[Lab13] Umanità difettosa

1
Dopo il raid aereo guidato dall’intelligenza artificiale Future, il vecchio quartiere disabili era ridotto ad un cumulo di macerie. Dopo aver ricevuto dal chip il segnale di via libera, Matt, insieme al resto del plotone, iniziò l’incursione via terra. Il rumore dei suoi stivali sulla terra e sul cemento si mischiava a quello del crollo improvviso degli ultimi edifici rimasti in piedi e alle grida lontane dei pochi sopravvissuti. Poi delle scariche di mitragliatrice, e le grida si spegnevano.
“Dobbiamo trovare Hester ed eliminarla. Sappiamo che è qui. Senza di lei la guerriglia crollerà in un attimo. Non si fanno prigionieri”, gli disse il sergente Musk, affiancandolo.
“Signorsì”, rispose Matt, senza distogliere lo sguardo dalla devastazione di fronte a lui.
Vide un ragazzo, incastrato sotto le macerie. Si avvicinò per finirlo, ma quando giunse di fronte a lui aveva già cessato di mugolare parole sconnesse. Passò oltre.
Vide alcuni commilitoni trascinare una ragazza all’interno di una casupola rimasta in piedi per miracolo, ridendo. Si sarebbero divertiti un po’ prima di eliminarla. Passò oltre.
“Maiale!”, sentì gridare. Si girò verso la voce, e vide un uomo corrergli incontro con tutte le sue forze, zoppicando e trascinando a fatica il lato sinistro del corpo. Gli sparò a un ginocchio e quello, cadendo, si mise a gridare e piangere.
“Maledetto! Maiale, andrete tutti all’inferno!”, biascicò con il lato destro della bocca.
“Oh, tu sei uno di quelli che parlano.”
“Un giorno pagherete per…”
Matt non gli lasciò finire la frase. Non aveva mai sopportato quel loro modo di parlare, come se dovessero fare appello a tutte le proprie forze solo per muovere i muscoli facciali. Alla fine gli stava solo facendo un favore. Considerava il proprio lavoro un’eutanasia.
Passò oltre e ne vide una molto giovane. Era seduta a terra, in quello che sembrava un garage, muta, a fissare il vuoto con gli occhi sbarrati. Poverina, era una di quelli che avevano il difetto nel cervello, ed era pure grassa. Gli fece un po’ pena, le fece una carezza sulla testa. Poi pose fine alle sue sofferenze. Nel cadere, il corpo lasciò intravedere una botola. Matt riuscì a forzarla e vide che nascondeva un montacarichi. Sorrise.
“Qui Braugher. Ho trovato qualcosa, una botola con un montacarichi. Penso che potrebbe condurre a Hester. Chiedo rinforzi”
“Qui Musk. Inizia a seguire la pista, i rinforzi ti raggiungeranno. Quella troia handicappata non può essere lontana”
“Ricevuto”, rispose Matt, e si calò nella buca.
Il tunnel era piuttosto primitivo, ma si erano assicurati che la pavimentazione fosse asfaltata… Accessibile per una sedia a rotelle, di quelle vecchie, di qualche decennio prima, che ancora non fluttuavano. Poteva davvero condurre a Hester. Mark si mise a correre.
Tutto il suo duro lavoro, l’addestramento in accademia… La sua forza era cruciale in questo momento. Doveva raggiungere Hester e porre fine a tutto questo. Forse gli avrebbero dato anche una medaglia al valore. Ma no, non gli interessavano i riconoscimenti formali: era per la pace e il futuro del mondo che stava combattendo. Ricordò il discorso del presidente:
“Non volevamo che arrivasse a questo punto, ma ormai è noi contro loro. Il progresso tecnologico ci ha donato l’ingegneria genetica, la possibilità di essere più sani, più belli… di essere migliori. Abbiamo offerto al mondo la possibilità di costruire una società migliore, più efficiente, sostenuta da lavoratori forti, dalla genetica perfetta di bellissime donne, liberata da una spesa sanitaria ipertrofica e dalla sofferenza di malattie e disabilità. Ma in milioni hanno rifiutato, preferendo una vita vissuta a spese degli altri, pretendendo che tutto il resto del mondo li accomodasse. E noi l’abbiamo tollerato, a patto che si pagassero da sé qualunque cura medica. Abbiamo anche dedicato loro interi quartieri in cui vivere. Eppure, loro hanno scelto la strada della violenza. Hanno iniziato a protestare, e le proteste sono diventate rivolte, le rivolte attentati terroristici, gli attentati terroristici una guerra aperta. Una guerra che noi vinceremo, perché noi siamo forti, noi siamo abili, noi siamo il futuro dell’umanità!”
Matt lo conosceva bene, quell’egoismo; l’ingiustizia del doversi sacrificare per qualcuno che non sarà mai in grado di ricambiarti, e nemmeno di capire quanto tu stia facendo per lui. Suo fratello maggiore non camminava e non parlava. Probabilmente nemmeno pensava. Era ancora molto piccolo quando si era reso conto di essere stato messo al mondo per prendersene cura, per essere d’aiuto ai suoi genitori… Specialmente a sua madre. La sua povera mamma, che si era dovuta annichilire per prendersi cura di quella… cosa. Era una donna brillante ed era rimasta sola, isolata, perennemente esausta e abbattuta. Quante volte avevano litigato.
