Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Mi sembra che nel vecchio forum ci fosse una lunga conversazione sull'argomento.

In quale delle due categorie identificate più la vostra produzione? 
Si può tracciare una distinzione netta tra narrativa cosiddetta "di genere" e "non di genere"?

La narrativa "non di genere" viene spesso definita "mainstream", ma in realtà il mainstream può essere di genere (vedi Harry Potter, Stephen King o, per restare in Italia, i romanzi di Stefania Auci). Inoltre, anche nei romanzi "non di genere", ci sono molto spesso elementi in comune con la letteratura di genere (quasi in ogni romanzo c'è una storia d'amore, o un delitto, o qualche elemento fantastico, o una ricostruzione storica).
Quindi, forse la linea di demarcazione non è così semplice da individuare. 

Per quanto riguarda il mercato editoriale, la letteratura "di genere" trascorre da alcuni marchi big (Newton & Compton, Nord e la stessa Mondadori) a una galassia sterminata di piccoli e di micro editori, ed è molto rappresentata anche nel Self publishing; mentre è quasi del tutto assente nella media editoria indipendente, salvo alcuni casi isolati, come Fanucci e Mursia. La letteratura "non di genere" viene pubblicata dai big, dai medi e dai piccoli, ed è poco rappresentata nella microeditoria e nel Self publishing. 

Altra questione: secondo voi è più facile avere successo con un'opera "di genere" o "non di genere"?

Per come la vedo, scrivere narrativa di genere è più facile, ma c'è più concorrenza, ed è più difficile realizzare opere di qualità.
Scrivere narrativa "non di genere" è più impegnativo, ma è più facile risultare originali, e la concorrenza è minore.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Wanderer ha scritto: Altra questione: secondo voi è più facile avere successo con un'opera "di genere" o "non di genere"?

Per come la vedo, scrivere narrativa di genere è più facile, ma c'è più concorrenza, ed è più difficile realizzare opere di qualità.
Scrivere narrativa "non di genere" è più impegnativo, ma è più facile risultare originali, e la concorrenza è minore.
Non saprei. In questo nostro mercato malandato, mi pare che abbiamo già assodato che il successo dipenda da fattori estranei al tipo di opera pubblicata. Io ho pubblicato qualcosa, due opere e un racconto, che potrebbero essere definite di genere (fantascienza distopica e legal-thriller) e sono tra i vincitori di altri due concorsi (uno di poesia, l'altro con un racconto animalista) per i quali ho rifiutato di firmare i contratti di edizione. In tutti quei casi non mi è stato difficile scrivere perché ho scritto come mi sentivo di scrivere, come è mia abitudine. La qualità? Se deve desumersi dalle vendite, molto scarsa; buona secondo il mio giudizio, che però non conta, per quanto mi sforzi di essere obiettivo: ogni scarrafone è bello a mamma soia.
Mario Izzi
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Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Fabioloneilboia ha scritto: L’altra faccia della medaglia è che, a parte i premi per i gialli e altri rari di alcuni settori, la narrativa di genere è considerata letteratura di serie b.
Vero, ma questo dipende anche dal fatto che l'offerta è smisurata rispetto alla domanda, e le opere migliori annegano in un mare magnum di mediocrità.
In ogni caso, i grandi autori "di genere" (dai tempi di Agatha Christie a quelli di J. K. Rowling) poi finiscono per essere considerati grandi autori e basta. Ma è pur vero che è più difficile essere considerati "grandi": mentre per la letteratura "non di genere" bastano un paio di titoli con vendite non stratosferiche, per la letteratura di genere per assurgere alle glorie letterarie bisogna vendere milioni di copie. 

