Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Nightafter ha scritto: Ti devo una spiegazione: questo racconto è legato (in sostanza ne è un episodio) a una saga giovanile della seconda metà degli anni Settanta, che con gli stessi personaggi, vado sviluppando su queste pagine fin dal mio esordio nel vecchio e in questo nuovo forum di scrittura.
Certa abbondanza d'informazioni sui personaggi, serve a chi già ha seguito altre vicende in cui sono presenti, a rimettere a fuoco le loro peculiarità generali.
Ah, ho capito, in effetti sapendo questo retroscena si vede di più il quadro generale. Allora hai già fidelizzato dei lettori   :D

Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Ciao caro @Nightafter 

trovo in te la rara capacità dei narratori di razza di saper coinvolgere e trasportare nei luoghi e nelle situazioni che descrivi. Non ci sono artifici letterari o utilizzo di parole strabilianti, ma tutto contribuisce a creare empatia con il lettore. Si sta “comodi” quando si leggono le tue storie.
Un’altra dote che ammiro dei tuoi scritti è la capacità di rendere vivi i personaggi nella assoluta apparente semplicità delle descrizioni. Apparente perché scrivere così non penso sia facile. C’è talento.
Ora basta coi complimenti e veniamo alle note dolenti… che fa pure la rima. Quando lo finisci il racconto?  :libro:
Per ora il risveglio non lo vedo, ma c’è tanta nostalgia per un’epoca, alla fine, non così distante. Sarà l’età che mi fa commuovere? 

Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Ciao @Nightafter è sempre un piacere leggerti  :D
Commento al netto del racconto completo. Le cose che più mi hanno colpito sono quelle che poi tu stesso hai evidenziato:
Nightafter ha scritto: So bene di non usare una scrittura "moderna" in senso letterario, ma trovo che per certo genere di storie, come questa appena pubblicata, sia più congeniale alla narrazione, la pratica di un "raccontare" vestendole di un'epica risibile cose di per sé banali e prive di un universale interesse.
Trovo che sia una scelta stilistica molto azzeccata
Mi è piaciuta molto la chiusa: il racconto ha un ritmo sempre più serrato di immagini vivide e ironiche, come gli amplessi di Mao ed Enea, e poi l'atmosfera si rilassa, diventa più introspettiva, e smonti il mondo delle maschere che hai precedente costruito, e a buona ragione, perché mentre ero divertito dagli aspetti più innocui di quel gioco, già ravvisavo il pericolo di altri (come il modo in cui i maschi giudicavano le ragazze).


Lascio una mia riflessione su questo aspetto:
Nightafter ha scritto: Quasi mai questi racconti contengono messaggi morali ed etici
Niente da dire sulla scelta nello specifico, ma trovo che sia qualcosa di più grosso a mancare, di cui già ti avevo parlato sotto alla sinossi: manca la storia. Questo non vuol dire che la lettura non mi abbia coinvolto, anzi l'ho divorata. Solo che non saprei quanto sia definibile racconto: secondo me, è più un dipinto narrativo. Una sequenza di immagini, molto belle sì, ma senza una trama che porti il protagonista a un obiettivo. Non è un problema di per sé, ma per mio gusto personale lo rende meno interessante (in quanto io sono appassionato prima di tutto di storie). Una linea di azione anche semplice, banale, che dà una direzione ai personaggi, avrebbe aumentato esponenzialmente il mio apprezzamento: senza bisogno di messaggi morali ed etici forti, solo un tema necessario per dare struttura al tutto.
Questo è il mio punto di vista, poi penso che le scelte artistiche non siano da contestare. In ogni caso è un dipinto che mi ha emozionato e intrattenuto parecchio, ed è questo l'importante   :P

Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Mina ha scritto: Niente da dire sulla scelta nello specifico, ma trovo che sia qualcosa di più grosso a mancare, di cui già ti avevo parlato sotto alla sinossi: manca la storia. 
Mio buon @Mina 
anzitutto grazie di avermi letto e del gentile commento.
Sulla mancanza di storia se me lo consenti avrei una piccola obiezione.
E' indubbio che i nostri obiettivi narrativi sul concetto di "storia" non collimino.
La tua idea di "storia", da quanto da sempre evinco nel leggerti, è improntata allo sviluppo di una vicenda "epica".
Sia che si tratti di fantascienza, di horror , di fantasy o di thrilling, i tuoi racconti sono colmi di azione, di personaggi in qualche misura eroici (quindi epici) che attraverso una moltitudine più o meno vasta e perigliosa compiono una impresa che può essere o meno a lieto fine.
Questo attiene al più vasto concetto letterario di narrativa fiabesca, anche se qui è da intendersi come favola per adulti.

