[Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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 Auretta aveva gli occhi chiusi, e Mario pensò si fosse appisolata.
“Bel modo di controllare il bagaglio” rifletté. Le si sedette accanto e la guardò: le guance accaldate spiccavano sul dolcevita nero. All’anulare sinistro portava una sottile fedina d’oro.
“Se fingo di dormire” pensò Auretta, “mi verrà sonno sul serio. E almeno una mezz’ora passerà”. Aveva preso due pillole di valeriana e il sonno vero non tardò ad arrivare.
Mario rispose a un paio di e-mail e lesse la rassegna stampa aziendale. Il ritardo del volo lo infastidiva, e il colloquio con l'avvocato del giorno precedente pure. E poi quella ragazza, che gli aveva chiesto un’informazione al check-in e non l’aveva più mollato!
Chiuse gli occhi e infilò gli auricolari.
Qualcosa di peloso gli sfiorò l’orecchio destro: si ritrasse e portò la mano alla guancia, per grattarsi. Il capo della ragazza, lentamente, si reclinava sulla sua spalla, e i capelli gli solleticavano la tempia. Ecco cos’era quel pizzicore. 
Rimase immobile per qualche secondo, poi sfilò piano gli auricolari. Era turbato: un contatto tale presupponeva un’intimità che non c’era. Sentiva profumo di neonato: pensò alla piccola figlia e ai baci allegri che le dava dopo il bagnetto. 
Si accorse che la testa femminile stava scivolando lungo il suo petto. Ne rallentò la caduta con entrambe le mani, e con delicatezza se l'accomodò sulle cosce. Arrotolò un ricciolo della ragazza intorno al dito indice, sfiorò col dorso della mano la guancia liscia come un'albicocca. Non prese in considerazione l’eventualità di svegliare quella sconosciuta.
Lo colse un desiderio violento di baciarle il viso. Si trattenne e continuò a guardarla.
«Ehi! Ma dove sono? Cosa ci faccio sulle sue ginocchia?»
«Si è addormentata sulla mia spalla e poi è scivolata giù. Avrei dovuto svegliarla, mi dispiace.»
«No, ha fatto bene. Almeno è passato un po’ di tempo, spero. Mannaggia ai ritardi. È quasi ora di pranzo, voglio mangiare. Mi accompagna?»
@@@@
«Per me una fetta di torta rustica agli spinaci, una macedonia e un muffin al cioccolato, grazie.»
«Io prendo un fiordilatte, un’insalata mista e due pere. Le va di sederci a quel tavolino laggiù?»
«Certo.»
«Vogliamo presentarci come si deve? Mi chiamo Mario Ercoli.»
«Io sono Auretta. Che lavoro fa? Dalle sue mani direi un lavoro d’ufficio.»
«Sì, più o meno. Lei di che si occupa?»
«Sono segretaria in uno studio dentistico. Una noia mortale. Però ho un hobby: mi piace fare i massaggi, leggere la mano. Credo di avere talento. Non mi ha detto però che lavoro fa.»
«Lavoro in banca. O, meglio, per le banche.»
«Come mai va a Berlino? Io a trovare mio fratello che fa lì il cameriere. Mi ha regalato questo biglietto e ha detto che se stavolta non vado non mi vuole più vedere.»
«E perché mai?»
«Dice che sono piena di fissazioni, che non mi muovo mai da casa perché sono un grumo di paure. Il fatto è che non sono mai montata su un aereo in vita mia. Ho il terrore assoluto. Ecco, l’ho detto.»
«Mai? Neppure una volta? E allora come fa a sapere che ha paura? Non è logico.»
«Non c’è niente di logico nella paura.»
«Vero. Se pensa che sia utile, in aereo possiamo cercare di sedere vicini.»
«Lei perché va a Berlino?»
«Questioni di lavoro, rischierei di annoiarla. Parliamo invece della sua paura di volare. Magari potrei darle dei consigli, e inganneremo un’altra oretta.»
«Lei è destrorso o mancino?»
«Cosa? Ma che…?»
«Risponda, non è difficile: scrive con la mano destra o con la sinistra? Ho notato che prima ha preso il telefono con la destra, ma può non essere significativo. Risponda, su.»
«Scrivo con la mano sinistra. E allora?»
«Allora io so leggere la mano, e ho avuto modo di dare un’occhiata alle sue. Però non mi permetterei mai di intromettermi nella sua vita privata con la stessa facilità con la quale lei ora si sta intromettendo nelle mie paure. Mi ero tenuta sul vago: lei mi avrebbe raccontato cosa va a fare a Berlino e ci saremmo distratti parlando di cose leggere, poco importanti.»
«Cosa le fa pensare che il motivo del mio viaggio sia "leggero e poco importante"? E cos’è questa ridicolaggine della lettura della mano? Non mi dirà che crede a quelle scemenze.»
«Lei ha un piccolo cerchio sulla linea del cuore. Ed è presente in entrambe le mani.»
«La smetta.»
«Avrebbe bisogno di un massaggio rilassante alla schiena. È nervoso, agitato. Guardi che fa male alla salute.»
«Vuole massaggiarmi la schiena? Se ciò le tappa la bocca, accetto con piacere.»
«Non dica idiozie. Bisogna avere il torso scoperto, e stare sdraiati bocconi. Se vuole, però, possiamo tentare un massaggio del collo. Si tolga la cravatta, e slacci i primi bottoni della camicia. Non oltre il terzo.»
«Qui, nel ristorante dell'aeroporto? Lei è matta.»
«Che c’è di male? Forza, si tolga la cravatta. Sono sempre felice di esercitarmi.»
«E se arriva l’aereo? Non voglio correre all’imbarco con la cravatta in mano.»
«Hanno detto che il ritardo è di tre ore. Io in quindici minuti ho finito.»
@@@@
Mario pensò con sollievo ai minuti di silenzio che lo attendevano: eseguì gli ordini e le volse le spalle. Auretta tirò fuori dalla borsa un flaconcino di olio profumato al bergamotto e lo distribuì con delicatezza sulla punta delle dita.
«Abbassi il colletto della camicia. No, non così. Lo pieghi verso l’interno. Ora chiuda gli occhi.»
Le ragazza spinse vigorosamente i pollici alla base del collo e premette più volte le fasce muscolari. Cominciò a impastare e strizzare con movimenti potenti che dalle orecchie scendevano verso le spalle e da lì risalivano carezzando.
Squillò il telefono, e Auretta lasciò di colpo la testa.
«Che diamine! Mi ero quasi addormentato… perché è stata così brusca?»
«Mi scusi, ho sentito il telefono squillare e mi sono innervosita.»
Tirò fuori dalla borsa una salvietta umidificata profumata di lavanda e la passò ripetutamente tra le dita. Sfilò la fedina e la mise nel borsellino. Si avvolse intorno alle spalle uno scialle di lana arancione lavorata ai ferri, afferrò una rivista e fece finta di leggere.
«Il massaggio è stato fantastico. Lei è un’artista. Va tutto bene?»
«Sto leggendo, non vede? Si riassesti camicia e cravatta: è in disordine.»
La voce suonò aspra e Mario provò vergogna: era stata lei a dirgli di slacciarsi la camicia fino al terzo bottone, e ora lo guardava con disprezzo. Fece il nodo alla cravatta, infilò la giacca, prese il tablet e si allontanò.
@@@@
Auretta teneva gli occhi fissi sulla pagina aperta. 
Una corrente dolorosa e fredda l'attraversava per intero: era logico che Lucio la tradisse, pensò. Era una bambina piccola, così piccola che avrebbe potuto stare nel palmo di una mano. Era una spaurita bambina, coi piedi scalzi e le trecce scomposte, i vestiti laceri e il volto rigato di lacrime. Le era sufficiente un mazzetto di fiori per essere felice, come poteva competere con una bionda dottoressa dalle dita inanellate?
«Ho bisogno di un caffè bollente», disse a voce alta e passando le dita nei capelli castani.
