[Lab13] Speranza

1
1.
«Sembrava una montagna da scalare, eppure ci siamo: gli sforzi degli ultimi cinque anni stanno finalmente per concretizzarsi!»
Il dottor Stram gesticolava energicamente. Sulle labbra, stampato, un sorriso convinto.
«Giovedì verrà installato il nucleo del motore ad antimateria e verranno fatti i test di accensione. A quel punto, se tutto andrà come speriamo, saremo pronti. Potrebbero volerci ancora mesi per ripetere le verifiche sui sottosistemi di bordo ma, prima che finisca l’anno, l’Arca potrà salpare».
Il leader dell’Unione degli Stati Occidentali annuì.
«Presidente...» la voce di Stram adesso tradiva imbarazzo «Io e i ragazzi del team saremmo davvero onorati se lei riuscisse a presenziare alla prova di avvio del propulsore. Capisco che è chiederle molto, tra l’altro, come può immaginare, non ci sarà alcuna conferenza stampa, ma noi... ci terremmo davvero molto!»
Non era necessario puntualizzare che la stampa non sarebbe stata coinvolta: pensare di rendere pubblico il progetto sarebbe stata follia.
Anche dopo il vistoso calo demografico, il loro mondo ospitava ancora tre miliardi di disgraziati ma di questi solo una piccolissima parte avrebbe trovato posto sulle Arche. Tutti gli altri, semplicemente, sarebbero andati incontro all’inevitabile e, per quanto cinica potesse sembrare la constatazione, non c’era dubbio che lo avrebbero fatto più compostamente se non avessero saputo cosa li aspettava.
«Ci sarò. Senz’altro. E l’onore, mi creda, sarà mio».   
I convenevoli furono interrotti dal trillo della proveniente dalla porta. Il Presidente premette un pulsante sulla scrivania sbloccando la serratura.
«I vostri caffè».
La giovane donna dai rigogliosi riccioli rossi rivolse un sorriso timido alle due personalità, poi depositò davanti a loro due piattini e altrettante tazzine.
«Quanto zucchero?»
«Lascia pure Alyssa; ci pensiamo noi» le rispose il Presidente.
La ragazza raccolse il vassoio e lasciò la stanza.

2.
Appena aveva cominciato a piovere le strade della capitale si erano svuotate.
La jet-car presidenziale sfilava lungo viali deserti e piazze enormi ma silenziose come cimiteri monumentali. La città era diventata un guscio privo di vita, triste presagio di quello che sarebbe diventata  nel giro di pochi decenni da allora.
«Il centro meteorologico comunica che la pioggia cesserà in dieci minuti».
Il Presidente distolse lo sguardo dal suo flextab per rivolgere un cenno all'autista.
«Ottimo. Avremo il tempo di arrivare a destinazione con tutta calma e non incontreremo traffico».
L'uomo al volante rise fragorosamente.
«Lei riesce sempre a vedere l'aspetto positivo di ogni cosa; mi piace!» poi ricompostosi «Però un passaggio in carrozzeria, con relativo esborso, temo che non ce lo toglierà nessuno».
«Dovremmo farla ridipingere di color argento: almeno si noterebbero di meno gli effetti dell'acido» commentò il Presidente. Fece per riprendere il pannello pieghevole quando il suo sguardo fu attratto dalla sagoma scura della prima grande cupola.
Erano decenni che si ricorreva alle coltivazioni idroponiche all'interno di quella specie di serre immense: il terreno, contaminato ed insterilito dalle piogge acide non offriva più sufficienti garanzie.
Scrutò il paesaggio fin dove arrivava il suo sguardo. Non un albero, un arbusto verde, solo terra grigia.
Grigia come la pelle di un cadavere.
Con quella triste visione negli occhi, decise di tornare alle proprie attività.