La mia concezione di storia è all'opposto, in genere come avveniva nella filmografia della "nouvelle vague", in autori come Jean Luc Godard, la vicenda raccontata muoveva da un fatto minimale, oggettivamente di poco interesse, quasi banale direi, e si sviluppava divagando dalla premesse iniziale del racconto, per interessarsi d'altro e poi d'alto ancora.
Come avveniva nei film "esistenzialisti" di Michelangelo Antonioni, la macchina da presa, seguiva l'azione "divagando", assai sovente mentre il personaggio principale era in scena, magari impegnato in un dialogo con uno degli altri protagonisti del film, la camera da presa entrava nel primo piano di un particolare della scena: magari un quadro appeso a una parete, esaminandone i particolari, e vi restava per tempi cinematograficamente enormi, mentre il dialogo dei personaggi continuava tranquillamente.

Quale era il significato di un linguaggio filmico tanto insolito?
Orbene, come accade nell'Ulisse di Joyce, si opera sul piano realistico e di flusso del pensiero.
Joyce lo fa eliminando la punteggiatura dal suo scritto, e passando in rassegna una sterminata serie di pensieri vieppiù apparentemente su fatti e argomenti lontanissimi tra loro.
Questo perché se si vuole rappresentare la "mente" che pensa, in maniera "naturale", non si può fare a meno di osservare un flusso costante e disomogeneo di pensieri.
A esempio, magari stiamo pensando di dover pagare l'assicurazione dell'auto, ma un secondo dopo ci viene in mente che la segretaria del nostro ufficio ha un bel culo, poi ancora che dobbiamo acquistare la carta igienica che è finita nel bagno di casa.

Orbene senza compiere una bestemmia o un sacrilegio, premetto che non ho nessuna intenzione di paragonare me stesso e ciò che scrivo al genio di Godard, di Antonioni e men che meno di Joyce, ma nel mio piccolo, l'interesse di ciò che racconto si muove sempre da qualcosa che attiene alla realtà, e sovente a fatti irrilevanti della stessa, per poi "divagando" giungere a una qualche indagine introspettiva della mente e delle azioni dei protagonisti.
Pertanto difficilmente in ciò che scrivo si trova dell'azione dinamica e vieppiù esaltante che possa incontrare il gusto che è proprio delle tue narrazioni.

Per quanto concerne l'obiettivo del protagonista della mia storia, mi pare che tu non ne abbia colto l'essenza, che ben che io come premesso non mi sia posto il problema di ricercare contenuti educativi e morali, non posso che evidenziare che un qualche obiettivo, suo malgrado, l'ha raggiunto.

Infatti ha scoperto che riesce a farselo venire duro a dispetto delle norme igieniche, è che una donna non è solo un buco dove riparare il proprio ammennicolo in caso di bisogno.
Il che non è tanto, me neppure poco.

Grazie ancora per il tuo commento e scusa il pippone di risposta.
Caio alla prossima.  (y)

Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Ciao @Nightafter
Il dibattito mi intriga parecchio, il tuo punto di vista è interessante.
Nightafter ha scritto: in genere come avveniva nella filmografia della "nouvelle vague", in autori come Jean Luc Godard, la vicenda raccontata muoveva da un fatto minimale, oggettivamente di poco interesse, quasi banale direi, e si sviluppava divagando dalla premesse iniziale del racconto, per interessarsi d'altro e poi d'alto ancora.
Come avveniva nei film "esistenzialisti" di Michelangelo Antonioni, la macchina da presa, seguiva l'azione "divagando", assai sovente mentre il personaggio principale era in scena, magari impegnato in un dialogo con uno degli altri protagonisti del film, la camera da presa entrava nel primo piano di un particolare della scena: magari un quadro appeso a una parete, esaminandone i particolari, e vi restava per tempi cinematograficamente enormi, mentre il dialogo dei personaggi continuava tranquillamente
È l'esatto motivo per cui non mi piacciono le digressioni, per quanto bene siano scritte: non sono funzionali alla trama. Non ho visto i film di cui parli, ma credo non mi piacerebbero, anche per il loro saltare di palo in frasca. Se volessi vedere un documentario di storia dell'arte, guarderei quello. Se volessi leggere un approfondimento sulla peste a Milano, leggerei quello (che poi non fraintendermi, sono un grande estimatore di Manzoni, anche dei capitoli sulla peste).
L'esempio che porti è particolare. Se il dialogo va avanti mentre il quadro viene inquadrato (perdona la ripetizione) allora il ritmo della narrazione non viene interrotto. Certo sarebbe ideale il quadro avesse un significato particolare, anche metaforico, nella storia narrata, altrimenti è messo lì a caso, solo perché piace all'autore. E se vuoi raccontare una storia, non metti elementi a caso perché ti piacciono, ma metti cose che abbiano senso nella narrazione: altrimenti stai facendo altro, stai facendo una sequenza di belle cose solo perché ti piacciono, senza un nesso logico.
Per farla breve:
- Non mi piace la narrazione sia interrotta
- Penso che in una storia vadano mostrati solo gli elementi funzionali alla stessa (un'obiezione è che le digressioni sono funzionali nel momento in cui forniscono contesto e atmosfera, e allora è una questione di equilibrio e dove mettere il paletto è personale)
Parentesi a parte, non è questo che dicevo del tuo racconto, che invece mi ha intrattenuto e trovo abbia un ottimo ritmo
Nightafter ha scritto: Orbene, come accade nell'Ulisse di Joyce, si opera sul piano realistico e di flusso del pensiero.
Joyce lo fa eliminando la punteggiatura dal suo scritto, e passando in rassegna una sterminata serie di pensieri vieppiù apparentemente su fatti e argomenti lontanissimi tra loro.
Questo perché se si vuole rappresentare la "mente" che pensa, in maniera "naturale", non si può fare a meno di osservare un flusso costante e disomogeneo di pensieri.
A esempio, magari stiamo pensando di dover pagare l'assicurazione dell'auto, ma un secondo dopo ci viene in mente che la segretaria del nostro ufficio ha un bel culo, poi ancora che dobbiamo acquistare la carta igienica che è finita nel bagno di casa
Il flusso di coscienza è una tecnica narrativa, non un modello per una storia. Anche i personaggi di Joyce seguono un arco e una storia. Tra l'altro la apprezzo molto come tecnica, mi diverto a usarla ogni tanto e come ti ho detto in questo tuo racconto mi piacciono parecchio i momenti introspettivi.
Il giochino di cui dicevi tu:
Nightafter ha scritto: magari stiamo pensando di dover pagare l'assicurazione dell'auto, ma un secondo dopo ci viene in mente che la segretaria del nostro ufficio ha un bel culo
L'avevo messo una volta in un mio racconto: nel momento in cui il protagonista si trova davanti la ragazza di cui è innamorato, nel momento di climax, ripensa a un film della Disney. Mi sono divertito un casino
Nightafter ha scritto: Infatti ha scoperto che riesce a farselo venire duro a dispetto delle norme igieniche, è che una donna non è solo un buco dove riparare il proprio ammennicolo in caso di bisogno.
