[Lab 4] L’incisione

1
Viktor Bogdanov diede un’ultima occhiata febbrile alla stanza. Sprimacciò i cuscini sopra al divano, controllò il perfetto allineamento dei due calici di cristallo sopra al tavolino. Stappò una bottiglia di vino rosso d’annata, ne annusò il tappo annuendo soddisfatto. Accese lo stereo regolando il volume al minimo, in modo che la musica costituisse un delicato sottofondo, per l’occasione, Notturno di Chopin gli sembrò perfetto.
Gli scaffali della libreria ospitavano pochi volumi: i ripiani erano occupati da decine di targhe e trofei. Al centro, in primo piano, faceva bella mostra di sé una cornice d’argento con la foto che lo ritraeva sorridente nell’atto di stringere la mano di Lobanovski, allenatore della nazionale di calcio olimpica. Nello svuotatasche, sulla mensola vicina alla porta d’ingresso,  rilucevano le chiavi della sua Trabant 601 S Deluxe. 
Il suono del campanello gli fece balzare il cuore in petto. Prima di aprire, Viktor cercò a tastoni la croce smaltata appesa alla sua collanina. Il piccolo ciondolo mostrava un Cristo dai colori sbiaditi e aveva un lato mezzo schiacciato. Appeso a una collana d’oro a maglie spesse sembrava fuori posto come un barbone alla tavola di un ristorante di lusso, ma Viktor lo stringeva tra il pollice e l’indice con tenerezza. Come faceva nello spogliatoio prima di entrare in campo e fischiare l’inizio di una partita, lo baciò. Quel rituale gli aveva sempre portato fortuna.
Viktor aprì la porta e tese l’orecchio: il rumore lieve dei passi di Lidija risuonava nell’androne del palazzo. L’aspettò sul pianerottolo contando mentalmente il numero degli scalini che lo separavano ancora da lei.
«Ciao, entra.»
Lidija si guardò intorno. Nel salotto, tutto parlava di lui, ma era come se la sua vita precedente non fosse mai esistita: nessuna foto di donna, di qualche familiare o di lui da bambino. Come se Viktor fosse nato già adulto. Solo trofei e ritagli di giornale. Un pallone con decine di firme era il soprammobile più strano.
«Dove abitavi prima?» gli chiese curiosa.
«La mia famiglia era di Orël. C’è ancora la vecchia casa, ma ci vado di rado da quando sono morti i miei. Più che altro ho viaggiato molto in questi anni.»
«E come mai hai scelto di venire a vivere proprio qui a Šiauliai?»
«Perché una bella donna mi ha rubato il cuore…» le sussurrò all’orecchio.
«Non dovrei essere qui, Viktor. Non so ancora se posso fidarmi di te.»
Viktor la raggiunse dietro le spalle, sollevò i capelli e le diede un bacio sul collo. «Fuggirai via, allora?»
«Può darsi…» Lidija andò verso la libreria e prese in mano la cornice. «Sei famoso, Viktor. Peccato che io non ne capisca niente di calcio.»
Lui riempì i due bicchieri col vino e gliene porse uno: «Assaggialo. È molto buono.»
La musica riempiva gli spazi della loro conversazione punteggiata di sguardi, di respiri, di carezze sperate da tempo. I loro sguardi s’incontrarono una volta di troppo… Fecero l’amore a lungo così, sul divano, lasciando che fossero i loro corpi a parlare in un intreccio di dita e di gambe, di lingue e di gemiti. Lidija gli arruffò i capelli e si mise a giocherellare con la croce che pendeva dalla sua catenina.
«Certo che sei un uomo strano. Non avrei mai immaginato che tu fossi cattolico. È la prima cosa che mi ha colpito di te. Nessun uomo che indossi una croce può essere tanto cattivo, neppure un russo.»
Viktor sorrise. «Cattolico? Io? Ma cosa dici… No, no. Non è come pensi.»
Lidija gli prese la testa fra le mani e lo guardò dritto negli occhi: «Non prendermi in giro: questa è una croce cristiana» disse indicando il gioiello.
«Sì è vero. È il mio portafortuna. Ma la fede e tutte quelle balle non c’entrano.»
La donna ammutolì.
«È un regalo di mio padre. Era un soldato. Io ero ancora un ragazzino quando fu mandato a spianare con la ruspa la Collina delle croci. Rischiò grosso per portarne via una di nascosto, ma ci teneva che io ce l’avessi. Da allora non me ne sono mai separato e le cose mi sono sempre andate bene» disse schioccando un bacio sonoro sul ciondolo. 
Lidija, pallida come un morto, si alzò di scatto cercando di trattenere le lacrime. Raccolse da terra la biancheria intima, si rivestì in fretta e scappò via sbattendo la porta senza dire una parola. Viktor, impietrito, non trovò le parole per fermarla. Infilò veloce i pantaloni e la rincorse fino alla strada. La raggiunse che era già sul marciapiede «Io… io… io…» le disse ansimando.
Lei si mordeva il labbro inferiore e non riusciva a guardarlo in faccia. Restò ferma per qualche attimo: «Mi spiace, ma io… no» gli rispose glaciale.
«No cosa? Spiegati, per favore.»
«Ascolta Vik, non so chi ti abbia insegnato cos’è giusto e cosa è sbagliato, ma è chiaro che io e te non possiamo stare insieme.»
Lui le asciugò una lacrima col dorso della mano. «Lidija, ti prego, torna indietro. Dimmi cosa ti ho fatto. Parliamone.»
