dfense wrote: Fri Feb 28, 2025 11:06 am Gli ho inviato tre romanzi. Tutti apparentemente letti, e seguiti da schede approfondite e, in alcuni casi, quasi entusiastiche, ma c'era sempre qualcosa che, a loro avviso, non andava.Sul discorso “testi già pronti”: la mia esperienza è stata diversa. Io sono entrata con un manoscritto che aveva bisogno di editing, eccome. E ci abbiamo lavorato insieme. Hanno investito tempo, confronto, call, revisioni. Certo, se una proposta non rientra nella loro visione editoriale, lo dicono. Ma questo per me non è un difetto: è onestà.
Alla fine ho lasciato perdere.
Per carità, molto cortesi e puntuali (sempre piacevole ricevere un riscontro, anche se negativo), mai parchi di consigli su come migliorare il tuo lavoro... ma il punto (il problema?) forse è proprio questo.
Sanno quello che vogliono (ciò che gli piace), ma non hanno voglia di perder tempo per ottenerlo, cioè, la sensazione è che non investano molto sulla fase di editing e che preferiscano trattare testi già "perfetti" (io ti dico cosa non va, se vuoi riscrivilo, e magari ritenta, sarai più fortunato)... ma è solo una sensazione.
Re: Another Coffee Stories
27blabele wrote: Sat Apr 12, 2025 10:12 am Purtroppo sono lupi travestiti da agnellini. Inizialmente ti sembrerà la CE dei tuoi sogni, ma poi, possedendo un minimo di arguzia e tanto disincanto, verrà tutto fuori.Io non mi sono mai sentita abbandonata, né ingannata. Ho avuto cura editoriale, confronto umano e intellettuale, libertà creativa e rispetto totale. Hanno creduto nel mio progetto quando altri nemmeno rispondevano alle mail.
Sono un perfetto sconosciuto, lo so. Ma ho avuto modo di pubblicare con loro (“loro” si fa per dire visto che non c’è dietro alcuno staff se non una singola persona e un paio di “adepti”) ed è stata l’esperienza più traumatizzante di tutta la mia vita.
CE di questo tipo fanno solamente male all’editoria.
Generalizzare, e soprattutto definire "traumatica" un’esperienza senza spiegare i motivi reali, non aiuta nessuno. Non aiuta altri autori a orientarsi, e non aiuta l’editoria a migliorare. Perché criticare è legittimo, ma costruire è più difficile.
Io credo che l’editoria indipendente abbia bisogno di meno cinismo e più possibilità. E Another Coffee Stories, almeno per me, è stata una possibilità reale, bella e coraggiosa.
Re: Another Coffee Stories
28Tutto molto giusto @Mumbi, ma ognuno, va da sé, ha la sua esperienza, e ci sta che questa possa differire da quella altrui.
Tra le altre cose, questo forum sta qua proprio per condividerle tutte (se possibile).
Purtroppo, come spesso è già accaduto altrove, ci si iscrive con l'unico intento di dire la propria (pro o contro l'editore di turno), quindi, più che una condivisione "autentica" pare essere un semplice spot (pro o contro, a seconda della circostanza).
Si entra, si spara a zero, o si tessono le lodi, dunque si scompare (voglia di partecipare attivamente, in maniera costruttiva, poca, di "perorare" o "infangare" un po' di più... e questo, credo, non va bene, abbassa il livello, di sicuro quello di "comprensione", diciamo così).
Come segnalato nella home, sarebbe buona regola presentarsi, prima di postare alcunché. Magari servirà a poco, ma è una forma di cortesia e rende, per altro, anche più credibili le vostre esperienze. Vale per te, ma anche per il buon @blabele, che non l'ha mai fatto.
Fermo restando l'unicità, e la validità di entrambi i vostri punti di vista, in assenza dell'editore, sarebbe interessante, e utile per tutti, saperne di più, qualora vogliate davvero "essere dei nostri", naturalmente, e argomentare in maniera più approfondita.
Scusa, @ElleryQ , sarà off topic, lo so, ma, per scoraggiare questa pratica "antipatica", non sarebbe bello rendere impossibile partecipare se prima non si è almeno "passati dal via"?
Tra le altre cose, questo forum sta qua proprio per condividerle tutte (se possibile).
