[MI147] Tra mari e monti.

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Traccia: il trasloco.

Si dice che l'albero è alto quanto sono profonde le sue radici. L'ultimo trasloco fatto è stato come se mi avessero sradicato dal terreno in cui ero nato. Una esperienza dolorosa che ben ricordo, tanto erano profonde quelle radici che mi vennero strappate.

Io e Maddalena avevamo preso una decisione molto sofferta: abbandonare la nostra isola stupenda, - che però non dava nessuna certezza sul futuro - per trasferirci in Piemonte. L'industria che tanto avevano voluto i politici era fallita da subito; mentre la risorsa dell'agricoltura era stata abbandonata da chi aveva creduto nel benessere tanto prospettato. La crisi senza uscita attanagliava la nostra terra, compresa la nostra attività artigiana di arredamento. Io e Maddalena non ce la facevamo a sostenere le spese e guardavamo con preoccupazione il nostro futuro e quello dei nostri due figli: Denis di nove anni e Gloria di sei.

Il giorno dell'addio non esiste; esistono i giorni dell'addio. Tanti ne vollero per chiudere bottega e involgere le poche cose che potevamo portarci appresso nella nuova dimora. Maddalena uscì per l'ultima volta di casa con in mano il suo porta rotolo di carta da cucina, intarsiato da nostro cognato, che glielo aveva regalato per il suo compleanno. Gli dissi che in macchina non ci stava più niente; neanche una banconota da cinquemila lire, avevamo riempito oltre ogni limite lo spazio a disposizione.
Lei sbottò dicendo che lo avrebbe tenuto in mano per tutto il viaggio. Io capii cosa rappresentasse quell'oggetto per lei: il ricordo della casa che stava abbandonando e che mai avrebbe dimenticato.

Fu la vibrazione sotto i nostri piedi posati sulla moquette rossa a pois del traghetto della Tirrenia, che ci fece catapultare sul ponte; la nave si stava staccando dalla banchina: e noi dalla nostra terra. Ricordo che Maddalena prese in braccio la piccola Gloria e mascherando la sua tristezza, prese a muovere la sua mano attaccata a quella della figlia in cenno di saluto ai pochi parenti che erano venuti a salutarci.

Poi la nave si allontanò dal porto e io ebbi la sensazione di avere l'animo umido e scuro come quelle profonde e agitate acque. Pensai a cosa ci aspettasse e se mai saremmo riusciti a sopportare il cambiamento radicale senza soffrirne.

Durante l'attraversata festeggiammo il compleanno di Denis; compiva il giorno dieci anni.
Niente torta, né candeline; niente regali da scartare. Lo consolammo dicendogli che appena ci saremmo stabiliti per bene, gli avremmo fatto una bella festa.

Ci ritrovammo alle prime luci del mattino nel golfo di Genova: le acque nere e limacciose del porto incutevano paura; come pure la sovrabbondanza di cemento dei cavalcavia a ridosso della grigia città. Da sempre a Maddalena non piaceva Genova, diceva che le dava troppa tristezza ogni volta che ci andava.