Ho notato, comunque, che sia su questo forum che sul vecchio WD la letteratura di genere è nettamente prevalente, quasi "pars pro toto". Questo significa che gli esordienti, per la maggior parte, scrivono opere di genere, e la concorrenza è enorme. E come dicevo, spesso non ci sono mezze misure nell'editore a cui puntare: si passa da Mondadori al microeditore, senza una ragionevole via di mezzo, quella che può essere alla portata di chi scrive opere "non di genere". 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Sì, è vero. C’è da dire che di norma un esordiente che scrive narrativa non di genere deve aspettarsi un pubblico ridottissimo, mentre scrivendo un rosa mezzo erotico i lettori arrivano a prescindere.
D’altronde la gente è giusto che legga ciò che le pare.
Nel mio piccolo ho scelto il self per un prodotto facile da far leggere, una casa editrice per un romanzo, a mio modo di vedere, che punta più sulla qualità. Anche perché se il problema era avere lettori l’ho risolto molto più facilmente di quanto potessi immaginare.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Fabioloneilboia ha scritto: Sì, è vero. C’è da dire che di norma un esordiente che scrive narrativa non di genere deve aspettarsi un pubblico ridottissimo, mentre scrivendo un rosa mezzo erotico i lettori arrivano a prescindere.
Sì, però poi non ci si può lamentare se la letteratura "di genere" viene vista come una narrativa di serie b, che punta all'intrattenimento e al facile guadagno... se non c'è una ricerca formale, se non c'è uno stile originale, se non c'è una vena creativa, il rischio è obiettivamente alto. 

Comunque, spesso si trascura la questione quando si invia a una CE; invece, è una questione importante per gli editori. 

Ci sono CE che puntano quasi soltanto sulla letteratura di genere e non sono interessate ad altro. Questo vale soprattutto per tantissime piccole e micro CE che riescono a guadagnare per la ragione che dicevi tu. Ci sono altre CE non pubblicherebbero un fantasy o uno storico nemmeno sotto tortura. Alcune (come Las Vegas Edizioni) lo specificano, ma nella maggior parte dei casi non è specificato, e bisogna capire da soli se l'editore è più orientato sull'una o l'altra tipologia. Non sempre la cosa è immediata, anche perché ogni anno sembrano nascere nuovi generi come i funghi (e in ogni caso anche la narrativa "non di genere" finisce per essere etichettata e catalogata, in un modo o nell'altro). 

Io ritengo ciò che scrivo "non di genere" per il semplice motivo che non ho mai approfondito uno specifico genere letterario, e non saprei nemmeno da dove cominciare a scrivere opere "di genere". Credo dipenda in buona parte dal background di letture pregresse, specie classici. Non sono mai stato un lettore forte di Tolkien, o di Agatha Christie, ma al massimo di Conan Doyle. Il mio modello però è sempre stato Steinbeck. 

