Visibilità limitata = vanity press?

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Volevo intavolare una discussione sulla questione in oggetto, perché ritengo che gran parte dei "problemi" che viviamo, in quanto autori, derivino da due obiettivi condivisi da molti:
  • ottenere un'ampia distribuzione del proprio testo, ovvero la capacità di raggiungere più pubblico possibile;
  • ottenere un compenso equo per il proprio testo, cosa che solitamente (ma non necessariamente) è proporzionale al successo del punto precedente.
Molti di noi sognano di pubblicare con una casa editrice "big" proprio per avere più chance in entrambi questi obiettivi. Ma mi chiedo: siamo sicuri che sia questo il modo migliore di procedere? Siamo sicuri che non ci sia un qualche limite nel nostro modo di pensare?

Molti di coloro che sono riusciti a pubblicare attraverso i canali tradizionali hanno visto royalties (se l'editore le ha versate onestamente) che non coprono di certo il lavoro necessario per la stesura delle proprie opere. Non si può dire che si tratti di un compenso "equo".

Quindi mi chiedo: che differenza c'è tra questo modo di pubblicare e l'EAP? Spendere sei mesi della propria vita su un'opera per poi venderne 200 copie e ricevere 300 euro (lordi) dopo un anno... non è forse anche questa "vanity press"? Quanti di voi riterrebbero onesta una retribuzione simile per un qualsiasi altro lavoro?

Con questo non giustifico le EAP, che sono peggio (è come chiedere di pagare per lavorare). Semmai, vorrei far riflettere sul fatto che anche con CE oneste nel 99,9999% dei casi il lavoro dell'autore non viene retribuito in maniera adeguata. Se ci pensate, con ogni probabilità, l'editor che modifica solo un lavoro già pronto e spende su di esso molto meno tempo guadagna da una pubblicazione molto più degli autori, in proporzione.

E ora il punto centrale del mio ragionamento: perché la stragrande maggioranza degli autori non riceve un compenso adeguato?
Ci sono molte possibili risposte a questo interrogativo, ma la mia tesi è semplice: le nostre idee valgono poco, in termini di mercato.

Diciamocelo francamente: probabilmente nessuno di noi ha una caratura culturale comparabile a quella di un Umberto Eco da far "pesare" alla sottoscrizione di un contratto. E pensare di vincere la lotteria come E. L. James con le sue "50 sfumature" o J. K. Rowling con "Harry Potter" nonostante certe carenze tecniche non è realistico. Per quanto ci possano piacere e possano essere ben fatti, i nostri lavori valgono poco. Tutti.

Quindi la questione è: che senso hanno le royalties, il copyright, l'editoria tradizionale e tutto quello che ci gira intorno? Se mediamente le nostre idee valgono poco più di zero, e hanno una distribuzione che supera di poco lo zero, perché non lasciarle invece libere di circolare e ricevere magari contributi volontari da parte di chi le ha realmente apprezzate? Tanto, ricevere 2 euro, o 20 euro, o 200 euro in un anno non cambia niente: non ci posso comunque campare.

In altre parole: dovendo scegliere tra pubblicare 200 copie con una CE tradizionale e ricevere 200-300 euro di royalties, e distribuire un'opera gratuitamente a 2.000 persone e ricevere "mance di appezzamento" per 10-20 euro, che opzione scegliereste? E per quale motivo?

Io ho già fatto la mia scelta, e propendo per la seconda possibilità. Non parlo di self-publishing tradizionale, parlo proprio di pubblicazione gratuita online, con possibilità volontaria di lasciare contributi. Possibilità di print-on-demand senza chiedere altro che il minimo necessario per stampa e invio, ed eventualmente una mancia libera e non obbligatoria.

Volevo chiedere cosa ne pensate, e qual è la vostra posizione sull'argomento. Ne ho parlato con qualcuno che conosco, ma tutti mi dicono che è una stupidaggine. Eppure a me non sembra un'idea così campata per aria. :)

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Il punto centrale non è il fatto che un autore sia pagato poco o nulla, né che le idee e la distribuzione valgano zero, si tratta di una semplice regola economica: quando l'offerta è molta e la domanda poca, il prezzo si abbassa. Se ci sono pochi lettori e molti "autori" è normale che sia così.
Vale più o meno lo stesso discorso della pittura, ci sono migliaia di buoni pittori per un quadro da appendere in salotto e acquistabile a poco prezzo, ci sono pochi grandi artisti capaci di realizzare vere opere d'arte. Poi ci sono i raccomandati o i figli di papà, ma quelli li trovi ovunque.
Riguardo al tuo discorso sulla gratuità, dipende molto da come uno vive la scrittura. Per me è una passione che attraverso la vendita ti permette di confrontarti professionalmente senza finire nel calderone del "tutto gratis" in cui le ciofeche la fanno da padrone e in cui non puoi sapere realmente quanto tu sia apprezzato. Io credo che la gratuità impedisca un riscontro obiettivo del proprio valore come autore, ti svilisce insomma.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Brutus ha scritto: Per me è una passione che attraverso la vendita ti permette di confrontarti professionalmente senza finire nel calderone del "tutto gratis" in cui le ciofeche la fanno da padrone e in cui non puoi sapere realmente quanto tu sia apprezzato. Io credo che la gratuità impedisca un riscontro obiettivo del proprio valore come autore, ti svilisce insomma.
Per quale motivo il "tutto gratis" dovrebbe necessariamente svilire?


