[Lab 8] L’erede inconsapevole

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James Phipps varca il cancello del cimitero e si incammina con passo deciso verso la tomba del dottor Edward Jenner. Un vento tagliente sferza il viso e fa lacrimare gli occhi.
È quasi mezzogiorno e il cielo, grigio come acciaio, minaccia pioggia; anche in primavera inoltrata a Berkley non ci si può aspettare un clima migliore. Il terreno umido attutisce il rumore dei passi e la figura robusta sfuma nella nebbia. Le lapidi, in lontananza, sembrano galleggiare sospese a mezz’aria.
Raggiunto il luogo della sepoltura, James si china e accarezza la lastra di pietra ruvida che mostra già i segni del tempo.
«Dottore, le ho portato calendula, asperula e menta» dice a voce alta mentre depone un mazzetto di erbe officinali sulla tomba «le ho raccolte nel suo giardino.» 
Fu in un giorno di maggio di tanti anni prima che la vita di James Phipps cambiò per sempre, una ricorrenza che, da allora, continua a onorare ogni anno. Immobile, resta a fissare quel tumulo incurante dell’umidità che gli penetra nelle ossa.
***
«James, per favore continua tu a ripulire l’orto dalle erbacce. Il dottore mi ha chiamato e devo andare subito da lui.»
Arthur Phipps, suo padre, era il giardiniere di casa Jenner, il medico condotto del paese. James non era mai entrato nella casa del dottore, ma moriva dalla voglia di farlo: tutto il via vai di gente che la frequentava, lo incuriosiva. Così, decise di seguire il padre e riuscì a entrare di nascosto.
All’ingresso c’era un calore buono e il profumo di legna bruciata, mescolato ai vapori di erbe e medicamenti, conferiva all’aria un odore intenso e speziato.
Si fermò davanti alla porta chiusa da cui provenivano dei suoni familiari. Il dottor Edward Jenner scandiva bene le parole:
«Arthur, lei è al mio servizio da molti anni e sono davvero soddisfatto: il giardino è una meraviglia e l’orto dà buoni frutti.»
«Grazie, signore.»
Il padre rispondeva a monosillabi. Lo immaginava con la testa china e il cappello tra le mani.
«Suo figlio è proprio un bel ragazzo, sano e robusto. È anche molto bravo: ho notato come l’aiuta nel lavoro.»
James, sentendosi nominare tese l’orecchio, trattenne il respiro per ascoltare meglio e si accucciò per osservare dal buco della serratura.
«È proprio come dice lei, dottore.»
«Ascolti... l’ho chiamata per una questione delicata e della massima importanza.»
«Come posso servirla?»
«Conosce la giovane Nelmes?»
«Certo, Sarah, la lattaia.»
«Si è ammalata di vaiolo mungendo le vacche. Una malattia terribile, mi creda. Quando ero in servizio a Londra ho visto morire tante persone, bambini soprattutto.»
«Mi spiace molto per quella ragazza. Le occorre qualche erba speciale per curarla?»
«No, Arthur, le erbe non servono a molto, in questo caso.»
«Ma qui non siamo a Londra. Anche William Chandler ha avuto il vaiolo qualche tempo fa, ma ora so che è guarito.»
Per quanto si sforzasse, James non riusciva proprio a capire di cosa stessero parlando il dottore e suo padre.
«Giusto! Berkley non è Londra. I contadini si ammalano lo stesso per via del contatto con gli animali infetti, ma in modo meno grave. E poi ho notato che, una volta guariti, non contraggono più la malattia.»
James aveva male alle ginocchia a furia di stare piegato, ma non voleva smettere di ascoltare. Tutti quei discorsi da adulti lo incuriosivano.
«Ecco, io… io non so come dirlo, ma sono convinto che se prelevassi un po’ del virus che ha infettato la Nelmes e lo immettessi nel corpo di una persona sana, questa non si ammalerebbe mai più di vaiolo.»
Suo padre ammutolì di colpo. Il dottor Jenner alzò il tono di voce.
«Arthur! Se è come credo, la gente non morirà più, capisce?»
«Non molto, in realtà. Ma, dottore… io cosa posso fare per lei?»
Il piccolo James, con gli occhi incollati alla serratura e le orecchie ben tese, poteva sentire il respiro affannato del medico. Dal proprio minuscolo osservatorio, notò che Jenner si sbottonava il panciotto. Poi, lo vide bere un bicchiere colmo d’acqua infine lo sentì emettere un lungo sospiro, come se le parole facessero fatica a uscirgli di bocca.
«Io... Io ho bisogno di suo figlio per fare questo esperimento. È giovane sano e forte.»
«Mio figlio ha solo otto anni... mi è rimasto solo lui, dottore.»
«Amico mio, non deve preoccuparsi. Se tutto andrà come penso, il suo ragazzo non correrà alcun pericolo.»
James non riuscì a sentire altro: i passi della governante che si avvicinava lo fecero scappare di corsa.