Purtroppo, come spesso è già accaduto altrove, ci si iscrive con l'unico intento di dire la propria (pro o contro l'editore di turno), quindi, più che una condivisione "autentica" pare essere un semplice spot (pro o contro, a seconda della circostanza).
Si entra, si spara a zero, o si tessono le lodi, dunque si scompare (voglia di partecipare attivamente, in maniera costruttiva, poca, di "perorare" o "infangare" un po' di più... e questo, credo, non va bene, abbassa il livello, di sicuro quello di "comprensione", diciamo così).
Come segnalato nella home, sarebbe buona regola presentarsi, prima di postare alcunché. Magari servirà a poco, ma è una forma di cortesia e rende, per altro, anche più credibili le vostre esperienze. Vale per te, ma anche per il buon @blabele, che non l'ha mai fatto.
Fermo restando l'unicità, e la validità di entrambi i vostri punti di vista, in assenza dell'editore, sarebbe interessante, e utile per tutti, saperne di più, qualora vogliate davvero "essere dei nostri", naturalmente, e argomentare in maniera più approfondita.
Scusa, @ElleryQ , sarà off topic, lo so, ma, per scoraggiare questa pratica "antipatica", non sarebbe bello rendere impossibile partecipare se prima non si è almeno "passati dal via"?
Under a pale grey sky, we shall...
Re: Another Coffee Stories
29dfense wrote: Wed Jun 04, 2025 5:40 pmScusa, @ElleryQ , sarà off topic, lo so, ma, per scoraggiare questa pratica "antipatica", non sarebbe bello rendere impossibile partecipare se prima non si è almeno "passati dal via"?Hai fatto benissimo, invece. Hai fatto ciò che spesso mi tocca fare in topic di CE e agenzie. Le opinioni sono preziose e apprezzate, ma se rimangono finalizzate a un singolo topic, o a un singolo intervento, diventano un po' sospette.
Quanto al rendere obbligatorio il presentarsi, purtroppo abbiamo vagliato la possibilità, ma abbiamo valutato che ci sono già tantissimi visitatori anonimi, rendere la presentazione obbligatoria sarebbe ulteriormente scoraggiante per alcuni.
Re: Another Coffee Stories
30Capisco, @ElleryQ, era la proposta meno "estremista"... l'altra era cancellare i post di chi non si è presentato 
Vabbè, confidiamo nella buona fede degli utenti.
Vabbè, confidiamo nella buona fede degli utenti.
Under a pale grey sky, we shall...
Re: Another Coffee Stories
31Ciao a tutti,
sono un’autrice e ho pubblicato un libro con Another Coffee Stories.
Sarò felice di raccontarvi la mia esperienza per arricchire le fonti che rendono vivo questo luogo virtuale e ampliare la mappa della realtà che chi legge potrà crearsi.
Quando ho scritto il mio libro ho cercato una CE non a pagamento che avesse una linea editoriale chiara e definita che rispecchiasse i mei valori, e così è stato. In Another Coffee Stories ho trovato la realtà adatta a me, che sento che mi rappresenta e che, sono certa, non pubblicherà mai libri troppo lontani da miei valori.
Nel mondo dell’arte e della cultura questo principio era, ed è tuttora, per me di vitale importanza.
Nella pratica sono stata seguita con cura da un editor e mi sono divertita a vedere le mie parole trasformarsi in una copertina grazie a una illustratrice reale e non virtuale.
Grazie ad Another Coffee Stories ho partecipato (e partecipo) a festival ed eventi culturali anche di portata nazionale per presentare il mio libro e ho preferito direzionare le mie energie su questi obiettivi anziché verso piccole librerie (una mia libera scelta del tutto opinabile).
A tutti gli autori sono stati messi a disposizione utili materiali e sono stati dati riferimenti importanti per la cura del proprio lavoro di autore, per la ricerca di concorsi letterari e per destreggiarsi nella gestione dei social (su quest’ultimo punto devo ancora imparare molto).
In Another Coffe Stories ho incontrato autrici e autori miei colleghi con cui posso avere un confronto costruttivo. Siamo tutti diversi, ma qualcuno mi disse che “tra diversi si fa l’evoluzione”.
sono un’autrice e ho pubblicato un libro con Another Coffee Stories.
Sarò felice di raccontarvi la mia esperienza per arricchire le fonti che rendono vivo questo luogo virtuale e ampliare la mappa della realtà che chi legge potrà crearsi.
