[SLab6] Lo Studio Azzurro

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Roberto è un investigatore di mezza età, con un brillante passato in polizia, ma adesso passa le sue giornate a risolvere noiosi casi di infedeltà o simili.
Inizia a odiare il suo lavoro, lo trova ripetitivo e ormai privo di stimoli.
La signorina Rossini lo contatta per risolvere quello che lei crede sia l’omicidio del padre; la polizia ha archiviato il tutto come un suicidio, ma lei non ne è convinta. Secondo la versione ufficiale, l’avvocato si è ucciso assumendo una dose letale di sonniferi.
Roberto raggiunge la scena del crimine: lo studio del notaio, chiuso dall’interno e privo di finestre o altre aperture. L’unico ad avere le chiavi è il fidato assistente della vittima. Entrato, Roberto nota come la porta emetta un secondo suono, e come l’impianto di aerazione sia molto potente. I sonniferi incriminati sono sulla scrivania, in bella mostra. Il resto dello studio è alquanto in disordine, ma sembra che manchi un soprammobile da uno scaffale.
Un bicchiere fuori posto sulla scrivania dell’assistente, e la sua reticenza ad usarlo, confermano a Roberto chi sia l’assassino. L’eccitazione per il rebus passa in fretta, scacciata dall’ennesima soluzione.
Quando la signorina Rossini chiede cosa abbia spinto l’amico del padre a ucciderlo, Roberto le dice di farselo spiegare dalla polizia; a lui interessa il rompicapo, il metodo, le motivazioni le lascia volentieri a psicologi e simili.

Re: [SLab6] Lo Studio Azzurro

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Ciao @Bardo96 

Un bel giallone classico. di quelli con indagine alla Sherlock Holmes.
Non vedo spazi per azioni dinamiche, quindi l'impianto sarà tutto giocato sugli elementi che porteranno, deduttivamente, il protagonista alla soluzione del caso.
C'è molto spazio per l'indagine psicologica dei personaggi, anche sei il tuo investigatore dichiara di non essere interessato ai risvolti psicologici della vicenda.

Buon lavoro amico mio e a presto rileggerci. ciao  (y)

Re: [SLab6] Lo Studio Azzurro

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Ciao @Bardo96,
Bardo96 ha scritto: raggiunge la scena del crimine: lo studio del notaio, chiuso dall’interno e privo di finestre o altre aperture.
Direi che la tua trama riprende un classico del genere giallo: il mistero di un omicidio compiuto in una stanza chiusa dall'interno. 
La sinossi è chiara e sintetica. Non affronterai l'analisi psicologica dell'assassino ma immagino che rivelerai il movente (senza movente non c'è omicidio ed è anche difficile incriminare il sospettato). Ho l'impressione che svelerai maggiormente la psiche dello stesso detective e la sua smania per i rompicapi.
Attendo quindi il tuo racconto che direi promette bene. Ammiro molto chi riesce a condensare un giallo nei pochi caratteri di un racconto. Penso sempre di cimentarmi anch'io ma poi lascio sempre perdere.
A presto!

Re: [SLab6] Lo Studio Azzurro

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Ciao @Bardo96

adoro le trame gialle. La difficoltà, in questo caso, è data dalla brevità attesa del testo. Ci sono pochi possibili colpevoli ed è difficile immaginare una caccia all’assassino. Il fatto che la porta sia chiusa dall’interno mi convince poco perché il “detective” entra in scena quando ormai il delitto è stato valutato dalla polizia per cui non vedo la giusta temporalità. Anche gli indizi potrebbero essere già stati compromessi dall’arrivo delle forze dell’ordine (dici che la polizia ha già archiviato il caso.) Forse rivedrei alcuni passaggi e magari aggiungerei qualche sospettabile per far “giocare” il lettore insieme al tuo detective (capire come si sono svolti i fatti e chi sia l’assassino è la parte divertente di questo genere di letture.)
A leggerci! Buone feste!

Re: [SLab6] Lo Studio Azzurro

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@Bardo96 ciao. 
Bardo96 ha scritto: Roberto nota come la porta emetta un secondo suono, e come l’impianto di aerazione sia molto potente
Questa frase è una chiara traccia per la soluzione del caso da parte di Roberto: almeno da quello che vuoi fare intendere. D'altronde se questi due fatti colpiscono Roberto, (fatti a cui tu stesso dai valore di trama) non vedo una particolare forza di attrazione nella elaborazione del delitto. A mio modestissimo parere, dovresti elaborare delle "tracce" forti e svincolandole dal contesto di quella stanza. L'indagine dovrebbe uscire da quello spazio e catapultarsi in altri ambienti. Diversamente sarà tutto rilegato alla classica scena del delitto risolta all'arrivo del detective Sheridan  :P. vedi di allargarti un po', punta anche sui sentimenti che in genere funziona... Puoi puntare sulla questione "soldi", dato che i notai hanno sempre le mani nella pasta... Alla fine credo che senza volerlo arriverai anche a far sì che Roberto arrivi a quelle motivazioni che hai escluso di fargli cercare. Questa potrebbe essere una sfida a cui non rinunciare.  Ciao e in bocca al lupo..
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [SLab6] Lo Studio Azzurro