Rispose con lo sguardo perso nel vuoto: «Mio padre era un combattente nei “fratelli della foresta”. Morì durante una battaglia e fu gettato in una fossa comune. Mio fratello Jonis aveva appena diciannove anni quando i sovietici lo uccisero. Mia madre non riuscì a impedirgli di seguire le orme di papà ed entrare nella resistenza armata. Prima che partisse, gli mise al collo una croce per proteggerlo. Fu l’unica cosa che le restituirono di lui.»
Viktor cercò la sua mano, ma lei la ritrasse subito.  
«Ero ancora una bambina, allora. Camminammo per ore fino alla Collina delle croci. Pregammo così tanto che non riuscivo più ad alzarmi. Avevo le ginocchia a pezzi e i piedi pieni di vesciche. Prima di tornare a casa lasciammo lì la croce di Jonis.» 
Lidija cercò lo sguardo di Viktor. «Quando i soldati russi distrussero la collina, mia madre non lo sopportò. Era come se avessero ucciso Jonis un’altra volta. Da allora non si è più ripresa. Adesso lo capisci perché devi lasciarmi in pace? Non devi cercarmi mai più.» 
Viktor la osservò allontanarsi nella nebbia fin quando non divenne che un punto indistinto.
Rientrò in casa, si versò da bere, incapace di reagire. Era come paralizzato, non poteva né articolare una parola, né muovere le gambe. Albeggiava quando riuscì a riprendersi. 
Salì in auto e guidò coi finestrini aperti fino alla Collina delle croci. Non c’era mai stato prima. La strada era sconnessa. Dovette parcheggiare in uno spiazzo polveroso e proseguire a piedi. 
Sentì correre un brivido lungo la schiena nell’attraversare quel luogo. Non furono le croci di ogni formato e materiale a colpirlo, ma la melodia prodotta dal vento che le attraversava. Un suono dolce ma, al contempo, fiero. Si sedette per terra e chiuse gli occhi. Respirò a fondo: tutto era pervaso da un’energia quasi palpabile. Restò lì a lungo, incurante dei pellegrini che, indifferenti, gli passavano accanto. Si avviò verso l’auto che il sole già arrossava il cielo. 
Rientrato in città, il giorno successivo cercò il laboratorio di un gioielliere.
«Se desidera una collana d’ambra deve rivolgersi al negozio di mio figlio, qui si fanno solo le riparazioni» disse l’artigiano senza alzare la testa quando lo sentì entrare.
«Veramente… cercavo proprio lei.» Viktor si sfilò la collanina e gli mostrò il pendente.
L’uomo lo guardò con aria interrogativa.
«Mi chiedevo se… ehm… Ecco. Mi chiedevo se lei potesse incidere un nome sul retro di questa croce.»
L’artigiano prelevò dal cassetto una lente d’ingrandimento. «Non è oro, è un metallo troppo sottile» disse «e poi la superficie non è regolare.» Scosse la testa e sollevò lo sguardo verso di lui: «Mi spiace, non credo che verrebbe un buon lavoro.»
Viktor estrasse dal portafoglio quattro banconote da venticinque rubli e le depose sopra il bancone. «Possono bastare?»
Il gioielliere annuì. «Che nome devo incidere?» chiese solerte.
«Jonis.»
Tornò a casa, prese una valigia e liberò gli scaffali della libreria da tutti i suoi trofei. Rimase qualche minuto a fissare la stanza vuota poi uscì in strada col pallone sottobraccio e lo regalò al primo ragazzino che incontrò.
Non era certo di riuscire a ritrovare l’abitazione di Lidija. L’aveva riaccompagnata una sola volta ed era buio. L’intricato gomitolo di viuzze e una nebbia impalpabile acuivano la difficoltà. Aveva già perso le speranze di trovare il portone giusto, quando la vide uscire da un vecchio palazzo. Camminava a testa bassa, i passi svelti rimbombavano tra le pareti del vicolo come dentro a una chiesa al mattino presto. Gli passò accanto senza notarlo. 
«Lidija!» 
Sentendosi chiamare, lei s’irrigidì. Attese qualche istante prima di voltarsi. Aveva gli occhi gonfi. «Non dovresti essere qui» gli disse senza abbassare lo sguardo.
«Stai tranquilla, sto per partire. Non credo che ci rivedremo» frugò nella tasca della giacca e tirò fuori una piccola scatola. «Volevo solo darti questa.» 
«Non voglio niente da te.»
Viktor sospirò. «Almeno aprila.»
Le tremavano le mani e Viktor dovette aiutarla. Nel vedere il contenuto, Lidija avvampò. 
«Portala a tua madre. Ci ho fatto incidere sul retro il nome di tuo fratello.»
Lei spostò lo sguardo da Vik alla scatola una, due, tre volte: «Sali insieme a me. Vorrei che gliela consegnassi tu.»
La camera era in penombra. Lidija aprì le tendine per far entrare un po’ di luce. Si chinò sulla donna e la chiamò sottovoce scuotendola con dolcezza. «Mamma…» Sollevò la coperta, tirò fuori il braccio e le prese la mano. Era fragile e leggera come un uccellino. Viktor si avvicinò e le pose sul palmo la piccola croce. 
L’anziana girò lentamente la testa verso di lui. Gli occhi, due fessure di cielo sbiadito, si inumidirono: «Jonis…» disse con un filo di voce. Una lacrima le rigò il viso.
«Ieri sono stato alla Collina. Ti chiedo scusa per tutto, Lidija.»
La donna non riuscì a dire una parola. I suoi occhi parlavano per lei.