Quando ho scritto il mio libro ho cercato una CE non a pagamento che avesse una linea editoriale chiara e definita che rispecchiasse i mei valori, e così è stato. In Another Coffee Stories ho trovato la realtà adatta a me, che sento che mi rappresenta e che, sono certa, non pubblicherà mai libri troppo lontani da miei valori.
Nel mondo dell’arte e della cultura questo principio era, ed è tuttora, per me di vitale importanza.
Nella pratica sono stata seguita con cura da un editor e mi sono divertita a vedere le mie parole trasformarsi in una copertina grazie a una illustratrice reale e non virtuale.
Grazie ad Another Coffee Stories ho partecipato (e partecipo) a festival ed eventi culturali anche di portata nazionale per presentare il mio libro e ho preferito direzionare le mie energie su questi obiettivi anziché verso piccole librerie (una mia libera scelta del tutto opinabile).
A tutti gli autori sono stati messi a disposizione utili materiali e sono stati dati riferimenti importanti per la cura del proprio lavoro di autore, per la ricerca di concorsi letterari e per destreggiarsi nella gestione dei social (su quest’ultimo punto devo ancora imparare molto).
In Another Coffe Stories ho incontrato autrici e autori miei colleghi con cui posso avere un confronto costruttivo. Siamo tutti diversi, ma qualcuno mi disse che “tra diversi si fa l’evoluzione”.
Re: Another Coffee Stories
32Benvenuta, @DiSera, complimenti per la prontezza (e la "correttezza" a prova di policy del forum) del tuo intervento... tempismo perfetto.
La mappa della realtà che vuoi aiutarci ad ampliare è molto simile a quella della tua collega, come, forse, è presumibile che sia, ma, insomma, non è certo un problema. Siete un gruppo affiatato, si evince.
Chi legge avrà sicuramente modo di farsi un'idea più precisa circa il modus operandi di Another Coffee Stories, quindi, bene così.
Peccato solo per la "scomparsa" di @blabele, che pareva testimoniare più o meno l'esatto contrario, ma, come ho già detto in precedenza, ognuno ha la propria esperienza e, di conseguenza, la sua personalissima e (più o meno) insindacabile opinione. Non per alimentare sterili polemiche, ma per puro amor di conoscenza, un suo contraddittorio sarebbe stato ben accetto.
Fermo restando il piacere, già espresso, per aver ricevuto un riscontro alle opere inviate (seppur, a volte, poco chiaro), personalmente, da ignorante ignoro, da diffidente diffido (ho avuto esperienze editoriali difficili, che ci volete fare...) e, vista la confusione sotto il cielo, tutto ciò che in bilico o, come da intestazione di questa sezione, "da valutare", rimane per me un mistero (a volte affascinante, a volte meno).
La mappa della realtà che vuoi aiutarci ad ampliare è molto simile a quella della tua collega, come, forse, è presumibile che sia, ma, insomma, non è certo un problema. Siete un gruppo affiatato, si evince.
Chi legge avrà sicuramente modo di farsi un'idea più precisa circa il modus operandi di Another Coffee Stories, quindi, bene così.
Peccato solo per la "scomparsa" di @blabele, che pareva testimoniare più o meno l'esatto contrario, ma, come ho già detto in precedenza, ognuno ha la propria esperienza e, di conseguenza, la sua personalissima e (più o meno) insindacabile opinione. Non per alimentare sterili polemiche, ma per puro amor di conoscenza, un suo contraddittorio sarebbe stato ben accetto.
Fermo restando il piacere, già espresso, per aver ricevuto un riscontro alle opere inviate (seppur, a volte, poco chiaro), personalmente, da ignorante ignoro, da diffidente diffido (ho avuto esperienze editoriali difficili, che ci volete fare...) e, vista la confusione sotto il cielo, tutto ciò che in bilico o, come da intestazione di questa sezione, "da valutare", rimane per me un mistero (a volte affascinante, a volte meno).
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Re: Another Coffee Stories
33DiSera wrote: Wed Jun 04, 2025 9:43 pmQuando ho scritto il mio libro ho cercato una CE non a pagamento che avesse una linea editoriale chiara e definita che rispecchiasse i mei valori, e così è stato. In Another Coffee Stories ho trovato la realtà adatta a me, che sento che mi rappresenta e che, sono certa, non pubblicherà mai libri troppo lontani da miei valori.Potresti spiegare quale sarebbe la linea editoriale chiara e definita di questa CE? E quali sarebbero i valori da cui sei certa che non si discosterà?
