Lo stato attuale dell'editoria e il futuro della letteratura italiana
Posted: Mon Dec 01, 2025 12:18 pm
La mia intenzione, con questo testo, è di avviare un dialogo proficuo e pragmatico sul futuro del medium letterario in Italia.
Scrivo queste brevi considerazioni dopo un paio d'anni passati a interfacciarmi con l'editoria, intenzionato dapprima a costruire una carriera come scrittore, poi resomi conto di non essere visto come un creatore di opere, bensì come un compratore, o elemosinante, di vanità.
Scelgo di non addentrarmi particolarmente nella grande editoria, che da Berlusconi in poi non è che un oligopolio di imprenditori e carrieristi, i quali offrono i propri servizi alle voci più rumorosamente privilegiate e organizzano a tavolino ondate di trend artificiali e convenienti per sostenere un profitto che non può che essere stagnante (in un'ipocrita pugnalata al mantra della "selezione naturale dei manoscritti").
Preferisco, invece, concentrarmi sull'editoria indipendente; poiché quest'ultima ha avuto per lungo tempo la possibilità di rappresentare un'alternativa credibile all'oligopolio che le sta sopra, ma ha, a mio avviso, fallito miseramente. In questo caso, piuttosto che sciorinare noiosamente tutte le criticità dell'ambiente, mi propongo di porre delle domande le cui risposte non mi sono mai state date. Forse, molti di voi hanno dubbi simili e, forse, si può pensare di cambiare concretamente lo stato delle cose.
Perché il paese di Dante, Manzoni, Eco, Fallaci e Terzani conosce dagli anni 2000 ad oggi una produzione letteraria del tutto insignificante rispetto ai corrispettivi internazionali?
Perché molti scrittori, anche avveduti, concedono i propri soldi ad agenzie e case editrici a pagamento?
Perché molte case editrici, anche free, hanno smesso di trattare i lettori come propria clientela principale e sono passate a strategie di marketing rivolte agli scrittori?
Perché l'enfasi è passata dal valorizzare le penne di rilievo a valorizzare le case editrici più prestigiose? Ovvero, perché nell'ambito della letteratura italiana contemporanea contano di più le aziende piuttosto che gli artisti?
Perché gli autori italiani più celebri della contemporaneità sono perlopiù turisti? Opinionisti, personaggi televisivi, atleti, influencer; dove sono gli scrittori di professione?
Perché questo medium artistico esiste oggi in una struttura prettamente economicistica? Perché ci si aspetta da tutti i partecipanti che ciascuna parte del processo di pubblicazione di un'opera abbia la forma e la natura burocratica di una tranzazione economica?
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché il movimento letterario italiano si è atomizzato? Perché si è ridotto a utenti anonimi su forum che comunicano da posizioni isolate? Perché non c'è più collaborazione, una coscienza collettiva, una presenza fisica in spazi dedicati, un'organizzazione consolidata a lungo termine?[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché molti scrittori sono intrappolati in meccanismi consumistici di compravendita dell'immagine? Perché conta di più aver comprato un corso di scrittura creativa piuttosto che aver generato un'idea di rilievo? Perché la competizione letteraria riguarda oggi l'appetibilità come investimento (ovvero l'immagine più immediata) e non più la qualità artistica della singola opera (ovvero l'essenza che sopravvive nei secoli)?[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché non abbiamo ancora creato un'alternativa a questo stagno in cui siamo costretti ad annaspare, considerando che i nostri numeri sono estremamente più elevati rispetto ai numeri degli autoproclamati San Pietro dell'editoria italiana? Cosa si può fare fare per restituire dignità alla letteratura italiana, in questo esatto momento?[/font]
Scrivo queste brevi considerazioni dopo un paio d'anni passati a interfacciarmi con l'editoria, intenzionato dapprima a costruire una carriera come scrittore, poi resomi conto di non essere visto come un creatore di opere, bensì come un compratore, o elemosinante, di vanità.
Scelgo di non addentrarmi particolarmente nella grande editoria, che da Berlusconi in poi non è che un oligopolio di imprenditori e carrieristi, i quali offrono i propri servizi alle voci più rumorosamente privilegiate e organizzano a tavolino ondate di trend artificiali e convenienti per sostenere un profitto che non può che essere stagnante (in un'ipocrita pugnalata al mantra della "selezione naturale dei manoscritti").
Preferisco, invece, concentrarmi sull'editoria indipendente; poiché quest'ultima ha avuto per lungo tempo la possibilità di rappresentare un'alternativa credibile all'oligopolio che le sta sopra, ma ha, a mio avviso, fallito miseramente. In questo caso, piuttosto che sciorinare noiosamente tutte le criticità dell'ambiente, mi propongo di porre delle domande le cui risposte non mi sono mai state date. Forse, molti di voi hanno dubbi simili e, forse, si può pensare di cambiare concretamente lo stato delle cose.
Perché il paese di Dante, Manzoni, Eco, Fallaci e Terzani conosce dagli anni 2000 ad oggi una produzione letteraria del tutto insignificante rispetto ai corrispettivi internazionali?
Perché molti scrittori, anche avveduti, concedono i propri soldi ad agenzie e case editrici a pagamento?
Perché molte case editrici, anche free, hanno smesso di trattare i lettori come propria clientela principale e sono passate a strategie di marketing rivolte agli scrittori?
Perché l'enfasi è passata dal valorizzare le penne di rilievo a valorizzare le case editrici più prestigiose? Ovvero, perché nell'ambito della letteratura italiana contemporanea contano di più le aziende piuttosto che gli artisti?
Perché gli autori italiani più celebri della contemporaneità sono perlopiù turisti? Opinionisti, personaggi televisivi, atleti, influencer; dove sono gli scrittori di professione?
Perché questo medium artistico esiste oggi in una struttura prettamente economicistica? Perché ci si aspetta da tutti i partecipanti che ciascuna parte del processo di pubblicazione di un'opera abbia la forma e la natura burocratica di una tranzazione economica?
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché il movimento letterario italiano si è atomizzato? Perché si è ridotto a utenti anonimi su forum che comunicano da posizioni isolate? Perché non c'è più collaborazione, una coscienza collettiva, una presenza fisica in spazi dedicati, un'organizzazione consolidata a lungo termine?[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché molti scrittori sono intrappolati in meccanismi consumistici di compravendita dell'immagine? Perché conta di più aver comprato un corso di scrittura creativa piuttosto che aver generato un'idea di rilievo? Perché la competizione letteraria riguarda oggi l'appetibilità come investimento (ovvero l'immagine più immediata) e non più la qualità artistica della singola opera (ovvero l'essenza che sopravvive nei secoli)?[/font]
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Perché non abbiamo ancora creato un'alternativa a questo stagno in cui siamo costretti ad annaspare, considerando che i nostri numeri sono estremamente più elevati rispetto ai numeri degli autoproclamati San Pietro dell'editoria italiana? Cosa si può fare fare per restituire dignità alla letteratura italiana, in questo esatto momento?[/font]