Abbastanza

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Abbastanza

Il palazzo era abbastanza alto, ma non troppo, soprat-
tutto se si considerava che era stato costruito parecchi
anni prima, quando ancora l’uomo aveva timore di Dio
e riteneva, a torto o a ragione, che solo le chiese dovessero innalzarsi verso il cielo; a ogni buon conto, sovrastava di qualche metro abbondante le piccole abitazioni sottostanti, distribuite secondo un piano regolatore elaborato da un irlandese dopo la festa di san Patrizio.

Era abbastanza ricco, ma non troppo, soprattutto se
paragonato ai suoi concittadini che sbarcavano il luna-
rio sempre con maggior difficoltà, ma riteneva, a torto
o a ragione, che la vita fosse stata ingiusta con lui; non
navigava nell’oro, ammettiamolo pure, e, nonostante
riuscisse a togliersi tutti i piccoli sfizi che voleva, non
riusciva a raggiungere l’unico obiettivo che desiderava
fortemente, cioè l’attenzione di quella ragazza piccola
e per niente avvenente che lo trattava con sufficienza e che, per qualche arcana ragione, lo attraeva tantissimo.

Ci aveva provato a fare colpo su di lei, abbastanza ma
non troppo, soprattutto perché non voleva rischiare di
rimetterci la faccia con una magra figura, ritenendo,
a torto a ragione, di essere molto meglio di lei; aveva
provato con qualche sguardo, con un messaggio anonimo, persino con un sorriso nei corridoi dell’università, ma i risultati erano sempre stati prossimi allo zero assoluto.

Ed era proprio così che si sentiva, uno zero assoluto.
Non era troppo e non era poco, era solo abbastanza, un avverbio che aveva iniziato a odiare con tutte le proprie forze. Questa insoddisfazione e questo galleggiare tra i due estremi lo avevano portato a una sorta di stallo; da una parte la voglia di primeggiare, dall’altro quella di fare schifo, con l’obiettivo, almeno, di rientrare in una categoria ben definita.

E insomma, questo ragazzo ricco ma non troppo salì
sul tetto di quel palazzo alto ma non troppo desiderando quella ragazza carina ma non troppo.
Guardò giù il vicolo buio che correva intorno ai muri,
focalizzandosi sul selciato, duro, accogliente e definiti-
vo, immaginando una caduta che l’avrebbe spinto ver-
so una direzione o l’altra. Ritrovare la propria identità,
sentirsi qualcuno.
Respirò a fondo, mosse un passo e poi un altro. Prese
finalmente la sua decisione, definitiva.
Si ritrovò d’improvviso dentro al suo appartamento,
al caldo, tutti i pensieri dannosi scacciati, certo che il
sole caldo del mattino avrebbe spinto via tutta quella
100negatività. Un’altra giornata sarebbe passata, non eroica, non merdosa, ma sicuramente degna di essere vissuta. Si sentì finalmente felice della decisione presa, molto, troppo e mai più abbastanza.

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