Nel mondo dell’arte e della cultura questo principio era, ed è tuttora, per me di vitale importanza.
DiSera wrote: Wed Jun 04, 2025 9:43 pmIn Another Coffe Stories ho incontrato autrici e autori miei colleghi con cui posso avere un confronto costruttivo. Siamo tutti diversi, ma qualcuno mi disse che “tra diversi si fa l’evoluzione”.In che modo, concretamente, gli autori si confrontano costruttivamente tra loro? Su quali temi?
La diversità cui fai riferimento non include i valori, che devono essere omogenei, mi pare. Non sarebbe più interessante un confronto tra persone con valori diversi?
Grazie se vorrai rispondere, mi rendo conto che sembra un interrogatorio ma è giusto per cercare di dare concretezza alle tue belle parole, e togliergli un po' di quel frasefattismo che (perdonami) io intravedo.
Re: Another Coffee Stories
34Lieto che questa discussione sia proseguita. Vi leggo molto spesso, ma evidentemente non effettuo il login. Ancor più lieto di essere stato chiamato in causa.
Ho bisogno di riordinare le idee e torno da voi.
Una piccola cosa però, ci tengo a precisarla nell'immediato. Cercare di “screditare” le esperienze altrui giudicandole “esagerate” nell’esposizione, mi pare un approccio piuttosto superficiale.
La mia esperienza è stata traumatica e destabilizzante e non avrei motivo di mentire su questo aspetto tanto doloroso della mia vita.
Non voglio essere polemico, ma sono un grande estimatore delle precisazioni e non amo le zone d’ombra.
Torno da voi in giornata, grazie mille per l’ascolto.
Ho bisogno di riordinare le idee e torno da voi.
Una piccola cosa però, ci tengo a precisarla nell'immediato. Cercare di “screditare” le esperienze altrui giudicandole “esagerate” nell’esposizione, mi pare un approccio piuttosto superficiale.
La mia esperienza è stata traumatica e destabilizzante e non avrei motivo di mentire su questo aspetto tanto doloroso della mia vita.
Non voglio essere polemico, ma sono un grande estimatore delle precisazioni e non amo le zone d’ombra.
Torno da voi in giornata, grazie mille per l’ascolto.
Re: Another Coffee Stories
35Ciao a tutti,
ho riflettuto a lungo e vorrei intervenire con grande rispetto per chi amministra questo spazio e per chi ha letto fin qui.
Ribadisco la mia scelta di mantenere l’anonimato, che ho sentito come necessaria sin dall'inizio. L’esperienza con Another Coffee Stories è stata per me profondamente destabilizzante e dolorosa, e non sento il bisogno di esporre nome, volto e titolo del libro per legittimare un vissuto che, invece, dovrebbe trovare rispetto in quanto tale (e qui, con mia enorme gioia, lo ha trovato).
Sono una persona empatica e sensibile, e non voglio che questo mio racconto venga sminuito o trattato con sufficienza. Anzi, ringrazio gli amministratori per aver rispettato il mio silenzio iniziale e non avermi chiesto di presentarmi, come invece è accaduto con chi è intervenuto dopo di me.
Mi ha molto colpito leggere commenti che, pur essendo del tutto legittimi se reali, sembrano scritti con uno stile uniforme, impersonale, senza alcuna ombra di dubbio o critica costruttiva.
Frasi come “una comunità che costruisce”, “una casa editrice coraggiosa”, “editoria indipendente che dà possibilità”, certamente non rispondono ai punti che ho sollevato.
Inoltre, mi chiedo come mai queste persone siano intervenute senza presentarsi né condividere i propri titoli pubblicati, in un forum che - giustamente – chiede trasparenza. Io, pur restando anonimo, ho cercato di argomentare ogni singola parte della mia esperienza.
I due interventi successivi mi sono sembrati molto simili per tono e contenuti, al punto da apparire preconfezionati. Magari sbaglio. Ma quando si leggono espressioni vaghe come “dichiarazione d’intenti”, “casa che include e ascolta”, senza però entrare mai davvero nei dettagli pratici, qualcosa non torna.
E allora la racconto, più nel dettaglio, con l’unica intenzione di portare una testimonianza vera. Non cerco consenso, solo ascolto.