Re: [Lab 4] L’incisione

2
@Monica ha scritto:
Accese lo stereo regolando il volume al minimo, in modo che la musica costituisse un delicato sottofondo, per l’occasione, Notturno di Chopin gli sembrò perfetto.
Dopo "sottofondo", ti suggerisco i due punti, che precedono la spiegazione del perché della scelta.
@Monica ha scritto: il rumore lieve dei passi di Lidija risuonava nell’androne del palazzo
Visto che il rumore è lieve, come verbo vedrei meglio "riecheggiava".
@Monica ha scritto: «Ciao, entra.»
Dopo il balzare del cuore in petto, tutto qui il saluto? Senza nemmeno girarsi in bocca il nome di lei? Mi pare un saluto freddino...
@Monica ha scritto: Non furono le croci di ogni formato e materiale a colpirlo, ma la melodia prodotta dal vento che le attraversava. Un suono dolce ma, al contempo, fiero. Si sedette per terra e chiuse gli occhi.
Molto bello questo pezzo.  (y)
@Monica ha scritto:
Viktor si avvicinò e le pose sul palmo la piccola croce. 
L’anziana girò lentamente la testa verso di lui. Gli occhi, due fessure di cielo sbiadito, si inumidirono:
Ti suggerisco, prima di fare girare l'anziana verso di lui, di farla soffermare a guardare la croce, che invece hai saltato.
@Monica ha scritto: mar ago 16, 2022 8:02 am
«Ieri sono stato alla Collina. Ti chiedo scusa per tutto, Lidija.»
La donna non riuscì a dire una parola. I suoi occhi parlavano per lei.
Come fa la donna a capire le sue scuse? Non sa quanto è accaduto a casa dell'uomo in relazione alla croce che lui portava.


