[MI145] Il nel mezzo

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Sono innamorata di mia sorella.
All’inizio era l’amore filiare di una bambina nei confronti della sorella maggiore, poi con la pubertà è diventato qualcosa di diverso. Io e Renata siamo cresciute insieme fino a che lei non si è sposata ed è andata via. So che non se n’è mai accorta e probabilmente l’avrebbe considerata solo l’ennesima stramberia dell’artista di famiglia. Avrebbe riso dei miei calori e deriso il pudore con cui le accarezzavo i capelli quando guardavamo un film sul divano, o come accavallavo le mie gambe nude sulle sue anche d’estate e col caldo. Non ha mai avuto un bel carattere, ma con me ha sempre manifestato il senso di protezione proprio di chi è madre già da prima di diventarlo. Qualche anno fa partorì Bruna e diventò madre per davvero. Non ne soffrii, anzi amavo Bruna come fosse anche figlia mia.
Adesso che sono venute a stare da me, finalmente, possiamo essere la famiglia che ho sempre sperato che fossimo.
«Mi dai una mano con le valigie di Bruna?»
Il tempo non è dei migliori per un trasloco, ma non importa perché questo è stato fatto d’urgenza e non ci si poteva aspettare altro. Angoli di pantaloni e magliette colorate spuntano dalle valigie in tela. Quella di Renata è ammaccata e ha dei graffi nuovi sul davanti. Probabilmente Sergio glie l’ha tirata dietro.
Ho preparato cibo thai, il nostro preferito.
«Alla fine ti sei decisa. Sono contenta Rèni», le dico. Bruna mangia il riso bianco e ha dei cicchi appiccicati sulle guance.
«Hm. Sì beh, non avevo scelta».
«Ma sei felice di stare con me, vero?»
Non voglio farle pressioni. So che ne ha passate di brutte e so quanto mi vuole bene, non devo costringere le persone a continue dimostrazioni d’affetto.
«Felice di non avere altro posto dove andare con mia figlia se non a casa della mia sorellina diciannovenne? Sono in estasi».
Non la spingo oltre; questa sera ha bisogno di riposarsi. Le propongo un film, una serata di quelle che passavamo da ragazzine. Bruna ha finito di mangiare e già sbadiglia.
«Non avresti qualcosa da bere? Qualcosa di forte», mi chiede.
«Ho del sakè».
«Roba raffinata! Andrà benissimo, grazie».
Accendo la TV e metto Bruna sul divano. Credo sia abituata ad addormentarsi da sola perché mi sorride e chiude gli occhi quasi all’unisono. Porto la bottiglia di sakè in cucina. Renata si attacca senza usare il bicchiere che ha lì davanti e io la lascio fare. Non me ne offre neanche un goccio, se la scola tutta in due minuti.
«Rèni, devo parlarti».
«Non stasera dai. Non hai qualcosa di nuovo da mostrarmi? Che so, un quadro, uno scarabocchio dei tuoi. Mi piacciono.»
«Non ho mai dipinto quadri, ma a dire il vero domani sera inauguro una mostra per il mio ultimo lavoro», dico. So che non le interessa l’arte in generale, né tantomeno la mia. Sa solo che le mie opere si vendono bene.
«Una mostra tutta tua? E brava la mia sorellina! Sei l’artista più giovane nella storia della famiglia».
«Credo di essere l’unica a dire il vero».
«Ah, io dipingevo. Ricordi? Quei quadri di Parigi con le foglie, lì».
«Me li ricordo. Quando mai sei stata a Parigi poi?». Ci guardiamo negli occhi e ridiamo. Siamo entrambe brille, chi di alcol chi di euforia.
Renata ha la guancia destra rossa. Le si arrossisce sempre quando è sbronza: solo la destra, una palla rosso fuoco che sembra una mela e mi fa venire voglia di prenderla a morsi.
«Rèni, sul serio. Ascolta». Renata non mi da il tempo di finire. Si aggrappa alle maniche della mia canottiera per tirarsi su e in un unico movimento fluido mi bacia. Rimango impietrita e faccio per rimetterla a sedere, perché non è così che lo immaginavo. Più la spingo lontano però, più lei mi si avvicina. Mi infila la lingua in bocca e perdo qualsiasi controllo. Inizio a toccarle il seno su cui da bambina appoggiavo la testa, e nel frattempo mi bagno.

È buio. Alzo la testa dal cuscino inzuppato di sudore e l’orologio mi restituisce un luminescente tre di notte. Mi giro per rubare ancora un’immagine del corpo di Renata attaccato al mio, ma trovo solo lenzuola aggrovigliate. La cerco nell’oscurità e intravedo una luce dalla porta del bagno. Mi alzo a tentoni perché anche la mia vescica è gonfia e vorrebbe liberarsi. Mi trascino verso il bagno ma quando faccio per aprire la porta, Renata la spalanca e la luce mi investe.
«Che fai in piedi a quest’ora?». Qualsiasi cambio improvviso d’intensità mi provoca fitte immediate alla testa.
«Devo pisciare Rèni. Tu che fai?». Ma non c’è bisogno che risponda. Appoggiati sul lavandino ci sono un cucchiaio e una siringa. Renata ha ancora il laccio emostatico attorno al braccio.