All'inizio, l’ambiente sembrava professionale, quasi caloroso. Sembrava davvero di aver trovato una casa editrice seria, con una mission chiara. Col tempo, ho scoperto che tutto era inconsistente e improvvisato.
Non parlo dei tempi di uscita del mio libro (che sono stati rispettati), ma di tutto il “contorno”.
Venivi spesso sollecitato a produrre contenuti e contattare il team e, quando ti decidevi a farlo, ti venivano inviate grafiche Canva o testi scritti da ChatGPT da postare sui social. Con tutto il rispetto per l’intelligenza artificiale, se pubblichi libri e dici di formare autori, forse la creatività andrebbe stimolata e non automatizzata. È una contraddizione grande come una casa.
In quanto autore, venivi “spinto” (mai obbligato, ovvio, ma la pressione c’era) a recensire libri di altri autori. Il concetto era: se vuoi ricevere supporto, devi darlo. E fin qui, nulla di male. Ma diventava un sistema costante e asfissiante, con continue sollecitazioni a essere attivo, a condividere, a recensire, a promuovere.
Ho pubblicato con altre case editrici e non ho mai visto nulla del genere. Qui invece ti ritrovavi coinvolto in una sorta di “loop psicologico”, per cui, se non partecipavi abbastanza, venivi contattato in privato e – talvolta – rimproverato. Ti veniva detto di “fare di più per il bene della casa editrice”. Un linguaggio che, sinceramente, ho trovato scorretto, soprattutto per chi pubblica gratuitamente un libro e si ritrova poi a dover “lavorare” gratuitamente per la visibilità altrui.
Ricordo anche la famosa chat autori, dove era vietato interagire durante la settimana. Il confronto tra colleghi era scoraggiato. Poi arrivava il weekend, e si apriva il solito “tema creativo”, una specie di contest/gioco a cui “dovevi” partecipare. Era chiaro l’obiettivo: produrre contenuti, creare competizione tra autori e mantenere viva l’attenzione sulla CE. A me sembrava solo un modo per mantenere il controllo e l’attenzione, non certo per stimolare la scrittura libera.
Questo atteggiamento è altamente scoraggiante. E, per me, è stato motivo di frustrazione e disagio.
Non si trattava semplicemente di partecipare a qualche iniziativa promozionale: era una pressione continua, che ti faceva sentire in difetto, sempre in debito.
Al Salone del Libro e in altri contesti fieristici, era dato praticamente per scontato che gli autori dovessero aiutare a montare, gestire e presidiare lo stand, vendendo non solo i propri libri, ma anche quelli degli altri. Tutto a proprie spese e, ovviamente, senza alcun tipo di compenso o rimborso.
Questa dinamica ha contribuito a un senso di sfruttamento molto forte: sembrava che la pubblicazione fosse solo un pretesto per attivare manodopera gratuita, il tutto sotto la copertura di parole come “comunità”, “collaborazione”, “energia positiva”.
Anche questo: dove lo trovi, in un contesto editoriale serio?
E non è tutto: si creavano legami preferenziali evidenti tra il “team” e alcuni autori, con dimostrazioni pubbliche di affetto e stima, post condivisi a raffica, commenti entusiasti solo per pochi selezionati. Questo ha creato malumori profondi tra altri autori, che si sentivano esclusi, invisibili, non valorizzati.
C’era chi godeva di una visibilità sproporzionata rispetto ad altri, alimentando così un clima competitivo e poco sano, esattamente l’opposto di quella “comunità armoniosa” che viene tanto decantata nei post precedenti al mio.
Inoltre, ribadisco, che non ho mai avuto accesso a dati reali e trasparenti sulle vendite, né ho mai ricevuto royalty adeguate (in alcuni casi, proprio nessuna). Questo, purtroppo, è un altro tema su cui la CE resta opaca.
Chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale, non potrà smentire ciò che ho raccontato, perché queste dinamiche sono reali, concrete e documentabili.
Non sto generalizzando: sto solo riportando una testimonianza autentica. Nessuna esperienza positiva altrui può invalidare il mio vissuto, così come io non intendo screditare chi si è trovato bene. Ma invito chi legge a riflettere su ciò che viene detto tra le righe, su ciò che non viene spiegato ma solo “professato” in termini vaghi e rassicuranti.
Non esiste un vero team. Si parla di una redazione composta da sole donne, ma in realtà tutto viene gestito da pochissime persone, in modo spesso improvvisato. Il team – se esiste – è invisibile. E anche questo, nel tempo, diventa fonte di frustrazione e sfiducia.