“Ma se lo sapevi, perché non l’hai aggiustato?!”
“Non parlare così di tuo fratello! Non è un oggetto difettoso!”
“E invece sì! Ha distrutto il tuo matrimonio, distrutto il morale di papà, distrutto la tua salute e distrutto il mio futuro. Avresti dovuto aggiustarlo come fanno tutti i genitori normali, o uccider…”
Sua madre gli aveva tirato uno schiaffo.
“Lui è mio figlio. Ho scelto io di chiamarlo a questo mondo e di amarlo incondizionatamente. Volergli bene ed esserci per lui è il minimo che posso fare. E tu… sarai felice, ti farai la tua vita. Troveremo il modo, non devi sacrificarti, non ho mai voluto questo.”
“Beh, troppo tardi.”
Qualche anno dopo, quando aveva compiuto diciotto anni, il governo li aveva trasferiti in un quartiere disabili. Le case erano fatiscenti e gli ingressi sorvegliati dalla polizia. Di solito i disabili che se ne andavano venivano portati in qualche struttura governativa, per delle cure o per la sterilizzazione obbligatoria. Poi non tornavano più. Sua madre si rifiutava di lasciar andare suo fratello e Matt si sentiva schiacciato.
Infine, era scoppiata la guerra. Hester e alcuni altri avevano organizzato una rete sovversiva su internet e molti disabili, con l’aiuto delle famiglie, avevano colpito le principali aziende di ingegneria genetica, procurandosi il sostegno di paesi nemici e aziende concorrenti. Una notte, mentre i suoi genitori dormivano, Matt aveva portato suo fratello nel bosco dietro casa, sotto lo sguardo indifferente dei poliziotti. L’aveva lasciato lì, in una radura fredda.
“Beh, se hai qualcosa da dire ti conviene parlare adesso.”
Il corpo mingherlino di suo fratello tremava e si contorceva. Ma non parlò.
La mattina dopo, all’alba, Matt fece domanda per arruolarsi nell’esercito. Non vedeva la sua famiglia da allora.
Il tunnel sembrava infinito, sempre uguale, ma una vecchia sedia a rotelle abbandonata diede a Matt la motivazione per continuare a correre, nonostante i muscoli in fiamme e la polvere nei polmoni. Poi delle voci in lontananza, era sempre più vicino. Corse ancora, spinto dal rancore, e finalmente vide chi stava cercando.
Hester era molto più minuta di quanto pensasse. Le sue gambe rachitiche gli ricordavano quelle di suo fratello, che così tante volte aveva dovuto lavare e sollevare. Era su una sedia fluttuante, con una pistola in mano.
Prima di riuscire a sparare, Matt sentì un colpo alla schiena e crollò. Non sentì più le gambe. La guerrigliera che l’aveva colpito alle spalle lo disarmò e affiancò i compagni dopo averlo scavalcato.
“Hester, abbiamo circa dieci minuti prima che arrivino gli altri soldati, dobbiamo andare.”
“Merda, non riusciamo a portarci dietro il soldatino?”
“Sarebbe troppo pericoloso, abbiamo già dovuto rallentare per tendergli la trappola. Non possiamo convertirli tutti, mi dispiace.”
Matt vide che Hester lo guardava con tristezza.
“Mi dispiace, fratello, spero che i tuoi amici abbiano pietà di te”.
Matt gridò e gridò per un tempo che gli parve infinito, rimasto solo sul freddo dell’asfalto, immerso nell’oscurità. Odiò se stesso per aver fallito e continuò a pensare a suo fratello. Chissà se si era sentito così, quella notte.
“Oh cazzo, ma è Braugher”
“R-ragazzi? Sergente? Sì, sono io, ma non riesco a camminare, quella stronza…”
“Era qui? Quanto tempo è passato?”
“N-non lo so…”
“Che cazzo ti ho addestrato a fare, idiota. L’ho sempre detto che la tua genetica di merda si fa sentire. Dai, se non riesci a camminare bene torna indietro, non puoi rallentarci.”
Matt provò un sentimento che non aveva mai provato dall’inzio della guerra. Vergogna, forse.
“Io… Non sento più le gambe. Sapete cosa dovete fare. Mi dispiace, ho fallito.”
I commilitoni si scambiarono delle occhiate rassegnate.
“Beh… Sei stato un buon soldato. Anche se io mi vergognerei un po’ a farmi storpiare da un’handicappata.”
Mentre guardava la canna del fucile del sergente alzarsi, Matt ripensò a quella volta che suo fratello aveva quasi parlato. Erano in giardino, da piccoli, prima del quartiere disabili. Papà leggeva il giornale e la mamma era andata in cucina, a controllare le lasagne. Gli piacevano molto le lasagne della mamma, e anche suo fratello agitava le mani e sorrideva quando lo imboccavano.
“Vedi, come al solito tocca a me starti dietro. Papà se ne frega e la mamma sta guardando le lasagne. Non preoccupatevi, ci pensa Matthew… Lascia perdere, non so neanche perché ti parlo” aveva sbottato con il fratello.
“M… Mmmm… Maaaa….. Ma… ttthhhh”.
“Sì… più o meno. Io sono Matt. E tu sei Simon”.
Matt si chiese quale fosse la vera radice della sua vergogna. Poi, calò il buio.