Il che non è tanto, me neppure poco.
Questo mi piace un sacco  :D
Nightafter ha scritto: La tua idea di "storia", da quanto da sempre evinco nel leggerti, è improntata allo sviluppo di una vicenda "epica".
Sia che si tratti di fantascienza, di horror , di fantasy o di thrilling, i tuoi racconti sono colmi di azione, di personaggi in qualche misura eroici (quindi epici) che attraverso una moltitudine più o meno vasta e perigliosa compiono una impresa che può essere o meno a lieto fine.
Non è proprio così. Non è una questione di genere, ma di come la storia viene costruita. Poi naturalmente ho generi che preferisco, ma tra le mie storie preferite ce ne sono anche di amore, drammatiche, introspettive, e ogni tanto mi piace anche scriverle.
Il punto fondamentale è che, per me, un racconto non è una sequenza di fatti, ma una storia che mostra come un personaggio deve fare qualcosa per raggiungere un obiettivo per il quale deve cambiare sé stesso. È per questo che il resoconto della mia giornata, per quanto possa essere stata avventurosa, per me non è un racconto. Ma se scrivo invece di come questa mattina mi sia svegliato pieno d'ansia per una importante riunione di lavoro, la mia ansia abbia messo in gioco la buona riuscita della riunione (anche a causa di un collega stronzo, ma che in realtà lo è per nascondere la propria, di ansia), e alla fine abbia superato l'ansia e sia riuscito a far andare bene la riunione (o meno, a seconda se la storia sia tragica o no), allora sì che quello è un buon racconto. È solo a questo punto che posso chiedermi quali elementi siano funzionali alla storia raccontata e quali no. Cosa rende una buona storia è un discorso ampio e complesso e non ho certo la pretesa di padroneggiarlo bene, ma siamo qui a scambiarci i nostri punti di vista, no?
Nightafter ha scritto: che ben che io come premesso non mi sia posto il problema di ricercare contenuti educativi e morali
Non è neanche il punto quello della morale e dell'etica. Anzi, a essere onesto, i racconti che vogliono "insegnare" qualcosa mi stanno antipatici. Il punto di vista tematico è un'altra cosa. Ti capita mai di finire una storia e pensare: sì, ma quindi? Che mi ha lasciato? Perché mai dovrebbe importarmi di tutto questo? Secondo me una storia deve lasciare qualcosa al lettore. Non un insegnamento, solo "qualcosa".
Esempio: il protagonista, da inizio racconto, vede tutte le donne come un buco, ed è infastidito che per Cavalla non riesca a farselo venire duro. Sta là a vedersi Mao che se la scopa, e quando la vede scoperta, è costretto ad accettare che anche lei è un essere umano e la copre e in quel momento gli viene duro.
E va bene, questa è la storia, tutto il resto è contorno, è marginale, e va dosato molto bene. Il lettore ha imparato qualcosa? Sì, no, non importa. Ma gli è rimasto qualcosa: una emozione, la sensazione di aver raggiunto qualcosa assieme al protagonista (o sensazioni negative, se il racconto è tragico).
Tutto questo per dire che la tua - seppur bellissima, lo ripeto, non me ne volere - sequenza di immagini mi ha colpito con mooolta meno potenza di quanto avrebbe potuto con questi piccoli aggiustamenti. Il protagonista ha a che fare con le sue emozioni per una ragazza oggetto / essere umano, okay, ma un attimo prima la sua preoccupazione più grande sono le canne, quello prima il flauto, quello prima quel coglione di Pelle, e alla fin fine non so per cosa mi dovrebbe importare. Se questi avvenimenti sono legati da un filo unitario - quello della storia - tutto acquisisce un senso. Ripenso ad esempio a un tuo racconto - non ricordo il titolo, scusami, e non so come si fa a cercare tutti i racconti pubblicati da un utente - in cui il protagonista voleva soffiare la ragazza a un tipo grande e grosso e rischiava di finire menato: ecco, lì questo funzionava benissimo, e infatti mi aveva gasato un botto e me lo ricordo ancora. Il personaggio aveva un movimento "eroico" all'interno di quel racconto.