Non mi interessa aprire un conflitto né “vincere” una disputa online. Però vorrei che la mia esperienza venisse ascoltata per quello che è: una denuncia pacata, ma ferma e civile.
Un punto di vista, sì, ma anche un invito a osservare con più attenzione ciò che c’è dietro la retorica dell’editoria indipendente “umana e accogliente”.
Spero che questo post non venga rimosso. Al massimo, se ci dovessero essere ulteriori “incursioni” poco autentiche, invito gli amministratori a considerare di chiudere il thread, ma non di cancellarlo.
Chi pubblica oggi, ha bisogno di conoscere tutte le facce dell’editoria indipendente. Anche quelle che fanno male.
Grazie per l’attenzione, di cuore.
ho riflettuto a lungo e vorrei intervenire con grande rispetto per chi amministra questo spazio e per chi ha letto fin qui.
Ribadisco la mia scelta di mantenere l’anonimato, che ho sentito come necessaria sin dall'inizio. L’esperienza con Another Coffee Stories è stata per me profondamente destabilizzante e dolorosa, e non sento il bisogno di esporre nome, volto e titolo del libro per legittimare un vissuto che, invece, dovrebbe trovare rispetto in quanto tale (e qui, con mia enorme gioia, lo ha trovato).
Sono una persona empatica e sensibile, e non voglio che questo mio racconto venga sminuito o trattato con sufficienza. Anzi, ringrazio gli amministratori per aver rispettato il mio silenzio iniziale e non avermi chiesto di presentarmi, come invece è accaduto con chi è intervenuto dopo di me.
Mi ha molto colpito leggere commenti che, pur essendo del tutto legittimi se reali, sembrano scritti con uno stile uniforme, impersonale, senza alcuna ombra di dubbio o critica costruttiva.
Frasi come “una comunità che costruisce”, “una casa editrice coraggiosa”, “editoria indipendente che dà possibilità”, certamente non rispondono ai punti che ho sollevato.
Inoltre, mi chiedo come mai queste persone siano intervenute senza presentarsi né condividere i propri titoli pubblicati, in un forum che - giustamente – chiede trasparenza. Io, pur restando anonimo, ho cercato di argomentare ogni singola parte della mia esperienza.
I due interventi successivi mi sono sembrati molto simili per tono e contenuti, al punto da apparire preconfezionati. Magari sbaglio. Ma quando si leggono espressioni vaghe come “dichiarazione d’intenti”, “casa che include e ascolta”, senza però entrare mai davvero nei dettagli pratici, qualcosa non torna.
E allora la racconto, più nel dettaglio, con l’unica intenzione di portare una testimonianza vera. Non cerco consenso, solo ascolto.
All'inizio, l’ambiente sembrava professionale, quasi caloroso. Sembrava davvero di aver trovato una casa editrice seria, con una mission chiara. Col tempo, ho scoperto che tutto era inconsistente e improvvisato.
Non parlo dei tempi di uscita del mio libro (che sono stati rispettati), ma di tutto il “contorno”.
Venivi spesso sollecitato a produrre contenuti e contattare il team e, quando ti decidevi a farlo, ti venivano inviate grafiche Canva o testi scritti da ChatGPT da postare sui social. Con tutto il rispetto per l’intelligenza artificiale, se pubblichi libri e dici di formare autori, forse la creatività andrebbe stimolata e non automatizzata. È una contraddizione grande come una casa.
In quanto autore, venivi “spinto” (mai obbligato, ovvio, ma la pressione c’era) a recensire libri di altri autori. Il concetto era: se vuoi ricevere supporto, devi darlo. E fin qui, nulla di male. Ma diventava un sistema costante e asfissiante, con continue sollecitazioni a essere attivo, a condividere, a recensire, a promuovere.
Ho pubblicato con altre case editrici e non ho mai visto nulla del genere. Qui invece ti ritrovavi coinvolto in una sorta di “loop psicologico”, per cui, se non partecipavi abbastanza, venivi contattato in privato e – talvolta – rimproverato. Ti veniva detto di “fare di più per il bene della casa editrice”. Un linguaggio che, sinceramente, ho trovato scorretto, soprattutto per chi pubblica gratuitamente un libro e si ritrova poi a dover “lavorare” gratuitamente per la visibilità altrui.