Poco dopo, quando Arthur Phipps tornò al lavoro nell’orto, si avvicinò al figlio, lo abbracciò forte e gli scompigliò i capelli con una ruvida carezza. James approfittò di quel momento affettuoso per soddisfare la propria curiosità.
«Padre, cosa voleva il dottore?»
  Lo vide detergersi la fronte col gomito.
«Mi ha chiamato per dirmi che ha bisogno di te per una cosa molto importante, figliolo.»
  Quella notte furono in tre a non dormire. James non riuscì a chiudere occhio per l’eccitazione, Arthur continuava a rigirarsi sotto le coperte e pareva non trovare pace; la luce che filtrava dalla finestra di camera di Edward Jenner rischiarò il buio fino al mattino.
 Il giorno dopo, il piccolo James Phipps entrò nella casa del medico dalla porta principale. Suo padre lo accompagnò fino alla porta dell’ambulatorio dove il medico l’accolse con un sorriso benevolo.
L’occasione doveva essere molto importante, il padre gli aveva fatto indossare la camicia buona e anche lui si era vestito a festa, come quando era ancora viva la mamma e andavano insieme in chiesa.
«Arthur, lei attenda fuori e stia tranquillo.»
Il dottore lo prese per mano e lo condusse dentro la stanza. Sulla parete vicina alla finestra c’era uno scaffale pieno di fialette in vetro dai contenuti colorati; nell’altro lato un piccolo lavabo in pietra e un tavolino, tanti strumenti che non aveva mai visto prima e un mortaio. Un odore pungente lo costrinse a tapparsi le narici.
«Siediti qui figliolo, non avere paura.» disse il dottore porgendogli uno sgabello.
Il cuore gli batteva forte, ma aveva promesso a suo padre di comportarsi bene e non lo avrebbe deluso per niente al mondo.
L’assistente del dottore apparve senza fare rumore. Pareva avesse le ali ai piedi, tanto era silenziosa. Indossava un lungo grembiule bianco e lo guardava con simpatia per rassicurarlo. Si avvicinò a lui, gli sbottonò il polsino e arricciò la manica della camicia fino a scoprirgli il braccio.
«Promettimi di stare fermo. Vedrai, tra un attimo sarà tutto finito.»
Poi, il medico prese uno strumento acuminato. James sentì una fitta allo stomaco e strinse forte le labbra.
«Adesso ti farò due piccoli taglietti, ma non sentirai male, solo un po’ di fastidio. Dopo, Margaret ti porterà del tè con dei buonissimi biscotti al burro.»
Jenner aveva la fronte imperlata di sudore quando immerse lo strumento dentro al mortaio di marmo che conteneva una poltiglia grigiastra e maleodorante.
James, a occhi spalancati, controllava ogni mossa. Quando avvertì una specie di pizzico, sentì salire le lacrime, ma non pianse.
«Eccellente! Figliolo, sei stato davvero bravo. Tuo padre può essere fiero di te. Margaret porti questo giovanotto a fare colazione e faccia entrare il signor Phipps.»
James trotterellò dietro alla donna, e incrociando lo sguardo preoccupato del padre, notò che aveva gli occhi arrossati.
Nei giorni successivi, il dottore lo visitò molte volte. Gli era salita la febbre, aveva mal di testa e non riusciva ad alzarsi da letto. Suo padre lo vegliava notte e giorno.
«Arthur, la prego, deve prendersi cura di sé. A James non serve un padre ammalato.» 
«Dottore, mi dica che lo salverà.»
«Si fidi di me. Mi aspettavo una reazione di questo tipo. Ora vada a riposare.» «Chiederò a Margaret di stare col ragazzo.»
  La donna diventò una presenza fissa. Era di nuovo come avere la mamma. Bagnava dei fazzoletti e glieli metteva sulla fronte per rinfrescarlo, gli portava del buon cibo e cercava di consolarlo in ogni modo.
La febbre durò per una decina di giorni. Sembrava tutto passato, quando il dottore lo chiamò di nuovo all’ambulatorio per la seconda fase dell’esperimento, la più delicata: quella volta, gli inoculò il terribile virus del vaiolo umano.
James non si ammalò. Il dottore ripeté molte altre volte l’operazione, ma il ragazzino ormai sembrava immune alla malattia. Era il maggio del 1749.
Dopo qualche tempo, il dottor Jenner tornò a Londra per riferire il risultato della ricerca ai grandi luminari della scienza.
Il via vai nella casa aumentò a dismisura, il medico condotto di un piccolo paese nei dintorni di Londra, divenne in breve tempo molto famoso. Ma Jenner non ambiva alla notorietà. I contadini di Berkley avevano bisogno di lui e non li avrebbe abbandonati.
***
Inizia a piovere. Per James è ora di tornare a casa.
«Al prossimo anno, dottore. Se Dio vorrà.»
Alla sua morte, Edward Jenner, gli ha lasciato in eredità il cottage e il giardino delle erbe. In fondo, aveva rischiato la vita per la sua causa anche se di questo, James, aveva preso coscienza solo molti anni dopo.
  