Ho dovuto faticare non poco per convincere Renata a venire alla mostra. L’intervento di Bruna è stato decisivo. Rèni aveva paura che Sergio avesse saputo dove si trovava.
«È furbo. Sicuramente saprà già della mostra e avrà immaginato che ci andremo e sarà lì ad aspettarmi», dice.
«Ma c’è la Sicurezza! Se si farà vivo li avvertiremo e lo scorteranno fuori, d’accordo?»
«Zia Marzia, di che parla la tua mostra?» Bruna cerca sempre di smorzare gli animi.
«Ecco, non so se sia adatta a una bambina», dice Renata.
«Ma Bruna è una bambina grande, non è vero Bruna?»
«Certo che sì», risponde Bruna.
«Ma cos’è questo “Labirinto di Carne”?» Renata legge la brochure della mostra e mi rivolge uno sguardo un po’ ansioso.
«Ma niente! Ricordi quella volta che da piccole rubammo la carne della festa del paese per cucirci dei vestiti “vivi”? Ho preso l’idea e l’ho trasformata in una sorta di esposizione esperienziale. Una passeggiata attraverso un labirinto di carne. Un labirinto vivo».
«Sembra una cosa macabra», dice lei.
«Fiiico», dice Bruna.

All’ingresso della struttura c’è una folla inaspettata, e il curatore che mi ha individuato già dal parcheggio si avventa su di me a grandi falcate e con gli occhi color moneta.
Renata si stringe nel cappotto e si guarda intorno. Tiene la mano a Bruna mentre cerca di capire se nel nugolo di corpi ci sia anche quello di Sergio.
«Allora, che ve ne pare?»
«Avevo ragione io. È macabro», dice Renata mentre si avvicina per guardarlo.
«Zia, è bellissimo zia! Sembra un muro di hamburger. Entriamo?»
«No Bruna, mi dispiace. Non è fatto per entrarci. Non ho disegnato neanche una cartina, ho costruito un pezzo alla volta finché non ho finito la carne».
Posso leggere la delusione sul suo volto.
«Mi dispiace, è più una cosa concettuale. Forse avevi ragione Rèni, non è adatto a una bambina». Mi giro per scusarmi con Renata ma non la trovo.
«Bruna, dov’è tua madre?»
«Era qui fino a prima.»
Mi viene il dubbio che non abbia resistito al richiamo dell’eroina. Ne sono quasi certa e la rabbia mi riempie lo stomaco. Avrei dovuto parlargliene subito ma non volevo rovinare la serata perfetta che avevo immaginato per noi tre. Tra tutta questa gente che è venuta per vedere il lavoro della sua sorellina, davanti a lei e a sua figlia, pensa solo a iniettarsi merda nelle vene?
Devo stare calma. Non saltare a conclusioni.

Passano i minuti. Stringo forte Bruna e lentamente, senza allarmare nessuno, avanziamo tra la gente che mi saluta e sorride e si complimenta. Controlliamo in bagno, ma Renata non c’è.
Dove s’è cacciata?
Mi viene in mente di cercarla nel parcheggio. Forse ha almeno avuto il buonsenso di allontanarsi da sguardi indiscreti prima di tirare fuori la siringa.
Sull’uscio dell’entrata vedo Sergio. Stringo Bruna ancora più forte e mi mischio alla folla. Devo evitare a tutti i costi che ci veda. Ma se fosse lui la ragione della scomparsa di Renata? Se l’avesse presa? Maledetto cornuto.
«Zia, forse la mamma è entrata nel labirinto?»
È un’ipotesi a cui non avevo pensato. È assurdo, ma vale la pena controllare. Sergio lo affronterò quando sarò sola.
Cerchiamo lo spazio striminzito da cui sono sgattaiolata fuori l’ultima volta. Facciamo il giro del labirinto più volte, da nord a sud, da est a ovest. Niente. L’entrata è scomparsa.
Stringo forte la mano di Bruna.
«Tranquilla amore mio. Torniamo a controllare domattina, ti va?»


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commento
traccia di mezzogiorno

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Ton ha scritto:All’inizio era l’amore filiare di una bambina nei confronti della sorella maggiore
Filiale.
In ogni caso si usa l'espressione di "amore filiale" per indicare quello nei confronti dei genitori. Si può forse estendere come significato a una sorella che assume un ruolo genitoriale, ma qui non lo trovo perfettamente aderente.