Re: [Lab13] Umanità difettosa

4
Ciao @Areeanna 
Hai scelto un argomento forte e il racconto si legge d’un fiato. Le scene sono ben visibili e mi hanno ricordato film  tipo full metal jacket di Kubric sulla della Vietnam anche se in questo caso non c’erano viet-cong da abbattere e neppure un cecchino insidioso ma una piccola ragazza storpia. I disabili “ghettizzati”  è una “buona” distopia.  
La storia regge e offre spunti di riflessione e momenti commoventi. A livello di contest mi manca un po’ l’elemento magico, sorprendente. Tutto resta molto verosimile, purtroppo perché la realtà di ciò che sta accadendo nel nostro pianeta penso che sia anche più dura di quella descritta in questo racconto.
:sss:

Re: [Lab13] Umanità difettosa

6
Ciao @Areeanna

Il tuo racconto mi ha fatto venire in mente il film “Nato il quattro luglio”, con Tom Cruise.
Un soldato  senza sentimenti, tanto da rasentare il fanatismo, che in uno scontro viene ferito rimanendo paralizzato e dovrà riconsiderare la sua vita.
Il tuo personaggio, il soldato Matt, mi pare che non ne avrà il tempo ed è un peccato, perché sarebbe stato interessante vedere questo evolversi. Matt è una macchina da combattimento, senza sentimenti o rimorsi.
Il punto dove inserisci il discorso del presidente secondo me spezza il ritmo della storia, è con troppa evidenza una spiegazione degli antefatti che hanno portato a quel conflitto. Potresti inserire queste informazioni nel dipanarsi dei ricordi personali di Matt,come quando ricorda il suo discorso con la madre a proposito del fratello handicappato Simon, che fornisce un’idea del tipo di società e di ideologia dove sono inseriti.
Quando Matt viene a sua volta reso invalido da un colpo alla schiena, certo alla spina dorsale, mentre aspetta che arrivino i suoi compagni, che sa già che probabilmente non avranno pietà di lui e lo finiranno, lo avrei fatto precipitare in una spirale di ricordi sulla sua vita passata, fornendo con questo sistema ulteriori visualizzazioni di quella società e facendogli ripensare anche al suo comportamento. Da come finisce la storia si capisce che non avrà tutto questo tempo.
Una cosa mi ha colpito però, forse qualcosa che si sarebbe potuta considerare. Gli uomini sani di questa società combattono contro quelli invalidi per eliminarli. Possibile che non ci fosse nessun sano di fisico che lo fosse anche mentalmente per rendersi conto di questa aberrazione e non scegliesse di combattere dalla parte degli invalidi? Se non altro per portare a termine attentati e guerriglia, potendosi muovere alla pari dei sani e instaurando una sorta di corto circuito in questa folle ideologia distopica.
Un’ottima idea quella che hai rappresentato, suscettibile di ulteriori aggiunte che arricchirebbero la storia.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab13] Umanità difettosa