Io non credo più al "controllo editoriale" da un bel po'. Ho letto libri di CE tradizionali che erano fatti coi piedi: non parliamo solo di refusi, ma anche di testi mediocri, stampe raffazzonate, distribuzione inesistente.
Sinceramente mi fido più dell'opinione di molti utenti di questo forum che di tanti sedicenti "editor" di certe realtà che ho avuto modo di conoscere. E non parlo solo di realtà italiane, perché ho incontrato gli stessi problemi in tutti i luoghi in cui ho vissuto.

Il fatto che una CE garantisca una maggiore "professionalità" è un retaggio del passato, a mio avviso.
Questo stesso forum ne é un esempio. Senza volerli chiamare "capolavori", molti testi vincitori dei contest, qui e nel vecchio WD, sono meglio scritti di racconti che si vedono pubblicati in certe raccolte di certe case editrici.
E sono testi gratuiti che possono essere letti da chiunque.

E anche nel passato, non è che le CE avessero l'esclusiva della professionalità, delle buone idee e del successo.
Penso a Peter Coniglio di Beatrix Potter, e alcuni lavori di Jane Austen, per esempio. O a L'uomo di Marte di Weir, per citarne uno più recente. Tutti autopubblicati.
Mi potrai dire che sono l'eccezione e non la regola, ma io posso replicare che lo stesso vale per opere pubblicate da piccole CE: quante di esse sono davvero valide e hanno avuto successo?
E allora, se questo è il caso, qual è la differenza tra pubblicare da soli, gratuitamente, e pubblicare con una piccola CE?

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Mid ha scritto: Quindi mi chiedo: che differenza c'è tra questo modo di pubblicare e l'EAP?
Ce n'è una sola: nel primo caso vieni scelto per un qualche merito che l'editore ha visto nella tua opera, nella seconda paghi per essere scelto da un editore a cui non interessa nulla degli eventuali pregi della tua opera, ma ha a cuore soltanto la tua solvibilità. 
Per me fa tutta la differenza del mondo.
Mid ha scritto: Quanti di voi riterrebbero onesta una retribuzione simile per un qualsiasi altro lavoro?
Nessuno.
Il problema sta nel considerarlo un lavoro, cosa che in Italia sono pochi a potersi permettere.
Mid ha scritto: Per quanto ci possano piacere e possano essere ben fatti, i nostri lavori valgono poco. Tutti
È una tua idea, che personalmente non condivido per nulla.


Mid ha scritto: Senza volerli chiamare "capolavori", molti testi vincitori dei contest, qui e nel vecchio WD, sono meglio scritti di racconti che si vedono pubblicati in certe raccolte di certe case editrici.
Dunque non è vero che i nostri lavori valgono poco.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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@Marcello la tua ultima frase è una falsa equivalenza: essere ben scritti non significa necessariamente valere molto. Significa solo avere una tecnica migliore di altri.

Ogni anno escono dai conservatori italiani 2000 pianisti diplomati, tutti con tecnica eccellente. Lo devono essere per forza, visti i pezzi che devono essere in grado di eseguire.

Di questi, quanti diventano concertisti? Uno ogni 2-3 anni, quando va bene, e solo tra quelli che hanno iniziato da giovanissimi e sono "prodigi". Quanto vale tutta la tecnica degli altri? Poco. Esattamente come la nostra scrittura. Registreranno pezzi che ascolteranno i parenti. Suoneranno se va bene alle feste di paese. Ma per campare, il 99% di loro non suonerà quei pezzi che ha studiato con tanto impegno, bensì farà l'insegnante di musica a correggere scale e arpeggi di base al principiante di turno, o il turnista in qualche studio di registrazione a strimpellare 4 accordi per una base.

Avere una buona tecnica non significa necessariamente che il proprio lavoro valga molto. E infatti viene pagato, mediamente, una miseria, almeno per quando riguarda la scrittura.

