Contest Halloween
Carta IL BARATRO
L’INSUPERABILE
LA VERTIGINE
L’ANGOSCIA
“Non puoi leggere il racconto, la regola era inventarlo sul momento, pescando la parola.” Ludovica apostrofava Valerio con gli occhi scintillanti di rabbia, ma lui aveva già il consenso della maggior parte del gruppo, avendo furbescamente confidato a molti di loro di avere trovato un diario assurdo, che metteva una cifra paura e che c’era un mistero sotto. “Non avere paura bambolina, lo sappiamo tutti che sei la più brava ad inventare storie, ma questo ve lo devo assolutamente leggere, e visto che finisce misteriosamente, tutta la parte finale ve la svelo io, perché mi sono documentato, sono fuori gara, contenta?” Valerio pescò comunque la parola, la lesse a voce alta: “Baratro, questa è la mia parola, benissimo, direi che chi ha scritto questo diario si sentiva decisamente sull’orlo di un baratro, quindi posso iniziare.”
11 Ottobre
Scrivo, scrivo per non impazzire. Devo fissare il foglio bianco. Scrivere qualsiasi pensiero mi passi per la testa. Non ho più spazio per contenere altri pensieri, li butto fuori fissandoli in questo diario. L’oppressione nel petto è insopportabile. Le ombre danzano, non devo guardarle, rimango fisso su di te caro diario, anche ora che le ombre mi stringono i polmoni.
Bramo aria, ti scrivo mentre mando indietro la testa aprendo la bocca come un uccello che aspetta il verme da ingurgitare.
Scrivo per non cedere agli spasmi, per distogliere una parte di me dalla paura che mi attanaglia. Troppa poca aria entra nei polmoni, ma i polmoni sono compressi, compressi da fare male, il male si presenta con due fitte che mi piegano. Scusa se scrivo così male. Provo a non contorcermi. Provo a scriverti per aggrapparmi alle tue pagine. I vermi sono entrati. A migliaia. Perché non sono nello stomaco, o nei polmoni, per
12 Ottobre
Eccomi di nuovo qui. Mi impegno a scrivere su queste pagine. Ho bisogno di una regolarità, di un impegno. Mi impegno con te diario. Non ho altro, faccio fatica anche a seguire le lezioni in televisione, le parole mi rimbombano in testa, si confondono con suoni metallici che stridono graffiandomi i timpani. Scriverò finché potrò. Ieri mi ha preso. Il demonio ha avuto la meglio, mi ha bruciato partendo dalle visceri, il fuoco mi ha avvolto da dentro, credo di essere svenuto. Oggi i vermi sembrano quieti. Solo qualcuno si muove sotto pelle. Provo a grattarli via, come sempre. Come sempre lascio reticoli sanguinanti. Sono pieno di croste, faccio schifo. Quando mi gratto, non riesco a sentire la pelle che si lacera sotto le mie unghie, sento invece quei maledetti che corrono veloci e ondulanti qualche millimetro sotto, dove non posso arrivare. Devo guardare per capire dove stia grattando. Anche ora, con il piede sto massacrando il polpaccio sinistro, ma il polpaccio non sente il piede, devo guardare per accertarmi di avere ben indirizzato il movimento. Credo di impazzire, il mio cervello sembra non essere più collegato al resto del corpo.
Scriverti caro diario mi aiuta. Io non credo di farcela. Tante volte ho pensato alla liberazione che poteva darmi la morte, ma ora che mi chiede il sacrificio, mi terrorizza. Chiudere gli occhi e non svegliarmi più andrebbe bene, ma lei mi chiede troppo.
Devo dormire, la medicina è entrata in circolo, non vedo bene nemmeno quello che scrivo.
13 Ottobre
Caro diario, ho passato una nottata infernale, ancora una volta nel sonno ho sentito il petto avvicinarsi alla spina dorsale, un vuoto dato dalla totale mancanza di ossigeno. Non so quanti battiti siano saltati. Mi sono ritrovato seduto mentre urlavo risucchiando aria. Mi fa male il petto ed anche tutta l’arcata dentale.