8
Areeanna ha scritto: “Non volevamo che si arrivasse a questo punto, ma ormai è noi contro loro. 
Areeanna ha scritto: Ricordò il discorso del presidente:
“Non volevamo che arrivasse a questo punto, ma ormai è noi contro loro. Il progresso tecnologico ci ha donato l’ingegneria genetica, la possibilità di essere più sani, più belli… di essere migliori. Abbiamo offerto al mondo la possibilità di costruire una società migliore, più efficiente, sostenuta da lavoratori forti, dalla genetica perfetta di bellissime donne, liberata da una spesa sanitaria ipertrofica e dalla sofferenza di malattie e disabilità. Ma in milioni hanno rifiutato, preferendo una vita vissuta a spese degli altri, pretendendo che tutto il resto del mondo li accomodasse. E noi l’abbiamo tollerato, a patto che si pagassero da sé qualunque cura medica. Abbiamo anche dedicato loro interi quartieri in cui vivere. Eppure, loro hanno scelto la strada della violenza. Hanno iniziato a protestare, e le proteste sono diventate rivolte, le rivolte attentati terroristici, gli attentati terroristici una guerra aperta. Una guerra che noi vinceremo, perché noi siamo forti, noi siamo abili, noi siamo il futuro dell’umanità!”
Un programma ambizioso su un rovesciamento dei valori che, di certo, parte da molto lontano e, passo dopo passo, ha conquistato i cosiddetti "poteri forti".
Areeanna ha scritto: Poi delle voci in lontananza, era sempre più vicino alla loro fonte. Corse ancora, spinto dal rancore, e finalmente vide chi stava cercando.
Areeanna ha scritto: L’ho sempre detto che la tua genetica di merda si fa sentire sarebbe fatta sentire
Areeanna ha scritto: Mentre guardava la canna del fucile del sergente alzarsi, Matt ripensò a quella volta che suo fratello aveva quasi parlato. Erano in giardino, da piccoli, prima del quartiere disabili. Papà leggeva il giornale e la mamma era andata in cucina, a controllare le lasagne. Gli piacevano molto le lasagne della mamma, e anche suo fratello agitava le mani e sorrideva quando lo imboccavano.
“Vedi, come al solito tocca a me starti dietro. Papà se ne frega e la mamma sta guardando le lasagne. Non preoccupatevi, ci pensa Matthew… Lascia perdere, non so neanche perché ti parlo” aveva sbottato con il fratello.
“M… Mmmm… Maaaa….. Ma… ttthhhh”.
“Sì… più o meno. Io sono Matt. E tu sei Simon”.
Matt si chiese quale fosse la vera radice della sua vergogna. Poi, calò il buio.
Il finale è degno del racconto, del quale sei stata abile tessitrice. @Areeanna   (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab13] Umanità difettosa

10
ciao @Areeanna 

Al tuo racconto manca la spiegazione sul perché si sia evoluta in modo esagerata la società degli invalidi. Da qui la guerra civile, perché di conflitto nazionale si tratta. La guerra che mostri con tanto di distruzione totale degli edifici, non è proprio pertinente, sarebbe più adeguata la guerriglia, che tra l'altro ci mostri, e va bene. Quindi la domanda che mi pongo è da dove nasca questa tale forza dei disabili che lotta contro la parte "sana", ma non di mente! :D La trama è distopica al punto giusto e mi piace. Io ho una moglie disabile grave a causa di un dottore "cane" e ti posso confermare che se gli mettessi in mano un server con tanto di bottoni da schiacciare per il lancio dei missile, credo che farebbe una strage. Non gli mancherebbero neanche le forze e la rabbia per lottare anche solo con i denti... :D 
Il ritorno di Gobbels e compagni in una evoluta società dalla ideologia nazista? A cui si contrappone l'esercito dei disabili? Mica male come scenario.
Ciao  <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab13] Umanità difettosa