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Bardo96 ha scritto: a risolvere noiosi casi di infedeltà o simili.
Questa formulazione, in una sinossi per una casa editrice, la eviterei. "o simili" dà l'idea che non ce l'hai ben chiaro
Bardo96 ha scritto: lo studio del notaio, chiuso dall’interno e privo di finestre o altre aperture.
Addirittura "privo" di finestre mi sembra esagerato. Magari puoi dire fossero chiuse anche quelle?
Bardo96 ha scritto: Quando la signorina Rossini chiede cosa abbia spinto l’amico del padre a ucciderlo, Roberto le dice di farselo spiegare dalla polizia; a lui interessa il rompicapo, il metodo, le motivazioni le lascia volentieri a psicologi e simili.
Qui mi sembra troppo narrato, un po' poco da sinossi


Non mi è chiaro come faccia l'investigatore a indagare la scena del crimine così intonsa. La polizia non è passata, non ha spostato niente? Quantomeno i sonniferi?

Bardo96 ha scritto: L’eccitazione per il rebus passa in fretta, scacciata dall’ennesima soluzione.
Quando la signorina Rossini chiede cosa abbia spinto l’amico del padre a ucciderlo, Roberto le dice di farselo spiegare dalla polizia; a lui interessa il rompicapo, il metodo, le motivazioni le lascia volentieri a psicologi e simili.
Questo interessantissimo. Penso che il racconto funzionerebbe molto bene se incentrato su questo malessere dell'investigatore e la sua insofferenza verso la banalità della quotidianità 

Re: [SLab6] Lo Studio Azzurro

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Bardo96 ha scritto: Roberto nota come la porta emetta un secondo suono, e come l’impianto di aerazione sia molto potente. I sonniferi incriminati sono sulla scrivania, in bella mostra. Il resto dello studio è alquanto in disordine, ma sembra che manchi un soprammobile da uno scaffale.
Questi sono gli indizi che hanno svelato l'omicidio all'investigatore? Non hai spiegato molto e io ho pensato che tu volessi tenere in sospeso il lettore. 
Nella sinossi, però, credo che il marchingegno andasse svelato per filo e per segno. L'eventuale editore di una collana di gialli ne vorrebbe sicuramente sapere di più.
Sono molto curiosa di scoprire il secondo suono della porta. 
Mentre aspetto ti auguro buone feste.