Ricordo anche la famosa chat autori, dove era vietato interagire durante la settimana. Il confronto tra colleghi era scoraggiato. Poi arrivava il weekend, e si apriva il solito “tema creativo”, una specie di contest/gioco a cui “dovevi” partecipare. Era chiaro l’obiettivo: produrre contenuti, creare competizione tra autori e mantenere viva l’attenzione sulla CE. A me sembrava solo un modo per mantenere il controllo e l’attenzione, non certo per stimolare la scrittura libera.
Questo atteggiamento è altamente scoraggiante. E, per me, è stato motivo di frustrazione e disagio.
Non si trattava semplicemente di partecipare a qualche iniziativa promozionale: era una pressione continua, che ti faceva sentire in difetto, sempre in debito.
Al Salone del Libro e in altri contesti fieristici, era dato praticamente per scontato che gli autori dovessero aiutare a montare, gestire e presidiare lo stand, vendendo non solo i propri libri, ma anche quelli degli altri. Tutto a proprie spese e, ovviamente, senza alcun tipo di compenso o rimborso.
Questa dinamica ha contribuito a un senso di sfruttamento molto forte: sembrava che la pubblicazione fosse solo un pretesto per attivare manodopera gratuita, il tutto sotto la copertura di parole come “comunità”, “collaborazione”, “energia positiva”.
Anche questo: dove lo trovi, in un contesto editoriale serio?
E non è tutto: si creavano legami preferenziali evidenti tra il “team” e alcuni autori, con dimostrazioni pubbliche di affetto e stima, post condivisi a raffica, commenti entusiasti solo per pochi selezionati. Questo ha creato malumori profondi tra altri autori, che si sentivano esclusi, invisibili, non valorizzati.
C’era chi godeva di una visibilità sproporzionata rispetto ad altri, alimentando così un clima competitivo e poco sano, esattamente l’opposto di quella “comunità armoniosa” che viene tanto decantata nei post precedenti al mio.
Inoltre, ribadisco, che non ho mai avuto accesso a dati reali e trasparenti sulle vendite, né ho mai ricevuto royalty adeguate (in alcuni casi, proprio nessuna). Questo, purtroppo, è un altro tema su cui la CE resta opaca.
Chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale, non potrà smentire ciò che ho raccontato, perché queste dinamiche sono reali, concrete e documentabili.
Non sto generalizzando: sto solo riportando una testimonianza autentica. Nessuna esperienza positiva altrui può invalidare il mio vissuto, così come io non intendo screditare chi si è trovato bene. Ma invito chi legge a riflettere su ciò che viene detto tra le righe, su ciò che non viene spiegato ma solo “professato” in termini vaghi e rassicuranti.
Non esiste un vero team. Si parla di una redazione composta da sole donne, ma in realtà tutto viene gestito da pochissime persone, in modo spesso improvvisato. Il team – se esiste – è invisibile. E anche questo, nel tempo, diventa fonte di frustrazione e sfiducia.
Non mi interessa aprire un conflitto né “vincere” una disputa online. Però vorrei che la mia esperienza venisse ascoltata per quello che è: una denuncia pacata, ma ferma e civile.
Un punto di vista, sì, ma anche un invito a osservare con più attenzione ciò che c’è dietro la retorica dell’editoria indipendente “umana e accogliente”.
Spero che questo post non venga rimosso. Al massimo, se ci dovessero essere ulteriori “incursioni” poco autentiche, invito gli amministratori a considerare di chiudere il thread, ma non di cancellarlo.
Chi pubblica oggi, ha bisogno di conoscere tutte le facce dell’editoria indipendente. Anche quelle che fanno male.
Grazie per l’attenzione, di cuore.
Re: Another Coffee Stories
36Comunque si voglia intendere/interpretare, questa Tua, inviti a una riflessione importante sull'editoria contemporanea, quindi grazie.
Rispetto e comprensione per te, @blabele (anch'io, anni fa, mi sono confrontato con una realtà simile, a lungo discussa sul forum, e dunque, da questo, "bannata").
Per quanto riguarda il discorso della presentazione, nessuno si aspetta che tu la faccia usando le tue generalità anagrafiche, è solo un atto informale per farci sapere qualcosa in più di te, e di come vivi la scrittura.
In ogni caso, buona fortuna per le tue future opere.
Under a pale grey sky, we shall...