La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Gironzolando sul web, mi è capitato di imbattermi in questa riflessione di un noto editor, direttore di un'altrettanto nota collana Mondadori:



Voi cosa ne pensate? Siete in accordo o in disaccordo, con questa disamina? Quello che viene detto nel video è realmente una logica saggia, per conoscere meglio il mercato e le sue tendenze? O si tratta solo della strategia di marketing di un abile direttore editoriale, che fa leva sulle aspirazioni dei tanti, tantissimi (futuri e speranzosi), esordienti?

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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A me che gli esordienti vendano quasi esclusivamente ad altri autori, oltre che a conoscenti, pare verissimo.
A parte quelli che fanno grossi numeri, il mercato è quello. Più o meno tutti cercano di farsi conoscere nei gruppi, pubblicando recensioni e simili, ma a ben vedere si tratta di gruppi di scrittori. Pure se si posta in un gruppo di lettori un lavoro di un esordiente, non interessa praticamente a nessuno.
In Italia oggi va così e i numeri li conosciamo tutti.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Bisognerebbe però distinguere tra un esordiente che ha successo perché ha "studiato" bene il mercato editoriale, ad esempio ha letto tutti i thriller o i fantasy best seller, e ha confezionato un thriller o un fantasy con gli elementi più acclamati di quelli. In questo caso non è qualcuno che ha "qualcosa di nuovo" da dire, ma che offre al pubblico qualcosa che quest'ultimo conosce e apprezza già. In questo caso, appunto, ha più senso leggere solo gli autori più famosi e venduti nel proprio genere, non gli altri esordienti.

Poniamo invece il caso, molto più raro, di un autore esordiente che davvero pubblica "qualcosa di nuovo", che esce dagli schemi. Pure qui, che utilità ha leggere altri esordienti? Se vuoi uscire dagli schemi non hai interesse a ripetere quelli di altri, ma appunto a proporre i tuoi senza farti influenzare da vere o supposte "formule per il successo" altrui...

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ElleryQ ha scritto: Voi cosa ne pensate? Siete in accordo o in disaccordo, con questa disamina?
Credo di aver detto in altra discussione che Franco Forte non è in cima alle mie simpatie... ( :facepalm: ) ma qui c'è una domanda interessante, quindi provo a rispondere.
Inizio col dire che non sono d'accordo quasi su nulla  :lol: 
Non conosco bene il mercato estero, ma ho forti dubbi che stendano tappeti rossi agli esordienti. Se non arrivano ad avere un buon agente, e di conseguenza un buon editore (cosa che in altri Paesi mi pare un po' più facile di qui) non vanno da nessuna parte.
Io di esordienti ne ho letti parecchi (spesso perché membri del forum o conoscenti social) e ne ho trovati di bravissimi. Hanno pubblicato anche con editori importanti come Elliot, Rizzoli, Garzanti o Mondadori. Non li ho letti per capire come ci fossero arrivati (anche se la curiosità c'era) ma soprattutto per sostegno a qualcuno sulla mia stessa barca.
Tutti loro, però, si sono spesso fermati lì. Quindi il tema vero non è che non si leggono gli esordienti, ma che vengono facilmente abbandonati. Magari pubblicano un ottimo libro, ma poi basta: la CE non resta in contatto, l'agenzia sparisce. Le voci nuove e capaci vendono bene anche qui (se vengono promosse), ma spesso proprio perché novità. Finita la novità spariscono nel mare delle nuove pubblicazioni annuali (troppe, per me).
Il problema con gli esordienti c'è, ma è molto diverso da quello che sostiene Forte.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Madonna mia che pistolotto da maestrino in cattedra. Sarei stufo di sentire che la colpa di un'editoria farlocca è sempre degli autori. 
Quindi se gli esordienti non vendono è colpa degli altri autori aspiranti tali che non li leggono, mica di una promozione sghemba degli editori che non curano abbastanza i loro stessi esordienti, pubblicati chissà solo per fare magazzino. 
Se l'Eap prolifera è colpa solo degli autori vanitosi. 
Se gli editori non rispondono all'invio spontaneo dei manoscritti è sempre colpa degli aspiranti autori che inviano roba illeggibile. 
E' in parte vero, come sempre, ma è troppo facile scaricare le colpe solo da una parte. 