Il problema della narrativa "non di genere" è che, almeno nella nostra epoca, non è così libera come sembrerebbe. Ci sono di fatto delle tendenze in voga, dei temi, che finiscono per funzionare come dei generi letterari. Non voglio buttarla in politica, ma spesso questo tipo di letteratura è ostaggio di temi politico-sociali, e oggi le storie d'amore "non convenzionali" e il tema delle migrazioni funzionano come dei generi, e consentono anche dei guadagni più facili. Inoltre, sembra che ormai quasi tutte le opere "non di genere" debbano includere pazzi psicopatici, storie di abusi di alcol e droghe, femminicidi, e cose del genere. Insomma, non c'è tanta differenza con la letteratura "di genere", dato che questi romanzi finiscono per essere tutti omologati da alcuni temi. Se qualcuno scrive un romanzo veramente introspettivo, esistenzialista, non se lo fila quasi nessuno. 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Concordo al 100% @Wanderer Tra l’altro i lettori spesso non leggono neanche i testi che vincono premi e osannati dalla critica, il pubblico è sempre più indirizzato verso una letteratura leggera, chi vuole testi impegnati legge i classici. Del resto chi crede di scrivere testi seri deve confrontarsi con Steinbeck, appunto, e tantissimi altri ed è giusto così.
Gialletti e rosa sdolcinati spesso fanno schifo, ma li leggono lo stesso e con feedback tutto sommato positivi. È lo specchio della società e le case editrici si adattano pubblicando opere di dubbio gusto. 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Fabioloneilboia ha scritto: Concordo al 100% @Wanderer Tra l’altro i lettori spesso non leggono neanche i testi che vincono premi e osannati dalla critica
E fanno bene, spesso. A volte si tratta davvero di mode passeggere e nulla più. A parte Baricco, De Luca, Cognetti e qualche altro, non vedo tanti autori tra quelli viventi che possano aspirare a diventare dei classici. Manca l'universalismo dei temi, in molti casi. 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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@Wanderer Credo che la mancanza di universalismo dipenda anche dal periodo che stiamo vivendo, dall'evoluzione delle tecnologie e dei costumi che taglia fuori il passato, per cui anche i temi esistenziali finiscono per diventare moda del momento, catalogabile in generi e sottogeneri. Personalmente, quando ho scritto un romanzo poi classificato come fantascienza distopica, mi sono soltanto guardato intorno, pensando come un mondo dominato dalla finanza improduttiva potesse crollare a seguito di un crollo globale, appunto, della finanza. E i legal-thriller (una trilogia, di cui soltanto il primo pubblicato) non sono altro che la trasposizione romanzata di una vicenda da me vissuta come involontario testimone del malfunzionamento della giustizia in questo Paese: il genere in cui inquadrarla non era un obiettivo, ma una conseguenza. Alla fine, ognuno scrive, o almeno dovrebbe scrivere, elaborando con la fantasia temi che hanno radici nel proprio vissuto, piuttosto che decidere a priori il genere attribuibile a ciò che si accinge a fare. Se poi il risultato sia inquadrabile in un genere, piuttosto che un altro, dovrebbe essere irrilevante.
Mario Izzi
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Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Cheguevara ha scritto: Alla fine, ognuno scrive, o almeno dovrebbe scrivere, elaborando con la fantasia temi che hanno radici nel proprio vissuto, piuttosto che decidere a priori il genere attribuibile a ciò che si accinge a fare. Se poi il risultato sia inquadrabile in un genere, piuttosto che un altro, dovrebbe essere irrilevante.
Sì, sono assolutamente d'accordo con te. 

Dato che tu hai lavorato sulla mia opera, approfitto per chiederti: secondo te è "di genere"?
Mi sto rendendo conto che, forse, nella sinossi l'ho presentata come tale, pur non essendo mia intenzione. 
E forse questo mi sta precludendo alcune possibilità, dato che la propongo soltanto a editori considerati "non di genere".  

Comunque, mi sembra che si possa dire che la vera differenza tra genere/non di genere sia il grado di fictionalità.
La narrativa "di genere" è molto più fictionale, mentre quella "non di genere" è più realistica, o perlomeno aspira ad esserlo.

A quanto pare, è sufficiente che l'opera sia ambientata in una realtà parallela (non per forza irreale) o in un altro tempo per diventare "di genere".
Anche le opere ambientate sotto il nazismo sono "di genere". La mia è ambientata a cavallo tra Settanta e Ottanta, quindi è a rischio "genere". 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Come è stato giustamente detto sopra, la distinzione tra la narrativa di genere e quella non di genere è talmente sfumata e problematica che forse sarebbe meglio lasciarla perdere del tutto.
In teoria la narrativa non di genere "pura" non dovrebbe mescolarsi con delitti, con ambientazioni lontane dal presente, non dovrebbe introdurre il minimo elemento non realistico e così via, per non rischiare di cadere rispettivamente nel giallo, nel romanzo storico, nel fantastico, etc.
In sostanza dovrebbe occuparsi solo di temi alti: i rapporti interpersonali (famiglia, amore, amicizia), gli aspetti tragici della vita (malattia, morte), i temi sociali, politici, economici che caratterizzano la propria epoca.
In pratica però un libro di narrativa che si occupi di alcuni di questi temi quasi sempre si appoggia a una trama "di genere"; il motivo fondamentale di questa scelta è che una trattazione sganciata da una storia che non contempli delitti, amori clandestini, avventura, etc. correrebbe il grave rischio di diventare un saggio, o una predica, o un comizio o altro del genere da parte dell'autore. 
La trama "di genere" serve innanzitutto per dare movimento a qualcosa che altrimenti sarebbe statico, serve poi a dare ordine a quella che potrebbe rischiare di essere una serie di riflessioni sparse sulla vita da parte dell'autore, in alcuni casi serve anche a introdurre qualcosa che di solito non fa parte della nostra quotidianità (un omicidio, un Ufo, un fantasma), cosa generalmente gradita al lettore, che nella quotidianità è immerso fino agli occhi in ogni santo giorno della vita.
In definitiva, anche la narrativa "non di genere" utilizza quasi sempre elementi di quella di genere, così come è vero il viceversa, per cui alla fine l'unica vera differenza tra un'opera di genere e una non di genere dovrebbe risiedere nella qualità e originalità della scrittura: un giallo scritto alla grande per molti versi è un'opera "non di genere", mentre un pretenzioso "affresco della nostra epoca" scritto da cani può rientrare in quella di genere (modaiolo o polpettone, mattone, minestrone).