Nella sala di controllo dello spazioporto tecnici ed ingegneri fissavano senza sosta gli strumenti delle loro postazioni, in attesa di ricevere i dati telemetrici dall’Arca.
Un enorme schermo sospeso sulle teste dei presenti riproduceva le immagini riprese dal vivo dagli innumerevoli droni-telecamere in azione presso il cantiere orbitale. 
Seduto accanto al dottor Stram, responsabile di missione, l’attenzione del Presidente era rapita dalla bellezza delle immagini alle quali stava assistendo.
Come sospesa su quel sontuoso drappo azzurro venato di bianco che era l’atmosfera del pianeta, la gigantesca infrastruttura industriale, un’autentica fabbrica nello spazio, sembrava fragile come una cannicciata di giunchi abbandonata su un corso d’acqua impetuoso.  Nella cavità interna, l’Arca, vanto dell’ingegneria umana, sonnecchiava in attesa di ricevere il suo cuore pulsante.
«Qui Caronte» gracchiarono i diffusori in sala «Sarò in posizione in sette, sei...»
Il maxischermo mostrò l'immagine di un piccolo transporter che si approssimava, sempre più lentamente, alla stiva aperta dell'Arca.
«... due, uno, motori fermi. Comandi in modalità guida remota».
Uno degli ingegneri del Comando Missione confermò che il  computer dell'astroporto aveva assunto il controllo del velivolo.
Il transporter manovrò per allinearsi esattamente all'astronave, infine vi si agganciò solidalmente. 
«Qui Arca: procediamo a recuperare il nucleo».
Il regista aveva zumato su un dispositivo che fuoriusciva lentamente dalla pancia del transporter, imbracato ad una slitta a propulsione. Un astronauta in tuta da operazioni extraveicolari ne guidava i movimenti con una specie di grosso telecomando.
«È tutto lì il nucleo del motore ad antimateria? Basterà per l'intero viaggio?» chiese il Presidente sporgendosi verso il dott. Stram.
«Secondo i nostri calcoli dovrebbe garantire energia per quasi venticinque anni; per raggiungere Teegarden b, dovrebbero bastare quindici anni di autonomia». 
«E se dovessero esserci problemi? È una tecnologia mai sperimentata, giusto?»
Stram fece una smorfia. Nonostante avesse almeno vent'anni meno del Presidente e un viso gioviale, da eterno ragazzino, la sua espressione  in quel frangente lo fece apparire il più adulto dei due.
«Se il nucleo malfunzionasse, probabilmente l'Arca si trasformerebbe in una palla di fuoco e tutti i suoi ospiti finirebbero la loro esistenza come polvere cosmica. Però, me lo lasci dire: quell'affare funzionerà! E la sa un'altra cosa? Quando tutto sarà pronto, io vorrò essere a bordo della nave a giocarmi le mie carte per la sopravvivenza, piuttosto che sul nostro pianeta ad attendere impotente la fine».
«Comando missione: il nucleo è in posizione e collegato».
«Forza ragazzi, è la prova del nove tanto attesa!» proclamò Stram ad alta voce.
Un tecnico premette alcuni pulsanti sulla propria consolle «Valvole di sicurezza sbloccate».
«Sistema di pre-iniezione attivato» gli fece eco un altro.
«Accumulatore per la compensazione di carico pronto. Tutti i sistemi attivi».
Stram si rivolse al Presidente. «A lei l'onore» gli disse, indicando il grande bottone rosso con la scritta START.

3.
Il libro aveva le pagine ingiallite e macchiate. Anche i colori delle illustrazioni avevano perso la loro brillantezza.
Alyssa lo sfogliava con cautela e rispetto, quasi timorosa che le sue mani apparissero profane al cospetto di quella specie di reliquia.
«Ah, sei ancora qui?»
La ragazza trasalì. Si affrettò a riporre il volume nello scaffale e si voltò. Il Presidente la stava fissando.
«Io... giuro che lo avrei rimesso al suo posto» si morse il labbro inferiore «Dico davvero».
«Non ho mai pensato qualcosa di diverso» la confortò lui. «Perciò ti piacciono i libri?»
Alyssa sorrise; due fossette si formarono sulle sue guance. «Mi incuriosiscono e mi affascinano. Sono un modo così inefficiente per trasmettere conoscenza eppure... Questi libri avranno cent'anni...»
«Qualcuno anche duecento» la corresse lui.
«Duecento... È incredibile pensare a quante persone li avranno letti. Per alcune di loro avranno avuto un significato particolare, magari in certi momenti della loro vita. E, magari, proprio per questo, li avranno prestati o regalati alle persone care: figli, parenti, amici...»
«Quanta poesia!» Un sorriso apparve sulle labbra del politico.
La ragazza arrossì. «Sì, e poi c'è il fattore collezionismo: i libri cartacei sono ormai introvabili; alcuni di questi volumi...» guardò in direzione della libreria che occupava l'intera parete «... varranno una fortuna».
Il Presidente aveva preso dallo scaffale il libro di Alyssa.
«Hanno tutti un certo valore sul mercato, ma quello su cui ti eri soffermata non è il più prezioso della collezione. Una conferma dell'opinione che tu non sia una ladra: una professionista del settore avrebbe avuto più fiuto per certe cose!» 
La giovane rise imbarazzata. I suoi occhi verdi brillavano.
«La piccola fiammiferaia... Lo hai mai letto? Cosa significa questo libro per te?» la incalzò il Presidente.
Alyssa inspirò a fondo; un'ombra sembrò rabbuiarne lo sguardo.
«Questa storia ce la leggevano all'orfanotrofio. Ci dicevano che dovevamo considerarci fortunati: come la ragazzina della favola, non tutti i bambini senza un padre e una madre avevano un tetto sulla testa».
«Già...» con un plop il volume nelle mani del Presidente si chiuse. «Proprio fortunata».
Rimase immobile e silenzioso per un istante poi allungò il libro verso la ragazza. «È tuo!» Le sorrise «Sono certo che a leggerlo adesso avrà un sapore diverso» sembrò avesse finito poi aggiunse «Anche se nella vita avrai altri momenti bui, ricorda di non perdere mai la speranza».