Sto scrivendo praticamente al buio. Non c’è corrente. Lo so che c’è un interruttore solo per la mia stanza e il mio bagno, ho visto la luce sulle scale quando lei è scesa per lasciarmi cibo e medicina.
Prima non spegneva mai la luce, rimaneva sempre accesa, anche di notte. Ora la spegne a volte, quando la spegne si raccomanda che io non urli, ma lei lo sa che vengono i demoni, per questo ha insonorizzato la mia area. Dalla bocca di lupo questa notte entra solo un debole spicchio di luce. Provo a scrivere lì sotto.Vedo scintille sotto le palpebre se provo a chiudere gli occhi. Odio il buio, mi fa terribilmente paura, mi aiuta l’impegno necessario per riuscire a scrivere in queste condizioni, ma ora sento il respiro del demone avvicinarsi. Il cuore si agita, si sta spostando, sento il battito in gola, sto mo
14 Ottobre
“Aspetta, non ho capito come è finito il giorno prima” Valerio guarda l’amico che ha parlato e poi scorre con gli occhi tutta la combriccola del quinto A, non ci sono proprio tutti, sono dodici su diciotto. La maggior parte di loro sono stati in classe insieme dalla prima elementare, del resto, nel paese da 3.600 anime, difficilmente si superavano le due sezioni per classe alla primaria e loro, gli amici di sempre, per le superiori avevano scelto lo scientifico, l’unico istituto superiore nel paese. Sembravano tutti presi dal diario. Valerio stava per rispondere all’amico quando intervenne nuovamente Ludovica: “Ma è una storia che hai inventato tu? Dove avresti trovato questo diario? Come fa questo tizio a scrivere in quelle condizioni? Ci stai prendendo in giro.” Valerio adesso guardava Ludovica negli occhi, percepiva il suo disagio mentre lui, andando oltre quegli occhi, che sotto il suo sguardo diventavano meno ostili, decideva che poteva fidarsi anche di lei. “Lo sapete che sto facendo il PCTO in questura, per il documentario ho chiesto di fare le riprese giù in archivio, doveva accompagnarmi un agente, Pietro, ma quello, appena sceso mi ha detto se potevo aspettarlo li non più di venti minuti, che ne approfittava per uscire da sotto e fare una cosa urgente. Insomma, quello scemo per farsi i cavoli suoi di nascosto, mi ha lasciato nell’archivio. Vi giuro che volevo fare solo le riprese, ma poi ho visto la scatola con la scritta Perseli-Guovine.”
Vede Ludovica scattare in piedi e muovere rigidamente il collo pochi centimetri a destra e a sinistra, scorre velocemente gli occhi aggrappandosi alla vista periferica; quando glieli punta contro parla con un tono di voce leggermente stridulo: “Cosa c’entra la Perseli con questo diario? Quella maledetta mi ha fatto sparire Lili, è una pazza mangia gatti! Per questo avete scelto questo posto? Lo sapevate tutti? Io me ne vado.” Valerio la vedeva scattare, le ricordava quei buffi personaggi pubblicitari gonfi d’aria che sbattono al vento, ma rimangono inesorabilmente ancorati a terra. La invitò a riaccucciarsi nel cerchio, accompagnandola con la mano ferma e rassicurante sulla spalla. “Di cosa hai paura? La strega avrà più di settant’anni, cosa può farci? Stai vicina a me. Capisci che quando ho letto il nome Perseli non ho resistito, ho aperto, ho dato un’occhiata velocissima, ho sentito un rumore, ho preso questo che era fuori dai fascicoli e mi entrava nella tasca interna: questo diario.”
Ludovica era ancora in stato di allerta, saettava gli occhi dalle finestre della megera ai lati del suo collo con continui minimi movimenti della testa, ora sembrava sentisse lei il respiro del demone alle sue spalle, riprese a parlare senza guardarlo, sussultando ai movimenti repentini del gruppo che creavano inquietanti ombre alla luce del falò “Quindi la Lei del diario sarebbe la Perseli? Sacrifici umani, oltre che di gatti? Tu comunque sei pazzo, come ti è saltato in mente di rubare una prova della polizia. È sicuramente un reato, ti potrebbero arrestare.” La voce era leggermente incrinata, gli occhi inumiditi, la preoccupazione palpabile. Anche lei ancora provava qualcosa. Gli altri, dapprima scioccati per la provenienza del diario, ora bisbigliavano vari aneddoti legati alla Perseli, quasi timorosi di essere uditi.