[Lab6] Lo studio azzurro

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Roberto aveva un problema. Se ne stava nel suo studio, sulla sua poltrona, i piedi incrociati sulla scrivania.
Fissava una macchia di umidità sulla parete, senza riuscire a capire che forma avesse.
Il quotidiano, una rivista di auto d’epoca, un romanzo giallo erano sulla scrivania. Buttati senza interesse.
Fuori tamburellava una pioggia lieve. Fatta apposta per disturbare.
Roberto si annoiava. 
Stava fissando la parete da almeno mezz’ora, secondo l’orologio, ed era la cosa più eccitante delle ultime tre settimane. 
Da qualche parte, nel mare di fogli sulla scrivania, doveva esserci il fascicolo del suo ultimo caso. Roberto lo prese, tanto per distrarsi dal mistero della macchia.
Una dozzina di foto, qualche appunto, due paginette di rapporto scritto in maniera formale. E la ricevuta di pagamento.
Pochi fogli, bastati a distruggere quindici anni di felice matrimonio. Secondo la signora Albini, almeno.
Per Roberto, mentre scorreva le foto, ognuna con la signora Albini e un ragazzo diverso, quel matrimonio proprio non si poteva dire felice.
Sbuffò. Ributtò il fascicolo sulla pila, tornò a fissare la macchia sul muro.
Si era quasi deciso per un rettangolo storto, quando qualcuno bussò alla porta
-È il postino!- urlò, senza nemmeno cercare la voglia di alzarsi -o il barista sotto casa, a scelta!- 
Chiunque fosse alla porta dovette esitare, ma poi bussò di nuovo. Roberto roteò gli occhi.
Facendosi forza col pensiero della parcella, andò ad aprire.
Una giovane ragazza se ne stava sul pianerottolo, con ancora la mano alzata pronta per bussare. Un’onda di dolce profumo alle rose investì le narici di Roberto
-Rettifico… la postina- disse Roberto, sbuffando -o l’amica di scuola; se ce l’ha, la segretaria… o la prima che vede, faccia lei-
-Mi scusi… di che sta parlando?- domandò la ragazza.
Roberto si concesse di darle un’occhiata. Forse si sarebbe rivelata più interessante della macchia sul muro.
Alta, forse un paio di centimetri più di lui pure senza i tacchi che portava. Non che ci volesse tanto.
Vestito elegante, un tailleur giacca pantalone d’un colore strano tra blu e nero.
Volto giovane, pulito, poco trucco. Bocca sottile, occhi verdi, capelli rossi.
Classificabile senz’altro come una bella ragazza. Era in casi come quello che Roberto non capiva il suo lavoro. Che passasse per la testa di certa gente era un mistero, uno di quelli che lui evitava volentieri
-Dell’amante del suo ragazzo- sbuffò lui -se è qua, è perché sospetta le corna; bene, può scegliere una colpevole tra le categorie di prima. Vada a casa, faccia una scenata e buona giornata a tutti-
Stava per chiudere la porta, quando si accorse che la ragazza era diventa color porpora
-Punto primo- disse, levando un dito a mo’ coltello -sono single, e anche avessi un fidanzato non le permetterei di parlarne così! Punto secondo, non sono qua per, come dice lei, delle “corna”; e, punto terzo, l’ispettore Monbianchi l’aveva definita un professionista, ma si è impegnato a smentirlo! Buona giornata a lei!-
La ragazza fece per andarsene, al che Roberto, che di colpo si era dimenticato come si parlasse, finalmente si ricordò come muovere la bocca 
-Ferma ferma ferma! Va bene, ho fatto una figuraccia, è un periodaccio per il mio lavoro- la ragazza si voltò, decisa a folgorarlo con lo sguardo -ora, che ne dice se entriamo, mi spiega cosa la porta qui, e capiamo come la posso aiutare?- 
Marciando a grandi passi, la ragazza entrò nello studio, dove rimase in piedi, fermamente decisa a incenerirlo a forza di occhiatacce 
-Prego, si accomodi…- disse Roberto, rendendosi conto di quante cartacce e faldoni occupassero le due poltrone 
-Credo possiamo iniziare a presentarci- disse la ragazza, la faccia poco meno porpora di rabbia -sono Stefania Rossini, figlia dell’avvocato Armando Rossini-
-Molto piacere- disse Roberto, stringendo la mano; la ragazza aveva una stretta niente male, e lui era era molto, troppo, fuori allenamento -temo non abbia mai avuto il piacere di incontrare suo padre-
-Purtroppo non lo avrà più- la voce della ragazza si incrinò, d’improvviso la spavalderia la abbandonò -è morto una settimana fa-
-Condoglianze- lui cercò di apparire contrito e dispiaciuto, ma l’interesse per la questione stava rapidamente scemando 
-Verrei subito al punto, se non le dispiace- proseguì Stefania, asciugandosi gli angoli degli occhi -la polizia ha intenzione di classificare il tutto come un suicidio, ma gradirei se desse un secondo parere; potrà suonarle… scontato, ma mio padre non era tipo da uccidersi!- 
Roberto sospirò. Quel caso si presentava di certo più interessante della solita solfa di tradimenti e corna; ma pure bello tragico, con la necessità di scavare Dio solo sapeva quanto a fondo
-La contatterò di sicuro, signorina Rossini, se potrò prendere in carico questo caso- la ragazza abbozzò un sorriso, annuì ed uscì dopo avergli fornito il numero di cellulare. 
Sbuffando, Roberto tornò a sedersi. Il profumo della ragazza era rimasto ad aleggiare nella stanza, ma era una piacevole variazione all’odore di caffè e inchiostro. Soppesando le alternative, macchia sul muro e telefono, alla fine una punta di curiosità si accese dentro di lui.
Prima che se ne rendesse conto, Roberto aveva il cellulare in mano, tamburellando irritato sulla scrivania 
-Pronto?- rispose la voce dall’altra parte dell’apparecchio -Roberto?-
-Sì sono io, lascia stare i saluti Alfredo- il verso esasperato dell’ispettore Monbianchi fu l’unica risposta -mi hai mandato qua una ragazzina, Stefania Rossini, dice che le hanno ammazzato il padre-
-Si, si sì, ho capito- rispose l’altro -io qua ho le mani legate, ma la faccenda mi puzza. Hai presente i delitti della stanza chiusa, quelli che ti piacevano tanto?-
-Si…- Roberto digrignò i denti. L’interesse gli si stava riaccendendo nel corpo
-Ecco, questo ti piacerà, e tanto: studio senza finestre, una porta sola, chiusa dall’interno- ingranaggi fermi da tempo, nel cervello di Roberto, iniziarono a girare -dentro solo il corpo del poveraccio, tre scatole di sonniferi e nient’altro-
-E perché non ti convince?- la voce di Roberto era molto più interessata di quanto volesse
-Vai allo studio e lo capirai; qua vogliono chiudere in fretta, troppi pochi fondi per indagare su qualcosa di così scontato, ma nessuno mi vieta di farti andare a dare un’occhiata-
Gli ingranaggi nella mente di Roberto mulinavano, girando e formando immagini, ipotesi, ricordi, supposizioni, un miscuglio di pensieri connessi tra loro da fili sottili.