Cara @@Monica - tu comunque non deludi mai coii tuoi racconti. Brava!  :)

L'idea della rievocazione dell'esistenza di quelle quattrocentomila croci (a oggi) della Collina delle Croci in Lituania dà un significato toccante alla traccia. Grazie della lettura  :libro: .
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 4] L’incisione

3
Ciao @@Monica, mi è piaciuto davvero molto il tuo racconto, mi sono davvero trovata immersa nei luoghi descritti, mi hanno  stupito le notevoli descrizioni, con un limite di caratteri.così basso.

Ecco i suggerimenti:
@Monica ha scritto:
Viktor sorrise. «Cattolico? Io? Ma cosa dici… No, no. Non è come pensi.»
Lidija gli prese la testa fra le mani e lo guardò dritto negli occhi: «Non prendermi in giro: questa è una croce cristiana» disse indicando il gioiello.
«Sì è vero. È il mio portafortuna. Ma la fede e tutte quelle balle non c’entrano.»
Considerando che Lidija confessa di essersi fidata proprio per la croce, le spiegazioni di lui le avrei presentate più imbarazzate, invece così sembra uno "spaccone", quasi non gli interessassero le emozioni di lei, in contraddizione con quanto segue nel racconto.
@Monica ha scritto: Ascolta Vik, non so chi ti abbia insegnato cos’è giusto e cosa è sbagliato
È chiaramente una scelta di "parlato popolare", ma avrei preferito "cosa sia giusto e cosa sbagliato".

Non mi è chiaro quale sia il metallo sottile smaltato, ma la descrizione della croce è ben resa, quando la metti a confronto con la catena d'oro dove è agganciata.

Complimenti per il bel racconto.
<3

Re: [Lab 4] L’incisione

4
Ciao @@Monica
@Monica ha scritto: Accese lo stereo regolando il volume al minimo, in modo che la musica costituisse un delicato sottofondo, per l’occasione, Notturno di Chopin gli sembrò perfetto.
C'è qualcosa che non va nella punteggiatura. È necessario un segno diverso dalla virgola dopo sottofondo. Poeta Zaza suggeriva due punti. Va bene anche un punto se tendi a evitare i due punti come è in uso in narrativa.
@Monica ha scritto: Come faceva nello spogliatoio prima di entrare in campo e fischiare l’inizio di una partita, lo baciò. Quel rituale gli aveva sempre portato fortuna.
La descrizione di Viktor è  ottima. Attraverso i suoi oggetti sei riuscita a far uscire fuori molto di lui, della sua personalità. 
Però non ho capito una cosa. È un arbitro o un calciatore? Dalla frase che ho evidenziato sembrerebbe un arbitro, ma la descrizione che fai in tutto il racconto di lui, dei suoi trofei, del suo status, sembrerebbe più un calciatore. Anche perché il rituale scaramantico di baciare la croce perché gli porti fortuna mi pare più adatto a un calciatore che a un arbitro. 
@Monica ha scritto: Fecero l’amore a lungo così, sul divano, lasciando che fossero i loro corpi a parlare in un intreccio di dita e di gambe, di lingue e di gemiti. Lidija gli arruffò i capelli e si mise a giocherellare con la croce che pendeva dalla sua catenina.
Così come? Non capisco quel cosi  messo nella frase. Poi c'è una specie di stacco implicito che non mi convince dopo gemiti. Si capisce che hanno finito ma non lo dici. La descrizione della scena di sesso comunque non è male.
@Monica ha scritto: Certo che sei un uomo strano. Non avrei mai immaginato che tu fossi cattolico. È la prima cosa che mi ha colpito di te. Nessun uomo che indossi una croce può essere tanto cattivo, neppure un russo.»
Immagino che la frase sia ironica, tant'è vero che poi Viktor sorride. Tuttavia attraverso un motto di spirito Lidja sta formulando un giudizio molto categorico: che un cattolico sia buono implicitamente (e di conseguenza non lo sia un non cattolico) e che un russo sia cattivo. Sta però salvando dal suo schema mentale un russo cattolico. È una frase molto interessante. Alla luce del prosieguo della storia e della morale piuttosto palese di cui è portatrice, questa frase getta una luce ambivalente sul personaggio di Lidja. Non mi è chiarissimo però se sia un dubbio che volutamente stai istillando in chi legge.
Le descrizioni sono molto buone e in particolare mi è piaciuto come le hai inserite nel testo. C'è infatti un ottimo equilibrio tra le varie parti che compongono il racconto: descrizioni, azioni, dialoghi. Le descrizioni si amalgamano perfettamente. 
Il racconto è ben ideato, scorrevole, e denota quella maturità nella scrittura che ho notato nei tuoi racconti più recenti.
Ottima prova!