Non voglio sminuire il lavoro di nessuno, sia chiaro: sto solo dicendo che la probabilità che tra di noi ci sia un nuovo Dante Alighieri (o anche solo un Monti o un Fogazzaro) è così prossima allo zero da essere praticamente insignificante. E se non possiamo fare della nostra passione un lavoro, cosa cambia tra distribuire gratuitamente i nostri testi e invece farceli stampare, revisionare e distribuire da gente che non conosciamo?
Sineddoche ha scritto: Perché se è vero che gli standard valutativi di una piccola ce free possono essere in media molto bassi, gli standard valutativi di un'autopubblicazione lo sono (in media) ancora di più. 
Pienamente d'accordo. Ma allora la differenza la fa la professionalità di ciascuno, non la media. E se è vero che conosco la mia professionalità, altrettanto non posso dire di quella delle persone che lavoreranno sul mio libro, a meno di non avere esperienza diretta con una CE molto professionale. Ma un esordiente non ne ha, a meno di non avere già contatti o raccomandazioni in quel mondo.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Mid ha scritto: Avere una buona tecnica non significa necessariamente che il proprio lavoro valga molto. E infatti viene pagato, mediamente, una miseria, almeno per quando riguarda la scrittura.
Non voglio sminuire il lavoro di nessuno, sia chiaro: sto solo dicendo che la probabilità che tra di noi ci sia un nuovo Dante Alighieri
Tecnica e contenuti, forma e sostanza, sono entrambi necessari, a mio parere, per fare un buon libro. Poi non so se varrà molto o poco, sono espressioni piuttosto indeterminate e soggette a valutazioni personali. Certo, se il termine di paragone è Dante, o Eco come dicevi in un altro post, allora sì: le nostre opere valgono poco di sicuro.
Recentemente, però, abbiamo avuto utenti che hanno pubblicato con Einaudi, Solferino, E.L.; e in precedenza altri sono usciti con Marsilio, Mondadori e Rizzoli: sono tutti editori che versano anticipi e pagano le royalties. Certo, non si diventa ricchi e non si può pensare che quello sarà il lavoro definitivo, ma è un inizio. 
D'altronde qualcuno può ragionevolmente pensare di intraprendere questo percorso con l'intenzione di essere il nuovo Dante?

Mid ha scritto: senza chiedere altro che il minimo necessario per stampa e invio, ed eventualmente una mancia libera e non obbligatoria.
Personalmente – ma è un modo di sentire mio, lo sottolineo – sarebbe come mettersi all'angolo della strada con il cappello in mano. 
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Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Marcello ha scritto: D'altronde qualcuno può ragionevolmente pensare di intraprendere questo percorso con l'intenzione di essere il nuovo Dante?
Magari Dante no, ma l'intima speranza di molti (tutti?), almeno tra quelli con cui ho avuto modo di parlare direttamente, è di essere una nuova J. K. Rowling. Vincere alla lotteria è più probabile (e decisamente meno faticoso). :D
Marcello ha scritto: Personalmente – ma è un modo di sentire mio, lo sottolineo – sarebbe come mettersi all'angolo della strada con il cappello in mano. 
Qui non sono d'accordo, ma può essere che sia perché veniamo da background diversi. Distribuire videogiochi in quella maniera (gratuiti + donazione volontaria) era molto comune nell'ambito indie. E anche in ambiti più professionali è una strategia di monetizzazione valida (per esempio in giochi completamente gratuiti, in cui pagando si possono ottenere degli elementi cosmetici esclusivi). In pratica si fidelizza senza chiedere soldi in anticipo.

Tra vedere una persona comprare il mio libro e ottenere 3 euro di royalties, ma avere 4 persone che non vogliono spendere i loro soldi su uno sconosciuto edito da una CE sconosciuta, e vederne 5 provare a leggere il libro e ottenere 1 euro di mancia solo da uno di essi, preferisco la seconda opzione, perché almeno ho raggiunto più persone.

Ovviamente il mio discorso vale solo per le dimensioni di mini e micro CE. Se uno riesce a pubblicare con Mondadori o Marsilio, e quindi ottenere una distribuzione potenzialmente molto ampia, quello è un discorso diverso.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Non c’è niente di male a distribuire il proprio libro gratuitamente, in tanti fanno così. Ma regalarlo non vuol dire che qualcuno lo leggerà mai, è ben più probabile che diventi un soprammobile o finisca in una scatola. Basta pensare a quanti libri ci sono gratis su Amazon oggi e quanti ne ho scaricati. Se vado a ritroso a tutto il 2023 quanti libri gratis ho avuto l’opportunità di scaricare? Migliaia. Quanti ne ho scaricati? Zero.
Il bene più prezioso per il lettore è il tempo, non di certo i pochi spiccioli di un ebook.
Farsi leggere non vuol dire svendersi, ma convincere i lettori che ne valga la pena.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Fabioloneilboia ha scritto: Il bene più prezioso per il lettore è il tempo, non di certo i pochi spiccioli di un ebook.
Farsi leggere non vuol dire svendersi, ma convincere i lettori che ne valga la pena.
D'accordo al 100%. Ma la mia domanda è: può una mini/micro CE convincere un lettore che ne vale la pena? La mia (personale) risposta è "non più che un'autopubblicazione". E infatti le micro CE restano tendenzialmente micro e continuano ad avere distribuzione micro. A quel punto, visto che due spiccioli non fanno la differenza, tanto vale regalare il proprio libro: magari finirà come soprammobile in qualche casa, ma almeno se è in una casa e non nell'angolo più buio della libreria più fuori mano del paese Vattelappesca avrà più probabilità di essere letto. :)