Dopo lo sbarco prendemmo l'autostrada e ci fermammo alla stazione del Tronchino; lì, sospesa tra cielo e mare, appena dieci chilometri da Genova, tutta in salita per la panoramica. Colazione alla grande con i panzerotti alla crema dell'Autogrill; fu un momento spensierato.
Finito la colazione andammo verso la nuova destinazione. Ci vollero due ore per arrivare alla città di Biella: pochi semafori, poche auto, una piccola cittadina ordinata e semplice. Nata ai piedi delle Prealpi, come un fungo ai piedi del suo alto albero: in perfetta simbiosi. Le stesse alte montagne si erigevano imponenti, nascendo come dal nulla dalla terra, nuda e piatta, della Pianura Padana. I monti mi sembrarono come un’invalicabile barriera oltre cui non si poteva andare e dove il mondo conosciuto finiva. La stessa sensazione di barriera al mondo che si poteva provare su di una spiaggia, con lo sguardo di fronte ad un oceano aperto e sconosciuto. Come il mare, i monti delimitavano il perimetro in cui muoversi, organizzarsi e vivere, mettere radici.
Ma non fu per niente facile ricominciare una nuova vita.
Io e Maddalena, appena sistemata la nuova casa, ci mettemmo subito a lavorare. Lei aveva trovato un posto presso una fabbrica di tessuti, uno dei tanti del territorio, e io come arredatore in una grande catena di mobili. Lei tornava sempre a casa tranquilla, diceva che faceva il suo lavoro e non parlava con nessuno. Io invece, nei primi tempi, ebbi a scontrarmi con la diffidenza dei colleghi. Tutti mi chiedevano cosa ci facessi in Piemonte, dato il clima e il mare che avevamo. Uno di questi, il “Porrin”, raccontava che andava in Sardegna ogni anno; la figlia, sposata con un ricco industriale, aveva la casa al mare dalle parti di Porto Rotondo, in Costa Smeralda. Lui faceva da accompagnatore a figlia e nipotini nelle lunghe vacanze, mentre il marito di lei, passava il tempo a curare gli affari. Ma il Porrin, quando parlava di noi sardi, spesso ci dipingeva con una leggera punta di razzismo. Ci chiamava i “sardagnoli”, diminutivo dispregiativo che evocava gli asinelli della Giara. Come se noi fossimo tutti pastori e pecorai, o tutti assimilabili agli asini che abbondano dalle nostre parti.

Un giorno mi scocciai e gli ricordai di come i nostri padri avevano costruito L'Italia. Gli ricordai il Regno Sardo Piemontese, gli ricordai le battaglie della Brigata Sassari. Senza i Sardi l'Italia non si sarebbe mai unita, e il Piemonte sarebbe rimasto una distesa di mucche al pascolo. E poi gli dissi anche: «È pur vero che noi siamo famosi per i nostri asinelli, ma ricordati che i grossi somari stanno da altre parti». Smontare le idee del Porrin su di noi non fu facile, ma alla fine gli feci capire che con me era inutile fare apprezzamenti, perché io li giravo al mittente. Un giorno venimmo nuovamente a parole: «I Sardi non sanno trattare i turisti, li ripuliscono alla grande. Un giorno, lungo la strada per Porto Rotondo mi sono fermato per comprare una lattina di Coca Cola da uno seduto sul ciglio della strada. Questi era sotto ad un ombrellone ed aveva tra i piedi un frigo portatile. Mi ha chiesto diecimila lire per la lattina. Ci vuole coraggio. Alla fine glieli ho dati». «Non vedo cosa c'è di strano, ma ringrazia! Feci io, < Quello sotto il sole tutto il giorno, lì ad aspettare che tu passi e ti fermi perché hai sete. Che pretese hai. Io te l’avrei fatta pagare ventimila lire la lattina. Perché non capisci la buona volontà della gente nel guadagnarsi onestamente il pane? Poi magari tu, alla sera, vai nei locali della piazzetta e paghi cinquantamila lire un aperitivo con due olive». Alla fine il “Porrin” smise con il suo atteggiamento razzista, imparò ad apprezzarmi.

E poi gli anni sono passati: oggi, io e Maddalena conduciamo una vita quasi serena. I nostri bambini si sono fatti grandi, e questi venti anni passati, li hanno formati nel carattere. Non rimpiangono la loro terra e la pensano solo al momento di andare in vacanza al mare. Hanno ben metabolizzato il cambiamento, grazie al fatto che da piccoli tutto è più facile. Io e la loro madre abbiamo fatto tutto questo per loro; e vederli sereni, con un buon lavoro, ormai quasi accasati, ci consola.

Io sento il peso degli anni. Ancora sento il dolore dello sradicamento. Condivido questo dolore con Maddalena; anche lei non ha ancora superato il trauma. Ci siamo ripromessi di ritornare alla nostra terra quando ci daranno la pensione. Non siamo riusciti a mettere radici su questo suolo. Non so se è per via della durezza di questa terra, fatta di pietra e di nebbia. Terra che non ti avvisa del freddo che arriva, dove l'autunno è sempre a braccetto dell'inverno. Non ci siamo abituati al clima che tutto rende di ghiaccio, persino la ghiaia sotto al tuo passo. Non mi sono abituato al verde d'estate delle valli, quando la mia terra d'estate è bruciata dal sole, e viceversa, alla terra mia verde d'inverno, quando questa terra che mi ospita è gialla bruciata dal gelo.