Tutto il primo paragrafo l'ho trovato un po' pasticciato. Sembra che tu voglia dire subito un sacco di cose, ma finiscono per essere troppe e troppo disordinate. Non che non si capisca cosa vuoi dire, ma si perde l'organicità del racconto.
Adesso che sono venute a stare da me ...
Anche qui. Solo più avanti si capisce che Sergio (presumo il marito della sorella) ha cacciato la moglie e la figlia di casa. Un particolare non del tutto secondario che forse andrebbe anticipato, magari con qualche riflessione sullo stato d'animo di chi è coinvolto.
Renata si attacca senza usare il bicchiere
Senza nemmeno scaldare il saké. Orribile.
Non ho mai dipinto quadri, ma a dire il vero domani sera inauguro una mostra per il mio ultimo lavoro
Sibillino. Una mostra di che?
Una passeggiata attraverso un labirinto di carne. Un labirinto vivo
Ora si capisce di che tratta la mostra, ma faccio fatica comunque a comprenderne il senso.

In definitiva: la sorella maggiore tossica è stata mollata dal marito che probabilmente rivuole la figlia. La sorella minore è un artista che ha costruito questo labirinto di carne dentro il quale scompare la sorella maggiore. Tra le due vi è un'attrazione erotica.

Realmente faccio un po' fatica a mettere insieme tutti i pezzi e se c'è qualche significato simbolico in tutto ciò, francamente mi sfugge.
Rimane l'impressione di una stesura disordinata.
Se poi sono io che non ho capito mi scuso in anticipo.

Re: [MI145] Il nel mezzo

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@Poldo grazie mille! :P

Ogni commento è ben accetto, anzi. Per me però è troppo presto per poterti rispondere: non sono ancora in grado di rileggere il racconto e vedere quella confusione che trovi tu. Magari tra qualche giorno se sono fortunato.

Comunque mi pare che
In definitiva: la sorella maggiore tossica è stata mollata dal marito che probabilmente rivuole la figlia. La sorella minore è un artista che ha costruito questo labirinto di carne dentro il quale scompare la sorella maggiore. Tra le due vi è un'attrazione erotica.

Realmente faccio un po' fatica a mettere insieme tutti i pezzi
i pezzi tu li abbia messi insieme benissimo :D

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Poeta Zaza ha scritto: dom feb 21, 2021 11:16 pm @Ton Ho una domanda sul titolo. Cosa significa?

Il nel mezzo?

Hai dimenticato una parola dopo l'articolo? :confusion-scratchheadyellow:
No :P

Come tutto quello che scrivo, l'ho pensato prima in inglese.

Il titolo originale è "The in between". "Il nel mezzo" è la traduzione migliore che sono riuscito a fare. Qualche sfumatura, anche importante, purtroppo la perdo sempre in traduzione. Jn questo caso "nel mezzo" diventa proprio il soggetto della frase. Come dire "Il grinta" per capirci. O "Il sottosopra".

Oppure puoi pensarlo come "Il (vuoto) nel mezzo" se ti piace di più :D

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Ton ha scritto: dom feb 21, 2021 11:24 pm No :P

Come tutto quello che scrivo, l'ho pensato prima in inglese.

Il titolo originale è "The in between". "Il nel mezzo" è la traduzione migliore che sono riuscito a fare. Qualche sfumatura, anche importante, purtroppo la perdo sempre in traduzione. Jn questo caso "nel mezzo" diventa proprio il soggetto della frase. Come dire "Il grinta" per capirci.

Oppure puoi pensarlo come "Il (vuoto) nel mezzo" se ti piace di più :D
L'ho immaginato per un attimo, poi mi sono detta. No, ha solo dimenticato una parola. (Tipico suo ;) )
Comunque, sono andata adesso sul traduttore di Google, che per "The in between" mi dà "La via di mezzo".
So che non è attendibile. Comunque between da solo è anche "fra" - "tra" se non erro.
Il tuo labirinto è di carne.
"Tra la carne?" "In mezzo alla carne?" (Suggerimenti a posteriori.)

Il finale me l'aspettavo più "pregno", comunque, viste le premesse. :lol:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Io ho avuto una percezione diversa rispetto a @Poldo: è Marzia che parla, quindi è inevitabile che lei dia per scontati molti elementi che il lettore dovrà pian piano scoprire, magari desumendoli dal concerto. L'escamotage di avere tra i protagonisti una bambina piena di domande è ottimo per fornire informazioni in maniera coerente col contesto.

