La Fiera di Santa Lucia
Posted: Sat Feb 20, 2021 8:01 pm
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Rimini
dicembre 1295
Era giunto il tempo della Fiera di Santa Lucia. Incurante del gelido inverno, il popolo di Rimini e del circondario si accalcava nella piazza della fontana, tra carri, tende e banchi colmi di mercanzie.
Nella confusione, si aggirava gente di ogni età e ceto, dal più nobile dei signori all’ultimo dei saltimbanchi e degli accattoni.
I poveri, i derelitti e i mendicanti coglievano l’occasione per evadere dal loro miserando stato.
Incuranti dei soldati e degli sgherri, ladri e borseggiatori esercitavano la loro arte con destrezza e maestria.
Eleganti e altezzose, le signore erano scortate dai famigli; umili e dimesse, le popolane dai parenti.
Agghindate con vesti sgargianti e discinte, le prostitute si ostinavano alla caccia febbrile di clienti da adescare.
Sul lato a monte, quello più distante dalla fontana, l'osteria faceva ottimi affari, e il vino, rimedio al gelo pungente di dicembre, scorreva a fiumi a riscaldare il corpo e l’animo dei riminesi e dei foresti accorsi in città.
Con il carretto dalle sponde rialzate, Bastianello trasportava ciocchi e fascine per case, palazzi e conventi della città.
Vestito con un tunica pesante e scura, cinta in vita da un cordone annodato, quando si calava il cappuccio sulla fronte pareva un frate predicatore itinerante. Tuttavia, poiché da sempre si aggirava per Rimini con il carro trainato da un somaro, tutti sapevano benissimo chi fosse, cioè il vecchio barrocciaio di un noto commerciante di legna per camini.
La città era in fermento da giorni. Accalcati nel campo del Comune, i facinorosi si sfottevano gli uni con gli altri per incomprensibili e, almeno all’apparenza, futili motivi.
Per la povera gente, la politica era questione di poca importanza. I servi sarebbero rimasti sempre i servi, e ciò indipendentemente dal partito e dal nome del signore della città.
La diatriba feroce tra Malatesti e Parcitadi si approssimava allo scontro ultimo e definitivo, che avrebbe sancito, e con le armi, quale dei due casati avrebbe retto il governo e trasformata Rimini in una signoria.
Mentre stava caricando il carro, Bastianello aveva udito il padrone redarguire il figlio screanzato: «Noi siamo commercianti, servi di tutti i signori, dell'una e dell'altra parte. Non farti coinvolgere in disordini e discussioni che nuocerebbero al nostro mercato.»
Viziato e scapestrato, il ragazzo si professava di parte guelfa con notevole convincimento.
Il carrettiere, invece, badava solo al lavoro, e non capiva un accidente delle stranezze di cui talvolta aveva inteso sproloquiare il figlio del padrone. Sotto il cielo plumbeo di quel freddo mattino, voleva sbrigare al più presto il giro dei clienti. Sperava di farcela prima della pioggia o, Dio non volesse, della neve.
Un nuovo somaro era succeduto al vecchio, che aveva concluso la carriera al traino finendo in pentola a ribollire in mezzo alle verdure.
Giovane e ribelle, il nuovo ciuco doveva ancora apprendere i segreti del mestiere, cioè stare alla larga da uomini e animali.
Infatti, invece di costeggiare un lato della piazza affollata, la bestiola scartò senza preavviso verso la fontana, dove giovani ed eleganti signori si stavano infervorando in politiche tenzoni.
«Stupida bestiaccia!» lo sgridò Bastianello.
Ma i somari sono testardi, soprattutto qualora abbiano adocchiato, per quanto in lontananza, una giovane asinella dal fine manto sorcino. La femmina era in calore, ed è risaputo come il cervello delle bestie, ma anche dei cristiani, in certe situazioni sia un organo accessorio e ininfluente, e che, di conseguenza, si tenda a ragionare quasi soltanto con i genitali.
Bastianello strattonò per la cavezza, ma il ciuco imbizzarrì, e ragliò al mondo la smania disperata. Nella calca risuonarono grida e bestemmie. La cieca pazzia dell'animale sconvolse la folla dei signori, dei soldati e della gente nella piazza come la furia della tramontana agita il mare.
Le grida degli uomini, ma anche gli strilli delle donne, possono essere facilmente confusi con il raglio di un somaro, e così fraintese, per sua sfortuna, il nobile signore Lodovico delle Caminate.
Il giovane scambiò il tramestio per una sommossa, e corse a la piazza armato gridando: «Viva misèr Malatesta, e la parte ghelfa!»
Lesto e preciso nello scoccare, un balestriere dei Parcitadi trafisse, al petto e a morte, il disgraziato Lodovico.
Seguirono urla di guerra e strilli disperati. Il popolo fuggì dalla piazza e, alla vista del sangue e delle armi, i mercanti abbandonarono i carri e i banchi con le cianfrusaglie alla furia dei soldati.
E fu così che, per colpa di Bastianello e del suo somaro innamorato, ebbe inizio la battaglia.