Comunque è una questione che ho ancora da elaborare e ragionare bene. Non so se sono riuscito a esprimere a dovere il mio punto di vista. Scusami anche tu per il pippone, quando mi prendo bene sono così. Sono curioso di sapere che ne pensi  :D

Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Mio buon amico @Mina 

Nulla mi appassiona e piace di più del ragionare intorno a questi temi.
Da che per l'età ho dovuto darmi una calmata con l'altra metà del cielo (La gnocca), questa resta una delle poche passioni a cui mi dedico assai volentieri.
Per tanto non posso che essere felice del tuo pippone in risposta al mio.

Quei film di cui ho fatto menzione, erano dei capolavori del loro tempo, poiché inventavano un linguaggio filmico rivoluzionario, erano la rotture degli schemi narrativi del mezzo cinematografico imperante e vieppiù di genere hollywoodiano.
Un cinema di contenuti anziché di puro spettacolo, come nella storia italiana del dopoguerra era stato il neorealismo.

Nasceva nel cinema quello che in letteratura era stato il messaggio di J.P. Sartre, o se vuoi di Moravia in Italia.
La creazione di una storia "non storia", con personaggi senza caratteristiche "eroiche", narrata con una tecnica e un linguaggio fuori dagli schemi.
Un cinema che raccontava dell'interiorità dell'uomo, che diveniva ingranaggio passivo della macchina sociale del consumo, perdendo la propria individualità e il senso stesso della propria missione esistenziale di vita.
Discorso che oggi diamo per scontato, ma che allora era rivoluzione e ribellione verso il "sistema".

In questo genere di film ve ne sono alcuni che pur nel linguaggio innovativo e anticonvenzionale erano intrisi di una poesia tragica e disperata, che colpivano lo spettatore in maniera profonda.
Vedasi come esempio: "À bout de souffle", un film del 1960 scritto e diretto da J. L. Godard, considerato il manifesto della Nouvelle vague.
Credo che se tu li avessi visti, non ti saresti annoiato, perché ne avresti compreso la provocazione linguistica.

Ora tornando al mio problema, senza volermi paludare di tutto questo bagaglio culturale, nel mio modestissimo esperimento di scrittura (che talvolta riesce d'essere leggibile e altre di far pena)  ho come riferimenti quel mondo da una parte e Piero Chiara dall'altro.
Il mio limite riconoscibile è di riuscire a scrivere solo in questa maniera ( se vuoi chiamalo metodo, stile, o peccato mortale) di qualsivoglia argomento mi accinga a scrivere, quale che sia il genere in cui mi cimento.

Per altro, in termini di storia, vorrei evidenziare che questo racconto non è un episodio casuale e legato alla contingenza del contest che lo ospita, ma fa parte della enciclopedica saga con gli stessi protagonisti che da anni ormai vado pubblicando con una sequenza di racconti a puntate.
Questa serie di racconti che illustrano vari momenti delle vite e delle vicissitudini dei personaggi che li animano, dovrebbero secondo un progetto che tengo nel cassetto, far parte di una unica raccolta che li contenga tutti.

Quindi abbi pazienza ma credo che al di là dall'apprezzamento per le più o meno dettagliate descrizioni ambientali, difficilmente ciò che scrivo potrà appagare le tue aspettative di lettore.
Me ne scuso, non te ne voglio e non volermene.

Un saluto amico mio  (y)

Re: [Lab6] - Chez Mao – Pt. 1

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Nightafter ha scritto: Nulla mi appassiona e piace di più del ragionare intorno a questi temi.
Non dirlo a me
Nightafter ha scritto: Da che per l'età ho dovuto darmi una calmata con l'altra metà del cielo (La gnocca)
Suvvia, non è mai tardi  :asd:
Nightafter ha scritto: Nasceva nel cinema quello che in letteratura era stato il messaggio di J.P. Sartre, o se vuoi di Moravia in Italia.
Grazie dei tuoi ottimi consigli cinematografici. Sono abbastanza ignorante di cinema, ma proverò a seguirli
Nightafter ha scritto: Il mio limite riconoscibile è di riuscire a scrivere solo in questa maniera ( se vuoi chiamalo metodo, stile, o peccato mortale) di qualsivoglia argomento mi accinga a scrivere, quale che sia il genere in cui mi cimento.
Non è neanche troppo un limite, è la tua voce. Poi uno può giocare e sperimentare, ma è un bene che tu abbia chiaro quale sia la tua voce
Nightafter ha scritto: Questa serie di racconti che illustrano vari momenti delle vite e delle vicissitudini dei personaggi che li animano, dovrebbero secondo un progetto che tengo nel cassetto, far parte di una unica raccolta che li contenga tutti.
Dai, sarebbe una figata! Fallo!
Nightafter ha scritto: difficilmente ciò che scrivo potrà appagare le tue aspettative di lettore.
Me ne scuso, non te ne voglio e non volermene.
Ma non è vero, abbiamo due visioni diverse della cosa, ma alla fine è una questione di definizioni, che lascia il tempo che trova. Puoi scrivere alcuni racconti più affini ai miei gusti e altri meno, è la norma. E comunque non importa, mi sono divertito a leggere, quindi possiamo dire che hai raggiunto lo scopo anche con me come lettore, no?
Nightafter ha scritto: Un saluto amico mio  (y)
Un carissimo saluto  :D
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