In questo senso sarebbe a mio parere da inquadrare meglio l'incipit, per alleggerire il rischio di infodump e darne una spiegazione. Potrebbe anche solo essere un "a solo" di Marzia che si chiude in bagno per festeggiare tra sè e sè l'evento (che attende da una vita) e per imporsi un minimo di contegno. Sul piano della scrittura, potrebbe essere utile costruire un anello (statement + divagazione + ripresa dello statement + novità), ad esempio:
Sono innamorata di mia sorella da sempre.
BLA BLA BLA
[/B]Sono innamorata di mia sorella da sempre[/B] e adesso, finalmente, possiamo essere la famiglia che ho sempre sperato fossimo.
Nella parte centrale (il BLA BLA BLA) si potrebbe pensare di far vivere la componente informativa sul respiro affannato della ragazza (sintassi meno pulita, anacoluti, commenti invece che affermazioni).

Analogamente, si potrebbe aiutare questo effetto di totale immersione nella visuale di Marzia snellendo alcuni "orpelli di congiunzione" nella seconda metà del racconto: "mi viene il dubbio che", "ne sono quasi certa"... Fagli apparire il dubbio, bang; fai emergere la certezza, la sensazione di essere stata tradita.

Unica lacuna "concettuale": Marzia sembra quasi indifferente alla scoperta che la sorella si droga (pesantemente).
Mi sarei aspettato una qualche reazione, dal terrore alla rabbia fino magari al trovarle una giustificazione, o magari un ulteriore motivo per tenerla attaccata a sè. Magari in così pochi caratteri era impossibile, ma un accenno potrebbe rendere più equilibrato il rapporto tra le figure descritte.

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Unica lacuna "concettuale": Marzia sembra quasi indifferente alla scoperta che la sorella si droga (pesantemente).
Mi sarei aspettato una qualche reazione, dal terrore alla rabbia fino magari al trovarle una giustificazione, o magari un ulteriore motivo per tenerla attaccata a sè. Magari in così pochi caratteri era impossibile, ma un accenno potrebbe rendere più equilibrato il rapporto tra le figure descritte.
@Gualduccig il mio problema più grande, è che io i racconti brevi non li so scrivere :P o meglio: le storie che mi vengono in mente sono troppo grandi per farcele stare in un racconto breve.

Ma siccome mi piacciono troppo e sono troppo pigro per revisionare, scrivo come viene e quando sono a 7500 caratteri tiro via tutto il prima possibile :si:

Non so se hai presente la frase di Gallant in cui dice che "una storia breve è quello che vedi guardando fuori dalla finestra. Non può esserci più di quello altrimenti non è più una storia breve". A me ha sempre fatto pensare a una storia breve come un punto in mezzo a una linea, una parola in mezzo a una frase, un paio di giorni in mezzo a una vita.

Non ho posto l'accento sulla droga per far aleggiare quel senso di inquietudine che secondo me (cioè nella mia testa) doveva essere la chiave del racconto: la traccia richiedeva un mostro. Chi è il mostro? Renata? Sergio? O forse è proprio Marzia, che è convinta di essere una brava persona, ma anche se riconosce le occasioni in cui potrebbe fare la cosa giusta, le ignora per convenienza propria? Forse il vero labirinto di carne è il corpo di Marzia.

Boh :si:

(Comunque il tuo consiglio sul bla bla bla e la ripresa strutturale della frase mi piace, te lo frego, e lo riutilizzerà da qualche altra parte. Grazie.)

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Ciao @Ton , innanzitutto: complimenti. A me il tuo racconto è piaciuto parecchio. Però prima i punti dolenti.
Anch'io, come @Poldo , ho notato che il primo paragrafo è piuttosto disorganico (non riesco a fare la citazione alla solita maniera):

"All’inizio era l’amore filiare di una bambina nei confronti della sorella maggiore, poi con la pubertà è diventato qualcosa di diverso. Io e Renata siamo cresciute insieme fino a che lei non si è sposata ed è andata via. So che non se n’è mai accorta e probabilmente l’avrebbe considerata solo l’ennesima stramberia dell’artista di famiglia. Avrebbe riso dei miei calori e deriso il pudore con cui le accarezzavo i capelli quando guardavamo un film sul divano, o come accavallavo le mie gambe nude sulle sue anche d’estate e col caldo. Non ha mai avuto un bel carattere, ma con me ha sempre manifestato il senso di protezione proprio di chi è madre già da prima di diventarlo. Qualche anno fa partorì Bruna e diventò madre per davvero. Non ne soffrii, anzi amavo Bruna come fosse anche figlia mia.
Adesso che sono venute a stare da me, finalmente, possiamo essere la famiglia che ho sempre sperato che fossimo."