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Più una pubblicità che fa leva sulla voglia di pubblicare dei nuovi autori che una riflessione seria.

Il problema è che in Italia si legge poco, in generale. Io sono considerato un lettore "forte", e nel 2023 ho letto 12 libri, di cui 3 saggi. Con 9-10 libri l'anno, quanti romanzi di esordienti posso leggere? Anche a voler usare tutti gli slot disponibili, sarei al massimo intorno allo 0,01% degli esordienti pubblicati.

Poi l'idea che all'estero gli esordienti siano glorificati come dice il signor Forte è un'esagerazione. L'autore esordiente viene promosso in quanto tale solo quando già ha venduto abbastanza (con la classica fascetta "1 milione di copie all'esordio!" e amenità simili). Semplicemente, leggendo di più la gente legge di più anche gli esordienti.
Poi magari il signor Forte avrà esperienza diretta in tutti i paesi del mondo, io posso solo parlare di Irlanda e Spagna. Ma vi assicuro che in Irlanda la gente legge, e parecchio.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Cioè, scusate, Forte si rivolge agli autori che vogliono esordire per far vendere copie ha chi è appena stato pubblicato?
Mi pare davvero una pessima idea e una cattiva pubblicità per se stesso, soprattutto denota poca stima per chi scrive, come se fosse un pirla da circuire o uno sciocco che si sopravvaluta.
Di certo conoscerà bene i mercati e su un paio di cose non posso che dargli ragione: poca voglia di rischiare su nuovi autori e nepotismo dilagante. Di schifezze pubblicate (e pompate) da raccomandati ne ho lette fin troppe.
E se un aspirante scrittore deve leggere, come dicono tutti i manuali di scrittura, è meglio che si butti sui grandi autori per imparare. 
La colpa della poca attenzione sta tutta dalla parte delle grandi CE che non vogliono puntare un centesimo di troppo sul nuovo, meglio l'ennesimo trito e ritrito di chi ha già un seguito. Poi arriva l'Erin Doom di turno e tutti a chiedersi in CE ma dov'eravamo noi? Perché ci è sfuggita?
Suvvia, un po' di serietà.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Se non fosse il titolo di un libro di un autore che aborro, direi che il pistolotto di Franco Forte rappresenta il mondo al contrario. Non sarà sicuramente acquistando in ordine sparso libri scritti da esordienti e pubblicati da piccole o micro CE (quanti casi possono verificarsi in Italia di CE titolate che pubblicano un esordiente?) che cambieremo l'andazzo di questo mercato delle vacche. Se le cose da noi vanno in un certo modo, la colpa è di una legislazione carente, una legislazione obsoleta che risale agli anni quaranta del secolo scorso e che consente a una marea di piccole e micro case editrici, sprovviste di professionalità e di capitali, di imperversare pubblicando di tutto e campicchiare non sui lettori, ma sugli autori. Scovare, tra sessantamila titoli l'anno, da parte di un lettore-scrittore, un autore esordiente meritevole di attenzione, non è facile e, anche quando avviene, non risolve alcun problema. Perché un esordiente arrivi al vero successo deve poter raggiungere il grande pubblico, e questo non avviene tramite il circuito dei social e