4.
«Che hai detto?» la tazzina che Stram aveva sollevato restò a mezz'aria.
«Intendo cedere il mio posto sull'Arca ad Alyssa».
L'altro sembrò interdetto. Si chinò per posare il caffè sul tavolino che aveva di fronte poi tornò a scrutarlo.
«Stiamo parlando della ragazza dai capelli rossi che hai in casa, giusto? La domestica... Ma perché?» Lo scienziato si accorse si accorse di quanto indiscreta fosse la sua domanda un attimo dopo averla pronunciata. Scosse il capo «Scusami Jesse, è che non ero preparato a questa cosa».
«Non preoccuparti» lo rassicurò il Presidente. «Prima, però, che ti faccia idee strane vorrei che sapessi tutto».
«Tutto cosa?»
«La verità». Lo statista respirò a fondo infine disse: «Alyssa è mia figlia!»
Stram restò immobile, sembrava quasi che avesse smesso persino di respirare. 
«È nata da una relazione extraconiugale. Venticinque anni fa avevo un'amante, una ragazza giovane e carina di cui... di cui non ricordo neppure il nome».
L'altro continuava a fissarlo, silenzioso.
«La nostra relazione non durò a lungo: quando lei mi disse che era rimasta incinta ebbi paura. Temetti che lo scandalo avrebbe potuto nuocere alla mia carriera politica e così l'allontanai non prima, però, di averla pagata per assicurarmi il suo silenzio. Seppi poi che non aveva abortito, come le avevo chiesto di fare: aveva dato alla luce una bambina senza però riconoscerla. Quando, anni dopo, il mio matrimonio naufragò definitivamente, ritrovare la bambina, mia figlia, diventò un imperativo per me. Mi misi alla sua ricerca, ma le tracce che portavano a lei sembravano perdersi in un groviglio inestricabile di orfanotrofi, case famiglia e affidamenti provvisori. Almeno, fino a quest’anno quando finalmente l’ho rintracciata. Alyssa, appunto».
«La ragazza lo sa?»
Il Presidente scosse il capo. «No. E adesso, a due settimane dalla partenza, non so neanche se avrebbe un senso dirglielo».
Restarono a lungo in silenzio, poi lo scienziato parlò e la sua voce tradiva imbarazzo.
«Senti Jesse, ma sarebbe così grave se aggiungessi anche il tuo nome su quella lista? Dopotutto, l’Arca partirà con trecento posti vuoti…»
L’uomo politico chiuse gli occhi e scosse il capo. «Quelli sono i posti riservati ai nati a bordo, non ai vecchi che pretendono di recuperare il rapporto con la propria figlia con un ritardo di venticinque anni». Dette una pacca sulla spalla all’amico «Jonas, davvero, non preoccuparti per me: sto facendo la cosa giusta. Piuttosto, e scusami la franchezza, non ti ho fatto venire qui solo per raccontarti quanto male mi comportavo in gioventù; in realtà, volevo chiederti un favore».
Stram annuì. «Certo, dimmi pure». 