Appunto, troppe informazioni tutte assieme esposte senza un filo logico, senza che frase chiami frase per conseguenza (cosa c'entra il fatto che Marzia e Renata siano cresciute insieme, per altro abbastanza scontata come informazione, con il fatto che Renata non sa nulla dell'amore che la sorella prova per lei? e questo, a sua volta, cosa c'entra con il fatto che Reni non ha mai avuto un buon carattere ma con Marzia si comportava come una madre?): sono semplicemente le informazioni che volevi dare al lettore prima di cominciare a raccontare la storia vera e propria. E questo va benissimo, ma c'è modo e modo di disporre le informazioni, è questione di trovare le giuste scuse per dire le cose.
L'altro grosso punto debole della tua storia, secondo me, è il finale: a mio parere - spero di non offenderti - è praticamente inesistente. Ovvero, è una storia inconclusa. Sarebbe un finale aperto se lasciassi intendere al lettore che Renata può essere scomparsa per diversi motivi ognuno dei quali sia in grado di comunicare un messaggio o un'emozione forte al lettore. Oppure, sempre finale aperto sarebbe se, qualunque sia il motivo della sparizione di Renata, tale sparizione mettesse in evidenza qualche atteggiamento particolare della protagonista Marzia. Ma nella tua storia non avviene nessuna delle due cose: semplicemente la narrazione si sospende in un punto qualsiasi, non sul più bello, perché l'ultima battuta di Marzia a Bruna distende gli animi nella rassegnazione, invece che caricarli di tensione nell'ostinazione a non arrendersi, ad esempio.

Detto questo, dopo il primo paragrafo e prima del finale, il racconto scorre che è una meraviglia: coinvolge, rende il lettore preoccupato per la protagonista, ad esempio quando Marzia si sveglia alle tre di notte tutta sudata e il lettore si trova lì a sperare che il bacio della sera prima non sia stato frutto del più stereotipato dei sogni notturni. Inoltre, non mi ha per niente stupito che Marzia non abbia reagito con indignazione alla vista della sorella eroinomane. Ho pensato che si trattasse di un fatto ormai da tempo conosciuto da Marzia, a cui la donna si è dovuta rassegnare. Interpretazione che credo si sposi bene con la spiegazione che hai dato tu stesso, e cioè che Marzia adoperi la grave dipendenza della sorella come scusa per tenerla legata a sé, in un rapporto morboso di accudimento. Ed è probabilmente questo quello di cui volevi parlare in questo racconto (il senso che Poldo non trovava): i rapporti morbosi, quei rapporti in cui coloro che sembrano accudire con infinito amore sono in realtà i primi ad avere bisogno, e in nome di questo bisogno non sono disposti a lasciar libere le persone a cui comunque tengono. Questo è molto evidente, ad esempio, nell'incalzante domanda di Marzia a Renata: "Sei contenta di stare qui con me?". Oppure nell'indignazione di Marzia quando pensa che la sorella tenga più alla droga che a lei. Ma forse varrebbe la pena di insistere ancora un po' su elementi di questo genere, perché devo dire che senza la tua spiegazione non mi sarei accorto in maniera così nitida del tema trattato.

Ad ogni modo, vivissimi complimenti. Un racconto che cattura come un labirinto vivo!

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Eppure per me é chiaro che é la carne di Renata che ha occluso l'unico pertugio rimasto dell'opera esposta. Per me é chiaro che é stato il padre della bambina a ucciderla, é chiaro che Marzia ha capito tutto, é chiaro il rapporto malato delle sorelle ereditato da chissà quale famiglia.
È chiaro che é una storia dell'orrore labirintica ed é chiaro che é il lettore a trovarsi in questo luogo strano e straniante che si chiama "nel mezzo" con suo bell'articolo.
A me é piaciuta tanto tanto, proprio perché mi ha turbato e disturbato altrettanto.

Re: [MI145] Il nel mezzo

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@Almissima è una gran gnocca.

Non c'è altro da dire.

@Poldo ah! Nella fretta di risponderti ho dimenticato un dettaglio a cui, da buon alcolizzato, tengo molto: il sakè si beve normalmente a temperatura ambiente nelle case. Poi ne esistono due varianti: il kan, quello famoso che si vede nei manga o nei film, che è quello riscaldato, e lo hiya, che è servito freddo.

Tra l'altro, il sakè è servito in modalità kanzake più che altro nei ristoranti (o al massimo nelle serate rigide d'inverno), ed è una pratica nata soprattutto perché una volta ti davano da bere sakè di pessima qualità, e scaldandolo o servendolo bollente si notava di meno.