 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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massimopud ha scritto: In teoria la narrativa non di genere "pura" [...] dovrebbe occuparsi solo di temi alti: i rapporti interpersonali (famiglia, amore, amicizia), gli aspetti tragici della vita (malattia, morte), i temi sociali, politici, economici che caratterizzano la propria epoca.
Ecco, secondo me invece le due cose andrebbero ben distinte: la letteratura "non di genere" dovrebbe occuparsi di temi universali e meta-temporali (amore, amicizia, morte) non di contingenze storiche. Può affrontare temi sociali, ma il suo scopo dovrebbe essere altro. Prima citavo Steinbeck. Anche nella sua produzione sono presenti temi sociali, ma sono trasfigurati dalla fantasia letteraria e diventano profondi temi universali (basti pensare all'archetipo dei fratelli rivali in "La valle dell'Eden"). Oggi, invece, tutto resta in superficie, sul piano della cronaca e del messaggio socio-politico. Questo fa sì che le opere "non di genere" siano effimere quanto (e a volte più) di quelle "di genere".

Per il resto, concordo con quello che hai scritto.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Wanderer ha scritto: Dato che tu hai lavorato sulla mia opera, approfitto per chiederti: secondo te è "di genere"?
Secondo me, no. Intanto si tratta di racconti che, sia pure inquadrati in uno spazio circoscritto di luogo e tempo e avendo personaggi e luoghi in comune, sono comunque diversi. Volendo a tutti i costi catalogarli come genere, andrebbero divisi tra rosa, noir, gothic e altro. Volendo per forza catalogarli in un genere che li comprenda tutti, conierei il genere I remember.
Ma io non sono pratico.  Come dicevo qualche post addietro, scrivo come me la sento: poi chi vuole attribuisca al risultato il genere che preferisce.
Mario Izzi
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Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Wanderer ha scritto: Si può tracciare una distinzione netta tra narrativa cosiddetta "di genere" e "non di genere"?

La narrativa "non di genere" viene spesso definita "mainstream"
La questione, in realtà, è molto più complicata.
La prima volta che qualcuno ha definito un mio romanzo "mainstream" ci sono rimasta male, considerandola quasi un'offesa. Questo per le associazioni mentali che accompagnano il termine (inglese, tanto per cambiare, in italiano non siamo ancora riusciti a coniare un termine adeguato): qualcosa che "segue la corrente principale" è visto in automatico come negativo. Tra l'altro per me era un romanzo storico (e così l'ho presentato alle CE). Credo che nel genere storico la confusione sia più comune che in altri, forse per la sostanziale aderenza alla realtà (seppure lontana). Un fantasy o un horror sono più difficili da inquadrare come "mainstream".
Wanderer ha scritto: Ecco, secondo me invece le due cose andrebbero ben distinte: la letteratura "non di genere" dovrebbe occuparsi di temi universali e meta-temporali (amore, amicizia, morte) non di contingenze storiche. Può affrontare temi sociali, ma il suo scopo dovrebbe essere altro
Questa definizione per me aggiunge solo ambiguità. La letteratura "non di genere " può occuparsi di qualsiasi argomento, ma non è orientata verso generi e schemi codificati (ad esempio un giallo, dove tutto ciò che viene fatto e detto è utile a chiarire il mistero). Anche un giallo, o un fantasy, possono trattare di amore, amicizia o morte, ma lo fanno in un contesto preciso e spesso per finalità narrative diverse dal semplice "raccontare la realtà". Quindi per me la discriminante non sono i temi trattati (tantomeno le capacità dell'autore) ma il fine per cui vengono trattati. Un romanzo di genere può essere ritenuto anche migliore di uno che non lo è, solo perché rispetta e svolge bene il suo scopo specifico
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Secondo me la distinzione andrebbe fatta tra romanzi formulaici e non.