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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@Mid io sono d’accordo con te che non valga la pena farsi pubblicare da un microeditore che ha come l’unico obiettivo incassare i soldi dai conoscenti dell’autore, mille volte meglio il self. Non solo economicamente, per esperienza personale dubito seriamente che sarei arrivato allo stesso numero di lettori con la serie che ho su Amazon.
Però ci sono anche case piccole serie, che spendono parecchi soldi per i libri che pubblicano. Tra editing, grafica, impaginazione, stampa delle copie previste da contratto spendono tanto. Questo vuol dire che credono nel testo ed è motivo di soddisfazione.
Come detto, purtroppo, guadagnare per il tempo investito è utopia in questo momento, a prescindere da chi sia la casa editrice.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Mid ha scritto: magari finirà come soprammobile in qualche casa, ma almeno se è in una casa e non nell'angolo più buio della libreria più fuori mano del paese Vattelappesca avrà più probabilità di essere letto. :)
Perdonami, non riesco a capire la logica. Se finisce come soprammobile in una casa qualsiasi, o come zeppa sotto a un tavolo, cambia davvero rispetto al finire nello scaffale più basso e in ombra di una libreria? Per me, le probabilità di essere letto sono le stesse. Se il libro è stato preso giusto per essere un soprammobile, o uno spessore sotto a un mobile, solo perché era gratuito, non è detto che sia stato anche letto, né che lo sarà mai. Non è sbagliato a priori voler testare le proprie capacità regalando un libro, ma non è detto che porti a qualcosa. Hai fatto l'esempio del videogioco free: io sono uno di quelli che scaricano, giocano il livello free e si fermano là. Oppure giocano tutto il gioco free, ma non si sognano minimamente di pagare per acquistare accessori, aiuti aggiuntivi, vita aggiuntiva, o per poter continuare a giocare a oltranza anziché attendere 24 ore per rigiocare. E lo faccio sporadicamente. Certo, dipenderà anche da quanto si è appassionati di videogiochi, ma credo che per la lettura valga la stessa cosa. Se da lettore accanito mi capita per puro caso il bel libro gratuito di un esordiente, benvenga; ma se sono davvero un "lettore forte" (categoria su cui si basa attualmente l'editoria in Italia, e che non ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni) sono anche uno che non bada a spese e acquisterà comunque un buon libro, se lo ritiene tale. Anche se di un esordiente, e persino andandolo a scovare nello scaffale più basso, dell'angolo più buio, della più piccola libreria di Vattelappesca, situata nel vicolo più stretto e nascosto. E anche se è edito da una micro casa editrice. L'importante, in entrambi i casi, è che sia ben scritto. Le probabilità, a mio parere, sono in fin dei conti le stesse. 
Personalmente, però, se devo scegliere come autore e non come lettore, tra il pubblicare in self offrendo il mio libro gratuitamente come incentivo e pubblicare con una piccolissima CE Free (che sia almeno di qualità medio-alta, nella sua categoria), preferisco la seconda, credo che una piccolissima possibilità in più di distribuzione ce l'abbia. Chiaro è che se la scelta è tra la micro e la media editoria, preferirei comunque la seconda, che mi darebbe almeno qualche chance in più per "vivere da scrittore".

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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ElleryQ ha scritto: Se finisce come soprammobile in una casa qualsiasi, o come zeppa sotto a un tavolo, cambia davvero rispetto al finire nello scaffale più basso e in ombra di una libreria? Per me, le probabilità di essere letto sono le stesse.
Beh, personalmente mi è capitato di avere un libro in casa da anni, magari regalato da un parente che stava traslocando o preso gratuitamente da un banchetto al mercatino, e averlo tenuto in uno scaffale a prendere polvere, per poi leggerlo per curiosità solo molti anni dopo. Non sono sicuro che lo stesso possa accadere in una libreria, anche perché immagino che lo scaffale venga liberato dopo un po': che io sappia, in una libreria lo spazio espositivo vale oro.

Per il resto posso essere d'accordo con il tuo commento, o quantomeno comprendere il tuo punto di vista su certi aspetti.

(PS: ringrazio tutti gli utenti e CdM che mi permettono di avere una discussione civile come questa... mi rendo conto che la mia posizione è controversa, ma l'ultima volta che ho affrontato un argomento simile in altri contesti è finito a flame, troll e parolacce... :) ).

