[MI180] Una brava persona

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Traccia 1 “Bene o male”

Una brava persona

Avevo otto anni quando misi il primo chiodo su una suola: mio padre mi fece risuolare le sue scarpe per insegnarmi il mestiere. Zoppicò per una settimana perché non lo avevo ribattuto bene, ma non mi punì. 
Da allora ho aggiustato le scarpe a tanta gente e ho perso la vista a furia di stare col capo chino a bucare il cuoio. Ormai sono anziano, ma le mie mani sanno lavorare bene anche al buio, me lo diceva sempre la mia povera Roksana. 
È per questa particolare abilità che i nazi mi lasciano in pace: un vecchio calzolaio cieco è più utile che pericoloso. 
 
Tutto iniziò un giorno di primavera. Sedevo davanti alla porta di casa e stavo riparando le scarpe della piccola Marika, la mia nipotina, quando sentii il ritmico tambureggiare sul selciato di una persona che si avvicinava. Mi colpì percepire, tra un passo e l’altro, una nota stonata. Non era il solito scricchiolio della pelle delle calzature che si contorce sotto il peso di un corpo robusto, sembrava più simile a un piccolo schiocco, una battuta di mani. Non dovetti impegnarmi troppo per riconoscere il tipico ciabattare di una suola che si stava staccando dalla tomaia. L’uomo che indossava quelle calzature di sicuro rischiava di ferirsi i piedi a ogni passo o d'inciampare e cadere. 
«Pavel Toman?» mi chiese lo sconosciuto, quando fu vicino, con un marcato accento tedesco. 
Mia figlia Agniezska rispose per me. «Sì, perché lo cerca?»
«È lui il calzolaio?» chiese ancora lui.
Qualcuno doveva avergli parlato di me, del resto non c’erano altri calzolai da queste parti.
«Mio padre è cieco» gli rispose secca Agniezska.
L’uomo mi strappò di mano la scarpa che stavo riparando: «E questa, allora?»
Impietrito, io non riuscivo ad articolare parola.
Sentii il tremito nella voce di mia figlia: «Cosa vuole da lui?»
Deve averle mostrato la suola aperta degli stivali.
Lei sospirò: «Va bene. Mi aiuti ad accompagnarlo in casa.»
Mi sentii prendere sotto le ascelle e sollevare di peso dalla sedia. Lo sconosciuto doveva essere più grosso di quanto avessi immaginato. Non sono storpio, avrei potuto camminare benissimo da solo e invece sentivo le gambe penzolare giù dalla rotondità della pancia alcolica del militare.
L’uomo ansimava come un treno a vapore in salita, potevo sentire gli sbuffi del suo alito fetido scompigliarmi i capelli. Una volta dentro, mi depose come un sacco sullo sgabello e sedette di fronte a me. A giudicare dal lamentarsi della sedia, giudicai che doveva pesare almeno cento chili.
«Tieni, vecchio!» 
Il soldato mi mise in mano uno stivale rotto e maleodorante e attese che terminassi il lavoro.
Mi ci volle una buona mezz’ora, ma il porco andò via soddisfatto. In breve tempo la mia fama crebbe a dismisura. 
Non avrei mai immaginato di dover lavorare per i soldati del Reich, ma mi dissero che se li avessi serviti bene, loro avrebbero lasciato in pace la mia famiglia.
Bugiardi.
  
La nostra è una piccola casa, oltre a alla cucina c’è soltanto la camera da letto e un minuscolo ripostiglio; il bagno si trova all'esterno. Le stanze sono separate da un corridoio stretto, senza finestre, nel quale, da qualche tempo, ho allestito il mio laboratorio.
Conosco ogni centimetro di queste mura e riesco a muovermi agevolmente nonostante la mia invalidità.
Accendere la stufa non è così difficile, mia figlia è molto ordinata e tutto si trova al proprio posto facilitandomi il compito. 
Cavolo e patate si trovano ancora al mercato, per fortuna. In breve, l’odore della bramboračka si diffonde nella stanza. Il lento sobbollire della zuppa fa da eco ai miei ricordi.
“Doddo, viedi a maggiare!”
Marika era un fiorellino. La sua vocetta buffa mi risuona ancora nella testa… Si turava sempre le narici quando mi veniva a chiamare per la cena. Aveva ragione: nel corridoio c’è proprio un gran fetore.
 