Bibliografia: Edward Jenner il padre dell’ immunizzazione di Roberta Dalessandro edizioni Good Mood 2020 -
Edward Jenner Wikipedia 
James Phipps - Wikipedia
dipinto di Ernest Board dal titolo Vaccinaziine il dottor Jenner Esecuzione sua in primo luogo
Immagini fotografiche del cimitero di Berkley

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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Ciao@Monica
Hai scelto un argomento interessante, originario del passato ma oggi più attuale che mai. Conoscevo un po’ la storia del dottor Edward Jenner e la sua fu veramente una vita dedicata a fare del bene ai suoi simili con lo studio e poi l’ideazione del vaccino contro il vaiolo, fatto per immunizzare e salvare le vite umane, una cosa che oggi non è così ovvia come dovrebbe essere.
Mi viene voglia di aggiungere che molto deriva dalla sua profonda cultura cristiana protestante, il padre era un vicario, dalla sua profonda conoscenza del latino e del suo relativo retaggio, per quanto poi facesse parte della Massoneria, ma anche in quest’ultimo caso si possono fare notevoli distinzioni che non è il caso di approfondire.
Mi è piaciuta la descrizione del giardiniere e del figlio James Phipps quando entra nella casa del dottore per ascoltare il dialogo fra lui e il padre. La descrizione all’odore speziato delle erbe che c’è in quella casa, di cui il dottore si occupava fra gli altri suoi svariati interessi, l’ho trovata molto realistica, vivida, quasi una fotografia d’epoca, anche se allora certo non esisteva ancora la fotografia.
Quella descrizione per me, che amo interni di case del passato, da quadri, disegni, foto e quant’altro, è stata come un  immissione, un viaggio nel tempo che ha reso il tutto molto credibile.
Anche la descrizione dello stato d’animo del padre di James, nella sua ingenuità e fiducia contadina, ma anche di apprensione alla proposta del dottore di usare il figlio come cavia, lo stato del bambino dopo l’inoculazione, la debilitazione e le cure amorevoli che gli sono prestate fino al felice esito le hai descritte con attenzione e dedizione.
Molto bello quando James, da adulto, si reca a trovare la tomba del dottore che lo aveva ricompensato lasciandogli in eredità il cottage e il giardino.
Mi viene proprio voglia di dire che erano altri tempi e altri uomini.
Mi è piaciuto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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@Monica ha scritto:
Fu in un giorno di maggio di tanti anni prima che la vita di James Phipps cambiò per sempre, una ricorrenza che, da allora, continua a onorare ogni anno. Immobile, resta a fissare quel tumulo incurante dell’umidità che gli penetra nelle ossa.
***
Cambierei col ricordo espresso al trapassato prossimo, così:
Era stato in un giorno di maggio di tanti anni prima che la vita di James Phipps era cambiata radicalmente: una ricorrenza che, da allora, continua a onorare anno dopo anno.
Immobile, resta a fissare ecc. ecc.