Il giorno dopo, Roberto percorreva i gradini del palazzo dov’era lo studio Rossini. La scala era stretta, Stefania lo precedeva, e lui si sentiva smaniare.
Aveva dormito poco, rigirandosi nel letto, si era gettato nella doccia e per poco non aveva trangugiato il caffè dalla moka stessa.
Si era presentato all’appuntamento con la ragazza con due ore di anticipo. Non era stanco, non era infreddolito. Si sentiva come un bambino pronto per la gita.
Saltellava e faticava a tenere le mani ferme. Anche la ragazza lo aveva guardato sorpresa, incapace forse di dare un senso ai suoi occhi luminosi ed al sorriso tirato.
Roberto immaginò di essere sembrato un qualche tipo di folle.
Dopo tre anni di casi noiosi, ripetitivi, scontati, finalmente un qualcosa di interessante, stimolante. Eccitante.
La sua mente stava registrando tutto, una quantità di dati che non ricordava di poter analizzare.
Gli sembrava che, per lungo tempo, avesse avuto i paraocchi, e ora potesse vedere liberamente 
-Eccoci qui- disse Stefania, entrando nello studio. Roberto si fiondò dentro, superando di scatto la ragazza; gli occhi guizzavano, annusava, fremeva dal bisogno di toccare e spostare quello che vedeva davanti.
Dalla porta si entrava in un piccolo salottino, due divani in pelle erano sulle pareti opposte. C’erano quattro porte, una subito a destra dell’ingresso,la targhetta lo classificava come bagno.
Oltre i divani c’era un disimpegno, con tre porte, ognuna con una targhetta ad indicare il proprietario dello studio 
-L’altro associato?- chiese, indicando il nome, “Ettore Fierrini”. Stefania annuì 
-Se vuole può entrare nello studio- 
-Ci mancherebbe- Roberto ghignò, spalancò la porta del luogo del delitto ed entrò.
La serratura scattò, poi un altro suono più flebile, ovattato.
Roberto guardò la stanza. Pareti d’un azzurro chiaro, nessuna finestra, un caos di carte e faldoni che spaventò perfino lui.
Un’imponente libreria abbracciava due pareti, proseguendo dietro la scrivania. Carte, documenti, post-it colorati spuntavano da tomi e volumi. 
Sulla sinistra un terzetto di mensole raccoglieva oggetti strani, che in un primo momento Roberto non riuscì a definire. Una gondola viola e verde; una sfera con dentro la torre di Pisa; una statuina di Totò, con la testa snodabile
-Souvenir dai suoi viaggi- disse Stefania, tossicchiando imbarazzata
Roberto annuì, non trovando come dire che li riteneva orrendi, ma senza offendere la ragazza. 
Si diresse alla scrivania; legno scuro, massiccio, con dietro una grande poltrona foderata in rosso. Il caos la ricopriva del tutto. Fogli, carte, penne, matite, un romanzo horror. E tre pacchi di sonniferi dai nomi strani, lunghi e complessi.
Roberto aggrottò la fronte. Una parte del suo cervello si illuminò di colpo.
Un ben noto prurito si risvegliò nella sua testa, dietro gli occhi.
Guardò meglio le scatole. Ben disposte sulla scrivania, dritte davanti alla poltrona. Perfino i bordi erano perfettamente allineati
-Suo padre era disordinato…- commentò Roberto. Ignorò l’occhiataccia di Stefania.
Gli sembrava di pensare per la prima volta. Poteva sentire il suo cervello sbadigliare, svegliarsi dal letargo
-Queste sono in ordine, precise- Roberto si girò verso Stefania, la ragazza trasalì -suo padre prendeva sonniferi regolarmente?-
-Si- fece Stefania -soffriva di insonnia, ci sono le ricette dei medici; ah, e anche medicine contro il mal di testa-
-Mmm- Roberto aggiunse quell’informazione, ricontrollando i farmaci sulla scrivania. Uno era prescritto proprio per le emicranie. Sbuffò, come al solito i lunghi nomi dei farmaci e dei suoi componenti non gli dicevano nulla.
Si guardò attorno di nuovo. Le mensole attirarono la sua attenzione. Un vuoto, uno spazio strano tra una replica del Colosseo e quella di un cannolo
-Suo padre ha viaggiato, di recente?- 
-No, nessun viaggio- Stefania parve rifletterci -ah, Ettore era tornato dalle Canarie, qualche settimana fa; gli aveva portato qualcosa-
-E adesso dov’è?- 
-Cosa?- 
-Il regalo; l’orrido… il souvenir!- Roberto scattò, uscendo a grandi passi dallo studio dell’assassinato. Quasi sfondò la porta del dottor Ettore Ferrini, mettendosi a rovistare all’interno
-Ma che fa? Cosa cerca?- Stefania si affacciò alla porta, Roberto la folgorò. Un’idea, una rivelazione, per poco si convinse di avere una lampadina accesa sulla testa
-La porta, provi a chiuderla dall’interno- Roberto spinse Stefania dentro lo studio del padre.
La ragazza protestó, ma acconsentì. La porta scattò, due volte. Roberto sorrise trionfante. La ragazza tentò di aprire la porta, senza riuscirci 
-È incastrata!- Stefania fece forza, lottando contro la maniglia. Roberto aprì la porta