5.
Alyssa era frastornata. Il leggero tremolio che la cullava fin da quando erano partiti non era riuscito a placare il caos delle sue emozioni. Era triste, spaventata, furiosa, sollevata: in una parola, frastornata.
Al briefing di quella mattina, l'oratore era andato dritto al punto: la vita sul pianeta era destinata a spegnersi nel giro di due o tre decenni al massimo.
Delle dimostrazioni successive, circa la catena di eventi che avrebbero portato all'estinzione di massa, non aveva compreso proprio ogni passaggio, ma le era rimasta impressa la sentenza finale Non c'è che una speranza per il Genere Umano: trovare una nuova casa su un nuovo Mondo.
Ed ecco che entravano in gioco loro che erano stati selezionati, tra i miliardi di abitanti del pianeta, per essere i coloni che avrebbero mantenuto viva la fiamma della speranza per l'Uomo.
Alyssa non si sentiva davvero in grado di ricevere una simile responsabilità. Tra l'altro non aveva capito cosa si aspettassero esattamente da lei. Era accaduto tutto così in fretta...
Il vagito di un neonato la fece riemergere dai suoi pensieri. Osservò gli altri occupanti dell'ascensore spaziale. Vide famiglie con bambini, coppie giovani e più mature; tutti avevano un'espressione indecifrabile in volto, la stessa che doveva avere anche lei.
Con la differenza che lei era sola.
Avrebbe voluto telefonare al Presidente, lui di certo l'avrebbe saputa consigliare, ma allo spazioporto le avevano tolto il cellulare: questioni di sicurezza nazionale, avevano detto.
Aprì la grande sacca di tela che conteneva il bagaglio che aveva portato con sé e prese il libro che lui le aveva regalato. Lo strinse tra le braccia. La cosa la fece sentire meglio.
L'ascensore rallentò. Luce e ombra si alternarono mentre la cabina attraversava un'intricata selva di tralicci metallici uniti insieme a creare una struttura massiccia su più livelli.
Da quella prospettiva, Alyssa non riusciva a cogliere l'aspetto complessivo della stazione orbitale, ma non appena l'elevatore riemerse alla luce, ciò che vide la lasciò senza fiato. Rifulgente d'oro e d'argento, sotto i raggi del sole al tramonto, l'Arca, si manifestò in tutta la sua imponente presenza. Sulla carlinga, quattro lettere in azzurro formavano la parola Hope
La prima Arca che l'Uomo avrebbe lanciato nello spazio profondo era stata battezzata "Speranza".
Era troppo per lei e si trovò a piangere le lacrime che fin qui aveva trattenuto.

Alyssa allungò il braccio verso lo scanner portatile brandito dall'agente di sicurezza. Bastò un attimo allo strumento per leggere il chip identificativo impiantatole sottopelle ed emettere un rassicurante beep di conferma.
«Segua il corridoio fino in fondo, poi a destra».
Raccolse da terra la sacca di tela, se la mise a tracolla e si avviò.
In fondo al corridoio il passaggio a destra si biforcava ulteriormente. Si chiese quale avrebbe dovuto percorrere, dato che non c'erano indicazioni di sorta e nessuno in giro a cui chiedere.
«Signorina Alyssa» si sentì chiamare.
«Dottor Stram!» Accennò una specie di inchino all'indirizzo dell'uomo che le veniva incontro con un sorriso caloroso stampato sulle labbra.
«Anche lei tra noi, vedo. Me ne compiaccio».
Alyssa annuì. «Eccomi qua. Sembra che debba ringraziare un... algoritmo che mi avrebbe scelta tra non so quante altre persone».
Stram rise di gusto. «Già, certi algoritmi funzionano meglio di altri». Tornato serio «Tutta sola?» chiese. «Che ne dice di unirsi a noi? Mia moglie e le mie figlie mi aspettano poco più avanti al bar».
Alyssa annuì e s'incamminò dietro lo scienziato.
«Dottore, sa se il Presidente è a bordo; vorrei ringraziarlo».
L'altro sorrise. «Lui aveva ancora qualcosa da sbrigare giù: è il Presidente, è sempre indaffarato. Partirà con una delle prossime Arche» fece una pausa. «Ah, eccole!» disse indicando delle donne che lo salutavano. «Venga».   
Quando le raggiunsero, Stram mise un braccio intorno alle spalle della moglie.
«Ora possiamo andare».

Re: [Lab13] Speranza

2
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmI convenevoli furono interrotti dal trillo della proveniente dalla porta.
Manca qualcosa nella frase sopra
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmAppena aveva cominciato a piovere virgola le strade della capitale si erano svuotate.
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmLa città era diventata un guscio privo di vita, il triste presagio di quello che sarebbe diventata  nel giro di pochi decenni da allora.
Ti suggerisco: nel giro di pochi decenni da lì a venire.
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmPulsarErano decenni che si ricorreva alle coltivazioni idroponiche all'interno di quella specie di serre immense: il terreno, contaminato ed insterilito dalle piogge acide non offriva più sufficienti garanzie.
Scrutò il paesaggio fin dove arrivava il suo sguardo. Non un albero, un arbusto verde, solo terra grigia.
Grigia come la pelle di un cadavere.
Con quella triste visione negli occhi, decise di tornare alle proprie attività.
Bravo, @Pulsar  (y) Giuste e originali  argomentazioni per gli antefatti della storia che narri.
Pulsa@ ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmNella sala di controllo dello spazioporto virgola tecnici ed ingegneri fissavano s
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmUn enorme schermo sospeso sulle teste dei presenti riproduceva le immagini virgola  riprese dal vivo dagli innumerevoli droni-telecamere in azione presso il cantiere orbitale. 
Seduto accanto al dottor Stram, responsabile di missione, l’attenzione del Presidente era rapita dalla bellezza delle immagini alle quali stava assistendo.
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmnuocere alla mia carriera politica e così l'allontanai punto e virgola non prima, però, di averla pagata per assicurarmi il suo silenzio. Seppi poi che non aveva abortito, come le avevo
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmma virgola non appena l'elevatore riemerse alla luce, ciò che vide la lasciò senza fiato. Rifulgente d'oro e d'argento, sotto i raggi del sole al tramonto, l'Arca, si manifestò in tutta la sua imponenza
per aprire l'inciso
Pulsar ha scritto: dom apr 28, 2024 1:13 pmDottore, sa se il Presidente è a bordo; vorrei ringraziarlo».
Meglio il punto interrogativo dopo "bordo".