Un bussare insistente mi distoglie dai pensieri. 
Raggiungo a tentoni la porta e l'apro.  Li riconosco dalla puzza, i maiali della Waffen SS: sanno di acqua di colonia, un odore che mi dà il voltastomaco.
È lo stesso che ammorbava l'aria quel giorno maledetto. C’era troppo silenzio nella stanza.
Agniezska tremava tutta quando mi mise in mano la piccola scarpa. 
“Dov’è la bambina?” le chiesi. 
“L’hanno presa…l’hanno presa…” riuscì a dire con un filo di voce.
Non l’abbiamo più vista da allora. Aveva solo sei anni, la nostra Marika.
Tiro su col naso. Ho esaurito le lacrime.
«Heil Hitler!»
Il soldato entra da padrone. Non posso vedergli i piedi, ma sono sicuro che gli stivali siano sporchi come la sua anima. Si può imparare molto di un uomo dalle sue scarpe.
Gli faccio cenno di seguirmi nel corridoio.
Lo sento imprecare quando inciampa sullo sgabello, e solo allora premo l’interruttore della luce.
Il maiale dev’essere finito col culo per terra: se dessi retta al mio istinto gli darei subito una martellata in testa, oppure gli pianterei un chiodo in mezzo alla fronte, ma non è il momento.
L’uomo inizia a tossire. Non è per gli stomaci deboli la puzza che impregna l’aria qui dentro.
«Non ci sono finestre, mein Herr» mi schermisco.
Hauptsturmführer, il capitano Müller, per le riparazioni mi rifornisce di una colla in lattice di gomma di caucciù, un potente adesivo creato appositamente per le calzature dei militari, così mi ha detto. 
Apro il barattolo e le esalazioni, subdole, saturano in fretta l’ambiente; in un primo momento ti rendono euforico come se ti fossi ubriacato e poi, in un attimo, ti stendono…  Io ne so qualcosa, la notte che hanno preso Marika non mi sono accorto di nulla: avevo maneggiato tutto il giorno quella porcheria,  ma ormai ci ho fatto l’abitudine.
«Cos’è questo odore?» 
«Un prodotto speciale, mein Herr, me  lo fornisce Hauptsturmführer Müller in persona.»
Gli porgo il vasetto. L’uomo ha le mani morbide come un neonato e le dita affusolate. Sono certo che abbia le unghie pulite e limate come una signora dell’alta società.
Dopo aver sniffato avidamente la colla, il militare si toglie gli stivali, allunga le gambe sullo sgabello liberandosi di una scoreggia micidiale e mi strilla: «Schnell!» con la voce già impastata, ma, per certe cose, non ci vuole fretta. 
Lavoro con misurata lentezza, fino a quando sento il suo respiro rallentare il ritmo.
«Ho finito, mein Herr. Sono tornati come nuovi.» 
Lui si alza, lo sento barcollare e sbattere da una parte all’altra della parete. È potente la colla del capitano Müller.
Semenze, forbici, spazzole, lesine, trincetto... tasto dappertutto ma non riesco a trovare il punteruolo. Mi chino per ispezionare palmo a palmo il pavimento. Sospiro di sollievo quando mi pungo le dita. Ecco dove ti eri nascosto…
«Tutto bene, mein Herr?» chiedo gentile.
Il maiale grugnisce una risposta senza senso e inizia a ridere come una gallina strozzata. Prima di stramazzare al suolo mi afferra una caviglia e gli rovino addosso. Ride ancora quando lo sorprendo conficcandogli il punteruolo nella gola. Più e più volte, senza fermarmi, fino all’ultimo sussulto. Mi pulisco le mani sul tessuto ruvido della sua divisa e mi accascio ansimante sul pavimento accanto a lui; attendo qualche istante per riprendere il fiato e terminare il lavoro.
Cerco le forbici, mi chino di nuovo sul cadavere e lo tasto dappertutto fino a quando sento sotto il tessuto umido la consistenza molliccia del suo sesso. Il porco deve essersi pisciato addosso. Gli sbottono i pantaloni quel tanto che serve per tirargli fuori il membro. È così flaccido che si taglia come il burro. Lo metto sul tavolino accanto agli attrezzi; poi, gli sfilo gli stivali e li indosso. Mi vanno un po’ grandi, ma conservano ancora il tepore del corpo del proprietario: con questi ai piedi posso prenderlo a calci e farlo rotolare fino in fondo al corridoio senza troppa fatica. Poi, una volta fatto il servizio, li tolgo e li butto nel mucchio insieme agli altri da riparare.