P.S.: torno a segnalarti che i caratteri che scegli per i tuoi racconti non valorizzano, secondo me, l'estetica del prodotto.
@Monica ha scritto: Alla sua morte, Edward Jenner, gli ha lasciato in eredità il cottage e il giardino delle erbe.
Quella virgola dopo il nome non ci va.

Mi è piaciuta la tua rielaborazione narrativa di un evento realmente accaduto. 
Per la bibliografia, avrei messo il link di Wikipedia sul padre dell'immunizzazione, non mi sarei limitata a citarla.
Così:

https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Jenner


Complimenti, @@Monica   (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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Hai scritto un racconto intorno a un argomento che oggi è così attuale da non credere che già a quei tempi c'era chi osteggiava la ricerca. 
Jenner aveva sentito parlare della  variolizzazione. Pratica diffusa in diversi paesi prima che il medico inglese, con intuito e intelligenza, capisse come creare un vaccino. E per fortuna! In molti casa era la chiesa che si opponeva come oggi i no vax.  Tempo fa ho visto un video molto ben fatto: 
Del tuo scritto mi è piaciuto tutto: le immagini, la caratterizzazione dei personaggi, le descrizioni della casa del dottore, del cimitero immerso nella nebbia...
Ti faccio i complimenti, è stata una lettura interessante. 

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

7
@@Monica ciao.

James Phipps varca il cancello del cimitero e si incammina con passo deciso verso la tomba del dottor Edward Jenner. Un vento tagliente sferza il viso e fa lacrimare gli occhi.
È quasi mezzogiorno e il cielo, grigio come acciaio, minaccia pioggia; anche in primavera inoltrata a Berkley non ci si può aspettare un clima migliore. Il terreno umido attutisce il rumore dei passi e la figura robusta sfuma nella nebbia. Le lapidi, in lontananza, sembrano galleggiare sospese a mezz’aria.
Raggiunto il luogo della sepoltura, James si china e accarezza la lastra di pietra ruvida che mostra già i segni del tempo.
«Dottore, le ho portato calendula, asperula e menta» dice a voce alta mentre depone un mazzetto di erbe officinali sulla tomba «le ho raccolte nel suo giardino.» 
Fu in un giorno di maggio di tanti anni prima che la vita di James Phipps cambiò per sempre, una ricorrenza che, da allora, continua a onorare ogni anno. Immobile, resta a fissare quel tumulo incurante dell’umidità che gli penetra nelle ossa.
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La tua introduzione è quella classica. Io spesso la uso, anche perché cattura l'attenzione del lettore, a cui si è dato già alcune informazioni e si tratta di spiegarle col proseguo.
Arthur, in età adulta, si ritrova a pensare sulla tomba di quello che apparirà il protagonista. Il racconto si svilupperà portando al centro della storia l'argomento centrale, che in questo caso è un reale fatto storico. La conclusione poi si riallaccia a quella visita sulla tomba del famoso dottor Jenner. Semplice ed efficace, scorrevole.  :D
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«James, per favore continua tu a ripulire l’orto dalle erbacce. Il dottore mi ha chiamato e devo andare subito da lui.»
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Anche i dialoghi sono semplici ed efficaci. Buoni per rappresentare una storia ambientata nell'Ottocento. 
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«Certo, Sarah, la lattaia.»
«Si è ammalata di vaiolo mungendo le vacche. Una malattia terribile, mi creda. Quando ero in servizio a Londra ho visto morire tante persone, bambini soprattutto.»
«Mi spiace molto per quella ragazza. Le occorre qualche erba speciale per curarla?»
«No, Arthur, le erbe non servono a molto, in questo caso.»
«Ma qui non siamo a Londra. Anche William Chandler ha avuto il vaiolo qualche tempo fa, ma ora so che è guarito.»
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Ecco che attraverso l'intuito Jenner realizza la capacità straordinaria del nostro organismo a reagire alla malattia se adeguatamente preparato. Un pezzo della storia della medicina molto importante. Credo che lo spirito di Jenner sia finito in mera questione economica.
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«Siediti qui figliolo, non avere paura.» disse il dottore porgendogli uno sgabello.
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Ci voleva uno su cui sperimentare sottoponendolo al rischio. Arthur diventa un ignaro eroe di un risultato che cambierà le sorti della malattia. Io credo che fosse  tutto già scritto.
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Quanto mi piacciono le stelline. le trovo utilissime per spezzare e organizzare i tempi, evitando frammentazioni a livello di lettura.
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Inizia a piovere. Per James è ora di tornare a casa.
«Al prossimo anno, dottore. Se Dio vorrà.»
Alla sua morte, Edward Jenner, gli ha lasciato in eredità il cottage e il giardino delle erbe. In fondo, aveva rischiato la vita per la sua causa anche se di questo, James, aveva preso coscienza solo molti anni dopo.
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Mi rimane da chiederti: Ma è vero che Arthur portò i fiori sulla tomba di Jenner, o è una invenzione che ti sei studiata per avviare la storia? Se te la sei inventata sei stata brava: questo è organizzare la trama. Ciao  :hug:
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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Ciao @Monica