Mi è piaciuta, @Pulsar , questa nuova Arca che trasporta pochi fortunati pionieri di un nuovo Mondo, mentre il vecchio sta morendo a causa di scelte scellerate e infelici dei postmoderni abitanti. 
Hai avuto, secondo me, abilità nelle costruzioni e narrazioni di questa nave spaziale e nell'assemblare insieme una storia familiare dentro alla storia dei sopravvissuti in itinere. Bravo!  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab13] Speranza

3
@Pulsar ciao. Questo è il genere che ti è più congeniale, quindi ti lascio le mie impressioni a caldo.

Lascio perdere questioni grammaticale e refusi vari che non si possono evitare. :D

Prima cosa: che fine ha fatto la manifestazione clou sul funzionamento del motore ad antimateria? Mi pare di cogliere un vistoso buco tra il primo capitolo e il quinto. Alla fine si vede la gente prendere posto nell'arca e si fa capire che il motore stia funzionando. Il fatto è a mio avviso emblematico.
L'aver inserito una storia parallela sulla vita del presidente e la figlia Alyssa non è male, ma la questione è che ti ha sviata dal risolvere la trama dalla attrattiva che inizialmente viene mostrata: funzionerà l'arca? Tra il primo è il quinto ci hai messo di tutto: anche la questione libri. E pensare che mi hai inculcato l'idea che la scena descritta al primo capitolo non fosse altro che la lettura del libro che Alyssa stava leggendo: questa si chiama fregatura! :D
Eppure poteva essere bellissima idea se tu l'avessi portata avanti: ma niente di tutto questo era. Infatti, con i capitoli tre e quattro, il nucleo del racconto prende una strada autonoma dall'incipit e niente di straordinario accade. Mi pare di aver assistito alla visione parziale di un racconto che è solo all'inizio. 

Per chiudere, devo fare una considerazione sulla questione ambientale per cui la vita sulla terra potrebbe far estinguere la vita. Il nostro pianeta ha conosciuto ere dove l'aria, le acque avevano una acidità tale da non permettere la vita umana. Ma come ben saprai, il nostro pianeta è stato progettato per sopravvivere a tutto. A ogni distruzione la terra mette in campo tutto il suo potenziale. Sarà così anche dopo la nostra disastrosa opera. Con l'estinzione dell'uomo, la vita sulla terra continuerebbe senza problemi e chi si è salvato porterebbe la vita nel suo ciclo ristabilito. Comunque il tuo racconto, a differenza di quello degli amici, è di puro stile fanta e ci voleva proprio.  :D Ciao a presto.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab13] Speranza