Cerco lo sgabello, ci salgo sopra e tasto la parete allungandomi fino a incontrare il bulbo pendente della lampadina. È calda da scottarmi le dita, ma devo svitarla: meglio essere prudenti, qualcuno potrebbe venire a cercare il porco e non deve vederlo.
Mia figlia esce dalla camera in cui si era rinchiusa e, senza dire una parola, mi pulisce il viso con un panno umido e mi porge una camicia pulita. 
«Datti anche una bella pulita alle mani prima di indossarla, papà.»
Mi fa soffrire sapere che è lì. Non avrei mai pensato che un giorno potesse vedermi così. Non avrei mai creduto di diventare così.
«Non dovresti stare qui, Agnieszka.» 
Il mio vecchio cuore piano piano ritrova il proprio battito regolare. Non so quanto tempo sia trascorso quando sento di nuovo bussare con insistenza. Con violenza. Il rumore è molto forte: sembra che stiano usando il calcio di un fucile.
«Apri subito la porta, schnell
Trattengo il respiro.
I ricordi sono compagni comodi, a volte.
“Ancora cavolo e patate, papà. Chissà quando potremo aggiungerci un po’ di carne…”
Per me la zuppa era saporita anche così, a me la carne non mancava affatto, ma alla piccola Marika avrebbe fatto bene mangiarne ogni tanto, aveva ragione Agniezska.
«Einen Moment, bitte
Solo il tempo di aggiungere un ingrediente alla zuppa.
Appena apro la porta, il capitano Müller entra come una furia e mi strattona:
«Dov’è?»
«Chi? Io sto per mettermi a tavola… Vuole favorire della bramboračka, mein Kapitän?» 
«Vecchio stupido…» dice tra i denti. 
Il capitano molla la presa, lo sento dirigersi verso il corridoio e premere nervosamente l’interruttore.
«Non c’è luce!» 
Allargo le braccia: «A me non serve. Deve essersi bruciata la lampadina, mi dispiace mein Kapitän
«Ho mandato qui uno dei miei, stamani. Non è ancora tornato.»
«Non è venuto nessuno da me oggi, mein Kapitän
Müller resta in silenzio, sembra quasi convinto, quando, all’improvviso, si avventa su di me stringendomi il collo fino a togliermi il respiro. Boccheggio come un pesce appeso all’amo.
Mi lascia cadere a terra, mi sferra un calcio poderoso e mi mette in mano qualcosa di rigido: riconosco la tesa di un cappello della Waffen SS. Il militare deve averlo appoggiato sul tavolo di cucina quando è entrato. Non potevo saperlo.
«Dove. Si. Trova. Il. Mio. Uomo?» mi urla in faccia Müller.
Sento gli spilli salire dallo stomaco fino al cervello. «Ecco, mein Kapitän, - ehm - il suo uomo si è trattenuto un po’ con mia figlia Agniezska. Forse ha dimenticato il cappello per la fretta quando è uscito.»
«Idiot!» 
«Davvero non vuole assaggiare un po’ di zuppa?» dico la frase a voce alta. 
Agniezska mi capisce al volo, sento il suo passo lieve incedere in cucina. Profuma di cipria: dev'essersi truccata. 
«La prego, Kapitän, signore, si sieda a tavola con noi» la sua voce d’angelo è un invito al piacere. 
Quando era piccola, mia figlia aveva i capelli d’oro e uno sguardo profondo e vivo. Posso immaginare che, nonostante le prove della vita, sia ancora una donna molto attraente.
Müller cede. Si siede a tavola.
Quanto pagherei per vedere la piccola salsiccia galleggiare nel piatto del nostro ospite. Dai mugolii sembra apprezzare molto il cibo.
«Digli al vecchio di togliersi dai piedi» lo sento biascicare lascivo.
Sento le guance prendermi fuoco. Quello di Agniezska è un gioco pericoloso.
Qualcuno bussa di nuovo alla nostra porta. 
«Heil Hitler!» Il militare batte i tacchi «Kapitän Müller, c’è stato un attacco alla stazione radio…»
«Scheiße!» Lo sento uscire imprecando. 
Forse non tornerà più a cercare il suo soldato.
Chiudo a chiave la porta.
In fondo al corridoio c’è un cadavere che sta marcendo, Agniezska gli toglierà la divisa e lo vestirà con degli abiti che appartenevano al suo povero Milan. 
Chi può distinguere un morto tedesco da uno cecoslovacco?
È soltanto un’altra vittima della guerra e io non sono che un vecchio, innocuo, calzolaio non vedente. Una brava persona.