-Hanno modificato la serratura- entrò di nuovo nella stanza, annusando come un segugio 
-Che cosa…- Stefania balbettò.
-Profumo, non si sentiva- Roberto puntò un dito contro la ragazza -lo ha addosso, una roba ai fiori-
-Si, mio padre odiava gli odori forti- la ragazza appariva confusa
-L’impianto di aerazione si attiva dopo qualche minuto, non subito quando apri la porta- altri dettagli, altri fili che adesso formavano un disegno chiaro.
Uscì di nuovo, corse a una vetrinetta nello studio di Ferrini. Afferrò il telefono
-Monbianchi! Muoviti! Portami la scientifica!- non diede all’altro il tempo di rispondere. Agganciò, indicando a Stefania una serie di bicchieri -quelli si usano?- 
-Si, papà non li aveva nello studio- Stefania faceva palesemente difficoltà a seguire i suoi ragionamenti
-Quindi i farmaci li ha presi con questi-
Rimase a girare per la stanza. Stefania provó a fare qualche domanda, ma lui si limitò a sbuffare.
Monbianchi arrivò, con un ragazzo della scientifica chiaramente trascinato lì a forza. Roberto non perse tempo, mise il tizio al lavoro, facendogli cercare sostanze sospette sui bicchieri. Altre domande ebbero solo grugniti come risposta 
-Lasciate stare- borbottò Monbianchi -quando fa così è vicino alla soluzione del rebus-
-Allora?- Roberto tamburellò sugli avambracci, fissando in tralice il ragazzo della scientifica. Quello sollevò un bicchiere 
-In effetti, qui ci sono delle tracce sospette…- iniziò a buttar giù una serie di paroloni scientifici
-Si si, taglia corto; c’è veleno o no?- 
-Non proprio, però è una sostanza che può reagire con facilità ed essere tossica-
-Ecco qua- Roberto ghignò, sentendosi due centimetri buoni da terra -arma del delitto trovata: caso chiuso!-
Stefania e il ragazzo lo fissarono, straniti; Monbianchi levò gli occhi al cielo 
-Su, fa lo spettacolino alla Sherlock, finiamola prima che s’accorgomo che non sto in ufficio-
-La porta è modificata- Roberto quasi corse fuori, indicando la serratura -così una volta all’interno è impossibile uscire; e l’impianto di aerazione è stato impostato per accendersi in ritardo!-
Le facce confuse dei tre lo fissavano. Roberto morse un’imprecazione tra i denti
-La signorina Rossini usa molto profumo, piacevole certo ma lo si può sentire fino a qualche centimetro da lei- la ragazza arrossì un poco, balbettò qualcosa che si perse nel fiume della spiegazione -il padre odia gli odori forti, quindi l’impianto dev’essere impostato per eliminarli appena lui apre la porta, corretto?- Stefania annuì -e invece no! Si attiva dopo cinque minuti buoni, un tempo lunghissimo per uno a cui questi odori fanno venire l’emicrania!-
-Ottimo, come gli ha fatto venire l’emicrania?- Monbianchi sbuffò, era chiaro che la scena gli fosse ben nota 
-Con questo!- Roberto estrasse dalla scrivania uno di quei deodoranti per ambienti, di quelli che spruzzano a comando -nascosto dentro uno di quei souvenir è programmato per appestare lo studio!-
Stefania e il tecnico della scientifica continuavano a fissarlo, dai loro volti Roberto comprese che lo ritenevano un folle
-Bene, serratura modificata, condizionatore modificato, spruzzino nascosto… i sonniferi…- Monbianchi gli fece cenno di andare avanti 
-Uno che li prende da una vita non sbaglia le dosi; e uno così disordinato non allinea le scatole con precisione svizzera! Il dottor Rossini ha chiesto un bicchiere al collega, il dottor Ferrini, questo bicchiere!- Roberto indicò l’arma del delitto -ha bevuto il calmante e l’altra sostanza strana, e così è morto-
-Poi Ferrini entra, sistema le scatole in bella vista, aspetta un poco e chiama i soccorsi- Monbianchi si grattò gli occhi -va bene, torno in centrale e lo mando a chiamare, gli facciamo qualche domanda e vediamo che ne esce…-
L’ispettore si girò, Stefania si asciugò le lacrime. Roberto sorrideva euforico
-Scusate, ma il movente?- chiese il ragazzo della scientifica. Monbianchi lo folgorò, come se avesse appena innescato una bomba 
-Il movente?- Roberto sentì le vene del collo pulsare -ma chi se ne frega del movente? Io t’ho detto per filo e per segno com’è andata, e te me chiedi il movente?- il povero scienziato cercò di ritrarsi, facendosi piccolo piccolo sotto il fiume di invettive -per lo studio, per i soldi, perché a Rossini piacevano quei soprammobili orrendi, perché non aveva altro da fare! Ma a me, del movente dell’assassino, ma che me frega?!-
Roberto respirò a fondo, cercando di calmarsi. Vedeva appannato, fissando il ragazzo pallido in volto 
-Bene, evitiamo un secondo delitto- Monbianchi mise una mano sulla spalla del ragazzo -riporto questo qua al commissariato-