11
Ciao @Areeanna lieto di conoscerti. L'idea è molto interessante. Forse il termine disabile è troppo canonico per definire l'altra faccia della società da come si sono messe le cose. Un termine più aggressivo e offensivo forse ben più si conciliava. Per rendere magari anche più verosimile la storia si poteva entrare nel dettaglio di alcune tecniche di combattimento da parte dei “diversamante abili” . Non so. Magari uno dei più temerari cecchini, senza braccia e gambe che si muove su un gabbiotto fluttuante e ad ogni battito di palpebra fa partire delle raffiche. O qualche autistico dotato di straordinario intuito che riesce a prevenire le mosse del nemico. Ci si potrebbe sbizzarrire.
Anche qualche pentito che si unisce alla lotta poteva essere plausibile che entrasse.
Il rischio potrebbe essere che la storia rimanga sospesa solo dal lato simbolico o morale. Mentre mi sembra che il tuo intento fosse anche quello di descrivere una situazione verosimile. E su questo sei stata comunque brava.
Sono solo piccole riflessioni personali. Ti faccio ancora i complimenti per l'idea. Il materiale c'è. E se si osasse di più, senza freni, ne verrebbe fuori un racconto fantastico.

A rileggerti

Re: [Lab13] Umanità difettosa

12
Ciao, grazie mille a tutti per i vostri commenti e l'apprezzamento per l'idea  :)

@Modea72 ti ringrazio, mi fa piacere essere riuscita a suscitare qualche riflessione.

@Poeta Zaza grazie delle osservazioni formali, come sempre molto utili.

@bestseller2020 non ho inserito ulteriori "spiegoni" sul contesto perché temevo appesantissero troppo il racconto (già così un po' è successo, come mi ha fatto notare giustamente @Alberto Tosciri, con ottimi suggerimenti). Ho messo qualche riferimento al fatto che la società descritta, la cui ambientazione è tra qualche decennio, è ad alta tecnologia, da qui la forza della resistenza dei disabili e le sue possibilità contro l'esercito. Quindi, per esempio, chi ha una disabilità fisica come la paraplegia può "compensare" con sedie che non si muovono più su ruote. Secondo la stessa logica la guerriglia, condotta con armi potenti, è in grado di distruggere interi quartieri. Ed è sempre per questo (riprendo ancora una volta il commento di Alberto) che mi sono soffermata meno sul ruolo degli "alleati" non disabili, anche se sicuramente sarebbe stato bello approfondire.

Infine @Kasimiro anche per me è un piacere :love: la tua osservazione sul termine "disabile" è sicuramente valida. Probabilmente il motivo per cui non ho usato solo termini insultanti (che pure sarebbero stati realistici in questo scenario) è che anche io sono sensibile a livello personale a questa tematica. Non mi è venuto naturale. 
Molto bello anche il suggerimento di soffermarsi di più sulle tattiche di guerriglia della resistenza. Se dovessi riprendere l'idea il futuro sicuramente cercherò di farlo!

Re: [Lab13] Umanità difettosa

13
Areeanna ha scritto: Dopo il raid aereo guidato dall’intelligenza artificiale Future, il vecchio quartiere disabili era ridotto ad un cumulo di macerie.
Non mi piace tantissimo l'incipit raccontato, penso sia più carino incominciare con qualcosa di più dinamico, come un'azione. Penso che accompagni più dolcemente la transizione dalla realtà del lettore alla realtà del racconto, così invece non mi lasci il tempo di sospendere l'incredulità
"Quartiere disabili" non mi piace tantissimo; che dici di "per"?
"ad un" la d eufonica non è necessaria; non è necessario neanche non metterla, ma giusto per farlo presente
Areeanna ha scritto: Il rumore dei suoi stivali sulla terra e sul cemento si mischiava a quello del crollo improvviso degli ultimi edifici rimasti in piedi e alle grida lontane dei pochi sopravvissuti.
Questo è un ottimo incipit
Areeanna ha scritto: Il rumore dei suoi stivali sulla terra e sul cemento si mischiava a quello del crollo improvviso degli ultimi edifici rimasti in piedi e alle grida lontane dei pochi sopravvissuti. Poi delle scariche di mitragliatrice, e le grida si spegnevano.
“Dobbiamo trovare Hester ed eliminarla. Sappiamo che è qui. Senza di lei la guerriglia crollerà in un attimo.
Ripetizione
Areeanna ha scritto: Vide alcuni commilitoni trascinare una ragazza all’interno di una casupola rimasta in piedi per miracolo, ridendo. Si sarebbero divertiti un po’ prima di eliminarla. Passò oltre.
La frase che ho evidenziato in corsivo non è necessaria. Al suo posto, trovo più interessante descrivere l'espressione del volto di Matt
Areeanna ha scritto: dom apr 28, 2024 10:07 pmHester e alcuni altri avevano organizzato una rete sovversiva su internet e molti disabili, con l’aiuto delle famiglie,
Direi "famiglie e alleati", così da rendere la situazione più complessa e verosimile