Re: [MI180] Una brava persona

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@@Monica Complimenti! :flower:

Un racconto crudo, essenziale, durissimo, scritto magistralmente.

Dovessi dire una cosa di cui ho sentito la mancanza, è la mancanza di un seguito alla scomparsa della piccola Marika, dei tentativi della mamma e del nonno di ritrovarla, di sapere... Di avere ancora una speranza che sia in vita.

Comunque, per me ti affini sempre di più, ad ogni racconto che scrivi. Brava!
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI180] Una brava persona

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Ciao @@Monica,
la tua scrittura è sempre notevole.
Ben scritto, la storia coinvolge, però, come ti ha già fatto notare Poeta Zaza, il mancato seguito sulle sorti della nipotina, si nota.
Per me è il fulcro del coinvolgimento, mi aspetto una ricerca drammatica, una certezza sui fatti.
Aderente al titolo della traccia, forse un po' meno alla spiegazione della stessa, ma credo fosse opzionale.
A rileggerti
Buon contest
<3

Re: [MI180] Una brava persona

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Grazie del commento @Modea72. Ho scelto di lasciare fuori il destino della bambina che si presuppone, qualunque esso sia, tragico. Ho concentrato il racconto sul male e la crudeltà che il nonno (e la madre) infliggono al (o ai?) soldati tedeschi a prescindere dal fatto di sapere che si trovino davvero davanti alla o alle persone che hanno eseguito materialmente il sequestro della bambina. È un male “buono” ? Qui sta il nocciolo di ciò che ho compreso della traccia. 
Per questo mi rimetto al giudizio del giudice… 
Grazie delle tue belle parole  <3