Guardò intorno e non vide nessuno. Dov’era finito quel signore distinto che le avrebbe permesso di sopportare il tempo che la separava dalla partenza? Doveva parlare con qualcuno per non ascoltare sé stessa.
«Ah, eccola qui. Le offro un caffè. Torna a sedersi?»
«No, grazie.»
«No grazie al caffè o a farmi compagnia?»
«No grazie a entrambe le cose.»
«Perché è così scortese? Un caffè bollente, per piacere.»
«Visto che lei è qui, io torno in sala d’aspetto.»
«Oh, le sono proprio antipatica! E dire che mi piaceva parlare con lei.»
«Non mi è antipatica, mi innervosisce. Quindi cerco di porre una certa distanza tra noi due.»
«Anch’io ho un piccolo cerchio sulla linea del cuore. So come ci si sente.»
«Come ci si sente cosa? Ora ricomincia a parlare a vanvera?»
«Non faccia finta di non capirmi. Mi riferisco a quel peso sullo stomaco, alla tristezza che annebbia il cervello. Su, non può non conoscere quella sensazione. Come la chiama lei? malinconia, inquietudine, pessimismo sconsolato?»
@@@@
Mario era in piedi davanti a lei, che nel frattempo si era seduta e aveva poggiato la tazzina sul tavolo. 
Si guardò il palmo delle mani e notò in entrambe un piccolo cerchio sulla linea più vicina alla base delle dita.
«Se si siede, le spiego meglio. Non è l’unica caratteristica che ho potuto osservare. Ha perso la parola?»
Non le rispose. Osservò lo scialle arancione di lana bucherellata, con le frange svolazzanti: non vedeva un indumento simile dai tempi della sua infanzia. Sedette.
«Lei ha quel cerchietto sulla linea del cuore, che indica tendenza alla malinconia. La linea del cuore, però, è molto accentuata: mi dia le mani, glielo faccio vedere. Noti che solchi: sono l’eco di sentimenti appassionati e tenaci. 
Guardi ora la linea della mente: è lunga e profonda. Sa cosa significa? Chiarezza di pensieri, sete di conoscenza, intelletto vigoroso.
La linea della vita è dritta e vicina all’estremità del palmo, e ciò indica cautela nelle relazioni. 
Ora osservi bene: la sua linea del successo parte da quella del destino. Non lo avevo mai visto prima. Vuol dire che una costante applicazione l’ha condotta a una carriera ricca di soddisfazioni. Guardi attentamente il suo monte di Venere, questa zona al di sotto del pollice: se è gonfia e rosea indica energia ed entusiasmo per la vita. E lei ne ha da vendere.»
Mario aveva l’impressione di parlare con un essere venuto da un altro pianeta. Eppure, capiva la sua lingua, e i concetti espressi erano chiari. Lettura delle mani? Era sconcertato. Prima aveva pensato a uno scherzo, e invece ora quella donna scesa da un’astronave gli aveva raccontato sé stesso esaminando linee casuali che lui neppure sapeva di avere. 
Ma come era riuscita a osservare con quella diligenza le sue mani? Cercò di dire qualcosa ma dalla bocca usciva solo il respiro, e la ragazza penetrò con garbo nella sua afasia.
«Mio fratello ha ragione. Ho paura di svegliarmi cieca, di morire mentre dormo. Ho anche l’angoscia che mi amputino le braccia, oppure di vomitare in mezzo alla strada.»
Bevve il caffè amaro, poi aprì due bustine di zucchero di canna e le versò delicatamente nella bocca. Schiacciò fra i denti i granelli dorati e poi lasciò che si sciogliessero. Deglutì e respirò con soddisfazione.
«È una tecnica che le ha insegnato il suo dentista?»
«Ah! Certo che no. Amo lo zucchero e me lo mangio, tanto sono magra, che m’importa? Comunque, tornando alle paure, qualcuno mi disse che nascondono tanta voglia di vivere.»
«Lei ha detto su di me cose generiche, che si attaglierebbero a milioni di persone.»
«Dalla sua reazione non si direbbe. Penso invece di aver colto nel segno. E comunque non le ho detto proprio tutto.»
«Ah, no? E quali altre stupidaggini mi vuole propinare? Me la immagino con un turbante in testa davanti a una palla di vetro a ingannare qualche poveretto. Con quello scialle che indossa sarebbe perfetta.»
«Non le piace? L’ha lavorato ai ferri la mia bisnonna. Lo porto sempre con me.»
«Mi scusi, non lo sapevo.»
«Uh, che bello, è passata un’altra ora. Vogliamo tornare in sala d’aspetto? Da qui non si vedono i cartelloni coi voli.»
«Prima voglio sapere cosa mi ha tenuto nascosto.»
«Promette che non si arrabbierà, e non mi terrà il muso fino alla fine del viaggio? Prometta solennemente.»
«Sì, sì, prometto.»
«Scherza? Pretendo una promessa come si deve. Ripeta con me: “Lo sai cosa vuol dire essere amici? / Vuol dire che non mi tradisci mai. / Che io ci credo, a tutto ciò che dici, / che io mi fido, di tutto ciò che fai. / Vuol dire che qualunque cosa accada / io da te non mi aspetto nessun male”.»
«Ma… no, non è possibile! Lei è completamente matta. Ma quanti anni ha, mi scusi? A occhio, direi una trentina. E ancora si trastulla con le filastrocche? Ho bisogno di una boccata d’aria, soffoco.»
@@@@
Auretta tirò fuori il cellulare e notò altre chiamate perse da parte di Lucio. Oh, ancora la cercava, quel traditore?
«Senta, sono stato un po’ brusco, le chiedo scusa. Mi dia il tempo di abituarmi ai suoi discorsi assurdi. Tenga, guardi: le do le mie mani. Cos’è che non mi ha detto?»
«È sufficiente la sinistra. La poggi sul tavolo. Vuole veramente saperlo?»
«Sicuro. Avanti.»
«Vede questa piccola protuberanza sotto il dito indice? Si chiama monte di Giove.»
«E allora?»
«Guardi con attenzione: c’è un piccolo segno a forma di ypsilon. Lo vede?»
«Sì, lo vedo. Lei è esasperante.»
«Questo segno indica inequivocabilmente la fine di un matrimonio. Ecco, l’ho detto. Mi dispiace.»
Mario ritrasse la mano e la guardò negli occhi. Auretta aveva abbassato lo sguardo e teneva le mani una sull’altra, poggiate sul tavolino in modo compito.
«La comprendo, sa? È dolorosissimo. Che fa, non mi parla? Ha visto che avevo ragione? Non dovevo dirglielo.»
Prese la borsa e tornò in sala d’aspetto.
Si sedette e scoppiò in singhiozzi. Non riusciva a smettere di piangere. Desiderava che qualcuno l’abbracciasse così forte da farle male e con l’abbraccio le facesse schizzare fuori dal corpo quel dolore che non l’abbandonava mai. Che le leccasse dalle guance tutte le lacrime, e baciandole gli occhi le dicesse piano che quella sofferenza aveva un senso, e il senso erano quei baci dolci, piccoli fiori mattutini.
@@@@
Mario la vide e si avvicinò. Lei teneva ancora il viso tra le mani e piangeva senza ritegno. 
Le si sedette accanto e attese qualche minuto. Voleva che si accorgesse di lui, ma i singulti e i palmi schiacciati sugli occhi lo impedivano. Temette di essere stato la causa di quella disperazione. Forse poteva stringerla in un abbraccio e tentare così di calmarla. Con la piccola figlia ci riusciva quasi sempre, e la pediatra gli aveva detto che era un ottimo metodo. 
Le cinse le spalle con le braccia e la accostò delicatamente a sé: di nuovo una fragranza colma di tenerezza lo fece tremare. 
Si scostò un poco, intimorito dal suo stesso desiderio, ma Auretta ormai aveva accolto quell’abbraccio certa che si trattasse di un sogno, e si era stretta a lui sperando di trovare sollievo in quella fantasia così reale. 
Mario le carezzò il capo morbido di capelli e lei si abbandonò al suo dolore baciando a lungo con passione la bocca di uno sconosciuto. 
Poi si addormentò tra le sue braccia e sognò che la madre aveva mandato un angelo dal cielo per consolarla.