Sono un ospite in questa terra, e sempre mi sentirò così. Quando sarò nuovamente nella mia terra, mi guarderò bene dal mettere profonde radici; un altro simile dolore non lo potrò reggere.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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Si dice che l'albero è alto quanto sono profonde le sue radici.

Preferirei: “Si dice che l'albero è alto quanto più sono profonde le sue radici.” Così com’è scritto sembra che debba esistere una relazione matematica tra l’altezza dell’albero e la profondità delle sue radici.

L'industria che tanto avevano voluto i politici era fallita da subito; mentre la risorsa dell'agricoltura era stata abbandonata da chi aveva creduto nel benessere tanto prospettato.

“L'industria che tanto avevano voluto i politici era fallita subito, mentre la risorsa dell'agricoltura era stata abbandonata da chi aveva creduto nel benessere promesso.”

Il giorno dell'addio non esiste; esistono i giorni dell'addio.

Trovo il tuo utilizzo del punto e virgola poco convincente, qui e altrove. Im molte occorrenze vedrei meglio una virgola o i due punti.

Durante l'attraversata festeggiammo il compleanno di Denis; compiva il giorno dieci anni.

“Durante la traversata festeggiammo il compleanno di Denis che, quel giorno, compiva dieci anni.”

Dopo lo sbarco prendemmo l'autostrada e ci fermammo alla stazione del Tronchino; lì, sospesa tra cielo e mare, appena dieci chilometri da Genova, tutta in salita per la panoramica.

Se ho ben capito ciò che vuoi dire, scriverei: “Dopo lo sbarco prendemmo l'autostrada e ci fermammo alla stazione del Tronchino, sospesa tra cielo e mare ad appena dieci chilometri da Genova, tutta in salita per la panoramica.” La frase “; lì, sospesa tra cielo e mare, appena dieci chilometri da Genova, tutta in salita per la panoramica” sembra anche lei sospesa.


Ci vollero due ore per arrivare alla città di Biella: pochi semafori, poche auto, una piccola cittadina ordinata e semplice. Nata ai piedi delle Prealpi, come un fungo ai piedi del suo alto albero: in perfetta simbiosi. Le stesse alte montagne si erigevano imponenti, nascendo come dal nulla dalla terra, nuda e piatta, della Pianura Padana. I monti mi sembrarono come un’invalicabile barriera oltre cui non si poteva andare e dove il mondo conosciuto finiva. La stessa sensazione di barriera al mondo che si poteva provare su di una spiaggia, con lo sguardo di fronte ad un oceano aperto e sconosciuto. Come il mare, i monti delimitavano il perimetro in cui muoversi, organizzarsi e vivere, mettere radici.

Trovo questa descrizione fantastica.

Uno di questi, il “Porrin”, raccontava che andava in Sardegna ogni anno…
Un giorno mi scocciai e gli ricordai di come i nostri padri avevano costruito L'Italia...
Gli ricordai il Regno Sardo Piemontese, gli ricordai le battaglie della Brigata Sassari. Senza i Sardi l'Italia non si sarebbe mai unita, e il Piemonte sarebbe rimasto una distesa di mucche al pascolo…
«I Sardi non sanno trattare i turisti, li ripuliscono alla grande…
Alla fine il “Porrin” smise con il suo atteggiamento razzista, imparò ad apprezzarmi.

Trovo la lunghissima descrizione della diatriba con il Porrin troppo didascalica e scolastica, come pure inutilmente stereotipata. Qualche educato “vaffanculo” darebbe stato più plausibile.

Sono un ospite in questa terra, e sempre mi sentirò così. Quando sarò nuovamente nella mia terra, mi guarderò bene dal mettere profonde radici; un altro simile dolore non lo potrò reggere.