Re: [MI180] Una brava persona

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Ciao @@Monica

Combinazione ho scelto anche io la stessa traccia e un’ambientazione di guerra.
Ho trovato la tua scrittura efficace e in merito alla storia che hai trattato dotata di quella dose di crudezza, o crudeltà, che erano necessarie.
Il personaggio di Pavel Toman è ben caratterizzato, a tutto tondo direi. Ho apprezzato i suoi movimenti, i suoi pensieri e il fatto che sia cieco ti ha permesso di sfruttare e rappresentare più particolari sensoriali, sia tattili che olfattivi che hanno arricchito e reso realistica la descrizione.
Con quello che i nazisti hanno fatto alla famiglia del calzolaio – avrei approfondito di più sulla sparizione della piccola Marika – non era il caso di essere gentili o provare pietà. Il solo desiderio era attuare una vendetta.
Ho trovato alcuni particolari truculenti, non tanto che il calzolaio uccida la Waffen SS, quello ci sta. Mi ha colpito il particolare dell’evirazione e il seguito.
Le Waffen SS erano crudeli, formate da uomini di tutte le specie e anche se parlavano tedesco non tutti lo erano, alcuni reparti appartenevano ad altre nazioni, volontari o forzati ad arruolarsi ma non mi dilungo su questi particolari che non tutti amano, come se si tentasse di giustificare la loro crudeltà. Non esiste giustificazione alle loro efferatezze.

Sono rimasto colpito dal fatto che il capitano Müller entri da solo nella casa del calzolaio quando cerca il suo soldato. Tieni presente che i tedeschi in Cecoslovacchia erano in una terra che avevano invaso, dove sapevano di essere odiati e non si fidavano della popolazione.
Probabilmente hai sottinteso che altri soldati sono fuori, visto che a un certo punto uno entra per comunicargli l’attacco alla stazione radio.
Il “piatto forte” (nel vero senso della parola) è quell’oscena “salsiccia” che galleggia nella zuppa offerta al capitano Müller. La definirei una trovata particolare ma forse un tantino eccessiva. Beninteso che in guerra, in tutte le guerre, sono accadute e accadono cose anche peggiori di queste.

Poi un particolare riguardo alla sparizione del cadavere del soldato ucciso dal calzolaio. Non sarebbe stato sicuro che bastava vestirlo con abiti civili perché non fosse riconosciuto a un eventuale esame dei tedeschi, non tanto perché qualcuno poteva conoscere le sue sembianze, se lasciato nella stessa zona dove prestava servizio, ma anche e soprattutto perché le Waffen SS, tutti i reparti SS, avevano il loro gruppo sanguigno tatuato sotto l’ascella sinistra, ma poteva anche essere che, andando la guerra di male in peggio per la Germania nazista, negli ultimi tempi questa pratica fosse tralasciata, non tutti vi fossero sottoposti.
Se tu guardi alcuni vecchi filmati angloamericani quando entrano nei lager puoi vedere che radunano i militari tedeschi e li esaminano sotto il braccio per vedere se avessero il piccolo tatuaggio, che i soldati della Wehrmacht non avevano. Le SS lo sapevano e spesso indossavano uniformi della Wehrmacht sperando di non essere controllati; gli Alleati per non sbagliare in quelle occasioni controllavano tutti.

I buoni è giusto che reagiscano al male, ma mi chiedo se nella loro reazione superano i loro carnefici, allora qual è il senso? Lo so che è una domanda dalla risposta molto difficile, che non potrà mai soddisfare comunque.
È comprensibile che il desiderio di vendetta porti a compiere qualunque cosa e nessuna religione, nemmeno quella cristiana è riuscita a mitigare o annullare questa istintiva reazione di vendetta dell’uomo.
È difficile e tormentoso se non impossibile considerare chi ci fa del male come nostro fratello, tanto è vero che il mondo è sempre stato in preda ai conflitti, sia di guerra che politici e sociali a tutti i livelli da sempre. Una risposta che spieghi questo non c’è oppure c’è ma non abbiamo voglia o non possiamo o non sappiamo addentrarci in quei sentieri.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI180] Una brava persona