4
Pulsar ha scritto: «Sembrava una montagna da scalare, eppure ci siamo: gli sforzi degli ultimi cinque anni stanno finalmente per concretizzarsi!»
La metafora è chiara, però se entriamo nello specifico della frase, scalare una montagna potrebbe essere un piacere per molti e anche poco impegnativa se dotati di un buon fisico. Magari avrei trovato un paragone più ardito, non so, scalare l'Everest (senza bombole) o attraversare l'oceano a remi (lo ha anche fatto un italiano). Pardon, sono brutti esempi. Forse per non complicarsi la vita si potrebbe iniziare con: Ci siamo: gli sforzi degli ultimi cinque anni... Cinque anni rendono già abbastanza la difficoltà dell'impresa.
Pulsar ha scritto: Il leader dell’Unione degli Stati Occidentali annuì.
Interessante, lascia spazio a varie ipotesi.
Pulsar ha scritto: Capisco che è chiederle molto, tra l’altro, come può immaginare, non ci sarà alcuna conferenza stampa, ma noi... ci terremmo davvero molto!» Non ci vedo il punto esclamativo finale
Pulsar ha scritto: Il Presidente premette un pulsante sulla scrivania sbloccando la serratura.
«I vostri caffè».
Eh... il caffè non tramonta mai.
Pulsar ha scritto: «Dovremmo farla ridipingere di color argento: almeno si noterebbero di meno gli effetti dell'acido» commentò il Presidente. Fece per riprendere il pannello pieghevole quando il suo sguardo fu attratto dalla sagoma scura della prima grande cupola.
Erano decenni che si ricorreva alle coltivazioni idroponiche all'interno di quella specie di serre immense: il terreno, contaminato ed insterilito dalle piogge acide non offriva più sufficienti garanzie.
Scrutò il paesaggio fin dove arrivava il suo sguardo. Non un albero, un arbusto verde, solo terra grigia.
Grigia come la pelle di un cadavere.
Con quella triste visione negli occhi, decise di tornare alle proprie attività.
Bella descrizione apocalittica.
Pulsar ha scritto: Come sospesa su quel sontuoso drappo azzurro venato di bianco che era l’atmosfera del pianeta, la gigantesca infrastruttura industriale, un’autentica fabbrica nello spazio, sembrava fragile come una cannicciata di giunchi abbandonata su un corso d’acqua impetuoso.  Nella cavità interna, l’Arca, vanto dell’ingegneria umana, sonnecchiava in attesa di ricevere il suo cuore pulsante.
Bello.
Pulsar ha scritto: La piccola fiammiferaia... Lo hai mai letto? Cosa significa questo libro per te?» la incalzò il Presidente.
Alyssa inspirò a fondo; un'ombra sembrò rabbuiarne lo sguardo.
«Questa storia ce la leggevano all'orfanotrofio. Ci dicevano che dovevamo considerarci fortunati: come la ragazzina della favola, non tutti i bambini senza un padre e una madre avevano un tetto sulla testa».
«Già...» con un plop il volume nelle mani del Presidente si chiuse. «Proprio fortunata».
Rimase immobile e silenzioso per un istante poi allungò il libro verso la ragazza. «È tuo!» Le sorrise «Sono certo che a leggerlo adesso avrà un sapore diverso» sembrò avesse finito poi aggiunse «Anche se nella vita avrai altri momenti bui, ricorda di non perdere mai la speranza».
    Noto un certo sarcasmo. Fossi stato in lei glielo avrei lanciato addosso. Una storia di una tristezza inaudita. In più per una che è vissuta all'orfanotrofio... Poi parlare di speranza per un pianeta che ha i giorni contati, vabbè anni.
Pulsar ha scritto: Mi misi alla sua ricerca, ma le tracce che portavano a lei sembravano perdersi in un groviglio inestricabile di orfanotrofi, case famiglia e affidamenti provvisori. Almeno, fino a quest’anno quando finalmente l’ho rintracciata. Alyssa, appunto».
Penso che qui sarebbe stato interessante sapere come ha fatto a ritrovarla. In un'epoca futura ci si poteva sbizzarrire.
Pulsar ha scritto: Alyssa era frastornata. Il leggero tremolio che la cullava fin da quando erano partiti non era riuscito a placare il caos delle sue emozioni. Era triste, spaventata, furiosa, sollevata: in una parola, frastornata.
          Lo fai già presente all'inizio. Troverei un sinonimo.
    Parto subito dal finale @Pulsar a caldo. Ho l'impressione che si spenga un po' nel nulla, ma forse è voluto. Pensandoci bene, in fondo, c'è un'attinenza con la piccola fiammiferaia. Anche lei finisce in cielo per poter essere finalmente felice. (che malinconia, mi rifiutavo di leggerla anche ai miei figli). Riesci a trasmettere in modo verosimile i preparativi, con le varie accezioni tecniche, dell'arca Hope (pecepisco anche qui un velo di sarcasmo). Un bel racconto scritto bene, con una scrittura fresca e scorrevole. Con delle punte delicate riguardo al pensiero dei libri, a parte il loro valore commerciale sul mercato. Ma si sa, la natura dell'uomo è improntata sul guadagno. E sarà stato anche questo il motivo dell'imminente estinzione sulla terra. Una visione che poi non è così fantascientifica.
    Letto con molto piacere.

Re: [Lab13] Speranza

5
Pulsar ha scritto: Lo scienziato si accorse si accorse
Bel racconto non c’è che dire @Pulsar. Me lo sono gustato dall’inizio alla fine e mi hai fatto entrare nel mondo che hai descritto. La storia non è originale nel contenuto gli uomini costretti ad abbandonare la Terra alla ricerca di nuovi Mondi è un super classico del genere ma in questa storia entrano in gioco tante emozioni e per questo convince e avvince. Anche il riscatto della figura del Presidente soddisfa il lettore aggiunge un pizzico di dolce, una scintilla di umanità “buona” dopo tanto cinismo. Mi è piaciuto molto e, nonostante in genere non apprezzi il fatto d’inserire capitoli in un racconto breve, in questo caso trovo azzeccata la scelta e poi il tutto è scritto benissimo e si legge che è un piacere. Una sola cosa… per il titolo potevi spingere di più.
Complimenti 