Re: [Lab 4] L’incisione

6
Mi piace l'idea, mi piace come l'hai sviluppata, mi piace come Lidija lasci trasparire il fatto che lei va a letto con il nemico.
È la storia di una terribile coincidenza, di un momento di mancanza di empatia e della superficialitá di un uomo, che racconta eventi terribili alla persona sbagliata.
Peró c'é anche speranza, riscatto, rispetto e presa di coscienza, una vasta palette di sentimenti.
L'incipit mi ha subito catturato. Ero lí con Viktor nella sua casa accogliente in attesa della sua ragazza. Ho percepito il suo successo e il fatto che Lidija fosse meno caratterizzata l'ho trovato funzionale alla storia.
L'unico neo per me é il finale.
Ho avuto la sensazione che fosse tronco, non cosí curato come il resto del racconto. Avrei voluto piú atmosfera, piú descrizione dell'ambientazione, della madre.
Forse era tua intenzione terminare cosí e io ero semplicemente viziata da tutto il testo precedente.
In ogni caso, complimenti!

Re: [Lab 4] L’incisione

8
E' un bel racconto ed è stato un piacere leggerlo, come sempre.
Hai disegnato con cura l''attesa, la seduzione, lo strappo, la ricerca del senso e alla fine l'incontro, quello vero.
Ma forse è proprio lì che mi è mancato qualcosa. Cerco di spiegarmi.
Quello che chiamo l'incontro, inizia sulla Collina delle Croci e si risolve davanti alla madre di Lidija, ma non riguarda altri che Victor. E' un viaggio dentro se stesso.
@Monica ha scritto: Sentì correre un brivido lungo la schiena nell’attraversare quel luogo. Non furono le croci di ogni formato e materiale a colpirlo, ma la melodia prodotta dal vento che le attraversava. Un suono dolce ma, al contempo, fiero. Si sedette per terra e chiuse gli occhi. Respirò a fondo: tutto era pervaso da un’energia quasi palpabile. Restò lì a lungo, incurante dei pellegrini che, indifferenti, gli passavano accanto. Si avviò verso l’auto che il sole già arrossava il cielo. 
Il luogo è straordinario, sia a livello visivo che simbolico. Più volte distrutto, altrettante rinato, segno tangibile di come la spiritualità riesca a prevalere sulla violenza più brutale.
Gli avrei dedicato qualche parola in più. 
Non avrei visto pellegrini indifferenti che gli passavano accanto, ma sguardi intensi, dialogo muto tra anime che si ritrovano.
Così facendo anche la partenza di Victor, che sa di frustrazione e rinuncia, avrebbe rivelato lo spessore che le spetta: l'inizio di un modo nuovo di stare al mondo.
Lo sguardo ai trofei, la vanità che aveva preso il posto della memoria, con il dono del pallone al ragazzino, sarebbe diventato un passaggio di testimone, l'impegno a fare e dare il meglio. Gesto speculare alla consegna della croce di Jonis alla madre che, da risarcimento, sarebbe diventato promessa.

Cara @Monica , lo ribadisco: è proprio un bel racconto e tutte le cose che ho detto sono racchiuse nelle tue parole come in uno scrigno prezioso.
Avrei solo desiderato che lo aprissi un po' di più.
<3
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu

Re: [Lab 4] L’incisione

10
Ciao @@Monica
Il racconto è ben scritto: non è una novità che con la penna conosci il fatto tuo, come del resto è lampante in ogni tuo racconto.