 
La filastrocca citata è di Bruno Tognolini
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Un racconto che ho riletto più volte @Ippolita perché è ricco di immagini  e suggestioni.  I due personaggi sono ben caratterizzati, soprattutto Auretta emerge con prepotenza dal foglio, è la protagonista indiscussa di questa storia. Mario le fa da spalla (letteralmente da spalla come nell’incipit)  e non spicca con la stessa forza.  Le descrizioni delle azioni sono vivide e ricercate (la scena in cui Auretta sgranocchia lo zucchero della bustina è una vera chicca che riesce a colpire vista, gusto e udito in modo impeccabile). 
Mi ha pure colpita la scelta di far presentare Mario con nome e cognome mentre Auretta risponde solo col nome. 
Dal punto di vista del genere, non ho trovato particolarmente “rosa” il racconto e non mi ha convinta il bacio finale. Fino a quel momento tra i due non è scoccata la minima intesa amorosa. Lui appare più come una figura paterna (e infatti le sensazioni che prova nei confronti della ragazza sono più paterne che sensuali) e neppure lei accenna mai al fatto che Mario sia un bell’uomo o un uomo interessante. Tutt’altro. Li accomuna forse la sfortuna in amore, ma non è sufficientemente indagata nel testo. Insomma, non scoppia un colpo di fulmine tra loro due e il bacio mi ha allontanata come qualcosa di immorale come potrebbe esserlo un bacio carnale tra padre e figlia (scusa).
La presenza del narratore onnisciente e i salti di pdv da lui a lei hanno ridotto parecchio le emozioni a vantaggio del gusto estetico delle descrizioni. 
Un racconto grazioso, con un personaggio, Auretta, super interessante e ottimamente costruito. Una lettura molto piacevole.