E vorrei ben vedere, il paragone fra la bellezza della Sardegna e uno lavoro a Biella da Aiazzone non regge proprio il confronto.
Però questa storia di non voler rimettere profondi radici nella terra dove già le hai, non convince. Inoltre, non credo che dalla pensione passerai a nuove "avventure".

@bestseller2020, hai centrato perfettamente la traccia e hai ben descritto il disagio “forzato” che hanno dovuto forzatamente affrontare milioni di italiani trapiantati, con più o meno successo, non solo al Nord, ma anche e soprattutto in terre straniere.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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Ciao @bestseller2020
Ho letto con interesse.
Hai delineato una particolare nostalgia, quella dei Sardi quando sono costretti a lasciare la loro isola; ho conosciuto questa situazione per anni. I Sardi lasciano la loro isola solo se costretti e pur visitando il mondo e rendendosi conto di quanto sia tutto più ricco, più comodo, più facile farsi una vita altrove per loro e i loro figli con mille possibilità, se potessero quasi tutti preferirebbero ritornare a vivere nella loro terra, dove c’è qualcosa che non si può spiegare a parole. Non è solo nostalgia di famiglia, comune a tutti, nostalgia del paesello, comune a tutti; è qualcosa di più, di molto di più. C’è nell’aria, nel silenzio, nel deserto, nel vento, sui monti e sul mare, in mezzo alla terra, per chi non l’ha rinnegata. Un legame ancestrale precristiano, la Madre Terra che chiama i suoi figli e i Sardi, essendo stati isolati più di tutti i popoli occidentali, da millenni, non hanno mischiato il loro sangue con altri desideri che non fossero rinchiusi nel loro mondo, l’unica loro grande ricchezza, l’unico loro grande legame. L’unica grande fregatura.
Il tuo personaggio emigrato è un uomo molto tranquillo e pacifico, questo è un bene. Ho conosciuto altri che al sentirsi chiamare “sardagnoli” hanno reagito male, molto male.
Nel senso che molti “continentali” ignoranti pensavano e pensano tuttora che un abitante della Sardegna si debba chiamare “sardagnolo” e non c’è verso di smuoverli da questa convinzione. Io ho talvolta cercato d spiegare che sardagnolo è la denominazione dell’asinello bianco nano, tipico della Sardegna, ma non c’è stato verso che capissero, mai, anzi si mostravano divertiti e persistevano, pur consapevoli di essere offensivi. Lasciai perdere. E pensare che da giovane ero piuttosto suscettibile, ma cominciavo a convincermi che il dialogo fosse importante per capirsi. Fatica sprecata naturalmente.
Il tuo personaggio crede nel dialogo, visto che perde tempo con il “Porrin” a raccontargli la storia del Regno Sardo Piemontese
(a proposito: Conservet Deus su Re/ Salvet su Regnu Sardu/ Et gloria a s'istendardu/ Concedat de su Re!) Perde pure tempo a raccontargli della Brigata Sassari, che ebbe migliaia di morti, dispersi e invalidi al fronte e tanto fece nella Grande Guerra, anche se molti poveri ragazzi non comprendevano appieno perché dovessero uccidere e morire contro loro simili, contadini come loro.
Per quanto riguarda i prezzi alle stelle per i turisti in determinate occasioni, questo è vero, tuttora.
Talvolta è capitato anche a me in Sardegna, che quando parlo italiano se voglio riesco a farlo senza accento, o con accento veneto avendo vissuto a lungo da quelle parti, che qualche poveraccio volesse rifilarmi una forma di formaggio all’uscita della spiaggia, prezzi esorbitanti, e sentendomi dirgli in dialetto stretto che io il formaggio lo facevo e ne avevo il magazzino pieno ci rimaneva male e mi chiedeva scusa…
Dici che alla fine il “Porrin” smette il suo atteggiamento razzista e voglio crederci. Alla fine anche i più ottusi e ignoranti si rendono conto che siamo tutti esseri umani. Ma c’è molta strada da fare.
Alla fine del tuo racconto fai vedere una famiglia integrata e “quasi” serena, anche se immagino il prezzo di questa serenità. L’integrazione consiste nel diventare come la gente del posto, tanto che con gli anni i locali si dimenticano della tua provenienza. Ma c’è sempre qualcuno che te lo può ricordare, a seconda delle cose che dici o delle posizioni che prendi.
Il tuo personaggio non ha mai dimenticato la sua terra e questo è normale; possono passare dieci vite, ma sarà sempre così, si sentirà sempre in terra straniera.
È un bene che un giorno, con la sua donna, voglia tornare a casa. Ne conosco tantissimi che hanno fatto questa vita, me compreso. Ancora non so se ho fatto bene a voler tornare, ma sentivo di doverlo fare, per quei legami ancestrali che dicevo, che vanno oltre i legami di parentela e di paese.
Alla fine fai dire al tuo personaggio:
bestseller2020 ha scritto: Quando sarò nuovamente nella mia terra, mi guarderò bene dal mettere profonde radici; un altro simile dolore non lo potrò reggere.
Capisco cosa vuoi dire ma non ti sembra un’incongruenza? Quindi eviterà di “immergersi” nella sua terra al ritorno, in tutti i sensi, per non mettere radici profonde, per non soffrire un nuovo sradicamento? Io la intenderei che starebbe in guardia, si terrebbe lontano dalle situazioni sociali, dalle persone che lo hanno costretto ad andarsene nella sua giovinezza. Non crederebbe più, non si lascerebbe più incantare dalle vuote e false parole dei politici, degli amministratori che sono i primi a creare la miseria e le condizioni di abbandono. Ma è un mio punto di vista.
La tua scrittura ha un particolare taglio in questo racconto, quasi da resoconto giornalistico, molto reale. Darei un po’ di spazio in più all’introspezione anche se hai caratterizzato bene Maddalena all’inizio, con la sua ostinazione nel voler portare a tutti i costi, stringere spasmodicamente fra le mani direi, il portarotolo di carta intarsiato, come ricordo.
Tutto aiuta in certi momenti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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:) Bravo, @bestseller2020