dei blog - che al massimo potrà far vendere qualche centinaio di copie - ma tramite i media a diffusione nazionale, ai quali un  esordiente non ha possibilità di accedere, a meno che si tratti di persona già nota per altri meriti, che siano sportivi, scandalistici o politici, o raccomandata al punto da poter esordire direttamente con un editore big che non abbandoni, però, a se stessa l'opera pubblicata, ma investa nella sua promozione e diffusione. Inutile, sofistico tentativo, quello di Franco Forte, di ribaltare i termini del problema: la verità è che, stando le cose come stanno, le case editrici di grandi e medie dimensioni, con cui lui stesso ha a che fare, si guardano bene dall'investire sugli autori esordienti tranne rarissimi casi, il cui peso è irrilevante. Il resto è fuffa.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Cheguevara ha scritto: le case editrici di grandi e medie dimensioni, con cui lui stesso ha a che fare, si guardano bene dall'investire sugli autori esordienti tranne rarissimi casi,
In un altro intervento che lo stesso Franco Forte tenne, e che aveva come premessa proprio quello che racconta in questo video, disse anche che le CE big investono raramente negli esordienti. 
Il discorso è piuttosto contraddittorio, in effetti lui raccontava nello specifico le logiche di Mondadori e delle altre CE del gruppo. Diceva, innanzitutto, che se un autore arriva fino alla redazione di una Big, è per via di uno dei "Tre fattori C". In pratica, o ci arriva per *ulo, o per Conoscenze, o (solo in ultima analisi) per Capacità. Arrivare in redazione ed essere letti dal responsabile editoriale di turno, però, non significa avercela fatta. Diceva, infatti, che il responsabile editoriale, per quanto convinto di un autore, deve superare le forche caudine dell'intero Consiglio Editoriale, i così detti "piani alti", le cui uniche finalità sono vendita e fatturato. 
In pratica, il direttore editoriale (o di collana), deve presentare il romanzo che reputa interessante dimostrando che si venderà da sé, con il minimo dispendio di risorse economiche da parte della CE. E deve dare anche una stima della percentuale di incremento del fatturato, con la consapevolezza che sotto una certa percentuale il romanzo verrà scartato. 
Detto ciò, visto che il "povero direttore editoriale" deve stressarsi nell'affrontare un intero Consiglio Editoriale e non può fare tutto lui, esortava l'esordiente a scrivere una super sinossi, inattaccabile, che contenesse una sorta di slogan o idea chiave (lui lo chiamava "il dinosauro") di sicuro impatto. Fatto questo, il direttore di collana non avrebbe dovuto sforzarsi oltre, se non per dire: "Colleghi esimi, ho trovato il romanzo che contiene l'uovo di dinosauro, che farà incrementare il fatturato di almeno il 60%", e dovrebbe essere fatta.
In sostanza, quel raro romanzo d'esordio che supera le famose forche caudine e soddisfa l'unico vero requisito (economico), dovrebbe vendersi da sé, quindi perché spronare così tanto gli altri esordienti all'acquisto? Forse perché in Italia ci sono (ormai da circa 20 anni) più scrittori che lettori?
Ha tutto un senso... E al tempo stesso non ce l'ha!