Tutta sta pippa inutile solo per dire che in realtà all'inizio la storia era ambientata in Giappone e le protagoniste avevano nomi giapponesi ma poi ho cambiato tutto all'ultimo secondo per vedere che effetto faceva :D

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Ciao @Ton, avevo detto che avrei commentato e ci provo.
Provo innanzitutto a spiegare cosa intendevo con "troppe cose": c'è l'amore passionale di una sorella per l'altra; il brutto carattere della maggiore; il fatto che abbia sempre trattato la minore da artista stramba e le cui cose non contano poi tanto; l'istinto materno insito in Renata già da prima d'essere madre e che si manifestava verso la sorellina (questo poi, è detto nel paragrafo introduttivo ma mi sembra in contraddizione con più o meno tutto quello che ci dici di lei dopo: cattivo carattere, pensa sempre a sé e non dà mai peso alle esigenze e realizzazioni della sorella...); la dipendenza dall'eroina; il compagno violento e forse ho dimenticato cose (tipo le due sorelle che da bambine hanno rubato la carne della sagra per farne dei vestiti. I bambini fanno cose strane, okay, ma quanta carne hanno rubato, come l'hanno portata via, doveva pesare, come pensavano di assemblare i vestiti? mi sembra un aneddoto tirato per i capelli ma forse ho poca fantasia io.)

Tutto ciò in un romanzo ci sta, in un racconto breve, secondo me (tu puoi continuare a non essere d'accordo) fa un effetto "ti racconto un sacco di cose, tu tienile a mente e mettici ordine e senso", da un lato, e dall'altro, per evidenti problemi di spazio, fa sì che alcune di queste informazioni siano solo espresse ma non si sviluppino, né sembrino avere davvero importanza nella storia. Tipo il marito violento: serve solo a giustificare che Renata traslochi dalla sorella e, forse, la sua scomparsa finale? L'eroina: parrebbe che abbia una grossa dipendenza poiché a quanto pare si buca ogni giorno, eppure non vediamo il peso o gli effetti su Renata. In realtà di lei ci dici un sacco di cose ma non sappiamo nulla, non la vediamo agire e vivere in base a quelle cose.

Anche l'amore passionale di Marzia per Renata, che pure pare essere il cuore della storia, poiché lo annunci da subito, sembra ossessionare Marzia, nell'ultima parte non pesa, potrebbe anche non esserci: Marzia è prima arrabbiata perché pensa che l'altra si stia drogando invece di godersi la serata con la sorella e la bambina, poi preoccupata perché pensa che Sergio l'abbia rapita, poi nulla "ci penseremo domani". Queste le mie impressioni sul "trop-plein" di contenuti.

Poi, il primo paragrafo mi interpella. È vero che la prima frase, così, è d'impatto, però poi per righe e righe ci dai tante informazioni (anche non necessarie come il fatto, evidente, che vivessero insieme fino a che una non s'è sposata, il senso materno prima di essere madre eccetera) e poi, molto poi, ci dici: sono contenta perché ora stanno qui. Ecco, io motiverei quella lunga lista di informazioni su Renata e il rapporto tra le due, legandolo al fatto che le è piombata a vivere in casa. Mia sorella vive qui, ne sono felice perché la amo: so di amarla fin dalla pubertà eccetera.

Un'altra cosa che mi sembra meriterebbe riflessione è che ci sono dettagli, e parole, abbastanza superflue e poi cose anche fondamentali che sono buttate lì e basta, ma non hanno spazio (ad esempio il senso di protezione di Renata verso Marzia, che lei ci dice ma di cui non vediamo ombra, o, appunto, il rapporto con un uomo violento, che qualche traccia, a parte graffi sulla valigia e "non andiamo alla mostra, potrebbe trovarmi" – tra l'altro, abita dalla sorella, è più facile per lui trovarla e farle del male lì che in una galleria in mezzo alla gente, non trovo sensato che sia la mostra a spaventarla –; o ancora la loro infanzia, la relazione tra le due...) Secondo me, asciugando un po' alcune frasi di contorno, si troverebbe spazio per momenti e passaggi più importanti, anche in 8000 caratteri.
Non ha mai avuto un bel carattere, ma con me ha sempre manifestato il senso di protezione proprio di chi è madre già da prima di diventarlo. Qualche anno fa partorì Bruna e diventò madre per davvero. Non ne soffrii, anzi amavo Bruna come fosse anche figlia mia.
ad esempio qui: se anche decidi che sono concetti che devi assolutamente comunicarci, puoi farlo in una forma più essenziale: era protettiva come una madre, con me, poi è nata Bruna ed è diventata madre davvero, ma non sono mai stata gelosa (sì, lo so: è sintetico, è brutto, ma è solo a titolo d'esempio ;) )
Il tempo non è dei migliori per un trasloco, ma non importa perché questo è stato fatto d’urgenza e non ci si poteva aspettare altro.
a cosa serve questo periodo? dici che stai stretto nello spazio del racconto, poi metti inserti come questo
Ho dovuto faticare non poco per convincere Renata a venire alla mostra. L’intervento di Bruna è stato decisivo. Rèni aveva paura che Sergio avesse saputo dove si trovava.
qui ci dici le stesse cose che ci dirà il dialogo che segue: mi sembra superfluo anticiparlo.
. Qualsiasi cambio improvviso d’intensità mi provoca fitte immediate alla testa.
anche questo: era davvero un'informazione necessaria? che valore aggiunto ha? (tra l'altro tra la serata, le emozioni, il risveglio alle 3, direi che le fitte alla testa non han bisogno di altre motivazioni)
Mi fermo qui, ma di frasi, incisi, precisazioni non necessarie, anzi dispersive, secondo me ce ne sono diversi. (il secondo me è sempre il filtro, eh? puoi mettere le mie impressioni al macero, senza problemi)