Questa che ci offri una edificante storia d’amore con happy end tra due innamorati dell’est che vivono in difficile rapporto sullo sfondo della memoria del conflitto tra due etnie: quella russa e quella lettone, che si è svolto nella prima metà del ‘900.
Questa vicenda del tuo racconto, ambientata in un qualsiasi altro scenario bellico, poteva scorrere come cornice storica senza essere vincolante nel sollecitare un giudizio storico del lettore, che qui viene chiamato a dare.

Hai scelto alcuni riferimenti molto forti nel loro richiamo evocativo:
- “La collina delle croci”
- “I fratelli della foresta”

Evocazioni che mediamente al lettore dicono poco: infatti essendo un lettore medio, a me personalmente non hanno detto nulla.
Però essendo al contempo un lettore curioso, conscio delle gravi lacune in fatto di storia che mi affliggono, stimolato dalla lettura mi sono preso il gusto di capirne qualcosa.

Così ho scoperto che gli eroici “fratelli dell foresta” lettoni, combatterono contro l’Armata Rossa, prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale, nell’ambito della guerra di resistenza all’invasione russa dopo il patto Molotov-Ribbentrop.
Tutto questo appare nel racconto in qualche modo epico ed eroico, trattandosi di una guerra di “liberazione”.
Quello che non viene detto nel racconto, in cui i russi appaiono come brutali invasori (cosa in parte vera), è che la Lituania come l’Estonia, salutarono la successiva invasione tedesca come una forza di liberazione dal giogo russo, ma al contempo divennero anche fervidi e solleciti collaboratori dei nazisti nel progetto e nell’attuazione dell’olocausto di milioni di ebrei, russofili, comunisti, zingari, ebrei polacchi, omosessuali, malati di mentre ecc.
Addirittura fecero parte delle SS creando una guarnigione ad hoc.
Nel dopoguerra fino agli anni ‘50, membri delle ex ss costituirono parte delle forze operanti all’interno dei “fratelli della foresta”, grazie ai finanziamenti e la fornitura d’armi da parte della CIA e dell’intelligence inglese, per effettuare azioni di guerriglia, sabotaggio e omicidi vari, in chiave antisovietica.
Insomma questo contesto storico è a tutt’oggi argomento di controverso confronto sui fatti che attengono alla Shoah, con posizioni di talvolta aperto negazionismo da parte di stati compromessi col nazismo.
Senza dimenticare che le nostalgie e le simpatie per figure storiche, che hanno chiaramente fatto parte delle strutture naziste, sono presenti in diversi dei paesi dell’area ex unione sovietica ed [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]elevate a eroi nazionali.[/font]

Mi domando francamente se per ambientare una storia d’amore fosse necessario calarla in un contesto che si rivela un vero vespaio storico-ideologico.
Non so se nello scrivere il racconto fossi ben conscia del possibile indotto che ne poteva pervenire, o se ingenuamente ti sei lasciata catturare da riferimenti evocativi assai forti, ignorando di approfondirne gli aspetti storici più complessi e scottanti.

A rileggerci in qualcosa di più distensivo mia dolce amica.
Ciao e un abbraccio. 

Re: [Lab 4] L’incisione

12
Poeta Zaza ha scritto: Ti suggerisco, prima di fare girare l'anziana verso di lui, di farla soffermare a guardare la croce, che invece hai saltato.
Ciao @Poeta Zaza 

Ti ringrazio per avermi fatto notare che, in effetti, sarebbe opportuno, o meglio che il lettore si aspetti  che la donna guardi la croce. In realtà, ma dovrei spiegarlo in qualche modo (lo aggiungerò) l’anziana è fuori di testa. La perdita del marito prima e del figlio poi l’hanno distrutta. Non è necessario che veda la croce (non è la stessa) le basta sentirla sulla mano e ha un piccolo moto di lucidità. È un ricordo che affiora, ma niente di più. Questo nelle mie intenzioni ma è evidente te che devo integrare il testo con la spiegazione della malattia.