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ElleryQ ha scritto: Ha tutto un senso... E al tempo stesso non ce l'ha!
Infatti: il discorso non contraddice soltanto se stesso, ma la realtà dei fatti. Ribaltare sugli autori esordienti responsabilità altrui, affermando il contrario di ciò che è sotto gli occhi di tutti è un maldestro tentativo che di sicuro non conferisce lustro all'esimio editor. Ci tocca sopportare di tutto, incluse prese per i fondelli di questo genere.
Mario Izzi
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Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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La banale verità è che, come per qualsiasi altro prodotto, anche per il successo di un libro (di un esordiente o meno) sono indispensabili grossi investimenti pubblicitari. La convinzione che basti il passaparola tra i lettori a costo zero, per far schizzare in alto le vendite, è una favola. Quello è solo un meccanismo che può innescarsi DOPO aver investito, e molto, in promozione.

Se pubblichi con una casa editrice da esordiente, puoi solo sperare che decida di rischiare su di te e non su altri suoi autori esordienti (e, se sei un perfetto sconosciuto, è quasi impossibile che decida di farlo). Se autopubblichi, invece, puoi decidere di investire tu, sulla qualità del tuo lavoro. Rinunci a cambiare l'auto e investi quei soldi in ads online ben fatti del tuo libro. Probabilmente, rispetto all'investimento, col primo libro andrai in perdita. Ma intanto ti sarai creato un pubblico e, se il libro vale, avrai anche innescato il passaparola. E col secondo libro potrai iniziare a guadagnare.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ElleryQ ha scritto: In sostanza, quel raro romanzo d'esordio che supera le famose forche caudine e soddisfa l'unico vero requisito (economico), dovrebbe vendersi da sé, quindi perché spronare così tanto gli altri esordienti all'acquisto? Forse perché in Italia ci sono (ormai da circa 20 anni) più scrittori che lettori?
Uno degli inghippi principali sta qui. Anche il romanzo selezionato (e con tutte le tre C al posto giusto) non si vende da sé. Ci sono romanzi di grosse CE che vendono pochissimo (forse per questo vivacchiano con le memorie inutili di influencer, cantanti o sportivi). Io lo capisco che è un'azienda, non beneficienza, e che magari vendendo migliaia di copie di schifezze ti puoi permettere di rischiare su qualcosa di più serio e più valido (ho letto spesso frasi del genere da qualche editore big). Il problema è che la notorietà facile che vende di più è una tentazione irresistibile per chi guarda prima il profitto. Non è una colpa, solo un dato di fatto: pochissimi sceglierebbero di promuovere un libro bello ma meno vendibile, in favore di uno bruttino ma sicuro. Anche chi lavora nelle CE ha figli da mandare a scuola, bollette da pagare, apparecchi per i denti e rsa per i vecchi genitori, come tutti.
Spronare gli esordienti all'acquisto lascia comunque il tempo che trova: non risolve il problema dei pochi lettori generali. Né leggere cose pubblicate a caso (diciamo per la meno costruttiva delle tre C  :P ) aiuta i nuovi autori.
E ha ragione @Cheguevara che sono obsolete le leggi. Una decisa regolata serve, altrimenti andiamo verso il baratro: un proliferare di CE al limite (se non oltre) della legalità che pubblicano migliaia di "autori" che non avranno alcun futuro. E altrettante big che pubblicano autori che non hanno alcuna intenzione di sostenere nel lungo termine, solo per fare numeri. Non fa bene a nessuno, tutto ciò, se non a quei pochi che ci guadagnano (sempre gli stessi).
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Ciao a tutti! Discussione molto interessante. Tutti gli interventi che ho letto dicono cose assolutamente condivisibili. 
Personalmente leggo molti libri di esordienti (pubblicati da ce che arrivano il libreria, sono sincera perché ho l'abitudine da anziana di volerli prima sfogliare...) per curiosità e per tastare il polso di quello che si pubblica, per rimanere aggiornata e altri motivi del genere. Ovviamente alterno le letture con autori stranieri affermati e classici. Se il suggerimento di Franco Forte va in questa direzione mi trova assolutamente d'accordo. Come a voi invece non mi convince l'aspetto economico della faccenda. E qui propongo uno spunto diverso che sposta l'attenzione sia dai lettori, che magari sono anche scrittori, e sia dalle ce, ossia dai principali attori del rapporto economico che sta dietro il libro, insomma da chi compra e da chi vende. Eh sì, perché il problema sta a monte non a valle, altrimenti non usciamo dalla logica di chi ha la colpa: gli autori o gli editori. Il problema è che si lascia tutto al mercato quando la cultura dovrebbe muoversi anche per logiche diverse. Non è un discorso utopistico il mio. In Francia lo stato finanzia autori ed editori e anche in Svezia. Jon Fosse viveva in una casa pagata dal re ancor prima di vincere il Nobel. In altri paesi come esistono borse di studio e residenze di scrittura creativa che sostengono gli autori e li valorizzano. Insomma si fa in modo che non sia solo il mercato a decidere per tutti. 
Ecco, secondo me bisognerebbe spostare il focus della discussione. Che ne pensate?

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ivalibri ha scritto: Insomma si fa in modo che non sia solo il mercato a decidere per tutti. 
Ecco, secondo me bisognerebbe spostare il focus della discussione. Che ne pensate?
 Dico che sarebbe bello, ma dubito che sia un'opzione realistica nell'Italia di oggi... in Italia la cultura non viene valorizzata, basta guardare come trattano le orchestre in quella che dovrebbe essere la patria dell'opera.

Dubito che si mettano a finanziare gli autori quando c'è solo un manipolo di lettori in grado di leggere più di 140 caratteri al giorno.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Mid ha scritto: sarebbe bello, ma dubito che sia un'opzione realistica nell'Italia di oggi... in Italia la cultura non viene valorizzata, basta guardare come trattano le orchestre in quella che dovrebbe essere la patria dell'opera.