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

3
Ippolita ha scritto: Vero. Se pensa che sia utile, in aereo possiamo cercare di sedere vicini.»
il posto però non si può scegliere, è già assegnato con l'acquisto del biglietto. 
Ippolita ha scritto:
Squillò il telefono, e Auretta lasciò di colpo la testa.
«Che diamine! Mi ero quasi addormentato… perché è stata così brusca?»
«Mi scusi, ho sentito il telefono squillare e mi sono innervosita.»
Tirò fuori dalla borsa una salvietta umidificata profumata di lavanda e la passò ripetutamente tra le dita. Sfilò la fedina e la mise nel borsellino. Si avvolse intorno alle spalle uno scialle di lana arancione lavorata ai ferri, afferrò una rivista e fece finta di leggere.
«Il massaggio è stato fantastico. Lei è un’artista. Va tutto bene?»
«Sto leggendo, non vede? Si riassesti camicia e cravatta: è in disordine.»
La voce suonò aspra e Mario provò vergogna: era stata lei a dirgli di slacciarsi la camicia fino al terzo bottone, e ora lo guardava con disprezzo. Fece il nodo alla cravatta, infilò la giacca, prese il tablet e si allontanò.
il telefono di chi? E perchè nessuno dei due ha risposto?
Ippolita ha scritto: Auretta tirò fuori il cellulare e notò altre chiamate perse da parte di Lucio. Oh, ancora la cercava, quel traditore?
Finalmente abbiamo capito di chi era il telefono e chi chiama.  :D

Un racconto decisamente particolare, la figura di Mario che ha una figlia piccola ma si comporta come un uomo maturo è meno inquadrabile rispetto a quella di Auretta, della quale percepiamo anche l'aspetto fisico, la rapidità con la quale parla, in tutto e per tutto prensente sulla scena, davanti agli occhi del lettore. Mario si configura più lentamente e non sappiamo alla fine se il trasporto del bacio che dà Auretta sia corrisposto o meno. I sintomi dell'innamoramento ci sono, sono lievi e velati, ultimi:
Ippolita ha scritto:
Temette di essere stato la causa di quella disperazione. Forse poteva stringerla in un abbraccio e tentare così di calmarla. Con la piccola figlia ci riusciva quasi sempre, e la pediatra gli aveva detto che era un ottimo metodo. 
Le cinse le spalle con le braccia e la accostò delicatamente a sé: di nuovo una fragranza colma di tenerezza lo fece tremare.
Solo che questa immagine è preceduta da quella della sua bambina, e quindi crei un contrasto tra affetto e amore. Il bacio si incastra tra questi due sentimenti mettendo in evidenza, alla fine, solo Auretta con il suo desiderio di amore, passione e tutte le altre cose citate nella filastrocca delle promesse.
L'originalità del testo è innegabile. In sè è molto "vivace" quindi per me molto bello. Che sia un romance diverso dai soliti cliché? Agli altri lettori l'ardua sentenza. Sperimentare è sempre un buon moticvo per scrivere. 
Brava, come sempre.

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Ciao @Ippolita   :)

Ho piacere di trovarti qui e, come sempre, di leggerti!  :libro:

Però, a me sembra un racconto "interrotto", nel senso che mi sono mancate tante informazioni su Auretta e su Mario prima del loro incontro.
Senza fare spiegoni, perché non colmare qualche lacuna con un "pensato" della ragazza? Un riferimento al suo recente passato, visto magari nel dormiveglia? Si, c'è questo Lucio che l'ha tradita, ma lei dove sta andando? Da chi?
In più, la trasformazione di questo "angelo mandato dalla madre morta" da figura paterna a dolce amante mi ha colta di sorpresa.