Mi chiedi: come fa la donna a capire le sue scuse? Non sa quanto è accaduto a casa dell’uomo in relazione alla croce che portava.
@Monica ha scritto:
Rispose con lo sguardo perso nel vuoto: «Mio padre era un combattente nei “fratelli della foresta”. Morì durante una battaglia e fu gettato in una fossa comune. Mio fratello Jonis aveva appena diciannove anni quando i sovietici lo uccisero. Mia madre non riuscì a impedirgli di seguire le orme di papà ed entrare nella resistenza armata. Prima che partisse, gli mise al collo una croce per proteggerlo. Fu l’unica cosa che le restituirono di lui.»
Viktor cercò la sua mano, ma lei la ritrasse subito.  
«Ero ancora una bambina, allora. Camminammo per ore fino alla Collina delle croci. Pregammo così tanto che non riuscivo più ad alzarmi. Avevo le ginocchia a pezzi e i piedi pieni di vesciche. Prima di tornare a casa lasciammo lì la croce di Jonis.» 
Lidija cercò lo sguardo di Viktor. «Quando i soldati russi distrussero la collina, mia madre non lo sopportò. Era come se avessero ucciso Jonis un’altra volta. Da allora non si è più ripresa. Adesso lo capisci perché devi lasciarmi in pace? Non devi cercarmi mai più.» 
Certo che lo sa. Glielo spiega Lidja. E poi Viktor è figlio di un soldato sovietico inviato a distruggere la collina delle croci. Una missione che ha compiuto con orgoglio (rischiando la vita pur di portare al figlio Viktor un “trofeo” della sua azione. La storia dei fratelli della foresta è molto dura. Gente che ha lottato ed è morta per la libertà e l’indipendenza del proprio paese dalla Unione Sovietica. Una storia talmente attuale che ho voluto proporla (per non usare l’attuale situazione bellica) con l’idea di fondo di parlare di una possibile pace, perché no? guidatata, questa volta, dall’amore. Lui le chiede scusa di tutto perché si rende conto dopo aver visto coi suoi occhi la collina e la madre della ragazza di quanto dolore ha inferto e di quanto superficiale fosse il suo atteggiamento (considerare il “ciondolo” un semplice amuleto).
Spero di averti risposto adeguatamente cara @Poeta Zaza. Grazie ancora per l’attenzione che mi riservi.🙏🌼💖

Re: [Lab 4] L’incisione

13
@Monica ha scritto: Accese lo stereo regolando il volume al minimo, in modo che la musica costituisse un delicato sottofondo, per l’occasione, Notturno di Chopin gli sembrò perfetto.
Metterei un punto fermo tra "sottofondo" e "Per l'occasione"
@Monica ha scritto: Sì è vero.
Sì, è vero.

Piaciuto parecchio, le descrizioni trasmettono immagini vivide che ci trascinano dentro la storia, sfruttando tutti i sensi. Completamente riuscito. La frase finale, in un certo senso metaletterario, indica anche questo:
@Monica ha scritto: La donna non riuscì a dire una parola. I suoi occhi parlavano per lei.
Le descrizioni sono così riuscite che sono perfette per farci capire i pensieri dei personaggi senza esplicitarli, come le espressioni di un bravo attore in un film.

L'unica cosa che mi è piaciuta poco è che la storia fa fatica a ingranare. C'è un obiettivo chiaro, una direzione, quello sì, ma emerge solo intorno a metà racconto, prima sono più descrizioni che trama. 
Comunque piaciuto  :D