Una cosa su cui vorrei soffermarmi ancora:
Inizio a toccarle il seno su cui da bambina appoggiavo la testa, e nel frattempo mi bagno.
questa scena, reale o sognata (il lettore non lo saprà mai) è densa di passione e di pathos, e di atti, ed emozioni, che si succedono concitate e al di là della logica: la forma dovrebbe essere consona. Già c'è la specificazione (su cui da bambina ecc) che ci deve stare, perché dà tutta la forza e la "anormalità" della cosa, ma se ci metti un "inizio a" "nel frattempo", il ritmo si rallenta troppo, non siamo presi nel vortice di emozioni di Marzia.
"Tocco il seno su cui poggiavo la testa da bambina, mi bagno (mi sento bagnare, quello che vuoi, ma nel frattempo no. Anche perché non ha senso: non è che, intanto che fa quello si eccita, ma proprio perché fa quello, si eccita.) La scrittura, il ritmo, le parole devono essere in sintonia con quello che vogliono dipingere, se no l'effetto scema.

Trovo molto di buono nel racconto, dall'amore "strano" di Marzia, al labirinto di carne, al finale misterioso di una sorella che scompare nella massa di carne. Ma questa sorella è davvero mai esistita? Pare di sì: c'è sua figlia che stringe la mano alla zia. E se invece fossimo dall'inizio rinchiusi nel labirinto della mente di Marzia? È una bella cosa un testo che lascia tante domande, un'atmosfera opprimente, una storia non ordinaria. Però il tutto è stritolato e un po' soffocato da una grande quantità di concetti e dettagli che, forse, non trovano spazio in un racconto breve.

Ci sono anche alcuni refusi, non tanti, ma ti risparmio: ho già scritto un papiro infinito. Vedi tu se ci puoi trovare qualcosa d'interessante o no. :ciaociao:
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [MI145] Il nel mezzo

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ciao @Ton . Io ho trovato il tuo racconto piccante ma anche molto romantico, per via del tuo modo far raccontare la storia attraverso Marzia. In effetti lei è romantica anche se di una sponda insolita... Io invece di faccio passare tutto questo guazzabuglio di sentimenti, vite sregolate e arte, che è la vera forza del racconto. Questo è un racconto che paragonerei ad un cocktail estroso, dove vi è dentro di tutto ma che poi ha un sapore estasiante.. ciao ciao :asd:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Ton ha scritto: lun feb 22, 2021 4:02 pm le storie che mi vengono in mente sono troppo grandi per farcele stare in un racconto breve.
Mi pare sia stato Cerami a dire che, per loro natura, il romanzo si basa su una "idea debole" e il racconto invece su una "idea forte", che ha respiro più corto ma un tono più alto, più squillante.

Dovresti considerare l'ipotesi di tentare di esprimere una delle tue storie "troppo grandi" in uno spazio che permetta loro di svilupparsi come richiedono, anche solo come esperimento nella definizione di trama e fabula. E vedere di nascosto l'effetto che fa.

Re: [MI145] Il nel mezzo

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@Ton Anche nelle storie brevi deve esserci un protagonista che ha un conflitto brutto brutto, deve volere qualcosa a tutti i costi. E il lettore deve tifare per lui.
Io non sono in grado di inventare storie che coinvolgano più di tanto e ci provo sempere a fare del mio meglio. Quando leggo libri, però, se sento di non riuscire a sentirmi nel personaggio me ne accorgo.
Nel tuo racconto ci sono due sorelle, una più problematica dell'altra ma non ho collegato il labirinto al desiderio dell'artista, e nemmeno ho focalizzato il carattere dell'altra.
Insomma, intorno a questa scena pareva nascere un mondo che non ho visto realizzarsi
Ci guardiamo negli occhi e ridiamo. Siamo entrambe brille, chi di alcol chi di euforia.
Renata ha la guancia destra rossa. Le si arrossisce sempre quando è sbronza: solo la destra, una palla rosso fuoco che sembra una mela e mi fa venire voglia di prenderla a morsi.
«Rèni, sul serio. Ascolta». Renata non mi da il tempo di finire. Si aggrappa alle maniche della mia canottiera per tirarsi su e in un unico movimento fluido mi bacia. Rimango impietrita e faccio per rimetterla a sedere, perché non è così che lo immaginavo. Più la spingo lontano però, più lei mi si avvicina. Mi infila la lingua in bocca e perdo qualsiasi controllo. Inizio a toccarle il seno su cui da bambina appoggiavo la testa, e nel frattempo mi bagno.