Un botto bello, Ari, niente da dire. Tratti temi molto difficili e lo fai molto bene. Hai ben chiaro il punto di vista tematico e hai il dono di costruire tutta la narrazione in funzione di ciò, con naturalezza, senza fozature. Certo, alcuni passaggi sono pleonastici, ma col tempo imparerai ad avere fede nel lettore (ma non guardare me, io non spiego nulla e non si capisce mai quello che scrivo :asd: ).
Qui, per far sbocciare a pieno il potenziale di questo racconto, secondo me c'è da lavorare sul protagonista. Non ho sentito l'impatto emotivo forte come potrebbe invece essere con una storia così, manca un po' di immedesimazione. Intendo, è molto figo il modo in cui non ci rendi partecipi dei pensieri di Matt, lo dipinge per il mostro che è (e infatti i pensieri emergono poi alla fine), ma ci sono altri modi di caratterizzarlo. Il suo volto, i suoi occhi, i gesti, il linguaggio del corpo. I suoi ultimi istanti sono troppo composti. E qui, ad esempio:
Areeanna ha scritto: Matt aveva portato suo fratello nel bosco dietro casa, sotto lo sguardo indifferente dei poliziotti. L’aveva lasciato lì, in una radura fredda.
“Beh, se hai qualcosa da dire ti conviene parlare adesso.”
Il corpo mingherlino di suo fratello tremava e si contorceva. Ma non parlò.
È un momento chiave, e lui che fa? Fissa Simon, distoglie lo sguardo, si stringe nelle spalle, ghigna soddisfatto? Come se ne va? Com'è l'ultima occhiata che gli rivolge?
E anche le descrizioni, a volte, potrebbero essere più immersive. Pensa di essere tu stessa lì:  quali sensazioni ti colpiscono di più? Mi riferisco a tutti i sensi.
Areeanna ha scritto: Il tunnel era piuttosto primitivo, ma si erano assicurati che la pavimentazione fosse asfaltata… Accessibile per una sedia a rotelle, di quelle vecchie, di qualche decennio prima, che ancora non fluttuavano. Poteva davvero condurre a Hester. Mark si mise a correre.
Com'è questo tunnel? Caldo, freddo, umido, polveroso? L'aria è ferma o incanala il vento? C'è odore di muffa? C'è eco? Non dico di descrivere tutto - che palle - però quando scrivi tu devi scendere in quel tunnel e domandarti cosa ti colpisce.
Areeanna ha scritto: dom apr 28, 2024 10:07 pm“M… Mmmm… Maaaa….. Ma… ttthhhh”.
“Sì… più o meno. Io sono Matt. E tu sei Simon”.
Matt si chiese quale fosse la vera radice della sua vergogna. Poi, calò il buio.
Il finale è devastante. Scusami se ho rotto, è che il racconto ha potenziale e vedo che tu sei portata per 'sta cosa.
Grande :D

Re: [Lab13] Umanità difettosa

15
Salve, un racconto con un tema molto difficile e con un enorme numero di risvolti; mi è piaciuta l'ambientazione, appena abbozzata ma molto vivida anche dai pochi particolari che hai fatto trasparire.
Il fulcro della storia è credibile e realistico, anche se magari si potrebbero allungare un poco le motivazioni dei disabili a non farsi curare con l'ingegneria genetica, o perché troppo costosa o per altri motivi che secondo me andrebbero ben chiariti. Anche il livello tecnologico andrebbe un poco chiarificato, perché parli di intelligenze artificiali, oggetti levitanti e ingegneria genetica molto avanzata, ma non riesco a capire bene se siamo cento o mille anni nel futuro ad essere onesto.
Carino il finale con lo pseudo ravvedimento finale, anche se abbastanza anticipato dal costante riferimento al fratello nelle parti precedenti.