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Ciao @Alberto Tosciri

grazie di cuore del tuo approfondito e competente commento. Questa volta ho osato entrare nel “tuo campo” di elezione e, come si dice, “so di non sapere” quindi ancora grazie per le tue puntuali e utilissime osservazioni. Il racconto si svolge in Cecoslovacchia proprio alla vigilia dell’espediente che ha dato l’avvio alla seconda guerra mondiale, a Gleiwitz. Quindi non ancora nel pieno della guerra (il riferimento alla vestizione da “ceco” del cadavere voleva proprio sottolineare l’episodio storico in questione.)
Prendo atto che tutti mi state dicendo che sarebbe stato meglio far sapere al lettore qualcosa in più del destino della piccola Marika, magari cercherò di riscrivere quella parte aggiungendo qualche dettaglio in più.
Per quanto riguarda la crudezza di certe immagini, mi re di conto di aver avuto la mano pesante e che alcune scene possono forse sembrare eccessive, ma pensando al destino della piccola Marika e al tema proposto da sviluppare mi è presa così.
Grazie ancora  :sss:

Re: [MI180] Una brava persona

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Chissà perché, leggere di una vendetta tanto raccapricciante, pur in risposta a un atto inaudito, non lascia appagati. Forse ci risulta perturbante il fatto di cibarsi di carne umana, come se tali atti (come nel mito greco) risultassero in ogni caso gravidi di hybris. Mi interessa sempre molto questo labile confine, e il tuo bel racconto scava sotto la crosta di ciò che comunemente definiamo bene e male, lecito e illecito, giusto e ingiusto.
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pm«È lui il calzolaio?» chiese ancora lui.
Qualcuno doveva avergli parlato di me, del resto non c’erano altri calzolai da queste parti.
«Mio padre è cieco» gli rispose secca Agniezska.
La risposta della figlia non mi sembra congrua. Mi permetto di suggerirti questa alternativa: "Sì, ma è cieco, non può aiutarla". E subito dopo, infatti, il tedesco risponde: 
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pmL’uomo mi strappò di mano la scarpa che stavo riparando: «E questa, allora?»
Qui sotto, manterrei il passato remoto, ad esempio: "Non lo potei vedere, ma di certo gli mostrò la suola aperta degli stivali".
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pmSentii il tremito nella voce di mia figlia: «Cosa vuole da lui?»
Deve averle mostrato la suola aperta degli stivali.
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pmoltre a alla cucina
Piccolo refuso.
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pmHauptsturmführer, il capitano Müller
A mio parere il grado preciso è inutile, anche perché è ripetuto, seppur in modo meno letterale, da "capitano". Se preferisci mantenerlo, eliminerei "capitano" e aggiungerei l'articolo italiano al termine tedesco in corsivo: L'Hauptsturmführer Müller. 
Qui sotto idem:
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pmme  lo fornisce Hauptsturmführer Müller in persona
I termini in tedesco sempre in corsivo:
@Monica ha scritto: lun mar 11, 2024 8:44 pmmein Herr
Grazie per la lettura, @@Monica, e complimenti per l'ambientazione.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: [MI180] Una brava persona

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Ciao ex intaggabile @@Monica . Ho trovato la tua prova davvero ottima. Scritta davvero molto bene, misurata, concreta nel mostrare come ci siano frangenti in cui persino l'orrore è giustificato. O, se vuoi leggerlo al rovescio, la giustizia esige l'orrore.
Piaciuto molto, credo tu sia stata davvero brava e che, come ti si è fatto osservare, sia in costante miglioramento.
Giusto un appunto:
@Monica ha scritto: A giudicare dal lamentarsi della sedia, giudicai che doveva pesare almeno cento chili.
Qui eviterei la ripetizione. Pensai, considerai, stimai, intuii, insomma ci sono tanti sinonimi

Hai il mio pollice in su  (y)
Buon contest e a rileggerci 
Scrittore maledetto due volte

Re: [MI180] Una brava persona

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Bel racconto, la vita civile che incontra il soldato nemico apre sempre squarci stupendi, un racconto che potrebbe inserirsi tranquillamente come episodio di un qualsiasi romanzo storico sulla seconda guerra mondiale.
Il rapporto che la tua scrittura instaura con il lettore è cordiale, per il genere che proponi a mio gusto mi permetto di dire forse troppo cordiale, alcuni dettagli come gli insulti rivolti al soldato tedesco sono un po' freddini, considerata la trama fossi in te cercherei di costruire un'atmosfera più vivida, far sentire bene al lettore l'odio nei confronti dell'invasore straniero:

"Il maiale grugnisce una risposta senza senso e inizia a ridere come una gallina strozzata"    

Il racconto è scorrevole, e l'uso che hai fatto della punteggiatura mi piace, mi piace il "calzolaio cieco", al punto che vorrei saperne di più, avrei approfondito ancora la sua biografia, avrei tirato fuori qualche suo "vissuto" per avvicinarlo empaticamente al lettore, anche il personaggio della figlia andrebbe caratterizzato un po' di più, personalmente non la vedo, e se posso permettermi cambierei il nome  "Agniezska" faccio fatica pensarlo perché sono certo di sbagliarne la pronuncia, anche se capisco bene che la scelta del nome visto il personaggio non è facile.
La chiusa con la storia del morto nascosto in casa è veramente molto bella.

Grazie di aver pubblicato il tuo racconto, spero di leggerti ancora, e mi auguro di non aver scritto nulla di male
Ettore. 

Re: [MI180] Una brava persona

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ciao@@Monica. La domanda mi sorge spontanea! Perché questa ambientazione nella Polonia invasa? Noto che anche @Poeta Zaza ha parlato di ricordi della seconda guerra mondiale. Io che sono un intenditore di questa epoca, ho trovato che la rappresentazione del bene e del male, così come da te mostrata, non appaghi. Non capisco poi la cronistoria dei fatti: lui che racconta, pare, di cose passate, ma poi, sembra:
@Monica ha scritto: Tutto iniziò un giorno di primavera.
Non capisco se il vecchio racconti, o è tutto in presa diretta... Se racconta da vecchio di cose passate, lui doveva avere molti anni in meno... Mi spieghi, magari sono io che non ho colto bene. Comunque, storicamente parlando, i tedeschi non trattarono male i polacchi, tra loro ci fu un rapporto simile a quello coi francesi collaborazionisti di Vichy. Poi, qualsiasi cosa può essere successa, ma l'ambientazione e l'uso dell'odio tra polacchi e tedeschi,  mi pare artificiosa ed esagerata. Ben diverso trattamento fu riservato agli ebrei polacchi, questo sì! Ciao  :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI180] Una brava persona

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Eccomi super @bestseller2020
bestseller2020 ha scritto: Non capisco se il vecchio racconti, o è tutto in presa diretta... Se racconta da vecchio di cose passate, lui doveva avere molti anni in meno..
È in presa diretta. Il come è diventato calzolaio del Reich è un ricordo, come pure i ricordi inframezzati al racconto relativi alla nipotina.

La storia si svolge a Gliewitz, cittadina di confine, resa, purtroppo nota dal finto attacco inscenato contro la stazione radio tedesca episodio che ha dato l’avvio all’invasione e alla 2 guerra mondiale.
bestseller2020 ha scritto: ma l'ambientazione e l'uso dell'odio tra polacchi e tedeschi,
Questa tu affermazione la trovo un filino ottusa, perdonami. Qui non si parla di odio tra tedeschi e polacchi. È una vicenda personale ma, forse non sono stata così chiara nell’esposizione. Chi legge ha sempre le proprie ragioni… 
Ti ringrazio del passaggio e della lettura visto che sei anche fuori gara ancora più apprezzata!
:love3:

Re: [MI180] Una brava persona

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@@Monica ciao 
@Monica ha scritto: È una vicenda personale ma, forse non sono stata così chiara nell’esposizione. Chi legge ha sempre le proprie ragioni… 
Infatti, io scrivo:
bestseller2020 ha scritto: Poi, qualsiasi cosa può essere successa,
Io mi riferivo all'ambientazione che pare improntata verso l'odio contro l'invasore.. Questo appare chiarissimo. Ma è solo una mia sensazione, dato che mi ha incuriosito la storia... ciao bella.. <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
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