Dubito che si mettano a finanziare gli autori quando c'è solo un manipolo di lettori in grado di leggere più di 140 caratteri al giorno.
Hai perfettamente ragione. Anche se secondo me manca proprio un dibattito in questo senso. Lo stato si guarda bene dal finanziare la cultura e sposa una sorta di logica aziendalistica mirata al profitto (penso ad esempio all'approccio al nostro immenso patrimonio artistico) però si lascia che ci siano sprechi e speculazioni enormi su altri fronti. Insomma bisognerebbe anche cominciare a chiedere e forse a esigere le cose. Quanti scrittori e lettori lo chiedono? Eppure il dibattito sull'educazione alla lettura esiste, esistono le biblioteche, gli archivi, che dovrebbero far parte anch'essi di una filiera virtuosa della cultura. Insomma il mio intervento mirava a spostare l'attenzione dai classici discorsi sull'editoria, sulle big, sugli influencer, ecc, che forse lasciano il tempo che trovano.
Sicuramente ci sarebbe bisogno di rivedere le leggi, come dice @Cheguevara ma non solo. Abbiamo la legge Bacchelli ma bisogna essere in condizioni di povertà per poterne usufruire (diedero il vitalizio ad Anna Maria Ortese quando era ormai anziana e dopo una vita di stenti) e andrebbe rivista. Occorre però un approccio più ampio al problema che a mio modo di vedere non può che essere politico. Poi, certo, so bene che andrebbe a scontrarsi con una mentalità della classe politica che va in tutt'altra direzione, ma da qualche parte bisogna pur cominciare. Iniziare a dirlo e a discuterne forse è un primo piccolissimo passo.

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Fabioloneilboia ha scritto: sarei d’accordo, ma siamo in Italia e finirebbe tutto in un magna magna tra amici di amici.
Eh, lo so bene. Ma questa nostra povera Italia bisognerà cambiarla prima o poi..
:P
Fabioloneilboia ha scritto: Mi accontenterei di avere una tassazione agevolata per i diritti d’autore e la possibilità di scaricare le spese varie.
Questa è una buona idea!

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ivalibri ha scritto: Ecco, secondo me bisognerebbe spostare il focus della discussione. Che ne pensate?
A me va benissimo spostare il focus della discussione (quello economico o promozionale è quello che più odio in assoluto :lol: )
ivalibri ha scritto: Quanti scrittori e lettori lo chiedono? Eppure il dibattito sull'educazione alla lettura esiste, esistono le biblioteche, gli archivi, che dovrebbero far parte anch'essi di una filiera virtuosa della cultura. Insomma il mio intervento mirava a spostare l'attenzione dai classici discorsi sull'editoria, sulle big, sugli influencer, ecc, che forse lasciano il tempo che trovano.
Condivido in toto, ma il dibattito non lo puoi spostare con la pura volontà. Non importa quanto a fondo riusciamo ad andare io, te o altri qui, i problemi, sui grandi numeri, rimangono gli stessi: non solo si legge poco, ma si legge sempre più su consigli di "esperti" improvvisati. La cultura è un concetto tutt'altro che facile da definire, e (a rischio di sembrare disfattista) per me la capacità di distinguere cosa è letterariamente buono e cosa no va scomparendo.

ivalibri ha scritto: Occorre però un approccio più ampio al problema che a mio modo di vedere non può che essere politico.

