduce alla conclusione finalmente compare al lettore, ma è quella che condanna il tuo eroe alla sofferenza eterna senza alcuna speranza di riscatto.
Pensandoci bene, forse quella sensazione claustrofobica è proprio quella che trasmette al lettore le sensazioni provate dal personaggio, anche se a tutta prima non sono gradevoli. Se questa era la tua intenzione, allora sei stato efficace.
Ottima prova.
Alla prossima

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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@Nerio
Grazie, contento che ti sia piaciuto.
@Monica ha scritto: Splendido racconto che conferma le tue doti di scrittura che sai mettere al servizio della tua cultura. Non mi aspettavo di leggere niente di meno dalla tua penna...
Grazie, troppo gentile davvero...
Poeta Zaza ha scritto:Complimenti per la maestria della scrittura,
grazie per vederci maestria, non vorrei montarmi la testa...

@Poldo
Ti ringrazio molto dell'apprezzamento. Naturalmente non oserei confrontarmi con il pensiero omerico, ma lo amo fin da bambino delle medie addirittura, quando si studiava epica e per me era tornare a una sorta di passato universale dell'uomo mediterraneo...
Naturalmente non ragionavo così all'epoca, ma Ulisse l'ho sempre amato, e tutto il suo mondo, andando oltre con l'immaginazione.
Qui l'ho menzionato di sfuggita, sul suo mondo ci sono ulteriori epopee meravigliose ancora da scrivere.
Le ripetizioni che hai notato le ho inserite per far risaltare l'ambiente claustrofobico, sgradevole in quegli scarni particolari seppure la storia si poteva arricchire ulteriormente; per me un luogo chiuso non è solo un luogo chiuso e basta ma ci vedo innumerevoli orizzonti, sia per una fortezza di pietra abbandonata o uno squallido cortile delimitato da mura di blocchetti... ma ero già al limite dei caratteri, come sempre.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Non ci pensava Kerikos mentre seguiva i suoi compagni in quella notte d’estate, con lo scudo legato in spalla e l’odore del mare che li avvolgeva tutti.
La costruzione di questa frase, col soggetto posto dopo il verbo, è perfetta in questo contesto e conferma la tua interiorizzazione dei poemi omerici. Uno dei libri da cui, quando ero piccola, non mi separavo mai era Storia delle storie del mondo di Laura Orvieto, ancora attualissimo: ti è capitato di leggerlo? Il gusto per quel mondo è cominciato per me su quelle pagine.
Mi sono piaciuti due aspetti in particolare del tuo racconto: il fatto che tu abbia così bene messo in evidenza la natura intima di Odisseo, delineando alla perfezione il suo essere anche polymétis, "dai molti inganni"; e il fatto che, con l'espediente della roccia che si trasforma in carne, sei riuscito anche a includere l'accenno a miti di tragiche trasformazioni come, per fare un solo esempio, quello di Prometeo. Un caro saluto e grazie per questo mitologico tuffo, @Alberto Tosciri.
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Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Ciao @Almissima Ti ringrazio per l'apprezzamento