Rimini
dicembre 1295
Era giunto il tempo della Fiera di Santa Lucia. Incurante del gelido inverno, il popolo di Rimini e del circondario si accalcava nella piazza della fontana, tra carri, tende e banchi colmi di mercanzie.
Nella confusione, si aggirava gente di ogni età e ceto, dal più nobile dei signori all’ultimo dei saltimbanchi e degli accattoni.
I poveri, i derelitti e i mendicanti coglievano l’occasione per evadere dal loro miserando stato.
Incuranti dei soldati e degli sgherri, ladri e borseggiatori esercitavano la loro arte con destrezza e maestria.
Eleganti e altezzose, le signore erano scortate dai famigli; umili e dimesse, le popolane dai parenti.
Agghindate con vesti sgargianti e discinte, le prostitute si ostinavano alla caccia febbrile di clienti da adescare.
Sul lato a monte, quello più distante dalla fontana, l'osteria faceva ottimi affari, e il vino, rimedio al gelo pungente di dicembre, scorreva a fiumi a riscaldare il corpo e l’animo dei riminesi e dei foresti accorsi in città.
Con il carretto dalle sponde rialzate, Bastianello trasportava ciocchi e fascine per case, palazzi e conventi della città.
Vestito con un tunica pesante e scura, cinta in vita da un cordone annodato, quando si calava il cappuccio sulla fronte pareva un frate predicatore itinerante. Tuttavia, poiché da sempre si aggirava per Rimini con il carro trainato da un somaro, tutti sapevano benissimo chi fosse, cioè il vecchio barrocciaio di un noto commerciante di legna per camini.
La città era in fermento da giorni. Accalcati nel campo del Comune, i facinorosi si sfottevano gli uni con gli altri per incomprensibili e, almeno all’apparenza, futili motivi.
Per la povera gente, la politica era questione di poca importanza. I servi sarebbero rimasti sempre i servi, e ciò indipendentemente dal partito e dal nome del signore della città.
La diatriba feroce tra Malatesti e Parcitadi si approssimava allo scontro ultimo e definitivo, che avrebbe sancito, e con le armi, quale dei due casati avrebbe retto il governo e trasformata Rimini in una signoria.
Mentre stava caricando il carro, Bastianello aveva udito il padrone redarguire il figlio screanzato: «Noi siamo commercianti, servi di tutti i signori, dell'una e dell'altra parte. Non farti coinvolgere in disordini e discussioni che nuocerebbero al nostro mercato.»
Viziato e scapestrato, il ragazzo si professava di parte guelfa con notevole convincimento.
Il carrettiere, invece, badava solo al lavoro, e non capiva un accidente delle stranezze di cui talvolta aveva inteso sproloquiare il figlio del padrone. Sotto il cielo plumbeo di quel freddo mattino, voleva sbrigare al più presto il giro dei clienti. Sperava di farcela prima della pioggia o, Dio non volesse, della neve.
Un nuovo somaro era succeduto al vecchio, che aveva concluso la carriera al traino finendo in pentola a ribollire in mezzo alle verdure.
Giovane e ribelle, il nuovo ciuco doveva ancora apprendere i segreti del mestiere, cioè stare alla larga da uomini e animali.
Infatti, invece di costeggiare un lato della piazza affollata, la bestiola scartò senza preavviso verso la fontana, dove giovani ed eleganti signori si stavano infervorando in politiche tenzoni.
«Stupida bestiaccia!» lo sgridò Bastianello.
Ma i somari sono testardi, soprattutto qualora abbiano adocchiato, per quanto in lontananza, una giovane asinella dal fine manto sorcino. La femmina era in calore, ed è risaputo come il cervello delle bestie, ma anche dei cristiani, in certe situazioni sia un organo accessorio e ininfluente, e che, di conseguenza, si tenda a ragionare quasi soltanto con i genitali.
Bastianello strattonò per la cavezza, ma il ciuco imbizzarrì, e ragliò al mondo la smania disperata. Nella calca risuonarono grida e bestemmie. La cieca pazzia dell'animale sconvolse la folla dei signori, dei soldati e della gente nella piazza come la furia della tramontana agita il mare.
Le grida degli uomini, ma anche gli strilli delle donne, possono essere facilmente confusi con il raglio di un somaro, e così fraintese, per sua sfortuna, il nobile signore Lodovico delle Caminate.
Il giovane scambiò il tramestio per una sommossa, e corse a la piazza armato gridando: «Viva misèr Malatesta, e la parte ghelfa!»
Lesto e preciso nello scoccare, un balestriere dei Parcitadi trafisse, al petto e a morte, il disgraziato Lodovico.
Seguirono urla di guerra e strilli disperati. Il popolo fuggì dalla piazza e, alla vista del sangue e delle armi, i mercanti abbandonarono i carri e i banchi con le cianfrusaglie alla furia dei soldati.
E fu così che, per colpa di Bastianello e del suo somaro innamorato, ebbe inizio la battaglia.