Comunque brava! Il tuo stile affascina e tu "fai vedere" le immagini che descrivi.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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@Ippolita ciao. Non so se ti volevi rifare al film di Wenders "Sotto il cielo di Berlino", per un attimo ci ho creduto e sperato. Si sente tanta nostalgia nella vita dei due, tanto da sembrare un romance nostalgico, in bianco e nero. Il peso della esistenza come ben ha mostrato Wenders in questo film.
Certo che non è un rosa, ma meglio di una lettura con tanto di latte alle ginocchia.. Tanto per capirci. Ciao Avanzini  <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Ciao @Monica ha scritto: Dal punto di vista del genere, non ho trovato particolarmente “rosa” il racconto e non mi ha convinta il bacio finale. Fino a quel momento tra i due non è scoccata la minima intesa amorosa
@@Monica grazie per il tuo prezioso passaggio. Ho trovato molto difficile scrivere questo racconto, perché il mio immaginario nel “rosa” si nutre della sola Jane Austen, non avendo io mai letto romance. E nei suoi romanzi fioriscono continue schermaglie tra l’uomo e la donna, e mai, se non alla fine, ci sono dimostrazioni di amore: esso si sviluppa e cresce silenziosamente per tutto il romanzo tra continui botta e risposta, dialoghi frizzanti, equivoci e incomprensioni. 
Insomma, è stato un esercizio coinvolgente e utilissimo ma dall’esito traballante. 
Grazie ancora!
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Adel J. Pellitteri ha scritto: mer giu 12, 2024 10:04 amil posto però non si può scegliere, è già assegnato con l'acquisto del biglietto. 
Certo. Però se non tutti i sedili sono occupati e col consenso del personale di bordo, si può fare. Addirittura si può chiedere la gentilezza, a chi viaggia solo, di cambiare di posto (dopo aver messo al corrente il personale).
Adel J. Pellitteri ha scritto: mer giu 12, 2024 10:04 amI sintomi dell'innamoramento ci sono, sono lievi e velati, ultimi
Speravo di aver dato un primo lievissimo assaggio dell'interesse che sboccia nel momento in cui l'uomo osserva la testa della donna sulle proprie ginocchia e non la sveglia.
Adel J. Pellitteri ha scritto: mer giu 12, 2024 10:04 amSolo che questa immagine è preceduta da quella della sua bambina, e quindi crei un contrasto tra affetto e amore.
Hai ragione, anche Monica lo sottolinea. L'intenzione era mostrare la vulnerabilità della donna, e in fondo anche dell'uomo.

Ti ringrazio tanto per le osservazioni utilissime, cara Jole.
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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  ha scritto:IppolitaMario rispose a un paio di e-mail e lesse la rassegna stampa aziendale. Il ritardo del volo lo infastidiva, e il colloquio con l'avvocato del giorno precedente pure. E poi quella ragazza, che gli aveva chiesto un’informazione al check-in e non l’aveva più mollato!
Avrei iniziato il racconto con queste informazioni.
  ha scritto:IppolitaAuretta aveva gli occhi chiusi, e Mario pensò si fosse appisolata.
“Bel modo di controllare il bagaglio” rifletté. Le si sedette accanto e la guardò: le guance accaldate spiccavano sul dolcevita nero. All’anulare sinistro portava una sottile fedina d’oro.
“Se fingo di dormire” pensò Auretta, “mi verrà sonno sul serio. E almeno una mezz’ora passerà”. Aveva preso due pillole di valeriana e il sonno vero non tardò ad arrivare.
Fino a qui li avevo immaginati amici, o almeno conoscenti potevano che essere seduti su un autobus, su un letto, un divano, prima delle informazioni che ci forniscono l'idea di un aeroporto, passa un po' troppo tempo. Citare il bagaglio a me non è bastato per immaginare la sala d'aspetto di un aeroporto.
  ha scritto:IppolitaEcco cos’era quel pizzicore. 
Eliminerei questa frase, Descrivi benissimo quello che sta accadendo, lui non può non capire al volo che sono i capelli di lei che lo solleticano.