Re: [Lab13] Speranza

6
Pulsar ha scritto: interrotti dal trillo della proveniente dalla porta.
Refuso
Pulsar ha scritto: Lo scienziato si accorse si accorse di quanto indiscreta fosse la sua domanda
Refuso 

Complimenti @Pulsar, racconto scritto benissimo, scusa se ho iniziato con i refusi, mi sono avvantaggiata durante la lettura e non mi fa scrivere prima    :si: 

Non so se tutti i paroloni e le procedure che hai indicato siano tecnicamente plausibili, ma per me, che non ne so nulla, sono stati coinvolgenti.
Mi è piaciuto molto l' inserimento della storia personale che dà una svolta alla storia, bravo; forse due righe in più per spiegare come abbia ritrovato la figlia e, a mio parere, tenerla vicina come domestica non è il massimo.
Immagino che il favore chiesto allo scienziato sia stato di accoglierla in famiglia, in effetti la ragazza nel testo la fai sembrare un adolescente, ma dovrebbe avere ventiquattro anni; visto che lo scopo del viaggio è conquistare e popolare un nuovo mondo e il padre si è fatto da parte, potevi aprire la porta ad un nuovo capitolo con una possibile storia d'amore, ma questa ovviamente è una mia personalissima idea.
In definitiva, complimenti per il testo, per l'aderenza alla traccia e al genere.
A rileggerti.
<3

Re: [Lab13] Speranza

7
Ciao @Pulsar, ho letto volentieri il tuo racconto dal classico sapore fantascientifico.
L'ambientazione è molto ben riuscita ed hai saputo intrecciare un tropo classico, la necessità di fuga degli umani dalla Terra, con una storia individuale, con l'agnizione che ci fa scoprire Alyssa in realtà figlia del Presidente. Lo stile è scorrevole, e l'alternanza del focus tra la navicella Hope e le vicende personali del Presidente e Alyssa invoglia a proseguire la lettura, fino a che non si incontrano nel finale.
Pulsar ha scritto: L'ascensore rallentò. Luce e ombra si alternarono mentre la cabina attraversava un'intricata selva di tralicci metallici uniti insieme a creare una struttura massiccia su più livelli.
Da quella prospettiva, Alyssa non riusciva a cogliere l'aspetto complessivo della stazione orbitale, ma non appena l'elevatore riemerse alla luce, ciò che vide la lasciò senza fiato. Rifulgente d'oro e d'argento, sotto i raggi del sole al tramonto, l'Arca, si manifestò in tutta la sua imponente presenza. Sulla carlinga, quattro lettere in azzurro formavano la parola Hope
La prima Arca che l'Uomo avrebbe lanciato nello spazio profondo era stata battezzata "Speranza".
Era troppo per lei e si trovò a piangere le lacrime che fin qui aveva trattenuto.
Bellissimo questo passaggio.

Tuttavia, trovo che manchi una maggiore incisività a livello di contenuto. La partenza per la colonizzazione di altri pianeti dopo la devastazione della Terra è uno scenario con implicazioni significative, dal punto di vista sia tecnologico, sia etico e morale. Mentre hai delineato con successo il primo, a mio parere al tuo racconto manca il secondo. 
Pulsar ha scritto: Anche dopo il vistoso calo demografico, il loro mondo ospitava ancora tre miliardi di disgraziati ma di questi solo una piccolissima parte avrebbe trovato posto sulle Arche. Tutti gli altri, semplicemente, sarebbero andati incontro all’inevitabile e, per quanto cinica potesse sembrare la constatazione, non c’era dubbio che lo avrebbero fatto più compostamente se non avessero saputo cosa li aspettava.
Questa questione è centrale (penso ad esempio alla sua declinazione nel film Interstellar, che l'ambientazione mi ha ricordato), ma viene liquidata in queste poche righe. Nel racconto ci metti faccia a faccia con uno degli scienziati più importanti alla guida del progetto dell'Arca e con il Presidente; due figure di rilievo e con grande potere decisionale. Eppure, nessuno di loro sembra porsi il minimo dilemma etico, nemmeno il presidente (che forse dovrebbe, a maggior ragione visto l'"arco di redenzione" che attraversa, preoccupandosi di Alyssa e sacrificandosi per lei). 
Pulsar ha scritto: L’uomo politico chiuse gli occhi e scosse il capo. «Quelli sono i posti riservati ai nati a bordo, non ai vecchi che pretendono di recuperare il rapporto con la propria figlia con un ritardo di venticinque anni».
Il presidente è in grado di fare questa riflessione nel "piccolo" della sua vicenda personale con la figlia, ma nemmeno una parola per la maggioranza di persone che verrà lasciata a morire sulla Terra. Si tratta di una dissonanza cognitiva non indifferente che, certo, può benissimo esistere, ma meriterebbe di essere approfondita. 
Anche il dottor Stram, scienziato che ha lavorato anni, se non decenni, per il futuro dell'umanità, come può non soffrire per tutti coloro che non può salvare? Sembra completamente sereno e tronfio per il successo del proprio lavoro, ma sarebbe realistico che viva questi sentimenti anche con una dose di rimpianto e di conflittualità interiore. 
Avresti potuto anche caratterizzarli come freddi calcolatori, tanto impegnati nell'analisi costi e benefici da dimenticare che sono vite umane quelle in gioco, e sarebbe stato uno degli scenari possibili; ma sembri soprassedere abbastanza sulla questione nel suo complesso.