Valerio si impose alzando il tono di voce “Non divaghiamo. Il diario lo posso restituire, c’è l’ho da tre settimane e nessuno si è accorto di nulla. Chiederò a Pietro di accompagnarmi in archivio, non credo sarà difficile metterlo a posto e comunque lui non dirà nulla, visto che è sgattaiolato in servizio,, lasciandomi con tutti quei fascicoli riservati. Come facesse a scrivere in quelle condizioni, me lo sono chiesto anche io, ma lo ha fatto, evidentemente delle volte è stato sopraffatto, infatti prima non hai capito come ha finito la frase, proprio perché non l’ha finita. Allora continuo.”
14 Ottobre
Caro diario, anche ieri il demonio ha avuto la meglio. Non ricordo nulla, ho nuove ferite addosso. Non ho volontà di combattere, cedo alla paura, chiuso in questa stanza senza vie di fuga, mi chiedo perché non mi abbia ancora ucciso.
Forse lei pensava che sarebbe successo, ucciso dal demone o dalla malattia. Lei mi fa paura da tanto tempo ormai. Prima non era così. Ora che scrivo sul diario mi è più facile seguire i ritmi del tempo che scorre. Anche vedendo la televisione ho difficoltà a fissare gli accadimenti dei giorni che passano. Prima era tutto diverso. Quando c’era papà era bello, ma non riesco a ricordare la mia infanzia, solo che quando c’era lui anche lei era buona.
Mio padre è morto a causa mia, caro diario, per il dispiacere della mia malattia. Ricordo quando lei mi ha detto che non dovevo più chiamarla “Qui ha cancellato la parola, ha calcato talmente tanto con la penna che ha bucato due fogli” i vermi si sono svegliati, non dovevo neanche scriverla quella parola, ho sbagliato. La stanza gira, sento la nausea, scrivo scrivo scrivo scrivo non mi lasciano in pace, lei mi odia, mi ha dato il vetro rotto per superare i miei limiti e liberare la mia anima. Perché ho così tanta paura di farlo, se muoio ogni attimo della mia vita? Sangue sulle tue pagine bianche, i vermi ancora dentro, io che continuo a scrivere mentre vedo l’altra mano sporca di sangue. Ho scarnificato il il lato del collo dove sento ancora correre i vermi? Non posso essere stato io. Sento il suo respiro. Scrivo scrivo scrivo scrivo scrivo scusami diario, sento sangue metallico sulla lingua, devo averla morsa, non riesco a
15 Ottobre
Lei ha visto il diario, non lo ha letto. Mi ha deriso. Mi confonde. Dice che non devo mai smettere di leggere, mi ha portato altri libri. Mi ha detto anche che adesso le lezioni sono passate su Rai Educational e che controllerà che io segua, perché la cultura nutre l’anima. Subito dopo ha intrecciato stretto il lenzuolo, ha fatto un nodo da una parte e ha incominciato a rotolarlo, si è lamentata che però così la corda viene troppo grossa, si è assicurata che avessi le forbici nel cassetto, aveva la faccia del demonio quando mi ha detto ancora una volta che non supero i miei limiti, che bisogna essere capaci a giocare al gioco dell’impiccato. Può l’angoscia prendere la forma della lingua che diventa troppo ingombrante e non permette all’aria di passare?
“E qui finisce il diario”, alle parole di Valerio tutti si lamentarono, erano eccitati e disgustati, volevano un finale, Ludovica si limitò a constatare che era veramente strano che la Perseli non stesse a marcire in galera, se aveva istigato al suicidio. Valerio li guardava tutti tronfio “Non volete sapere cosa è successo? Lo sapete che i giornali sono on line da una vita? Ho fatto una ricerca con Perseli e non è uscito nulla, ma cliccando Guovine è uscito fuori il mistero del ragazzo scomparso, nonostante un testimone lo avesse visto penzolare dal lampadario. Sono andato alla redazione a Nuovacivita, ho detto che era una ricerca per il PCTO, mi hanno messo in contatto col giornalista che aveva seguito il caso, è in pensione da un anno e non vedeva l’ora di raccontarmi la storia.