La politica e le leggi possono fare qualcosa almeno per evitare i truffatori, ma per me il problema è sociologico prima che politico: nessun provvedimento può costringere le persone a leggere, o ad avere un buon senso critico. Migliorare la scuola è l'unico atto politico che vedo utile (ma servirebbero fondi che al momento neanche abbiamo...).
Comunque, per me è già un piccolo ma utile passo dire: così le cose non vanno, pensiamo a come sistemarle. 
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
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Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Silverwillow ha scritto: ma il dibattito non lo puoi spostare con la pura volontà. Non importa quanto a fondo riusciamo ad andare io, te o altri qui, i problemi, sui grandi numeri, rimangono gli stessi: non solo si legge poco, ma si legge sempre più su consigli di "esperti" improvvisati.
È vero, occorrono azioni concrete. Io sono dell'idea, sicuramente idealistica, che le cose possono cambiare se c'è volontà di farlo, o meglio dapprima con la volontà e poi tramite azioni che smuovano le acque. Purtroppo viviamo in un'epoca in cui il cambiamento a livello collettivo ci sembra un miraggio. È un circolo vizioso: meno si crede che siamo noi esseri umani a potere cambiare le cose e più ci si sente schiacciati da un senso di impotenza e meno si prova ad agire. 
Silverwillow ha scritto: La politica e le leggi possono fare qualcosa almeno per evitare i truffatori, ma per me il problema è sociologico prima che politico: nessun provvedimento può costringere le persone a leggere, o ad avere un buon senso critico. Migliorare la scuola è l'unico atto politico che vedo utile (ma servirebbero fondi che al momento neanche abbiamo...).
Sicuramente il problema è sociologico ma la politica, intesa nel senso nobile del termine, dovrebbe avere il compito di intervenire nella società. Non solo attraverso le leggi ma anche tramite azioni concrete e iniziative. Si potrebbe migliorare la scuola certamente, attraverso finanziamenti seri e strutturali (e non con il solito sistema di tagli alle spese), i soldi ci sono ma, ahimè, sono spesi male. I fondi del PNRR, di cui una parte è destinata alle scuole, sono letteralmente buttati via (è un po' lungo da spiegare in un post ma ti assicuro che si perdono nei meandri di un sistema burocratico e poco propenso a investimenti seri e duraturi).
Poi non c'è solo la scuola (è un'abitudine ormai quella di imputarle tutti i mali della società o di vederla come una sorta di panacea per qualunque problema), ci sono le biblioteche e le politiche di incentivazione alla lettura a partire dalle famiglie e dalla prima infanzia. Insomma il problema è complesso, ma le strade per provare a migliorare le cose esistono. Manca appunto la volontà, gli investimenti oculati e pensati sul lungo termine. In questo senso intendo dire che è una questione politica. 
Silverwillow ha scritto: Comunque, per me è già un piccolo ma utile passo dire: così le cose non vanno, pensiamo a come sistemarle. 
Esatto! È proprio quello che penso anch'io!

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ivalibri ha scritto: Poi non c'è solo la scuola (è un'abitudine ormai quella di imputarle tutti i mali della società o di vederla come una sorta di panacea per qualunque problema), ci sono le biblioteche e le politiche di incentivazione alla lettura a partire dalle famiglie e dalla prima infanzia. Insomma il problema è complesso, ma le strade per provare a migliorare le cose esistono.
Ho lavorato come aiuto bibliotecario per anni. Le biblioteche esistono, ma nella mia esperienza chi ci va ha per l'80% già passione per la lettura, i cosiddetti "lettori forti". Dopo pochi mesi salutavo già per nome tutti quelli che la frequentavano. Il resto degli utenti sono studenti che hanno bisogno di un libro specifico per un compito, un esame, una verifica (o talvolta genitori in cerca dello stesso).

Sempre nella mia esperienza, gli incentivi alla lettura funzionano solo in famiglie dove i figli già finirebbero per leggere, spinti dal contesto.

Sono d'accordo con @Silverwillow: l'unico modo per risollevare la situazione sarebbe di intervenire pesantemente sulla scuola. Classi più piccole (10-15 alunni al massimo), insegnanti preparati e motivati (ce ne sono molti, ma ne servono di più), scuole meglio organizzate e più presenti nel territorio, programmi fatti come si deve, sistemi didattici preparati da professionisti e verificati regolarmente per essere adeguati in caso di necessità.
Ma per questo serve un mucchio di denaro pubblico, che al momento in Italia manca (e dove c'è viene usato male).

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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Mid ha scritto: lavorato come aiuto bibliotecario per anni. Le biblioteche esistono, ma nella mia esperienza chi ci va ha per l'80% già passione per la lettura, i cosiddetti "lettori forti". Dopo pochi mesi salutavo già per nome tutti quelli che la frequentavano. Il resto degli utenti sono studenti che hanno bisogno di un libro specifico per un compito, un esame, una verifica (o talvolta genitori in cerca dello stesso).

