[MI181] Ab Urbe Condita

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Traccia 3. - Arbitro

"Fratelli"

Due fratelli crescono in perfetta armonia, ma superata la soglia dell’adolescenza si ritrovano su fronti opposti (immaginate qualcosa di più rilevante del tifo per due squadre di calcio rivali...). Il tema centrale del vostro racconto deve essere la dura contrapposizione tra i due: come si sviluppa, come la vivono i protagonisti, come evolve (se evolve).
Nessuna boa

C'è una certa ansa del Fiume Tevere, che nel corso del tempo ha visto svolgersi più storie, e più incredibili, di qualsiasi altro luogo sulla Terra. Questa è la prima di quelle storie, e, in molti modi, quella che ha influenzato tutte le successive.

«E' stato un incidente!» protestò il fratello superstite, fissando il fondo del fosso.
«Ma certo, ma certo,» rispose Celere, in tono conciliante.
Romolo alzò lo sguardo. L'altro uomo, appoggiato ad una vanga piantata per terra, lo guardava con un mezzo sorriso, e gli strizzò l'occhio.
«Era mio fratello! Aveva anche accettato di non contestare il mio governo! Perché avrei dovuto…?»
«Ma certo,» disse ancora Celere, «Ro', ma figurati, nessuno penserà che sia stato tu.» Mezzo sorriso. Occhiolino.
Romolo si coprì la faccia con una mano, con uno sbuffo di frustrazione.

Ripensò agli ultimi minuti, all'ultima immagine che aveva di Remo. Lo scavo non era completo, ma alla fine avrebbe circondato l'intero Palatino. Era profondo e largo il giusto, almeno secondo Romolo, che, insieme al resto del gruppo di Alba Longa, da settimane andava spostando sassi e terra, con picconi, vanghe, e tanta, tanta fatica. Stava facendo una pausa, per bere un sorso d'acqua dall'otre.
Remo stava in piedi dall'altro lato, con le braccia incrociate dietro la schiena, leggermente curvo a guardare il fosso davanti a lui. «Io», aveva detto, «lo avrei fatto più largo.»
«E' largo abbastanza,» aveva risposto Romolo in tono secco, scacciando le mosche, ghiotte del suo sudore.
Remo storse un po' la bocca, e fece «Mmm».
Romolo strinse i denti. Attese.
«Dico solo che uno dei nostri altri fratelli potrebbe attraversarlo con un salto,» disse Remo, dopo una pausa abbastanza lunga da essere fastidiosa.
«Sì, vabbè. I nostri altri fratelli sono anche in grado di leccarsi le palle da soli.»
«Anche io sono in grado di…»
Romolo alzò la voce, nonostante la stanchezza. «Numi dei cieli! Ti ho già detto che voglio dimenticarmi di quella scena! Non è vero, sei solo riuscito a farti venire mal di schiena per una settimana! Voglio dire che le mura cittadine servono per tenere fuori le persone!»
«Stai cercando di dire che i nostri altri fratelli non sono persone?»
Anche il tono di Remo salì, e ben presto l'aria fresca della valle del Tevere si riempì del bisticcio dei figli di Ares e Rea Silvia.

Gli altri Albani che lavoravano alla cinta ormai ci erano abituati. Da ragazzi, i due gemelli erano sempre andati d'accordo. Faustolo il pastore non poteva sgridare uno di loro, senza che l'altro gli andasse a mordere una caviglia. Ma il loro punto debole era proprio che volevano le stesse cose: tutti infatti pensavano che, prima o poi, avrebbero litigato per l'amore di una donna. Nessuno si aspettava che la frattura si sarebbe aperta attorno alla fondazione di una città.
Gli auspici furono ambigui, e ci fu il loro più grande litigio. Alla fine, il consenso della maggioranza si coagulò attorno a Romolo, e Remo fu costretto a prenderne atto. Tenne un discorso sorprendentemente passivo-aggressivo, per uno allevato da una lupa, concludendo che forse se ne sarebbe andato a fondare una città portuale, e che l'avrebbe chiamata Rema.
Invece, quello che fece fu ciondolare attorno al cantiere delle mura di Roma, distraendo gli operai, puntando il dito contro ogni pietra non perfettamente squadrata, facendo pipì di nascosto sul capanno degli attrezzi, criticando la mancanza di adeguate misure di sicurezza (cosa, in retrospettiva, piuttosto ironica), e, in generale, rendendosi insopportabile. Per cui, quella sulla larghezza del fossato era solo l'ultima di una serie infinita di diatribe.