Ciao @Ippolita
Ippolita ha scritto: Non ci pensava Kerikos mentre seguiva i suoi compagni in quella notte d’estate, con lo scudo legato in spalla e l’odore del mare che li avvolgeva tutti.
La costruzione di questa frase, col soggetto posto dopo il verbo, è perfetta in questo contesto e conferma la tua interiorizzazione dei poemi omerici.
Il soggetto posto dopo il verbo mi pare sia usuale nel tedesco e sicuramente lo è nel sardo. In italiano non è proprio la perfezione grammaticale, ma ritengo possa andare. Qualcuno tradusse l'Odissea in sardo tempo fa e mi capitò di leggerla. Era una storia che si integrava perfettamente con l'ambiente, la mentalità e la parlata sarda. Il Mediterraneo.
Non conosco il libro che hai citato, sono andato a dare un'occhiata in rete e ho capito di aver perso qualcosa nelle letture della mia infanzia. Conobbi direttamente Iliade e Odissea alle scuole medie e le ore di epica a scuola ricordo che mi passavano troppo in fretta, avrei voluto che non finissero mai. Comprai delle edizioni economiche con le traduzioni del Monti e del Pindemonte e tradussi con entusiasmo i versi in prosa, commettendo uno dei tanti sbagli della mia vita: dirlo ai miei compagni di scuola, convinto che mi avrebbero invidiato e fatto domande alle quali avrei risposto con entusiasmo; invece mi presero per matto. Cominciai da allora ad accumulare delusione nei confronti dei miei simili...
Un caro saluto, grazie per l'apprezzamento, @Ippolita
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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ciao @Alberto Tosciri . I tuoi racconti sulla guerra non ci mancano mai. Adesso ci proponi la madre di tutte le guerre, almeno quella che ha dato alla letteratura pezzi favolosi. Avverto anch'io l'uso eccessivo delle parole sangue, pietra. Però ci sono in effetti pietre storiche che furono unite al sacrificio del sangue. In fin dei conti due parole che vogliono dire tante cose.. grazie per il pezzo.. aiioooo!
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Ciao, @Alberto Tosciri
Un labirinto metafisico? Un supplizio di Prometeo (anche a me lo ha ricordato) costretto a sopravvivere nella sofferenza? Il tutto causato da un tiro mancino di quel birbone di Ulisse...
Molte parti sono molto suggestive, e richiamano le atmosfere dei miti. Il che è molto bello.
Non credo di aver capito alla perfezione tutto, all'inizio credevo che kerikos si trovasse all'interno del cavallo, ma deve essere stato un mio fraintendimento,
Il finale, insieme alle atmosfere, è la cosa che trovo più bella, nel racconto.
Forse è vero, anche questo è stato già detto, un po' meno forte la parte centrale.
Rimane un ottimo racconto.
P.s. da quando ti leggo (e ormai penso di averne lette a decine di tuoi racconti) forse è la prima volta che ti farei qualche appunto sulla scrittura: hai usato moltissime avversative (facci caso, vedi quanti "ma" hai usato) a volte non necessarie. E poi nella frase che segue la seconda congiunzione a mio avviso non va, sarebbe stato meglio un punto.

«Non lo so fratello» disse Odisseus e sembrava sincero e strano che proprio lui non sapesse qualcosa.

Ciao, a rileggerti
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Ciao @bestseller2020
Grazie per la lettura e l'apprezzamento. Si hai ragione sul fatto dei racconti di guerra. È per me più facile parlare di guerra, anche dei tempi omerici, che d'amore. Del resto, quando parli d'amore poi arrivi alla fine. Dopo l'amore cos'altro rimane? Parlando di guerra racconti come vuoi che la guerra finisca e incominci l'amore. La storia non finisce mai nel desiderare una cosa che forse non avverrà mai.

Grazie del commento @Edu mi ha fatto piacere.
Hai ragione sulla confusione delle due entrate nel cavallo di legno: sono stato un po' frettoloso nel descrivere. Intendevo che una era l'entrata normale, quella da dove entravano i guerrieri, l'altra, visibile solo per Kerikos, era quella che portava al labirinto.
Hai ragione sulle avversative e sulla congiunzione. A volte quando ho un'idea che ritengo buona scrivo di getto senza rileggere diverse volte.
Davvero hai letto decine di miei racconti? Hai una bella pazienza allora! Anche io leggo tutti i tuoi.
Ti ringrazio per il commento e per l'apprezzamento.

Ciao, a rileggerti.