Sempre nella mia esperienza, gli incentivi alla lettura funzionano solo in famiglie dove i figli già finirebbero per leggere, spinti dal contesto.
Infatti si dovrebbero incentivare anche le aperture delle biblioteche alle associazioni del territorio, come del resto alcune già provano a fare.
La questione delle famiglie è fondamentale: le statistiche dimostrano che la scuola può fare poco per l'abitudine alla lettura, la differenza la fa il contesto socioeconomico di provenienza e la presenza di adulti di riferimento che leggono. Come ho scritto più sopra infatti ci sarebbe molto lavoro da fare sull'istruzione per gli adulti e sulla prima infanzia. 
Mid ha scritto: sarebbe di intervenire pesantemente sulla scuola. Classi più piccole (10-15 alunni al massimo), insegnanti preparati e motivati (ce ne sono molti, ma ne servono di più), scuole meglio organizzate e più presenti nel territorio, programmi fatti come si deve, sistemi didattici preparati da professionisti e verificati regolarmente per essere adeguati in caso di necessità.
Ma per questo serve un mucchio di denaro pubblico, che al momento in Italia manca (e dove c'è viene usato male).
Ma figurati! Alle superiori (sono docente) lavoriamo con un massimo di 32 studenti! Le prime sono numerosissime, gli anni successivi hanno meno alunni perché avviene una sorta di selezione naturale, altro che lotta alla dispersione scolastica...
Le novità proposte dal ministro Valditara vanno tutte nella riduzione dell'offerta formativa (un anno in meno ai tecnici e professionali e il cosiddetta liceo del made in Italy che prevede meno materie e meno ore). L'andazzo è questo.
Qualcuno però dovrebbe spiegarmi perché non possiamo usare i soldi del PNRR per qualcosa di utile. Sono un sacco di soldi buttati via che dovranno risarcire le generazioni future. Non se ne esce...  :(

Re: La scrittura d'esordio, ovvero: leggi che ti leggo.

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ivalibri ha scritto: È un circolo vizioso: meno si crede che siamo noi esseri umani a potere cambiare le cose e più ci si sente schiacciati da un senso di impotenza e meno si prova ad agire. 
Spesso il senso di impotenza viene perché ci si guarda attorno e non si trovano motivi di ottimismo. Altre volte viene perché magari vorresti fare qualcosa per migliorare la situazione, ma non sai davvero cosa. Si agisce volentieri se c'è non solo una buona causa ma uno spiraglio di possibilità.

ivalibri ha scritto: Poi non c'è solo la scuola (è un'abitudine ormai quella di imputarle tutti i mali della società o di vederla come una sorta di panacea per qualunque problema), ci sono le biblioteche e le politiche di incentivazione alla lettura a partire dalle famiglie e dalla prima infanzia
Non c'è solo la scuola, è vero. Ma, per fare un esempio (a caso :P  )  i miei genitori non possedevano neanche un libro. Alle elementari le maestre ci hanno accompagnati nella biblioteca vicina (la mia prima tessera, di sole 4 cifre). Altri libri li ho presi dallo scaffale di mia sorella maggiore (consigliati/obbligati dalla sua scuola). Al liceo, ogni estate, ci davano una lista di letture tra cui scegliere. E tutti ovviamente sceglievano quelle più brevi (anch'io). Questo perché il professore di turno non spiegava perché un certo libro fosse importante, o magari perché gli fosse piaciuto, o cosa avesse di speciale. Ci sono molti libri di quelle liste che mi pento di non aver letto allora, perché sarebbero stati formativi (recuperarli dopo non è la stessa cosa).

Non imputo alla scuola i mali della società, solo la responsabilità di formare persone con una cultura e un'intelligenza decenti. Il resto lo dovrebbero fare i genitori o altri, ma non è affatto scontato, quindi direi che per prima cosa si deve migliorare ciò che si può. Influire sulle singole famiglie è molto più difficile.

ivalibri ha scritto: Qualcuno però dovrebbe spiegarmi perché non possiamo usare i soldi del PNRR per qualcosa di utile. Sono un sacco di soldi buttati via che dovranno risarcire le generazioni future. Non se ne esce
Ho dei dubbi sul modo in cui riusciremo a sfruttare quei fondi. Il bisogno c'è, ma abbiamo grosse difficoltà anche solo a fare dei progetti validi e utili, che rientrino nei parametri e non siano affondati subito dalla burocrazia. Temo che la cultura se ne gioverà molto poco...
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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