«E' abbastanza largo da tenere fuori te, e in questo momento è l'unica cosa che mi interessa!» sbraitò Romolo.
«Ah, sì?» gli gridò dietro Remo, «Guarda qua!»
E, detto questo, Remo prese la rincorsa e spiccò un balzo dal bordo dello scavo, volando verso Romolo con i denti scoperti in un ringhio bestiale, proprio come usava fare quando, da piccoli, giocavano felici nei boschi latini. E, va detto, alla conclusione del suo salto prodigioso, il suo piede atterrò sul margine opposto, saldo.
Fu uno dei pali di sostegno della parete di terra a cedere, causando un piccolo smottamento, facendo crollare una grossa zolla di terra. Questo bastò a sbilanciare Remo, e la sua espressione fece appena in tempo a mutarsi in sorpresa, prima che piombasse giù sul fondo del fosso, cadendo di schiena e sbattendo la nuca su un grosso sasso affiorante.
Romolo aveva allungato una mano in aiuto, appena una frazione di secondo troppo tardi. I suoi riflessi erano rallentati dalla stanchezza, o almeno questa era la spiegazione che gli dava più conforto.
Celere fu il primo ad arrivare, trovando Romolo col braccio ancora teso.

«Tutto sommato,» disse Celere, appoggiando una mano sulla spalla di Romolo, «Forse è meglio così.»
Romolo scrollò via il braccio dell'amico. «Come puoi dire una cosa del genere?»
«Dai, Ro', non ti avrebbe mai lasciato governare la città in pace.»
Romolo non era pronto ad ammetterlo ad alta voce, ma Celere aveva ragione. «Non importa! Era mio fratello, e io gli volevo bene! Cadere in una buca… no. Che la sua morte sia di eterno monito: giuro che ai futuri cittadini romani non toccherà una simile ignominia.»
Celere storse un po' la bocca, e fece «Mmm», e Romolo dovette sopprimere un intenso impulso di violare il giuramento appena fatto. Invece, disse: «Che c'è?»
L'amico scrollò le spalle. «Niente, Ro', dico solo che i tuoi peggiori problemi futuri saranno i razziatori e i banditi, non le buche per strada.»
«E quindi?»
«E quindi, potresti approfittare di questo incidente», mezzo sorriso, occhiolino, «per costruirti una reputazione. E poi, Ro'… "Ah sì? Guarda qua!" sono le ultime parole più comuni tra gli adolescenti. Un figlio di Ares si merita una leggenda, no?»
L'istinto di Romolo gli suggeriva di respingere quel suggerimento quasi empio, ma l'idea di Celere meritava almeno attenzione. L'attenzione divenne considerazione, la considerazione interesse. Romolo, dopotutto, aveva un dovere verso le generazioni future. Se la sua città avesse avuto successo, ben presto si sarebbe dovuta difendere, e un nemico intimidito è un nemico già sconfitto.
«Ma ho appena fatto un giuramento,» disse Romolo, turbato dalla scelta di fronte a lui. «Infrangerlo vorrebbe dire attirarsi l'ira eterna degli dèi.»
«Ro',» disse Celere, «Forse i nostri pronipoti saranno perseguitati dalla pavimentazione dissestata, ma saranno grati di non avere a che fare con i Sanniti. Dai retta a me.»

Romolo ci pensò un po', fissando il corpo del fratello in fondo al fosso. La realizzazione dell'evento si stava facendo strada dentro di lui. Ci sarebbero state delle lacrime. Ci sarebbe stato il senso di colpa. Più tardi, in privato. Ora era il momento del Re di Roma, ora era il tempo del lupo.
«Celere,» disse, lentamente, «Che ne pensi di "Giuro che questa sarà la sorte di tutti coloro che oseranno attraversare le mie mura"?»

Re: [MI181] Ab Urbe Condita

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Racconto interessante, una rivisitazione della leggenda in chiave moderna e con linguaggio attuale. (a volte pure troppo)  Il testo è ironico, (l’amico Celere sembra aver fatto “un salto nei nostri giorni” e, coi suoi vaticini,  mi ha fatto sorridere. Mi é piaciuta la scrittura asciutta, la capacità di mostrare la scena. Il narratore onnisciente fa la propria comparsa per “cucire” l’episodio ma in modo funzionale senza essere pedante. 
Altro aspetto che mi è piaciuto è quello di aver circoscritto la storia a un preciso momento senza indulgere nella tentazione di farci un riassunto della vita intera dei due o pesanti infodump, ma con un uso adeguato dei dialoghi. Un buon lavoro @Zappo

Re: [MI181] Ab Urbe Condita

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Benvenuto al Mezzogiorno d'Inchiostro @Zappo    :super:

:libro:
Dopo la lettura, mi complimento molto con te!  (y)
In primis, per la scelta dei "fratelli" (cui avevo pensato anch'io in prima battuta) e che ben si prestano alla traccia scelta.
In secondo luogo, per il modo di scrivere questo racconto, che ha richiami storici a mio avviso accurati e una vena ironico-futuristica che mi ha divertita.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI181] Ab Urbe Condita

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Ciao @Zappo, benvenuto a mezzogiorno d'inchiostro!
Complimenti, una bella scrittura fluida, ti fai leggere volentieri, un misto di ironia, dati storici, fantasia. Complimenti.
Provo a farti le pulci.
Zappo ha scritto: svolgersi più storie, e più incredibili, di qualsiasi altro luogo
Forse un refuso, doveva essere le più incredibili?
Zappo ha scritto: E quindi, potresti approfittare di questo incidente», mezzo sorriso, occhiolino, «per costruirti una reputazione. E poi, Ro'… "Ah sì? Guarda qua!" sono le ultime parole più comuni tra gli adolescenti. Un figlio di Ares si merita una leggenda, no?»
Capisco il senso che vuoi trasmettere, ma non mi suona bene la costruzione della frase, soprattutto quando fai riferimento agli adolescenti e al loro slang. L'ho anche riletto, ma proprio non mi torna.
Mi stupisce anche come Romolo colga al volo la pensata di Celere, che in realtà è abbastanza criptico.
È come se avessi tagliato un pezzo per sbaglio.

Spero di esserti stata utile, ribadisco che il racconto mi è piaciuto e l'ho trovato aderente alla traccia.
A rileggerti.
<3

Re: [MI181] Ab Urbe Condita

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Grazie @Modea72  !

Dunque, riguardo alla prima pulce, non è un refuso; la costruzione estesa sarebbe "Ha visto svolgersi più storie di qualsiasi altro luogo, e ha visto svolgersi storie più incredibili di quelle viste in qualsiasi altro luogo."

Non sarà un refuso, ma forse semplicemente non funziona bene. ^_^'

L'altra frase sono d'accordo che sia debole. Ho passato un po' di tempo a rimaneggiarla, ma alla fine mi sono accontentato. Mi sa che ho voluto buttarci dentro troppa roba: l'implicazione che Celere non creda alla versione dell'incidente, la battuta sugli adolescenti, il suggerimento velato che ammettere l'omicidio farebbe più figo... troppo carico per una singola riga di dialogo.

Re: [MI181] Ab Urbe Condita

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@Zappo ciao e benvenuto tra noi. Anche qui una storia di fratelli famosi. Il racconto è tutto ambientato sulla costruzione delle mura della città eterna.
Un misto di storia e leggenda, con inserimento di notizie nuove, una diversa elaborazione del conflitto tra i due. Come ho scritto anche a @Poeta Zaza, perché non tentare di inserire un elemento forte, diverso dalla narrativa classica? D'altronde chi mai potrebbe sapere come andarono le cose? E poi, magari aggiungerci qualche presagio a riguardo quella che sarà poi la storia di Roma? Però devo notare che qualcosa tenti di aggiungere, ma sarebbe stato più produttivo metterli in scena in modo più potente. La grande città che nasce dalla discordia dei due fondatori, una discordia che è sempre serpeggiata su chi ha dominato su Roma. Come se questa discordia fosse nel DNA dei due fratelli e che sia stata trasmessa/seminata nell'animo dei romani, tra sete di potere e di grandezza. Un popolo che iniziò la lunga stagione degli imperi. Possiamo dire che Roma è la genesi dell'imperialismo che ha fatto troppi disastri nel mondo. Se lo riscrivi, ecco, aggiungici qualcosa del genere.. Ciao.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI181] Ab Urbe Condita

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Ciao @bestseller2020  e grazie del benvenuto e del commento! Volevo metterci un presagio del futuro, perché è un grande classico di tutti questi miti fondativi creati più o meno a posteriori - però volevo anche scrivere un racconto leggero.

Pensa che nella prima stesura il dito era puntato verso gli infortuni sul lavoro - poi però mi sono detto che c'è gente che ne muore, e non avevo tempo di trovare il modo di trattare la cosa con il dovuto rispetto e, allo stesso tempo, mantenere il tono divertente. Per cui ho virato sulle buche stradali, che sono un altro grande classico romano, e meno tragico. ;)

L'imperialismo... adatto, appropriato, perfino di stretta attualità, ma tema enorme e complicato, a maggior ragione non ho voluto provarci in poche righe. Forse oserò di più quando sarò più bravo!
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