Ogni genere ha le proprie regole e i propri "riti", ma quel che distingue un buon romanzo a mio avviso è l'uso che se ne fa.
Se in un romanzo fantasy sei costretto a mettere elfi e orchi, ad esempio, quello lo ritengo un vincolo formulaico, che non amo.
Certo, in un giallo ci vuole l'assassino, ma il resto lo decidi tu.

Scrivere "letteratura alta" oggi è difficile, e bisogna avere idee geniali ed essere molto bravi. Il romanzo di genere è più semplice per certi versi, anche se naturalmente non privo delle difficoltà che la buona scrittura richiede.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Angelo ha scritto:
Scrivere "letteratura alta" oggi è difficile, e bisogna avere idee geniali ed essere molto bravi. Il romanzo di genere è più semplice per certi versi, anche se naturalmente non privo delle difficoltà che la buona scrittura richiede.
Sono d'accordo con te. Infatti, la maggior parte dei romanzi "non di genere" degli ultimi anni, una volta finita la lettura, si dimenticano presto (e per fortuna). 
Già.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Silverwillow ha scritto: La prima volta che qualcuno ha definito un mio romanzo "mainstream" ci sono rimasta male, considerandola quasi un'offesa. Questo per le associazioni mentali che accompagnano il termine (inglese, tanto per cambiare, in italiano non siamo ancora riusciti a coniare un termine adeguato): qualcosa che "segue la corrente principale" è visto in automatico come negativo. Tra l'altro per me era un romanzo storico (e così l'ho presentato alle CE). Credo che nel genere storico la confusione sia più comune che in altri, forse per la sostanziale aderenza alla realtà (seppure lontana). Un fantasy o un horror sono più difficili da inquadrare come "mainstream".
In realtà, in letteratura "mainstream" ha un'accezione positiva, ovvero: a prescindere dalle connotazioni soggettive, l'uso linguistico è di un termine positivo. In questo caso, per "corrente principale" si intende la letteratura d'autore, quella che - almeno in teoria - detta le leggi del mercato, e che non è un mero prodotto del mercato. Si tratta della letteratura "alta" che finisce nei libri di letteratura, contrapposta alla narrativa "bassa" di consumo e di intrattenimento. In questa accezione ristretta, "mainstream" è solo la letteratura "non di genere", e quindi un romanzo fantasy o horror non lo sono, nemmeno se vendono centinaia di migliaia di copie. E non lo è nemmeno un romanzo storico. Quindi, se qualcuno ha detto che il tuo romanzo storico (che di solito NON è mainstream) è "mainstream", è una valutazione positiva, in teoria: secondo questa lettura, è un romanzo in grado di travalicare i limiti della narrativa di genere. Tu in un altro thread parlavi di Franco Ferro, che ha scritto un romanzo con un tema simile al tuo ("La bambina e il nazista"). Ad occhio e croce, il suo romanzo non è "mainstream", perché lui è un autore di genere, e sin dalla copertina il suo libro ha tutte le caratteristiche di un romanzo "di genere". E questo a prescindere da quanto vende. Viceversa, il tuo romanzo potrebbe essere "mainstream" anche se vende duecento copie. Magari tu l'avevi proposto a una CE di genere, e ti è stato risposto qualcosa tipo "non fa per noi, è mainstream". Questo significa, in altri termini, che lo dovevi proporre a un'altra tipologia di editore, magari anche più quotato (tra parentesi, tu hai pubblicato con Arkadia, che è un piccolo editore, ma è abbastanza quotato, proprio perché pubblica in prevalenza opere "non di genere"; Words, invece, non si può dire che sia un editore quotato perché, oltre ad essere piccolo, pubblica in prevalenza opere "di genere". Quotato per chi, ti chiederai? Semplice: per la comunità degli intellettuali, dei lettori forti e degli scrittori "non di genere", che sono quelli dei premi letterari più contesi e dei marchi editoriali più ambiti, come Einaudi, Feltrinelli, Garzanti, Adelphi, La Nave di Teseo, o anche Sellerio, che pubblicano al 95% letteratura "non di genere". Da questo punto di vista, a dispetto delle ambizioni di ogni aspirante, Mondadori o Newton & Compton NON sono considerati marchi ambiti perché pubblicano di tutto, anche letteratura "di genere", quindi "non-mainstream", in questa accezione).