Hai messo espressioni simil-poetiche nel tuo testo, che ho molto apprezzato.
Hai ben tracciato l'effetto "sradicamento" dalla propria terra per il difficile trapianto in un altrove che non sarà mai come la "nostra" terra; anche se la Patria è la stessa, ciascuno sta bene nella parte di terra "sua".
Solo i bambini, duttili e elastici, riescono a calarsi con efficacia e disinvoltura in un posto nuovo, e, con poco passato alle spalle, riescono a non rimpiangere.
bestseller2020 ha scritto: Il giorno dell'addio non esiste; esistono i giorni dell'addio. Tanti ce ne vollero per chiudere bottega

Ricordo che Maddalena prese in braccio la piccola Gloria e
virgola
mascherando la sua tristezza, prese a muovere la sua mano attaccata a quella della figlia in cenno di saluto ai pochi parenti che erano venuti a salutarci.

Lo consolammo dicendogli che
virgola
appena ci saremmo stabiliti per bene, gli avremmo fatto una bella festa.

Un giorno mi scocciai e gli ricordai di come i nostri padri avevano costruito L'Italia. Gli ricordai il Regno Sardo Piemontese, gli ricordai le battaglie della Brigata Sassari. Senza i Sardi l'Italia non si sarebbe mai unita, e il Piemonte sarebbe rimasto una distesa di mucche al pascolo. E poi gli dissi anche: «È pur vero che noi siamo famosi per i nostri asinelli, ma ricordati che i grossi somari stanno da altre parti». Smontare le idee del Porrin su di noi non fu facile, ma alla fine gli feci capire che con me era inutile fare apprezzamenti, perché io li giravo al mittente. Un giorno venimmo nuovamente a parole: «I Sardi non sanno trattare i turisti, li ripuliscono alla grande. Un giorno, lungo la strada per Porto Rotondo mi sono fermato per comprare una lattina di Coca Cola da uno seduto sul ciglio della strada. Questi era sotto ad un ombrellone ed aveva tra i piedi un frigo portatile. Mi ha chiesto diecimila lire per la lattina. Ci vuole coraggio. Alla fine glieli ho dati». «Non vedo cosa c'è di strano, ma ringrazia! Feci io, < Quello sotto il sole tutto il giorno, lì ad aspettare che tu passi e ti fermi perché hai sete. Che pretese hai. Io te l’avrei fatta pagare ventimila lire la lattina. Perché non capisci la buona volontà della gente nel guadagnarsi onestamente il pane? Poi magari tu, alla sera, vai nei locali della piazzetta e paghi cinquantamila lire un aperitivo con due olive». Alla fine il “Porrin” smise con il suo atteggiamento razzista, imparò ad apprezzarmi.