  ha scritto:Ippolita
Per me una fetta di torta rustica agli spinaci, una macedonia e un muffin al cioccolato, grazie.»
«Io prendo un fiordilatte, un’insalata mista e due pere. Le va di sederci a quel tavolino laggiù?»
«Certo.»
«Vogliamo presentarci come si deve? Mi chiamo Mario Ercoli.»
«Io sono Auretta. Che lavoro fa? Dalle sue mani direi un lavoro d’ufficio.»
«Sì, più o meno. Lei di che si occupa?»
«Sono segretaria in uno studio dentistico. Una noia mortale. Però ho un hobby: mi piace fare i massaggi, leggere la mano. Credo di avere talento. Non mi ha detto però che lavoro fa.»
«Lavoro in banca. O, meglio, per le banche.»
«Come mai va a Berlino? Io a trovare mio fratello che fa lì il cameriere. Mi ha regalato questo biglietto e ha detto che se stavolta non vado non mi vuole più vedere.»
«E perché mai?»
«Dice che sono piena di fissazioni, che non mi muovo mai da casa perché sono un grumo di paure. Il fatto è che non sono mai montata su un aereo in vita mia. Ho il terrore assoluto. Ecco, l’ho detto.»
«Mai? Neppure una volta? E allora come fa a sapere che ha paura? Non è logico.»
«Non c’è niente di logico nella paura.»
«Vero. Se pensa che sia utile, in aereo possiamo cercare di sedere vicini.»
«Lei perché va a Berlino?»
«Questioni di lavoro, rischierei di annoiarla. Parliamo invece della sua paura di volare. Magari potrei darle dei consigli, e inganneremo un’altra oretta.»
«Lei è destrorso o mancino?»
«Cosa? Ma che…?»
«Risponda, non è difficile: scrive con la mano destra o con la sinistra? Ho notato che prima ha preso il telefono con la destra, ma può non essere significativo. Risponda, su.»
«Scrivo con la mano sinistra. E allora?»
«Allora io so leggere la mano, e ho avuto modo di dare un’occhiata alle sue. Però non mi permetterei mai di intromettermi nella sua vita privata con la stessa facilità con la quale lei ora si sta intromettendo nelle mie paure. Mi ero tenuta sul vago: lei mi avrebbe raccontato cosa va a fare a Berlino e ci saremmo distratti parlando di cose leggere, poco importanti.»
«Cosa le fa pensare che il motivo del mio viaggio sia "leggero e poco importante"? E cos’è questa ridicolaggine della lettura della mano? Non mi dirà che crede a quelle scemenze.»
«Lei ha un piccolo cerchio sulla linea del cuore. Ed è presente in entrambe le mani.»
«La smetta.»
«Avrebbe bisogno di un massaggio rilassante alla schiena. È nervoso, agitato. Guardi che fa male alla salute.»
«Vuole massaggiarmi la schiena? Se ciò le tappa la bocca, accetto con piacere.»
«Non dica idiozie. Bisogna avere il torso scoperto, e stare sdraiati bocconi. Se vuole, però, possiamo tentare un massaggio del collo. Si tolga la cravatta, e slacci i primi bottoni della camicia. Non oltre il terzo.»
«Qui, nel ristorante dell'aeroporto? Lei è matta.»
«Che c’è di male? Forza, si tolga la cravatta. Sono sempre felice di esercitarmi.»
«E se arriva l’aereo? Non voglio correre all’imbarco con la cravatta in mano.»
«Hanno detto che il ritardo è di tre ore. Io in quindici minuti ho finito.»
Tutto questo dialogo mi è sembrato strano, non riesco a dire il motivo preciso. Forse, e dico subito che è una mia impressione, mi manca quello che non c'è intorno a loro: i loro gesti, un filo di luce da una vetrata...e come siano arrivati dall'ordinare il pranzo a tirare fuori l'olio peri massaggi. A chi hanno ordinato il pranzo? Si sono poi seduti a quel tavolino? Il fatto che prima ordinano e poi cercano il tavolino me li ha fatti immaginare con i vassoi in mano e, con i vassoi in mano, per me camminano e parlano, poi senza poggiare i vassoi lei vuole fargli un massaggio. Se avessero ordinato a una cameriera mentre erano già seduti, avrei immaginato le cose diversamente.
  ha scritto:Ippolita
Squillò il telefono, e Auretta lasciò di colpo la testa.
«Che diamine! Mi ero quasi addormentato… perché è stata così brusca?»
«Mi scusi, ho sentito il telefono squillare e mi sono innervosita.»
Tirò fuori dalla borsa una salvietta umidificata profumata di lavanda e la passò ripetutamente tra le dita. Sfilò la fedina e la mise nel borsellino. Si avvolse intorno alle spalle uno scialle di lana arancione lavorata ai ferri, afferrò una rivista e fece finta di leggere.
«Il massaggio è stato fantastico. Lei è un’artista. Va tutto bene?»
«Sto leggendo, non vede? Si riassesti camicia e cravatta: è in disordine.»
La voce suonò aspra e Mario provò vergogna: era stata lei a dirgli di slacciarsi la camicia fino al terzo bottone, e ora lo guardava con disprezzo. Fece il nodo alla cravatta, infilò la giacca, prese il tablet e si allontanò.
Presumo che il telefono che squilla sia quello di Auretta. Però lei non risponde al telefono e nessuno dei due consuma il pasto che hanno ordinato.
  ha scritto:Ippolita
«Ah, eccola qui. Le offro un caffè. Torna a sedersi?»
«No, grazie.»
«No grazie al caffè o a farmi compagnia?»
«No grazie a entrambe le cose.»
«Perché è così scortese? Un caffè bollente, per piacere.»
«Visto che lei è qui, io torno in sala d’aspetto.»
«Oh, le sono proprio antipatica! E dire che mi piaceva parlare con lei.»
«Non mi è antipatica, mi innervosisce. Quindi cerco di porre una certa distanza tra noi due.»
«Anch’io ho un piccolo cerchio sulla linea del cuore. So come ci si sente.»
«Come ci si sente cosa? Ora ricomincia a parlare a vanvera?»
«Non faccia finta di non capirmi. Mi riferisco a quel peso sullo stomaco, alla tristezza che annebbia il cervello. Su, non può non conoscere quella sensazione. Come la chiama lei? malinconia, inquietudine, pessimismo sconsolato?
Qui mi sono un po' persa per lo stesso motivo, dove sono? Quando lei dice: "Ah eccola qui" io non visualizzo Auretta ma ascolto una voce e poi una voce che le risponde, il piccolo battibecco fa risaltare il carattere di Auretta, è anche divertente. Si potrebbe rimediare riempiendo la nebbia che li avvolge con qualche gesto:
  «Oh, le sono proprio antipatica! E dire che mi piaceva parlare con lei.» Auretta si tolse lo scialle e lo ripiegò con cura sulle ginocchia...