Qualche giorno dopo, Roberto leggeva sul giornale di come Rossini avesse confessato. Era spiegato per filo e per segno il perché, mentre del metodo non si diceva nulla. Come al solito.
Roberto gettò il quotidiano sulla scrivania, sbuffò e tornò alla sua macchia. Sperò solo di non dover aspettare altri tre anni, prima di un altro caso stimolante.

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Bardo96 ha scritto: uno di quelli che lui evitava volentieri
manca il punto finale 
Bardo96 ha scritto: che la ragazza era diventa color porpora
anche qui manca il punto finale. In realtà c’è ne sono molti di punti finali mancanti in tutto il testo.
Bardo96 ha scritto: figuraccia, è un periodaccio 
eviterei l’assonanza magari se dici “è un brutto periodo per il mio lavoro” suona meglio
Bardo96 ha scritto: occhiatacce 
-Prego, si accomodi…- disse Roberto, rendendosi conto di quante cartacce
Bardo96 ha scritto: Roberto sospirò. Quel caso si presentava di certo più interessante della solita solfa di tradimenti e corna; ma pure bello tragico, con la necessità di scavare Dio solo sapeva quanto a fondo
-La contatterò di sicuro, signorina Rossini, se potrò prendere in carico questo caso- la ragazza abbozzò un sorriso, annuì ed uscì dopo avergli fornito il numero di cellulare. 
In questo caso la risposta del detective mi pare troppo affrettata. Gli avrei fatto fare qualche domanda… per esempio avrei chiesto perché la figlia fosse convinta che il padre non si fosse suicidato. Il fatto che lei lo ritenesse incapace di un gesto simile mi pare un elemento troppo debole per “attizzare” il detective, aggiungerei qualche elemento che possa indurlo a una riflessione successiva. 
Bardo96 ha scritto: come Rossini avesse confessato.
Non era Ferrini? Rossini mi pare fosse il morto. Infatti per evitare confusioni è sempre bene scegliere con cura i nomi e i cognomi dei protagonisti Rossini e Ferrini sono davvero troppo troppo simili.

Ciao @Bardo96 apprezzo il coraggio di scrivere un giallo in poche battute, ma il risultato non mi soddisfa appieno.
Il racconto appare un po’ squilibrato con una prima parte che indugia molto nelle descrizioni e una una seconda che trotta via alla velocità del fulmine (laddove un po’ di lentezza avrebbe permesso al lettore di comprendere meglio la dinamica dei fatti).
La descrizione dell’incontro con la cliente ha un che di fumettistico. Non si capisce bene la temporalità. L’ingenuità e la superficialità dell’indagine poliziesca (come non aver già analizzato il bicchiere, a esempio) mi trasportano in un altro secolo. 
Il testo è disseminato di imprecisioni, punteggiatura, spazi… come se non avessi avuto tempo di revisionarlo.
Ti dirò che non mi è dispiaciuto leggerlo e l’idea di fondo la trovo buona ma ancora acerba. Sono convinta che puoi lavorarci e distendere il testo in uno spazio maggiore. Sarebbe anche bello che tu approfondissi le “deduzioni” del detective facendole assaporare di più al lettore. Non rinvengo il tema del risveglio. Un lavoro potenzialmente valido ma che, a mio avviso, necessita di una revisione ulteriore. Alla prossima!

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Bardo96 ha scritto: Fissava una macchia di umidità sulla parete, senza riuscire a capire che forma avesse.
Ti suggerirei, invece:
nel vano intento di darle una forma.

Bardo96 ha scritto: Bardo96mentre scorreva le foto, ognuna con la signora Albini e un ragazzo uomo diverso, quel matrimonio proprio non si poteva dire felice.
Bardo96 ha scritto: -È il postino!- urlò, senza nemmeno cercare la voglia di alzarsi -o il barista sotto casa, a scelta!- 
Il trattino di apertura e chiusura del discorso diretto necessita di uno spazio prima dell'inizio frase e dopo la fine frase.

- È il postino! -
Bardo96 ha scritto: Una giovane ragazza
superfluo
Bardo96 ha scritto: Che cosa passasse per la testa di certa gente era un mistero
Bardo96 ha scritto: -Dell’amante del suo ragazzo punto - sbuffò lui punto -se Se è qua, è perché sospetta le corna;
Bardo96 ha scritto: ragazza era diventa color porpora
diventata
Bardo96 ha scritto: e, punto terzo, l’ispettore Monbianchi me l’aveva definita un professionista, ma si è impegnato a smentirlo! Buona giornata a lei!-
Bardo96 ha scritto: è un periodaccio per il mio lavoro punto - la ragazza si voltò, decisa a folgorarlo con lo sguardo -ora Ora, che ne dice se entriamo, mi spiega cosa la porta qui, e capiamo come la posso aiutare?- 
Bardo96 ha scritto: -Molto piacere- disse Roberto, stringendole la mano;
Bardo96 ha scritto: d’improvviso la spavalderia la abbandonò -è morto una settimana fa-
-Condoglianze- lui cercò di apparire contrito e dispiaciuto, ma l’interesse per la questione stava rapidamente scemando 
Due frasi consecutive senza il punto finale.
Bardo96 ha scritto: in un piccolo salottino
superfluo
Bardo96 ha scritto: Stefania annuì 
Come in altri casi, ometti il punto fermo finale.
Bardo96 ha scritto: un caos di carte e faldoni che spaventò impressionò perfino lui.
Bardo96 ha scritto: ven feb 03, 2023 9:05 amSbuffò, come al solito i lunghi nomi dei farmaci e dei suoi componenti non gli dicevano nulla.
Dopo "Sbuffò", ti suggerisco i due punti esplicativi.
Bardo96 ha scritto: ven feb 03, 2023 9:05 amche s’accorgomo che non sto in ufficio-
refusino

@Bardo96  :ciaociao:   :)