Re: [Lab13] Umanità difettosa

16
Ciao @Areeanna, bentrovata.
Il tuo racconto si legge con interesse. Trasuda polvere, sudore e adrenalina, tutti ingredienti tipici di una caccia all'uomo, così come tu l'hai rappresentata. Da questo punto di vista è un successo, perché il lettore "prova" le sensazioni che tu vuoi trasmettergli.  
Ti è già stato fatto notare che in certi passaggi si prova un po' il sapore dell'infodump, ma si tratta di nulla che non possa essere corretto con una successiva revisione del testo.
Tuttavia, qualche problema, a mio avviso non trascurabile, il testo ce l'ha. Nello specifico, aleggiano delle domande che non trovano alcuna risposta plausibile al suo interno. In particolare: a) Nel discorso del Presidente si accenna al fatto che milioni di disabili si siano rifiutati di accedere alle cure mirabolanti che  avrebbero sanato i loro handicap. Ora, mentre a ciascuno di loro dovrebbe essere riconosciuto il diritto di rifiutare una cura non desiderata (principio sacrosanto, sancito anche nella nostra Carta Costituzionale, vedi l'art. 32), pure non sembra molto probabile che sarebbero stati in tanti ad avvalersi di tale diritto senza una qualche valida ragione. Perché, osservo, un paraplegico in carrozzina non dovrebbe ambire a recuperare l'uso delle gambe in assenza di controindicazioni gravi alla cura e laddove la stessa fosse economicamente abbordabile? b) Nel dialogo familiare, la madre sgrida e schiaffeggia Matt, reo di averle rinfacciato di non avere "aggiustato" il fratello Simon. Ancora una volta: perché la madre reagisce come se curare il figlio e assicurargli una vita "normale" sia una specie di disonore? [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]“Lui è mio figlio. Ho scelto io di chiamarlo a questo mondo e di amarlo incondizionatamente. Volergli bene ed esserci per lui è il minimo che posso fare", queste sono le parole esatte da lei pronunciate , ma si tratta di un'affermazione abbastanza incomprensibile: forse che assicurargli una vita autonoma, non più dipendente dalle assidue cure parentali, le avrebbe impedito di "amarlo incondizionatamente"?[/font] c) sul finire del racconto Matt è vittima di un'imboscata, viene colpito alla spina dorsale e riporta una lesione che gli fa perdere l'uso delle gambe: la reazione dei commilitoni è quella di finirlo senza pensarci più di tanto. Domanda: ma perché non lo recuperano in vista di una "riparazione", visto che quella società dispone di una tecnologia biomedica, almeno così si lascia intendere dal racconto,  tanto evoluta?
Insomma, come avrai capito, il vizio capitale del racconto, almeno secondo il mio personale parere, è che non da risposte ragionevoli a queste domande.
Ti saluto. A rileggerci.
 

Re: [Lab13] Umanità difettosa

17
Ciao @Pulsar, grazie mille del commento  :) 
Ti do ragione, effettivamente i quesiti che hai messo in evidenza rimangono senza risposta. Me ne sono resa conto in fase di scrittura, a dire il vero, ma ero sicura che se avessi cercato di spiegare tutto avrei peggiorato davvero troppo l'infodump, visto che, purtroppo, avevo poco tempo  :asd:  
Vorrei aggiustare (e anche allungare) un po' il racconto per spiegare questi aspetti. Nella mia idea, comunque, il racconto è ambientato tra qualche decennio, e l'ingegneria genetica è una tecnologia "giovane", quindi ancora lacunosa e, potenzialmente, anche pericolosa, nonostante inizi a diffondersi sui grandi numeri. Ecco perché non tutte le persone possono - o vogliono - ricorrere ad essa. Ed ecco anche perché il soldato Matt non viene curato: anche se fosse possibile, i costi sarebbero ancora molto superiori ai benefici. Ci vorrebbe un lavoro di ampliamento e rifinitura per integrare bene queste informazioni.

Grazie ancora delle utili considerazioni e a rileggerci
Rispondi

Torna a “Labocontest”