La storia tra i due protagonisti è simpatica, degna di un Rosa moderno.  il susseguirsi degli eventi mi ha incuriosito e invogliato leggere.
I personaggi sono ben caratterizzati, Mario, forse, un pochino meno però la trama mi è piaciuta molto. 
Grazie per la lettura, @Ippolita 

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Poeta Zaza ha scritto: mer giu 12, 2024 5:59 pmPerò, a me sembra un racconto "interrotto", nel senso che mi sono mancate tante informazioni su Auretta e su Mario prima del loro incontro.
Sicuramente. Sono entrata in medias res cercando di illuminare un piccolo sprazzo di tempo.
Poeta Zaza ha scritto: ma lei dove sta andando? Da chi?
Lo scrivo qui:
 Ippolita ha scritto:«Come mai va a Berlino? Io a trovare mio fratello che fa lì il cameriere. Mi ha regalato questo biglietto e ha detto che se stavolta non vado non mi vuole più vedere.»
Poeta Zaza ha scritto: In più, la trasformazione di questo "angelo mandato dalla madre morta" da figura paterna a dolce amante mi ha colta di sorpresa.
L’accenno all’angelo esiste per finire di scolpire il personaggio femminile. Riguardo all’uomo, se sembra una figura paterna ho sbagliato qualcosa, non era nelle mie intenzioni.
Grazie per le tue utili note, Mariangela.
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Piaciuto tantissimo. Ho sentito una grande vicinanza con Auretta, in tutte le sue stranezze e ingenuità nei confronti dell'amore mi sono sentita esattamente come lei :D
Arrivare già al bacio è forse tantino; lo apprezzo, in ogni caso, ma avrei trovato il racconto altrettanto bello anche se si fosse concluso con un abbraccio e le carezze da parte di Mario.
Complimenti, mi ha toccato parecchio^^

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Ippolita ha scritto: un contatto tale presupponeva un’intimità che non c’era. Sentiva profumo di neonato:
Curioso. Ho sempre rimandato l'odore del neonato al talco assorbito dalla candida pelle o a quella punta acida della popò molle spiattellata nel pannolino.
Ippolita ha scritto: Lo colse un desiderio violento di baciarle il viso. Si trattenne e continuò a guardarla.
Mi ha colpito questo aggettivo.
Ippolita ha scritto: «No, ha fatto bene. Almeno è passato un po’ di tempo, spero. Mannaggia ai ritardi. È quasi ora di pranzo, voglio mangiare. Mi accompagna?»
Si percepisce il caratterino...

Bellissima descrizione. Riesci a rendere con particolare sensibilità questo inatteso contatto.
Ippolita ha scritto: «Vogliamo presentarci come si deve? Mi chiamo Mario Ercoli.»
Molto aziendale. La dice tutta...
Ippolita ha scritto:
Mi ero tenuta sul vago: lei mi avrebbe raccontato cosa va a fare a Berlino e ci saremmo distratti parlando di cose leggere, poco importanti.»
«Cosa le fa pensare che il motivo del mio viaggio sia "leggero e poco importante"? E cos’è questa ridicolaggine della lettura della mano? Non mi dirà che crede a quelle scemenze.»
Per essersi appena conosciuti hanno un tono confidenziale abbastanza pungente.
Ippolita ha scritto: Si sedette e scoppiò in singhiozzi. Non riusciva a smettere di piangere. Desiderava che qualcuno l’abbracciasse così forte da farle male e con l’abbraccio le facesse schizzare fuori dal corpo quel dolore che non l’abbandonava mai. Che le leccasse dalle guance tutte le lacrime, e baciandole gli occhi le dicesse piano che quella sofferenza aveva un senso, e il senso erano quei baci dolci, piccoli fiori mattutini.
La fragilità dell'essere umano. Ho avuto su chi fosse attanagliato dal dolore. Mi sa tutti e due.

@Ippolita  scritto molto bene, nulla da eccepire. Capacità descrittiva eccezionale, riesci a far cogliere particolari in modo tangibile.
La storia si svolge in un piccolo lasso di tempo, e in questa pausa riesci a delineare i personaggi senza entrare nei dettagli, lasciando l'immaginazione al lettore.
Non si manifesta un amore travolgente ma un fugace momento di tenerezza che finisce sul nascere, ed è bello così. Anche gli attimi sono importanti e possono avere un peso specifico superiore ad anni di torpore.

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Racconto scritto molto bene, @Ippolita
Perfetta la descrizione di queste due solitudini che, più che incontrarsi collidono, condannate a rimanere tali. 
Paguri cosmici, ostinatamente rintanati nel loro guscio, tirano fuori il capino solo a tratti, spinti non da reale interesse quanto dalla necessità di far passare il tempo. Parlano, ma non si parlano. Vedono l'altro, ma non lo guardano.
Ippolita ha scritto: Era turbato: un contatto tale presupponeva un’intimità che non c’era. Sentiva profumo di neonato: pensò alla piccola figlia e ai baci allegri che le dava dopo il bagnetto. 
Perfettamente coerente anche la chiusa, non hai sbagliato nemmeno una battuta.