L'idea di base del giallo è ottima, a mio avviso. La costruzione dell'intreccio è, però, sporcata da molte imperfezioni e un po' di confusione di fondo che ne minano l'efficacia e il risalto che dovrebbe avere la storia.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Bardo96 ha scritto: interessante, stimolante. Eccitante.
ricordi la regola dei tre aggettivi consecutivi da evitare?  :D Ci sei cascato con tutte le scarpe. Il concetto si può riformulare meglio.
I diversi refusi ti sono stati già "notificati" (anche più di quanti ne abbia notati io). Purtoppo concordo con chi mi ha preceduta, l'idea è buona e aggiungo che, personalmente, il personaggio di Roberto mi è piaciuto parecchio. Ritengo che la rinascita sia da individuare, anzi è di certo così, nel risveglio del suo cervello grazie al caso di difficile soluzione. Una rinascita "semplice" come quella della mia signora Gervasi, ma pur rinascita. In fondo, non capita proprio così ai comuni mortali? Sentirsi rinascere grazie a una ventata di novità. 
Le scene mi sono arrivate tutte in modo chiaro e dinamico. Ma è indubbio che i ritmi  tra il Roberto a casa scoglionato e l'indagine che porta a termine come fosse sotto l'effetto di un acceleratore metabolico, sono troppo diversi. Non so, non vorrei bocciarlo del tutto; magari possiamo definirlo un testo originale proprio per questi ritmi tutti tuoi?
 

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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A parte le pulci che ti hanno fatto, @Bardo96 , Il racconto spicca per la caratterizzazione dei personaggi. L'investigatore non mi ha ricordato nessuno dei tanti  già noti. Eppure ce ne sono nell'immaginario di tutti.
Forse è vero, come ti hanno fatto notare, che nella seconda parte il ritmo sbrigativo è eccessivo, ma per quello basterà che tu faccia faticare un po' il tuo protagonista nell'indagine.
 Mi sono piaciute le descrizioni, per quelle non dovresti cambiare nulla. 
Per me è un buon racconto anche se da sistemare.

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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ciao @Bardo96

Dopo aver letto la tua sinossi io ti dissi: "[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Questa frase è una chiara traccia per la soluzione del caso da parte di Roberto: almeno da quello che vuoi fare intendere. D'altronde se questi due fatti colpiscono Roberto, (fatti a cui tu stesso dai valore di trama) non vedo una particolare forza di attrazione nella elaborazione del delitto. A mio modestissimo parere, dovresti elaborare delle "tracce" forti e svincolandole dal contesto di quella stanza. L'indagine dovrebbe uscire da quello spazio e catapultarsi in altri ambienti. Diversamente sarà tutto rilegato alla classica scena del delitto risolta all'arrivo del detective Sheridan  . V[/font][font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]edi di allargarti un po', punta anche sui sentimenti che in genere funziona... Puoi puntare sulla questione "soldi", dato che i notai hanno sempre le mani nella pasta... Alla fine credo che senza volerlo arriverai anche a far sì che Roberto arrivi a quelle motivazioni che hai escluso di fargli cercare. Questa potrebbe essere una sfida a cui non rinunciare.  Ciao e in bocca al lupo..[/font]

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Tanti amici hanno preso la decisione di elaborare la sinossi evitando gli interventi ricevuti: tu stai pagando questa scelta. Ma non lo dico perché l'idea non fosse buona, ma perché si evincevano dei limiti oggettivi in cui saresti andato incontro. Partiamo dal fatto compiuto, oramai. Roberto mi appare abbastanza caratterizzato. Però si fa fatica a capire cosa sia professionalmente. Noi lo sappiamo dalla sinossi. Ma senza di questa, no!  Poteva anche essere una buona idea  dipingere un quadro irriverente della polizia, dato che alla fine si affida a lui; un semplice investigatore di corna e cornuti.[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ma allora vedi che le chance le avevi? Ti è mancata la voglia o è solo ingenuità? Questi erano gli elementi su cui puntare, dato che, di azione ve ne è pochissima. Incentrare la storia su dei personaggi strampalati e pasticcioni, e dove alla fine, il mago dell'intuito, risolve il caso. Qui si trattava di coinvolgerli tutti assieme in una parodia. Però c'eri quasi.. smonta e rimonta il tuo racconto e tieni conto dei consigli... ciao e a presto[/font]
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Ciao @Bardo96
Ho letto con piacere il tuo racconto. Non sono una gran lettrice di gialli, quindi non farò un commento sulla trama. Posso dire en passant che anch'io ho trovato poco sviluppata la parte investigativa con relativa soluzione del caso. Ho trovato però simpatico il personaggio del detective con le sue manie e le sue osservazioni. Credo che sia il punto forte del racconto. Con qualche aggiustamento, come ti hanno suggerito più sopra, hai già una buona base di partenza per non dare l'idea di una storia un po' affrettata.
Ciao, alla prossima!