A me è sembrata la parte più forte ma slegata da tutto il resto.
è stata una bella lettura, buon contest. (y)

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Ti lascio qualche mia impressione. Scritto molto bene che si legge d'un fiato. La prima parte scorre fluida senza slanci forti, ma è come se il lettore se lo aspettasse da un momento all'altro, ed infatti arriva la sferzata con il bacio appassionato. Da lì in poi, gli eventi concatenanti, a mio avviso, non hanno quello slancio emotivo che meriterebbero. Anche l'attesa per le opere d'arte della sorellina cade un po' nel nulla. Questo labirinto di carne lo potevi descrivere in modo più coinvolgente, si perde un po', rimane indefinito. E poi dev'essere un'enfant prodige, la ragazza, se a diciannove anni si può permettere delle personali di successo con delle installazioni così particolari. Mi sembra un po' azzardato.
Per concludere, non ho percepito quella tensione che la traccia evidenziava, ma potrebbe essere una mia visione che si è fermata ad uno strato superficiale.
A presto

Re: [MI145] Il nel mezzo

22
Un racconto davvero forte e toccante.
Geniale l'idea dell'attrazione erotica tra le due sorelle, che rende a mio parere la storia ancora più coinvolgente. Sicuramente è un tema inusuale e raramente affrontato. Sarà forse un aspetto marginale, ma mi è piaciuto molto non conoscere immediatamente il nome della protagonista, ma solo verso la fine del racconto.
Avrei approfondito di più la questione del labirinto di carne, perché leggendo il racconto mi è parso di capire che abbia come radice un ricordo della protagonista insieme alla sorella, però viene solo accennato e la protagonista stessa sminuisce l'oggetto della mostra dicendo "Ma niente!"
Secondo me sarebbe stato più bello darle un significato più profondo.
Come mai la protagonista decide di rimandare la ricerca della sorella al giorno dopo? Essendoci il marito fuori ad aspettare, la questione non dovrebbe essere più urgente?
Cambierei la frase "e nel frattempo mi bagno" (quando descrivi il bacio fra le due sorelle), non perché sia poco idonea, assolutamente no, ma trovo che stoni con il resto della descrizione, piena di passione.
Per il resto davvero bel racconto, complimenti! Buona fortuna per il contest

Re: [MI145] Il nel mezzo

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Allora. Con calma, mettetevi in fila indiana e non fate casino. Rispondo uno per volta. Non potrò rispondere a tutti seriamente, mi dispiace.

@Gualduccig l'ho considerata, ne sto progettando addirittura due di romanzi. Dubito riuscirò a finirne mezzo. Però se ci riesco te lo faccio sapere tranquillo.

@bestseller2020 non sono mai stato paragonato a un cocktail. Una volta mi hanno accusato di aver messo qualcosa dentro a un cocktail, ma mai di essere un cocktail io stesso.

@Bef ci sta. Hai ragione. Ti promuovo a Vice-Coordinatrice Oompa Loompa Senior. In effetti, mentre scrivevo la storia ho pensato precisamente che l'idea era più adatta a un romanzo. E niente, si conferma giorno dopo giorno la mia difficoltà nel condensare le idee, più che le parole, che su quelle ho notato, con qualche revisione, di riuscire a cavarmela (qui non ho revisionato quindi vabeh). Ma di idee adatte a un racconto breve boh, non sono così brillante.

@Alba359
A me è sembrata la parte più forte
perché sei una bella zozzona pure tu :P

@Kasimiro non sono d'accordo solo sull'essere azzardato (per me non c'è niente di azzardato in letteratura, o nel realismo delle vite ai bordi), per il resto mi dispiace tu non abbia avvertito la tensione e che ti sia sembrato troppo indefinito (sappi che sono d'accordo).

@LunaNuova Sono d'accordo sul finale tirato via troppo in fretta (anche se c'è un motivo, o almeno c'era nella mia testa sul perché Marzia si comporti così) e sul labirinto.

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La cosa che mi fa più piacere, è che quasi tutte le donne si siano soffermate a lungo e abbiano apprezzato e addirittura commentato nei dettagli la parte sulla protagonista che si bagna. Ebbrave le mie zozzone :pat:

Re: [MI145] Il nel mezzo

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In nel mezzo del camin... No. quello ė un altro labirinto. Questo pure lo ė. Un labirinto di cui tu, autore, tieni le chiavi.
C’è tanta roba, tanta carne al fuoco ma il bello è proprio quello. In nel mezzo a tanto casino ci si immerge nella lettura. Il testo avvinghia nelle spire e apre spazi reconditi della mente. Una miscellanea di sensazioni, un intrico angosciante come quell’ago che pare appoggiato in un angolo e dimenticato. Pollice su.
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