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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@Mid La tua è sicuramente un’opinione legittima, non c’è niente di strano. Molti però hanno in mente di fare un percorso. Stampando e regalando copie l’unico percorso che si può pensare di fare è convincere chi ha avuto in regalo la copia a leggere il proprio libro.
Altri pensano a un percorso diverso, credendo di scrivere tanti libri e collocarli sempre meglio. Ma non c’è davvero nulla di strano ad aver scritto un libro e annoiarsi dietro un’editoria che porta a poco e nulla.
Io credo che le case editrici non cerchino libri, ma autori. Chi vuol andare dietro all’editoria deve essere un autore.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Mid ha scritto: Magari Dante no, ma l'intima speranza di molti (tutti?), almeno tra quelli con cui ho avuto modo di parlare direttamente, è di essere una nuova J. K. Rowling.
Strano... la quasi totalità dei colleghi che conosco, degli utenti dei vari forum o blog di scrittura con cui ho contatti, compresi i miei clienti, affermano di scrivere per passione, perché hanno una storia da raccontare o perché hanno un personaggio di cui si sono innamorati. E scrivono con la speranza di coltivare una piccola cerchia di lettori che si allarghi sempre più nel tempo. Poi che qualcuno abbia il sogno segreto di diventare il nuovo Ken Follett è possibile – sognare in fin dei conti non costa nulla, se si è consapevoli di sognare –, però non l'ho mai sentito dire da nessuno. 
Mid ha scritto: gio ott 26, 2023 8:24 amQui non sono d'accordo, ma può essere che sia perché veniamo da background diversi. Distribuire videogiochi in quella maniera (gratuiti + donazione volontaria) era molto comune nell'ambito indie.
Giustissimo, non ho mai giocato a un videogioco né tantomeno ne ho mai acquistato uno.
Fabioloneilboia ha scritto: gio ott 26, 2023 9:44 amPerò ci sono anche case piccole serie, che spendono parecchi soldi per i libri che pubblicano. Tra editing, grafica, impaginazione, stampa delle copie previste da contratto spendono tanto. Questo vuol dire che credono nel testo ed è motivo di soddisfazione.
(y)
Mid ha scritto: gio ott 26, 2023 10:00 amringrazio tutti gli utenti e CdM che mi permettono di avere una discussione civile come questa... mi rendo conto che la mia posizione è controversa, ma l'ultima volta che ho affrontato un argomento simile in altri contesti è finito a flame, troll e parolacce...
E ci mancherebbe: la tua è un'opinione che può essere condivisa o meno, ma non ha nulla di offensivo nei confronti di chiunque.
Per ora fortunatamente siamo riusciti a tenere questo luogo pulito da personaggi del genere; ogni volta che mi capita di dover bannare il nuovo arrivato che pubblica messaggi pubblicitari in russo devo studiarci sopra mezz'ora perché non mi ricordo mai come si fa...   :facepalm:
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Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Fabioloneilboia ha scritto: Io credo che le case editrici non cerchino libri, ma autori. Chi vuol andare dietro all’editoria deve essere un autore.
Ottimo spunto. Probabilmente non sono un autore, allora.
Cioè, mi piace scrivere, ma non potendolo fare a tempo pieno non ho la costanza né la pazienza di inseguire l'editoria "tradizionale".
Tornerebbe tutto.

Vorrà dire che eventualmente propenderò per l'auto-pubblicazione e la distribuzione gratuita, se necessario. :) 

In ogni caso, grazie a tutti per i commenti. Ho parecchio materiale su cui riflettere, e magari potrei cambiare idea (non sarebbe la prima volta :P ).