Ben descritto l'interagire tra il sardo e il piemontese, e di come il sardo riesca a farsi valere.

Non ci siamo abituati al clima che tutto rende di ghiaccio, persino la ghiaia sotto al tuo passo. Non mi sono abituato al verde d'estate delle valli, quando la mia terra d'estate è bruciata dal sole, e viceversa, alla terra mia verde d'inverno, quando questa terra che mi ospita è gialla bruciata dal gelo.

Questo sopra è il pezzo che ho preferito. Bravo!

Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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ciao @bestseller2020 parti avvantaggiato perchè l'anno scorso hai già vinto un premio come miglior libro bestseller :P
A parte queste sciocchezze la musicalità delle parti diciamo poetiche, mi è piaciuta particolarmente. Vuoi fare concorrenza a @Poeta Zaza ? :P
Oltre a questo trovo che lo stile abbia un taglio giornalistico e reale il che lo rende appetibile e plausibile.
Io sento il peso degli anni. Ancora sento il dolore dello sradicamento. Condivido questo dolore con Maddalena; anche lei non ha ancora superato il trauma. Ci siamo ripromessi di ritornare alla nostra terra quando ci daranno la pensione. Non siamo riusciti a mettere radici su questo suolo.
cito questo passo, ma ce ne sarebbero altri dove ho apprezzato il collegamento tra l'incipit e il senso di sradicamento e la difficoltà di mettere le radici in un luogo che non è il proprio suolo natio.
Ben fatto!

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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Mi hai fatto c vivere perfettamente la sensazione dello sradicamento, la nostalgia e quella specie di urgenza nell’attendere il momento del ritorno a casa.
Il racconto è quasi un sussurro, pacato ma intenso e alcune descrizioni rese splendidamente (bellissima la rappresentazione di Biella) Bello anche quando descrivi le differenze tra i due territori nelle stagioni.
Credo che tu abbia interpretato benissimo la traccia.
Ti segnalo un paio di cose:
esistono i giorni dell'addio. Tanti ne vollero per chiudere bottega. (Tanti ce ne vollero)

aveva regalato per il suo compleanno. Gli dissi che in macchina non ci ... (Le dissi )

👏 complimenti @bestseller2020

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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Ah, che bello, finalmente con un editor con cui si può commentare decentemente!
Ciao @bestseller2020, sono piacevolmente sorpreso. Concordo con quanto letto in alcuni commenti che precedono: in questo racconto finalmente ti ci sei messo dentro, e questa cosa arriva. Che sia questa la tua cifra? Io proverei a seguirla. Ora forse ti risenti meno se ti esorto a evitare manierismi: l'autenticità, quando c'è,  viene fuori  ;-)
 La prima parte del racconto (anche se qualche pulce te la si può fare) l'ho amata proprio: viene fuori la sofferenza del distacco e tutto si palpa con mano, riesci a essere a tratti veramente poetico. Dalla polemica sui sardi, e poi la chiusa che racconta come è andata a finire, mi ha interessato meno, perché è come se la spinta del ricordo del distacco si fosse esaurita, e quel che segue è meno interessante.
Ad ogni modo, il mio pollice è molto in su, perché mi sembra tu possa essere uno di quegli utenti che si vedono crescere prova dopo prova, e questo è senza nessunissima ombra di dubbio il racconto migliore che tu ci abbia fatto leggere.