Ippolita ha scritto:
Mario le carezzò il capo morbido di capelli e lei si abbandonò al suo dolore baciando a lungo con passione la bocca di uno sconosciuto. 
Poi si addormentò tra le sue braccia e sognò che la madre aveva mandato un angelo dal cielo per consolarla.
Non è un rosa, ma è comunque un bel racconto. I personaggi sono vivi con tutte le loro incoerenze e le loro fragilità e hai saputo farceli vedere e sentire.
Ti proporrei un altro titolo, qualcosa tipo Poteva essere amore.
A rileggerti.
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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bestseller2020 ha scritto: Non so se ti volevi rifare al film di Wenders
Ahahah che onore! No, l’idea mi è venuta ripensando alle sale d’aspetto degli aeroporti, e Berlino perché è una città che amo, e che visitai la prima volta l’anno dopo la caduta del  muro, di cui conservo ancora dei pezzi autentici. 
Grazie per aver letto, @bestseller2020, sei sempre molto caro.
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Albascura ha scritto: e come siano arrivati dall'ordinare il pranzo a tirare fuori l'olio peri massaggi. A chi hanno ordinato il pranzo? Si sono poi seduti a quel tavolino? Il fatto che prima ordinano e poi cercano il tavolino me li ha fatti immaginare con i vassoi in mano e, con i vassoi in mano, per me camminano e parlano, poi senza poggiare i vassoi lei vuole fargli un massaggio. Se avessero ordinato a una cameriera mentre erano già seduti, avrei immaginato le cose diversamente.
Ordinano a uno dei bar-ristorante dell'aeroporto; non ho mostrato il cassiere che riceve l'ordine. Poi l'uomo chiede alla donna se va bene un certo tavolo per andare a sedersi; di solito da questi ristoranti ci si muove con un vassoio in mano e si cerca un posto libero; da quel momento stanno seduti al tavolo, dove, presumibilmente, mentre parlano consumano quello che hanno ordinato. Qui avviene il massaggio al collo: lui infatti si meraviglia, dicendole che non vuole un massaggio nel ristorante dell'aeroporto. Poi lei ha voglia di un caffè e torna alla cassa. Quindi si muovono di nuovo verso la sala d'attesa.

Ho cercato di essere coerente e di non perdermi pezzi per strada, ma forse la narrazione è troppo sincopata per essere chiara.
Grazie mille per le utilissime note, @Albascura!
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Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Ciao @Ippolita e complimenti, mi è piaciuto tanto il tuo racconto.
Nella semplicità scorrevole del dialogo e dai piccoli gesti dei personaggi hai saputo dare loro una caratterizzazione forte e originale. Hai disvelato al lettore la loro storia, soprattutto quella di Auretta, a poco a poco, dando gradualmente un senso ai suoi atteggiamenti che inizialmente sembrano assurdi. 
Ho trovato il racconto scritto molto bene e in particolare alcuni passaggi molto ben riusciti:
Ippolita ha scritto:
«Mai? Neppure una volta? E allora come fa a sapere che ha paura? Non è logico.»
«Non c’è niente di logico nella paura.»

Ippolita«Allora io so leggere la mano, e ho avuto modo di dare un’occhiata alle sue. Però non mi permetterei mai di intromettermi nella sua vita privata con la stessa facilità con la quale lei ora si sta intromettendo nelle mie paure. Mi ero tenuta sul vago: lei mi avrebbe raccontato cosa va a fare a Berlino e ci saremmo distratti parlando di cose leggere, poco importanti.»

Ippolitaera logico che Lucio la tradisse, pensò. Era una bambina piccola, così piccola che avrebbe potuto stare nel palmo di una mano. Era una spaurita bambina, coi piedi scalzi e le trecce scomposte, i vestiti laceri e il volto rigato di lacrime. Le era sufficiente un mazzetto di fiori per essere felice, come poteva competere con una bionda dottoressa dalle dita inanellate?

Ippolitala ragazza penetrò con garbo nella sua afasia.

 Passaggi come questi mi hanno colpito molto, perché rivelano molto di Auretta o semplicemente per la bellezza della scrittura.

Auretta mi ha ricordato a tratti il personaggio di Alyssa, nella serie The end of the fucking world. Ad Alyssa mancano la propensione all'esoterico e l'innocenza un po' indifesa di Auretta (quest'ultima che la rende simile alla figlia piccola agli occhi di Mario), ma entrambe fanno i conti con una tristezza profonda e non temono di comportarsi in modo assurdo per sentirsi vive. Così, Auretta si getta tra le braccia di uno sconosciuto, un professionista freddo e calcolatore, immensamente diverso da lei: si lancia (metaforicamente) nel vuoto, anche se (o forse proprio perché) ha il terrore di volare. E Mario, dal canto suo, sembra accettare più per tenerezza nei confronti di lei.
Non è un rosa convenzionale, una storia d'amore intrisa di romanticismo e dolcezza. Ma è la storia, paradossalmente realistica, di come moltissimi baci e relazioni nascono: per riempire un vuoto, per impulso vitale, anche per paura. Non sono le motivazioni che ci vengono descritte come le più nobili, ma non sono meno vere.
Forse, vista l'importanza capitale della chiromanzia, mi sarebbe piaciuto ritrovarla nel titolo. Lo scialle di Auretta mi sembra avere minore importanza nel racconto di quella che il titolo suggerirebbe. Ma è solo una piccolezza :D

Ancora complimenti e a rileggerci con piacere!

Re: [Lab14] Scialle con le frange a Berlino

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Kasimiro ha scritto: Ho sempre rimandato l'odore del neonato al talco assorbito dalla candida pelle
Sì, bravissimo, mi riferivo proprio a quell’odore: vi sono in commercio molti profumi delicati che fanno pensare alla pelle morbida dei bambini piccoli.
Kasimiro ha scritto: mar giu 18, 2024 10:05 pmNon si manifesta un amore travolgente ma un fugace momento di tenerezza che finisce sul nascere, ed è bello così.
Ahahah io dico che non finisce! 
Grazie mille per gli apprezzamenti, @Kasimiro.
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