bello il tuo racconto, lo stile che hai impiegato si accorda perfettamente alla storia narrata, poiché da la sensazione di leggere qualcosa scritto tra il tardo ottocento e il primo novecento.

Una voce narrate precisa e rassicurante, che accompagna il lettore nel conoscere gli aspetti sperimentali, densi d'incertezza, presenti dietro a una straordinaria intuizione scientifica che ha salvato l'umanità da una devastante malattia.

Il racconto riesce a restituirci ottimamente, nei fatti che lo compongono, il clima del tempo in cui si sono svolti: nel leggerlo ci pare di veder scorrere davanti agli occhi un filmato di divulgazione scientifica; di quelli con ambientazione d'epoca che ci proponevano, con successo, Piero Angela o suo figlio.

Da un punto di vista personale, devo dire che l'esimio Arthur Phipps, dovette avere in gran pelo sullo stomaco, poiché al posto suo, io alla richiesta di offrire mio figlio, come cavia per l'esperimento col vaccino del vaiolo, gli avrei cordialmente risposto di andare a prendersala in quel luogo ove giammai batte il sole.

Complimenti carissima, un caro saluto <3

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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Un racconto delicato che prende per mano il lettore.
Anche per me papà Phipps é stato molto coraggioso, ho percepito in lui la necessità di obbedire ad un dovere, quasi fosse una chiamata biblica come quella di Abramo.
Tutti i tuoi personaggi sono così ben descritti che sembra un racconto illustrato, il ragazzino curioso, il padre che lo sacrifica, il medico che si assume il rischio calcolato, perché sapeva di avere ragione.
Grazie 

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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Ciao @@Monica. Storia molto interessante; devo dire che non la conoscevo così in dettaglio, e l'hai resa molto molto bene: ottima narrazione, ottime descrizioni, ottimi dialoghi. Hai gestito la documentazione e la ricostruzione storica, dando vita ai personaggi, in maniera notevole. Ho un dubbio sul tema delle ricchezze, nel senso che l'unico spunto che mi sembra di trovare è la differenza tra il medico benestante e il giardiniere. C'è da dire che c'è un che di inquietante, a pensarci con le nostre conoscenze attuali, nel modo in cui il medico ha approcciato la questione: non aveva assolutamente nessuna garanzia che sarebbe andata bene e ha giocato con la vita del ragazzo. Poi è andata bene, ma non era detto. Magari mi sarebbe piaciuto di più vedere il racconto indugiare in quest'area grigia.
Comunque sia, apprezzato parecchio. A presto!

Re: [Lab 8] L’erede inconsapevole

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Grazie @Mina del passaggio. Il tema ricchezza per come l’ho inteso io dopo aver letto alcuni spunti in o.t. è più una ricchezza di animo entrano in gioco molte ricchezze (il dottor Jenner super corteggiato dopo la scoperta è rimasto nel suo paese a curare i suoi contadini e non si è lasciato sedurre dalle ricchezze mondane come denaro e fama alle quali avrebbe potuto ambire, tanto per fare un esempio, ma forse non ho interpretato in modo letterale il tema… non so che dire) Ancora grazie 🤗 
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