P.s. ma l'esergo è il tuo o è una citazione? è davvero molto bello!
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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Ciao @bestseller2020,
il tuo racconto è molto poetico e sentito, ci sono molte belle immagini e descrizioni vivide del luoghi. Curerei un pochino di più la forma, oltre ad alcune cose che ti sono state segnalate, ad esempio in tutta l'ultima parte ripeti molte volte il termine terra:
bestseller2020 ha scritto: sento il peso degli anni. Ancora sento il dolore dello sradicamento. Condivido questo dolore con Maddalena; anche lei non ha ancora superato il trauma. Ci siamo ripromessi di ritornare alla nostra terra quando ci daranno la pensione. Non siamo riusciti a mettere radici su questo suolo. Non so se è per via della durezza di questa terra, fatta di pietra e di nebbia. Terra che non ti avvisa del freddo che arriva, dove l'autunno è sempre a braccetto dell'inverno. Non ci siamo abituati al clima che tutto rende di ghiaccio, persino la ghiaia sotto al tuo passo. Non mi sono abituato al verde d'estate delle valli, quando la mia terra d'estate è bruciata dal sole, e viceversa, alla terra mia verde d'inverno, quando questa terra che mi ospita è gialla bruciata dal gelo.

Sono un ospite in questa terra, e sempre mi sentirò così. Quando sarò nuovamente nella mia terra, mi guarderò bene dal mettere profonde radici; un altro simile dolore non lo potrò reggere.
bestseller2020 ha scritto: Il giorno dell'addio non esiste; esistono i giorni dell'addio. Tanti ne vollero per chiudere bottega e involgere le poche cose
Tanti ce ne vollero.
Ciao!

 

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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Ho letto con molto interesse il tuo racconto e gli intensi commenti @bestseller2020.
Da figlio di emigranti riesco a comprendere e riconosco sentitamente lo spaesamento e lo sradicamento che hanno subito i protagonisti. Hai descritto molto bene le sensazioni e il disagio di questo passaggio.
L'ho letto tutto d'un fiato, la storia scorre bene, fluida seguendo le tappe del percorso della vita. Ho avuto anche la sensazione che potesse accadere  qualche imprevisto, qualche sferzata o evento significativo che non è successo, è va benissimo così. Attraverso la riflessione rimandi tutto al sentire del lettore.
A rileggerti

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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@Poeta Zaza @Garrula @Kasimiro @ivalibri  @paolasenzalai @Alberto Tosciri @Edu  @Alba359 @Macleobond grazie a tutti voi per il passaggio e per i graditi suggerimenti. Rispondo solo ad alcune osservazioni: l'esergo è tutto mio e sono felice che sia piaciuto. La proporzione tra altezza e profondità delle radici è matematica: ma vale solo per alcune piante di alto fusto. A riguardo del contenzioso col collega piemontese, devo dire che non mi sono mai liberato della mia cultura e l'ho sempre difesa e così farò anche se dovessi andare su Marte... comunque non vendo mobili :P :D :sss:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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@bestseller2020, mai sentito che la proporzione tra altezza e profondità delle radici sia matematica, applicandosi solo per alcune piante di alto fusto. Sembra che le radici vadano solo giù e non si estendano in superficie: il sistema radicale, in effetti, è qualcosa di molto più complesso e dipendente da svariati fattori. Mi fai qualche esempio di albero con relativa proporzione, e mi dici dove l'hai visto? Vivo nel Parco Stelvio e mi interessa molto.
Se leggi bene questa riga non hai bisogno degli occhiali da vista

Re: [MI147] Tra mari e monti.

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ciao @Macleobond . Questo è un detto delle nostre parti quando si parla di pini. Magari dovrei correggere la questione profondità, in quanto le radici si spostano anche in orizzontale. Insomma, volevo solo dire che le radici si allargano a sorreggere il fusto della pianta. Dai! non farne una questione di centimetri!!! ah ah ah . Buona Pasqua e attento alla griglia della pasquetta nei boschi dello Stelvio... :D
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