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Ciao @Bardo96 

Il racconto mi è piaciuto.
Sono indeciso se il tuo personaggio mi ricordi maggiormente il Philo Vance di Van Dine, o sia più vicino a quelli di Chandler o Ellroy.
In ogni caso è credibile nel ruolo che gli affidi.
Mi piace molto che impieghi parte del suo tempo libero ad osservare le macchie d’umidità del muro, cercando di vederci una qualche figura, cosa che regolarmente faccio anch’io, quando non sono intento a scrivere i miei racconti demenziali.
Il racconto scorre sul filo di una scettica ironia che lo rende sceneggiabile per uno di qui gialli televisivi animati da in investigatore dai modi spicci e sprezzanti.
La scontrosità del tuo protagonista e la sua dinamica sicurezza nel dipanare l’intricata matassa del delitto, mi fa, inoltre, venire in mente il modus operandi del mitico Dr. House della serie TV.

Complimenti e a presto rileggerti. Ciao.

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Bardo96 ha scritto: -Si- fece Stefania -soffriva di insonnia,
Occhio agli accenti sui Sì

Ciao! Il racconto mi è piaciuto  :D Il protagonista è interessantissimo; riesci a farcelo detestare, ma ciononostante a farci interessare a quello che fa. La trama fila molto bene, la tensione e il ritmo sono tenuti bene in ogni passaggio del racconto, e quindi anche l'attenzione del lettore, fino al finale ironico e amaro. Certo che, con un personaggio così interessante, mi piacerebbe leggere altro.
Fa' attenzione qua e là a qualche refuso e disattenzione che si possono sistemare facilmente per rendere il racconto un po' più ordinato
Grande  :D

Re: [Lab6] Lo studio azzurro

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Questo racconto l'ho amato. Mi piace come il personaggio, sia come aspetto che come carattere, esca fuori dalle sue azioni e dai suoi pensieri, non tanto da una descrizione diretta. Il classico "mostra: non dire" che, nell'equilibrio che c'è nel tuo racconto, apprezzo alla grande. 
Ad esempio l'altezza del detective esce fuori da questo dettaglio:
Bardo96 ha scritto: Alta, forse un paio di centimetri più di lui pure senza i tacchi che portava. Non che ci volesse tanto.
E' giusto una pennellata e già lo caratterizza. 
Mi è piaciuto anche che, nonostante si tratti di un personaggio intelligente e "deduttivo", il suo cervello all'inizio è talmente ottenebrato dalla noia che nemmeno presta adeguata attenzione ad un cliente che "non è la solita roba", ovvero proprio il diversivo che stava cercando. Ma la verità è che non guarda più, finché piano piano la sua mente non torna lucida.
Ecco, proprio in questo il risveglio è centrato in pieno. Lo stato soporifero che evolve in un'eccitazione quasi nervosa e lucida da far male, fino a ripiombare nel grigiore spento della quotidianità. Il vero viaggio del racconto sta proprio lì. In un certo senso, il caso in sé, il giallo, è quasi meno rilevante. E ti è riuscito benissimo.

Come qualcuno ti aveva già segnalato, anche io (se devo cercare qualche punto debole) durante la lettura della prima parte del raconto ho pensato: "non riuscirà mai a finirlo senza dividerlo in più parti". Non perché fosse troppo prolisso, ma perché sembrava più l'incipit di un libro, che si prendeva il giusto tempo per narrare le cose. E invece ce l'hai fatta, il racconto si regge da solo e ha un inizio, uno sviluppo e una fine. Per cui sotto vari aspetti va bene così. Se bisogna cercare il pelo nell'uovo, rimane un po' il disquilibrio tra le parti: il dialogo con la ragazza si può un pochetto tagliare.

L'unico pezzo che invece proprio non mi ha convinto è questo:
Bardo96 ha scritto: Purtroppo non lo avrà più- la voce della ragazza si incrinò, d’improvviso la spavalderia la abbandonò -è morto una settimana fa-
-Condoglianze- lui cercò di apparire contrito e dispiaciuto, ma l’interesse per la questione stava rapidamente scemando 
-Verrei subito al punto, se non le dispiace- proseguì Stefania, asciugandosi gli angoli degli occhi -la polizia ha intenzione di classificare il tutto come un suicidio, ma gradirei se desse un secondo parere; potrà suonarle… scontato, ma mio padre non era tipo da uccidersi!- 
Roberto sospirò. Quel caso si presentava di certo più interessante della solita solfa di tradimenti e corna; ma pure bello tragico, con la necessità di scavare Dio solo sapeva quanto a fondo
-La contatterò di sicuro, signorina Rossini, se potrò prendere in carico questo caso- la ragazza abbozzò un sorriso, annuì ed uscì dopo avergli fornito il numero di cellulare. 
La ragazza passa dalla spavalderia, alle lacrime, al sorriso nell'arco di cinque minuti. Certo, è morto suo padre, ma le sue reazioni sono comunque troppo teatrali, poco sottili, una persona forte come pare essere questo personaggio è in grado di rimanere composta, a distanza di qualche giorno dall'evento, di fronte ad un detective che per lo più l'ha appena fatta arrabbiare. Per cui quella lacrima stona e la banalizza... 
Non è che sia un vero errore, perdonami se faccio la puntigliosa! Ma la descrizione che fai del carattere del detective è così magistrale che mi è venuto da segnalarlo. Fai dei bei personaggi e anche lei, con poco, può diventarlo!
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