Re: [Lab 4] L’incisione

15
Ciao @Monica
Mi piace l’atmosfera, le descrizioni, le azioni, ma non provo simpatia per Viktor Bogdanov.
Non è certo per un difetto descrittivo anzi, hai delineato molto bene il personaggio, che non sempre può però suscitare simpatie. Io non amo quel tipo di carattere, di persona, di mentalità, tanto è vero che proverei difficoltà nel descriverlo e questo non è un bene se volessi rappresentare un personaggio con queste caratteristiche.
All’inizio del racconto osservo i movimenti di Viktor nel suo appartamento  e tutto può andare, anche quella croce che porta al collo in uno stato dichiaratamente, fieramente laico, almeno ufficialmente. Per me questo aveva un significato, poteva denotare un particolare atteggiamento, poi ho visto, quando baciava la croce, che per lui era solo un ciondolo portafortuna che baciava prima di una partita (però mi è sembrato strano, in quel mondo dichiaratamente ateo lo avrebbero notato…). Ora bacia la croce perché gli porti fortuna in modo diverso, per “vincere” ad ogni modo, con la speranza di fare sesso con Lidija che sta per arrivare e che per motivi che non riveli apertamente ha bisogno di un uomo del genere, sicuramente famoso e potente.
Certo non si dovrebbe giudicare un uomo per queste azioni che oggi passano inosservate ovunque, ma per me non sono azioni di poco conto entrare così nella vita, nell’intimità di una persona. Da qui il mio senso di disprezzo per Viktor, che usa il suo potere, la sua fama che però, mi ripeto, hai caratterizzato molto bene.
Un’altra cosa che non mi è andata è il fatto che Viktor faccia sesso con Lidija, perché non lo ritengo giusto, non così, anche se sono cose che accadono ogni giorno e sono sempre accadute. Certo che Lidija non mi sembra innamorata di quell’uomo, perciò la cosa risulta penosa. C’è da dire che uomini come Viktor non albergano solo in società materialiste e atee ma anche il nostro mondo occidentale decristianizzato ne abbonda e anzi vanno per la maggiore, acclamati e osannati.
Quando la ragazza gli chiede se sia cattolico ho trovato la risposta dell’uomo alquanto irritante, denota in toto la sua mancanza di empatia verso gli esseri umani che usa solo per i suoi scopi. Poteva almeno fingere di essere un credente, intuendo che la ragazza lo era davvero, non certo per convertirsi ma per farsi “bello” per farsi magari desiderare ancora in un prossimo futuro. Questo è Viktor per me.
Ho trovato molto bello questo pezzo
@Monica ha scritto: Non furono le croci di ogni formato e materiale a colpirlo, ma la melodia prodotta dal vento che le attraversava. Un suono dolce ma, al contempo, fiero. Si sedette per terra e chiuse gli occhi. Respirò a fondo: tutto era pervaso da un’energia quasi palpabile.
Che naturalmente non colpisce per niente Viktor, continuando a permanere, anche nella Collina delle Croci nella sua atea indifferenza, un vero punto d’orgoglio per la sua ideologia. Ligio per sempre e nonostante tutto, direi.
Non capisco bene il motivo per cui, sentita la storia di Lidija, faccia incidere il nome del fratello della ragazza sulla croce. Forse vuole ritornare nelle sue grazie. Lo salva parzialmente, per come la vedo io, che nel consegnare quella croce alla ragazza le dice che non la rivedrà più, che sta per partire. Cioè si toglie di mezzo. Ma l’uomo non è cambiato, per niente. Lo permea una grande, glaciale indifferenza e non si tratta solo del paravento di un’ideologia che favorisce uomini come lui, in quanto ci sono sedicenti cristiani che possono essere anche peggiori. Lui è proprio così.
Qualche parola in più l’avrei spesa per la madre di Lidija, meritava qualche riga in più.
Il fatto che non mi piaccia Viktor non vuol dire che non abbia apprezzato il racconto, tutt’altro.
Non mi piace per niente nemmeno Raskolnikov, il protagonista di Delitto e castigo di Dostoevskij.
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab 4] L’incisione

16
Grazie @Alberto Tosciri per il tuo graditissimo passaggio e la lettura approfondita.
Si Viktor l’ho voluto antipatico e per certi aspetti mi fa piacere di essere riuscita nell’intento. Volevo una sua epifania finale quel vento sulle croci non ha soffiato invano. Forse ha aperto uno spiraglio se non di fede almeno di consapevolezza in lui che ha cercato di porre rimedio agli errori/orrori di una guerra vissuta attraverso i racconti parziali della propria famiglia. Non che abbia scusanti, ormai è un uomo fatto e di mondo che poteva benissimo affrancarsi dalle idee inculcate dalla famiglia ma voglio sperare e pensare che quella visita alla collina delle croci abbia compiuto un piccolo miracolo in lui.
Rispondi

Torna a “Racconti lunghi”