Re: Labocontest n.17 - Discussione generale - L'antagonista

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E io apro le danze  :P

Domanda 1: stiamo parlando di antagonista in senso letterale, o stiamo parlando del "cattivo"?
Hannibal e Jocker sono sicuramente antagonisti, ma lo è anche Ivan Drago, come può esserlo qualunque altra figura che si contrappone all'"eroe", senza per forza doverlo fare in maniera cruenta, oltre la legge, l'etica o la morale.

Domanda 2: In questo caso il protagonista è l'antagonista: la difficoltà che mi viene in mente è che, mentre la narrazione procede fluida quando la si fa dal punto di vista del protagonista, l'antagonista generalmente interviene in maniera non continuativa, quindi ci sarà da calibrare coerentemente il suo personaggio in una trama globale che di fatto non c'è, e in 10.000 caratteri mi farà sudare parecchio  :bash:

Re: Labocontest n.17 - Discussione generale - L'antagonista

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Sienna wrote: Domanda 1: stiamo parlando di antagonista in senso letterale, o stiamo parlando del "cattivo"?
Avevo letto da qualche parte la definizione di antagonista, ma non ricordo dove. Il punto chiave è che "ant-agonista" è qualsiasi forza si opponga al protagonista. Può essere una persona ma anche la natura, la sorte, il protagonista stesso (come ad esempio nei romanzi psicologici). L'idea di "cattivo" viene molto dopo: una storia non richiede un cattivo. Io ho scritto racconti brevi dove il cattivo della situazione era il protagonista, anche se gli altri personaggi avevano le loro colpe (in stile "Conte di Montecristo", insomma, dove definire il confine tra giustizia e vendetta diventa difficile). Trovo molto interessanti anche le storie dove il protagonista combatte contro se stesso (per superare un problema fisico o psichico).
Se proprio uno deve dare una forma umana all'antagonista, credo che la cosa più importante sia evitare i cliché: non solo il cattivo che ride sguaiatamente sfregandosi le mani, ma anche solo una persona il cui scopo principale sembri essere rovinare la vita agli altri, anziché perseguire obiettivi propri. Questa è una cosa che da lettrice non tollero: il lettore può arrivare a capire anche azioni che lui stesso non farebbe mai, ma devono avere una loro logica, anche se distorta, non essere lì solo per movimentare la trama.
Le mie storie preferite comunque non hanno mai cattivi, solo personaggi "diversamente buoni"  :P
Se riesco partecipo al contest, l'argomento mi interessa.
P:S: ho visto ora che nel contest si deve trattare propriamente di un personaggio. Resta valida la seconda parte del mio post   :facepalm: :lol: 
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Labocontest n.17 - Discussione generale - L'antagonista

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L’Antagonista: il cattivo in generale o Necessario Motore Narrativo?
Parliamo dell’antagonista: figura essenziale o solo una pedina obbligata del racconto?
Siamo abituati a pensare all’antagonista come il “cattivo”, il personaggio che ostacola l’eroe. Ma è davvero così? Se l’eroe fosse il vero problema e l’antagonista invece colui che cerca di preservare un equilibrio? E se non esistesse l'antagonista nel senso classico? Pensate ai racconti in cui il conflitto nasce dentro il protagonista: la sua paura, i suoi rimpianti, il suo desiderio di cambiare.
Alcuni antagonisti sono moralmente giustificabili? Pensiamo al Capitano Achab contro Moby Dick, a Javert contro Valjean, non sono forse personaggi con un valido punto di vista, capaci di mettere in discussione il ruolo dell’eroe?
Secondo voi, qual è la funzione più autentica dell’antagonista in una storia? Deve sempre essere un cattivo o può essere qualcos’altro?

Il conflitto tra Javert e Valjean è morale oltre che fisico: Javert non accetta l'idea che un uomo possa cambiare e diventare migliore. Quando Valjean gli risparmia la vita, l'ispettore è travolto da un dilemma esistenziale: se la legge non è assoluta, allora tutto ciò in cui ha creduto è falso. Incapace di superare questa crisi, Javert sceglie di suicidarsi, gettandosi nella Senna. 
La differenza tra i due sta, secondo me, nel rispettivo arco narrativo: le loro storie si intrecciano e si specchiano, entrambi hanno un concetto di legge e moralità, sono due figure solitarie e hanno i loro momenti di crisi: il senso di colpa di Valjean e la perdita di identità di javert quando viene risparmiata la sua vita. Javert ha un arco tragico e Valejan un arco di redenzione, il primo resta fermo, prigioniero delle sue idee ottuse, il secondo invece cambia, accetta le nuove sfide che la vita gli propone.
Forse, analizzando vari antagonisti, si potrebbe trovare questa unica costante in loro: l'arco narrativo dell'antagonista è sempre tragico?

P.S. Non ho trovato posizioni assolute su questo argomento, per questo i tanti punti di manda nel mio post.

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