Grazie @Kasimiro per la lettura e il gradimento.
Sono contento se leggendo questo mio modesto scritto ti è venuta voglia di ridare una lettura ai classici.
Se posso permettermi, scegli traduzioni dei poemi non troppo moderne. Ad esempio per l'Iliade un'ottima traduzione di Vincenzo Monti e per l'Odissea di Ippolito Pindemonte. Sono traduzioni datate e pieni di termini antichi, ma proprio per questo sono considerate le migliori e poi per le parole desuete ci sono le note. Quando ti appropri di quel linguaggio la poesia ti entra nel sangue e sei nel mezzo della battaglia.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Carissimo Alberto,
torno ora finalmente con la calma dovuta per leggere e valutare il tuo scritto.

Comincio con il dire quello che mi è piaciuto e anche quello che (credo= è in assoluto l'elemento più riuscito del racconto: la trasformazione psicologica del personaggio principale, Kerikos.
La storia comincia con un quadro psicologico ben chiaro: Kerikos è un soldato ed un soldato FEDELE. Le sue opinioni nei confronti dello scaltro re Ulisse sono solo di fiducia e ammirazione. Si capisce che la sua è una posizione di subalterno, anche se di subalterno di rilievo (probabilmente tenuto in grande considerazione da parte del re stesso). L'ambientazione gioca bene a favore di questo aspetto, esaltando saggiamente il ruolo di sudditanza ma anche di rispetto nei confronti delle tradizioni.
Questo quadro psicologico all'apparenza immutabile è destinato però ad una rottura brusca e totale e avviene per assurdo sempre per rispetto di quell'ordine tradizionale, per cui i sudditi ubbidiscono ai re e i re ubbidiscono agli dei.
In questo senso, come ti scrivevo prima, è molto d'impatto la crudeltà dimostrata dagli dei in questa circostanza: sembra a tutti gli effetti che non lascino scelta agli uomini e che li mettano in situazioni strazianti per loro esclusivo sadismo.
E' davvero angosciosa la disgregazione della realtà che avviene ad opera di non meglio identificate presenze contro il labirinto di Kerikos: mi ha colpito e incuriosito molto l'alterazione della materia, la pietra che diventa carne e l'acqua che diventa sangue.
C'è davvero un disegno (diremmo noi oggi) demoniaco più che greco-pagano.

Insomma, tutte queste scelte funzionano bene per imbastire un'atmosfera agghiacciante e funesta.
Lo stile non ha bisogno di commenti: non ho problema ad asserire (e del resto lo sto facendo da un pò di tempo a questa parte) che hai raggiunto u livello di maturità tale da poter "volare" fuori di qui, su pagine di carta.

L'unica osservazione non esaltante che mi sento di fare è sul quid, del racconto. O se preferisci: la finalità dello stesso.
Come sai bene, 8000 caratteri sono pressochè niente per poter sperare di creare qualcosa di solido per una storia.7
In questo spazio ristretto la vera difficoltà di uno scrittore sta nel saper raccontare tanto in pochissimo: cosa assolutamente difficile e non banale. Soprattutto, con 8000 caratteri non si può puntare a raccontare una storia per esteso, ma semmai a rappresentare una porzione funzionale di un arco narrativo.
Alcun autori ci riescono facendo stare tutto in pochissimo (a scapito dell'atmosfera), altri invece puntano all'atmosfera a scapito della storia o del messaggio. Ecco, ho fatto questo lunghissimo discorso solo per dire che il tuo racconto è ottimo, ma colpisce soprattutto per l'atmosfera (perfetta) piuttosto che per la resa finale della vicenda.
Se avessi voluto accentare l'attenzione sulla questione 'fedeltà alle tradizioni/rispetto e tradimento', allora sarebbe stato meglio concentrarsi meno sull'atmosfera e restare più sul rapporto psicologico e come questo si trasforma.

Sia ben chiaro: scrivo queste cose perchè spero sempre he tu voglia raccogliere gli spunti di commenti per far crescere le tue creature, annaffiandole e coltivandole fino a renderle storie GRANDI.
Ecco, visto il lavoro encomiabile e lo sforzo fatti per rendere questa atmosfera, sarebbe un vero peccato se non la facessi crescere di più ;)

Concludo facendoti i miei complimenti ufficiali e sperando di ritrovarti presto con storie di simile livello stilistico su questo forum.
Ben ritrovato e a presto caro!