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Mid ha scritto: Se mediamente le nostre idee valgono poco più di zero, e hanno una distribuzione che supera di poco lo zero, perché non lasciarle invece libere di circolare e ricevere magari contributi volontari da parte di chi le ha realmente apprezzate?
Per me è un'idea assolutamente fantastica, e a suo modo geniale nella sua semplicità. Hai ragione: anche pubblicare con una CE (perfino una big come Harper Collins) non permette di viverci (a meno di non essere famosi, cosa che di solito succede per motivi che non c'entrano con la capacità di scrivere). Con le piccole CE è ancora peggio: non si paga niente per pubblicare, ma il lavoro che ci si è messo non è mai ripagato, neanche lontanamente. Lasciare i nostri lavori liberi, contando sul fatto che siano buoni, e che qualcuno potrebbe voler dare un contributo volontario, avrebbe un doppio guadagno: sapere quanti l'hanno effettivamente apprezzato e avere magari più lettori (e si scrive per lo più per essere letti, non certo per il misero profitto, che non risarcirà quasi mai il tempo speso). Un altro benefit non indifferente sarebbe iniziare un trend che finisca per affossare tutte le CE micro poco serie o poco motivate.
Mid ha scritto: Spendere sei mesi della propria vita su un'opera per poi venderne 200 copie e ricevere 300 euro (lordi) dopo un anno... non è forse anche questa "vanity press"?
Su questo no, non sono d'accordo. Non è vanity press, nella misura in cui non si può prevedere il successo di un libro (che l'autore spera sempre galattico), così come a volte non si può prevedere la serietà di una CE nel pagamento delle royalties. Quando si firma un contratto si hanno sempre grandi aspettative. Che poi in genere non si realizzino è un altro discorso.
Concordo invece sul fatto che la visibilità è tutto. Un libro può essere bellissimo, ma se nessuno lo promuove resterà sconosciuto. Anzi, mi azzardo a dire che la promozione è più importante della pubblicazione. Si possono vendere benissimo banalità, se ben promosse. O si può pubblicare con buoni risultati anche in self, ma bisogna sapersi promuovere da sé, e non è facile.
Mid ha scritto: In altre parole: dovendo scegliere tra pubblicare 200 copie con una CE tradizionale e ricevere 200-300 euro di royalties, e distribuire un'opera gratuitamente a 2.000 persone e ricevere "mance di appezzamento" per 10-20 euro, che opzione scegliereste? E per quale motivo?
La seconda. Duecento euro non ti cambiano la vita, qualcuno che crede nel tuo libro abbastanza da fare una donazione volontaria invece potrebbe farlo.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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@Silverwillow Restando coi piedi per terra: indipendentemente dalla motivazione che spinge a scrivere - che sia un bisogno intrinseco dell'autore, o la speranza di improbabili lauti guadagni - riguardo alla distribuzione gratuita della propria opera io terrei in conto ciò che mi fu insegnato ai tempi in cui vendevo prodotti finanziari per conto di un grande gruppo assicurativo, prodotti che presentavano un' elevata commissione di ingresso: quel che non costa, non vale. Personalmente, preferisco spendere 20 Euro, con cui potrei campare un paio di giorni (ebbene sì, non navigo nel benessere) nell'acquisto di un libro, correndo anche il rischio di imbattermi in una ciofeca, che scaricare roba gratuita da internet e poi impegnare a visionarla lo stesso tempo normalmente dedicato a leggere, invece, ciò per cui ho pagato. Perché è così che funziona la mente, non solo la mia.   
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Mid ha scritto: Ogni anno escono dai conservatori italiani 2000 pianisti diplomati, tutti con tecnica eccellente. Lo devono essere per forza, visti i pezzi che devono essere in grado di eseguire. [...] o il turnista in qualche studio di registrazione a strimpellare 4 accordi per una base.
Ciao, mi permetto di fare delle specifiche, sono pedante ma capirai/capirete quale sia il mio intento.
Il numero in Italia non lo so di preciso, ma posso dirti che, nella sessione in cui mi sono diplomato io (nel lontano 2008, piccolo conservatorio), eravamo in quattro. La differenza tra quello che è uscito con 10 e lode, io con 8, e una ragazza che ha preso 6 e mezzo è abissale, anche tra confronti intermedi (per la cronaca, la quarta è uscita con 9 o 8 e mezzo se non ricordo male). Di certo tale differenza è minore per chi non è abituato ma c'è comunque visto che al primo hanno applaudito anche i muri per un quarto d'ora mentre alla terza è stata più una cortesia. Io non avevo queste amicizie e mi hanno sentito in quattro, ma questa è un'altra storia. :P 
Uno di loro lo conosco, è concertista, ma non era un prodigio e, semplicemente, si è messo a disposizione per eventi nel corso degli anni negli anni novanta, in un epoca non infestata da youtuber e dispensatori di niente dove c'era qualche soldino per organizzare qualcosa di carino.
Altri musicisti (diplomati e non) che conosco suonano in locali e feste e fanno cover band di musica moderna. Per quanto riguarda l'insegnamento, almeno da queste parti, ci sono poche scuole di musica visto che i bambini li si manda a fare sport o li si lascia in balia dei social in attesa di finire in qualche situazione per la quale si fanno manifestazioni plateali ma niente nel concreto.

Questo per dire che sono certo che anche nella scrittura il mondo è molto più complesso di come lo intendo io che, alla fine dei conti, ne sono fuori, da aspirante scrittore della domenica...