In sintesi, non ho nulla da dirti a livello stilistico e sulla costruzione del racconto, ma mi sembra che tu abbia lasciato sullo sfondo quello che, a livello contenutistico, poteva essere il suo cuore pulsante. Mi rendo conto anche che il limite ai caratteri rendeva difficile affrontare una questione così complessa, perciò ripeto, ti do atto della buonissima riuscita del tuo racconto.

A rileggerci!

Re: [Lab13] Speranza

8
@Poeta Zaza , @bestseller2020 , @Kasimiro , @MonicaMe, @Areeanna, @Modea72  Grazie a tutti per i consigli e i pareri che mi avete dispensato; spero che vi siate divertiti a leggere la mia storia almeno quanto io mi sono divertito a scriverla.
La premessa del racconto non è originalissima, me l'avete fatto notare un po' tutti, ma il nucleo della storia non era rappresentato dal viaggio, quanto dalle vicende personali dei protagonisti; sono solo tre, così, stavolta, non ho incasinato troppo la situazione.  :D  
I dettegli "scientifici" nel testo sono tutti attendibili, ad eccezione delle procedure avviate dai tecnici in fase di check del motore gravitazionale. Pertanto, Teegarten b potrebbe davvero essere una potenziale casa per l'umanità (che abbia a disposizione una navicella con motore ad antimateria, ovviamente, trovandosi a 12 anni luce da noi) dato che è il pianeta con l'indice di somiglianza con la Terra maggiore tra tutti i pianeti extrasolari fin qui scoperti. Anche i calcoli relativi al tempo necessario per raggiungerlo sono in linea con le previsioni attuali degli scienziati. 
È il caso di sottolineare che il motore ad antimateria, a detta degli esperti, non sarebbe poi così fantascientifico o futuristico; a quanto pare l'unica ragione per cui ancora non viaggiamo tra le galassie è perché le antiparticelle sono costosissime da produrre (richiedono un'enorme quantità di energia) e da conservare. Ma, immagino, che un mondo morente come quello descritto dal racconto potrebbe fare uno strappo al bilancio, quantomeno per assicurare il prosieguo della razza umana. 
Allo stesso modo, un mondo morente, che come la cicala del racconto di Esopo, ha vissuto senza freni la propria estate, molto probabilmente non sarà pronto al disastro annunciato, né potrà mettere in campo tutte le risorse necessarie (magari non ne avrà più a sufficienza) per realizzare Arche in grande serie. Conseguenza di ciò sarà il numero abbastanza limitato di terrestri che riuscirebbe rifugiarsi tra le stelle. 
Le coltivazioni idroponiche esistono già, mentre l'uso di serre potrebbe rendersi necessario per riparare le piante dalle radiazioni solari non più sufficientemente schermate dall'ozono e per la ricorrenza di piogge acide (che nel racconto corrodono persino la vernice del mezzo del Presidente).
Il Presidente e il dott. Stram (che col tempo diventano amici) non sono né cinici, né disinteressati, bensì solo rassegnati: non possono salvare tutti, anzi ne potranno salvare pochissimi e di questo sono consapevoli. A quel punto, come faremmo tutti, pensano almeno ai loro cari.
Non so quanti di voi avranno colto il riferimento tra l'invito a coltivare la speranza, fatto ad Alyssa dal Presidente, e il nome della prima Arca. Il Presidente, a quel punto della storia, aveva già deciso di cedere il suo posto sull'astronave alla figlia, quindi sono certo ( :P )  che le cose siano collegate. Così come mi piace pensare che Alyssa abbia, anche lei, colto il riferimento quando vede l'astronave e si mette a piangere:  anche nel momento più buio in assoluto, una "speranza" viene in suo soccorso.
Infine, sì, il favore chiesto dal Presidente all'amico è proprio quello di aiutare la figlia, offrile sostegno e vicinanza, in questa avventura che, ancora una volta, la vede sola come già lo fu durante l'esistenza passata trascorsa tra orfanotrofi e case famiglia.
Grazie amici, per il vostro passaggio: farò buon uso dei vostri preziosi consigli.
    

 
Rispondi

Torna a “Labocontest”