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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Ciao carissimo @Nerio
Sei sempre molto gentile nei confronti di quello che scrivo, naturalmente ti ringrazio, fa sempre piacere essere apprezzati per il proprio lavoro.
In questo racconto ho preso in prestito qualche elemento della civiltà omerica per giustificare in un certo modo la presenza di un labirinto reale e non solo metaforico, pur esulando in digressioni al di fuori di quella contestualizzazione, mettendoci qualcosa di demoniaco, come giustamente hai detto, anche se la mitologia greca, come tutte le mitologie del resto, ha la sua buona dose di crudeltà e di orrorifico.
Ti confesso che mi è dispiaciuto far fare quella fine a Kerikos, quel bravo isolano di Itaca, ma conto di riprenderlo e continuare la storia. Ulisse potrebbe anche pentirsi di quello che ha fatto e rivolgersi al Dio che ha invocato per proporgli una revisione del patto. Delle leggende asseriscono che il suo vero padre non era Laerte (che tra l’altro fu un Argonauta) ma bensì Sisifo, che era maestro di inganni, e Ulisse certo prese da quest’ultimo, non dal vecchio Laerte. (Vecchio alla fine dell’Odissea) e si sa la terribile condanna che gli Dei imposero a Sisifo negli Inferi, condanna ripresa anche da Dante nel suo Inferno. E io, senza assolutamente volermi paragonare a queste storie e autori, ma incantato da esse, mi son permesso di scrivere una sorta di trasposizione eretica o apocrifa.
Certo, 8000 caratteri sono pochi ma per fare qualcosa di decente non sarebbero bastati nemmeno il doppio e naturalmente molto più tempo. Mi è costato fatica comprimere senza privare troppo alcune situazioni a scapito di altre che per me erano vitali. Le molte ripetizioni che altri mi hanno fatto giustamente notare volevo che rendessero in maniera ossessiva, ripetitiva quella pena. Chiaro che si può migliorare e di molto. Per questo tengo come molto preziosi i tuoi bellissimi spunti e consigli, come quelli degli altri. Figurati che con il tempo ho salvato tutti i racconti del WD, compresi tutti gli MI, facendo copia e incolla anche di tutti i commenti ricevuti negli anni, fra i quali molti dei tuoi che ogni tanto vado a rileggere nel mio archivio, di cui faccio tesoro.
Vorrei “volare” su pagine di carta, come hai detto, è sempre stato il mio sogno, ma non so se riuscirò a realizzarlo. In effetti ho molte storie che dovrei rivedere e correggere, su alcune ci lavoro da tempo, chissà. Se avessi iniziato a scrivere in un’età più ragionevole oggi sarei a buon punto ma purtroppo ho dovuto fare altro nella vita per vivere. Ma ho molto apprezzato il tuo consiglio di far “crescere” le mie creature di fantasia (ne ho quasi paura perché nel mio immaginario ciò che un uomo può pensare può avverarsi in un’altra dimensione. Certamente non sarà così, ma mi piace pensarlo, pertanto dovrò liberare Kerikos dal suo labirinto infernale, prima o poi).
Ancora grazie per le tue belle parole Nerio e a Dio piacendo cercherò di partecipare con altre storie su questo forum, come ho fatto per lunghi anni sul WD.
Un caro saluto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI145] Il labirinto di Kerikos

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“Questo… è il tuo sacrificio. Vivrai.” Disse la voce dentro di lui.
Kerikos si mise a piangere.

Il racconto mi è molto piaciuto, @Alberto Tosciri, come tutti gli altri tuoi, del resto. Molto curato e credibile, lo svolgimento è logico, ma anche scritto in modo da non far mollare mai la tensione.
Nel finale il mio pensiero si è inevitabilmente rivolto al povero Giuseppe Conte, pure lui sacrificato agli dei degli inferi politici. Requiescat in pace con Kericos.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista
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