Per quanto riguarda il discorso sulla gratuità - non cito perché è in molti post - posso dire due cose.
Il primo è che, vicino a dove lavoro, ha aperto una pizzeria/pinseria che, tra l'altro, vende basi per pizza. Sono venuti in questa zona di attività commerciali e hanno portato in omaggio circa cinque basi per ufficio. Nel nostro caso, di tutto l'ufficio (che siamo una decina) ha comunque guadagnato un paio di clienti.
Il secondo, un pensiero personale, è che io sono favorevole a quei contratti editoriali in cui si paga dalla centesima (per es.) copia venduta. Non sono mai arrivato a questa cifra, e l'unica casa editrice che mi ha dato qualcosa lo ha fatto sulle poche copie vendute nel periodo ed è stata una cifra che nemmeno valeva le volte che sono stato dalla commercialista. Non ho mai superato le cinquanta e non è che mi frega se l'editore mi offre un aperitivo...
Collegandomi a quanto appena detto
Mid ha scritto: Se mediamente le nostre idee valgono poco più di zero, e hanno una distribuzione che supera di poco lo zero, perché non lasciarle invece libere di circolare e ricevere magari contributi volontari da parte di chi le ha realmente apprezzate? Tanto, ricevere 2 euro, o 20 euro, o 200 euro in un anno non cambia niente: non ci posso comunque campare.
sono d'accordo, anche se sono incapace a fare copertine e impaginare e non sono un buon editor di me stesso. Quindi sono d'accordo a parole, ma partecipo a concorsi e invio a case editrici e prendo quello che viene, alle regole degli altri.
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Silverwillow ha scritto: Non è vanity press, nella misura in cui non si può prevedere il successo di un libro (che l'autore spera sempre galattico), così come a volte non si può prevedere la serietà di una CE nel pagamento delle royalties.
 Sicuramente non si può prevedere il successo di un libro, ma se ci si affida a una CE con distribuzione limitata (ed è una cosa che si può controllare prima di firmare), indipendentemente dalla loro serietà, difficilmente il libro potrà avere grande visibilità. Non è impossibile, ma è quantomeno molto improbabile, ed è sicuramente meno probabile che con una media o grande CE, che ha distribuzione capillare. Quando si sa che il libro avrà, al massimo, 100 copie stampate che finiranno negli scaffali più nascosti di poche librerie indipendenti, non si può certo sperare di ottenere un gran successo. Poi ovviamente il "successo" è sempre relativo e soggettivo: per qualcuno vendere 50 copie è già un successo, e quindi questo discorso per loro non vale. :)
Cheguevara ha scritto: terrei in conto ciò che mi fu insegnato ai tempi in cui vendevo prodotti finanziari per conto di un grande gruppo assicurativo, prodotti che presentavano un' elevata commissione di ingresso: quel che non costa, non vale.
 Sono d'accordo, ma non credo si tratti solo di "prezzo", bensì di marketing: bisogna essere capaci di "vendere" anche ciò che è gratuito, per quanto assurdo possa sembrare.
Un modo è quello di distribuire il proprio lavoro con diversi livelli di prezzo: una versione basica gratuita, una versione con elementi cosmetici (es. illustrazioni) a prezzo X, una versione "lusso" (es. stampata + illustrazioni) a prezzo 3X. In questo modo si concede comunque l'opportunità di ottenere il prodotto gratuitamente, ma se si vogliono "eye candies" si paga; e questo tipo di marketing è solitamente sufficiente per evitare l'associazione mentale "gratuito = ciofeca", soprattutto tra i più giovani.

Il problema di questo approccio è che ci vuole molto più lavoro per preparare il prodotto, e non tutti possono pensare di farlo da soli. Io ho lavorato nella programmazione frontend, e conosco com'è fatto un EPUB internamente; ho lavorato un poco nella grafica, quindi posso pensare di realizzare le copertine da me; so disegnare, e anche se la mia tecnica si limita all'inchiostro, è più che sufficiente per delle illustrazioni in un libro.

@bwv582 grazie per le precisazioni. :) Ho semplificato parecchio per far passare il messaggio: quello che intendevo è che fare il concertista (che è in teoria l'obiettivo formativo del conservatorio per chi si diploma in pianoforte, per quel che ricordo) è per pochi.
I numeri (in Italia, poco meno di 2000 diplomati l'anno e solo 1 posto di concertista fisso disponibile ogni paio d'anni) li ricordo da un numero della rivista "Suonare", di parecchi anni fa ormai.

Chissà come mai non mi è venuto in mente che tu potessi essere appassionato di musica classica, visto il tuo nick. :D Anche se devo essere sincero, la BWV 582 non ricordo proprio che opera sia...