A quanto pare Marco Guovine era il figlio della Perseli, lei e il marito abitavano a Betella, il bambino soffriva di una fortissima anemia, a dodici anni consigliano una trasfusione, in quell’occasione il marito della Perseli scopre che il figlio, avuto a otto mesi dal matrimonio, in realtà era frutto di uno stupro di cui non aveva mai saputo nulla. Guovine pseudo padre ha una reazione feroce con la Perseli, la segrega in casa per tre giorni, la picchia, la violenta, il giornalista dice che le ha ucciso l’anima prima di andarsene e sparire. La Perseli si trasferisce in città a centinaia di kilometri da chi conoscesse la sua storia. Chiude il figlio in casa, non andrà mai a scuola. Vi anticipo la risposta, la vecchia scuola aveva rilasciato il nulla osta, la nuova non ha mai saputo della sua esistenza e, a quanto pare, si può sparire dal sistema scolastico molto facilmente.” Il gruppo lo ascoltava senza fiatare, non c’era più nessuna traccia di goliardia, Ludovica era bianchissima, i capelli neri corvini risaltavano il contrasto col pallore, i grandi occhi azzurri sembravano liquidi, cerchiati di occhiali bluastre. Valerio si intenerisce, ma continua: “Insomma, il ragazzino rimane segregato per dieci anni, secondo il giornalista era plausibile perché era malato e la madre gli metteva addosso paure e sensi di colpa, come abbiamo letto pensava che il padre fosse morto a causa sua. La sua ipotesi, ma anche quella dei poliziotti all’epoca, era che a un certo punto la Perseli avesse preso a frequentare un poco di buono che la soggiogava ma non sapeva nulla del figlio. Probabilmente lei a quel punto ha provato a spingere al suicidio Marco, forse pensando di potersi rifare una vita. Il giornalista ha raccontato, che il poco di buono un giorno è entrato in casa e ha scoperto le scale che scendevano alla cantina diventata camera del ragazzo, sentiva una litania ed è sceso, trovando la Perseli che si dondolava e Marco impiccato.
Il codardo era corso fuori urlando a tutti quel che aveva visto, ma la gente lo considerava un mezzo tossico. Dopo ore la polizia è andata a controllare e non c’era più nulla di nulla. Hanno trattenuto la Perseli per giorni, ma lei ha negato tutto. Il figlio era maggiorenne, aveva ventidue anni nel 1999, diceva che non lo vedeva da più di un anno. È stata torchiata per la stanza, per il diario, per la scuola non frequentata, ma il corpo non è stato trovato da nessuna parte. Sì è fatta due anni di ricovero psichiatrico e quando è uscita è venuta a stare qui.”
I ragazzi lo guardavano scettici, i corpi tradivano nervosismo, ormai erano tutti in piedi e alzavano la polvere con passi nervosi. Ludovica era terrea ma lucida quando si decise a parlare “ma il diario non era una prova sufficiente? E poi lei da sottona a super bugiarda, non mi sembra poi che abbia il fisico per fare sparire un corpo, non mi torna.” Valerio fece spallucce “forse ha una doppia personalità, che ne sappiamo; magari il figlio non è morto, forse ora è nascosto in questa casa, o magari vaga in questo boschetto.” Esattamente in quel momento un crepitìo inquietante accompagnò lo spegnimento inaspettato del falò , diverse urla lacerarono il buio, Ludovica tentò di stringersi a Valerio, ma pensando di afferrargli le spalle, si trovò invece tra le mani una sostanza calda e vischiosa. Nella concitazione sì senti colpire su un fianco, l’angoscia stava prendendo il sopravvento, ora era lei ad annaspare sentendo l’aria infrangersi sulla glottide. Valerio, che si era malamente ferito con un ramo al buio, riuscì ad afferrarla prima che cadesse a terra svenuta. La mezzanotte era passata. Adesso era l’ora dei Santi.
Link al commento al racconto lungo di Nightfander.
Traccia i dieci comandamenti
viewtopic.php?p=43170#p43170