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Ciao a te, @Mid. Intanto ci tengo a dire di nuovo, che le precisazioni non sono per pedanteria fine a se stessa, ma per dare un esempio riguardo a questo mio pensiero
bwv582 ha scritto: Questo per dire che sono certo che anche nella scrittura il mondo è molto più complesso di come lo intendo io che, alla fine dei conti, ne sono fuori, da aspirante scrittore della domenica...
perché credo che in ogni ambito artistico ci sia qualcosa di molto di più che, magari, può anche fuorviare dalla logica di chi non c'è dentro a livello professionistico. Mi metto per primo in questa lista. :) 
Mid ha scritto: che è in teoria l'obiettivo formativo del conservatorio per chi si diploma in pianoforte, per quel che ricordo
Lo credo anch'io ma la maggioranza dei diplomati che conosco (me compreso) ha un'occupazione che non c'entra nulla con la musica.
Mid ha scritto: Anche se devo essere sincero, la BWV 582 non ricordo proprio che opera sia...
Passacaglia e fuga in do minore per organo. <3  
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Cheguevara ha scritto: quel che non costa, non vale
Sì, è un meccanismo psicologico automatico. Ma è anche vero che spesso si sfrutta un meccanismo simile e opposto: molti (specie chi si autopubblica) fanno promozioni gratuite o a poco prezzo durante il lancio di un libro. Così come autori di saghe mettono gratuito il primo volume (per invogliare poi a comprare gli altri). È come quando al supermercato qualcosa è in offerta: l'occhio si sofferma in automatico. Per far soffermare quell'occhio su un libro gratuito, basta dargli un valore intrinseco prima.
L'idea di @Mid mi ha suggerito un sacco di nuove idee, come ad esempio creare un collettivo di autori (potremmo chiamarlo "Comitato di liberazione dei libri") che si propongono come scopo di opporsi alle ingiustizie editoriali, e quindi facciano parlare di sé ancora prima dei suoi libri (che potrebbero avere un marchio collegato). Libri che potrebbero essere controllati ed approvati (almeno nella forma) dal comitato prima di essere proposti. Una sorta di crociata contro l'editoria tradizionale, dove i libri che escono sono gratuiti ma buoni, e si invita chi li ha apprezzati a fare una donazione. Sostenere una causa può essere una buona motivazione per i lettori. Ognuno nel comitato avrebbe un ruolo: chi è esperto di grafica può occuparsi delle copertine, chi di editing/correzione bozze della forma, chi si intende di social della promozione.
Non ci sarebbe un guadagno immediato, ma sarebbe una cosa nuova, che molti siti e blog a tema riprenderebbero come curiosità, pubblicizzando indirettamente anche i libri. È un'idea un po' folle, ma per me potrebbe funzionare.
Mid ha scritto: Un modo è quello di distribuire il proprio lavoro con diversi livelli di prezzo: una versione basica gratuita, una versione con elementi cosmetici
Ecco, questa è un'altra idea ottima. Molti probabilmente si accontenteranno del prodotto gratuito, ma già mettere la possibilità di bonus extra a pagamento lo rende più appetibile. Come dire: il lettore si sentirà fortunato ad avere accesso gratuito almeno alla versione di base, come se avesse fatto un affare. Ci sarebbe molto da riflettere sulla tua idea, comunque, perché apre nuovi mondi.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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@Silverwillow Idee affascinanti, se si vuole, ma l'applicazione ha un che di utopistico. Non solo si dovrebbero mettere insieme gli autori o aspiranti tali, che per vocazione sono individualisti, ma dovrebbe essere gente disposta a lavorare a tempo quasi pieno in un progetto che, se andrà bene, potrà remunerarli fra anni. A meno che non siano tutti in grado di vivere di rendita, dovrebbero trovare il tempo di lavorare e, magari, di occuparsi della famiglia, quelli che ce l'hanno, e, perché no, di scrivere, visto che di scrittori si tratta. Non la vedo fattibile.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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@Cheguevara, forse lo sarebbe pure. Del resto questo forum di basa sulla volontarietà (e prima ancora il WD, che aveva una struttura più complessa e moltissimi utenti in più, con tutto ciò che questo comporta). Io credo, però, che l'idea di @Silverwillow , per avere un reale impatto pubblico e un'attenzione mediatica, dovrebbe contare al suo interno almeno 3 o 4 autori già piuttosto noti (o personaggi noti in generale, non necessariamente scrittori), che attirino l'attenzione dell'opinione pubblica e dei lettori. Questi ultimi, inoltre, darebbero una sorta di garanzia in più sull'effettiva qualità dei libri proposti.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

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Silverwillow ha scritto: come ad esempio creare un collettivo di autori (potremmo chiamarlo "Comitato di liberazione dei libri") che si propongono come scopo di opporsi alle ingiustizie editoriali, e quindi facciano parlare di sé ancora prima dei suoi libri (che potrebbero avere un marchio collegato). Libri che potrebbero essere controllati ed approvati (almeno nella forma) dal comitato prima di essere proposti.
 L'idea del "comitato" è geniale, e garantirebbe ciò che manca da sempre all'autopubblicazione, ovvero un controllo editoriale. Sarebbe una garanzia di qualità solitamente assente nel self-publishing.

Per quanto riguarda l'impegno, @Cheguevara, non mi preoccuperei perché come dice @ElleryQ ci sono realtà che funzionano bene nate su base volontaria. Io stesso ho partecipato a vari progetti "open", il tempo da dedicare lo si trova.

E non sono troppo preoccupato neppure di trovare autori noti per dare maggior garanzia di qualità: ci sono CE piccole e poco conosciute che lavorano bene, il loro unico limite è la distribuzione.

Piuttosto, sarei preoccupato di sedicenti "autori" che vorrebbero entrare per approfittare del "comitato" per farsi un editing e una pubblicazione gratuitamente. Un'iniziativa del genere può funzionare solo se retta da un regolamento rigido e se c'è garanzia che tutti lavorino per il bene comune. Insomma, un regolamento come per WD o CdM, che sia vincolante e obblighi a un "dare" se si vuole un "avere" (vuoi un editing? Devi fare la grafica di una copertina; vuoi una copertina? Devi fare promozione per un altro libro su un canale social).
Il problema di questo approccio è che comunque non garantisce la qualità, esattamente come obbligare a un commento per pubblicare un racconto non può garantire che sia un commento "di qualità", può garantire solo che sia "lungo abbastanza".
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