Detto ciò, è anche vero che il significato di "mainstream" può essere differente in differenti contesti, in particolare in musica, ed è quindi un termine polisemantico, un po' sfuggente. In musica, "mainstream" significa ciò che va per la maggiore, e spesso diventa un equivalente di "commerciale", anche in senso negativo. In questo caso, "mainstream" è pressappoco ciò che va a Sanremo. In letteratura, d'altro canto, il fatto che un libro sia "commerciale" non ne pregiudica la qualità, e spesso i libri più venduti sono quelli che vincono lo Strega o altri premi. Quindi potremmo dire che la differenza tra "mainstream" in musica e in letteratura equivale alla differenza tra Sanremo e lo Strega. C'è differenza? Forse un po' sì. 

Volendo trovare una caratteristica comune, "manistream" è in letteratura ciò che pubblicano i grossi editori più prestigiosi (come quelli prima citati), o editori anche più medio-piccoli ma molto seguiti e quotati (come E/O, Neri Pozza, Minimum fax, Marcos y Marcos o Nottetempo). 

Però, c'è un però

Se è pur vero che gli editori più prestigiosi pubblicano a maggioranza letteratura "non di genere", sbarrando la porta alla letteratura "di genere" come fosse un ospite indesiderato, è anche vero che ci sono alcune opere o autori di "genere" che entrano dalla finestra, e che finiscono per diventare più mainstream del "mainstream". Nel post iniziale avevo preso come esempio Stefania Auci (che però al momento è pubblicata da GeMS con un marchio "di genere" come Nord) ma basti pensare al caso più eclatante di Sellerio e Camilleri. Sellerio pubblica quasi solo narrativa "non di genere", eppure il suo autore di maggior successo è (stato) un autore "di genere", o che forse ha reinventato un genere. La domanda allora è: Camilleri entrerà nei futuri libri di letteratura? Ce lo dirà la storia, ma secondo Sellerio sì. 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Angelo ha scritto: Scrivere "letteratura alta" oggi è difficile, e bisogna avere idee geniali ed essere molto bravi. Il romanzo di genere è più semplice per certi versi, anche se naturalmente non privo delle difficoltà che la buona scrittura richiede.
In effetti è vero, anche se scrivere letteratura "alta" in realtà è sempre stato difficile, se quella del passato ci appare più frequente è solo per merito della scrematura operata dal Grande Editor, meglio noto come Tempo, o secondo la relatività, Spazio-Tempo ("Lo spazio-tempo è galantuomo", A. Einstein).

Se per "non di genere" s'intende la trattazione di temi universali, è chiaro che scriverne in maniera non banale è privilegio di quei pochi Steinbeck (per citare uno ricordato sopra) che nascono una volta ogni tanto, mentre per scrivere dignitosa narrativa di genere bastano una modica dose di talento, un periodo di apprendistato più o meno lungo e una fatica boia che vi fa chiedere chi diavolo ve l'ha fatto fare.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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massimopud ha scritto:
In effetti è vero, anche se scrivere letteratura "alta" in realtà è sempre stato difficile, se quella del passato ci appare più frequente è solo per merito della scrematura operata dal Grande Editor, meglio noto come Tempo, o secondo la relatività, Spazio-Tempo ("Lo spazio-tempo è galantuomo", A. Einstein).

Se per "non di genere" s'intende la trattazione di temi universali, è chiaro che scriverne in maniera non banale è privilegio di quei pochi Steinbeck (per citare uno ricordato sopra) che nascono una volta ogni tanto, mentre per scrivere dignitosa narrativa di genere bastano una modica dose di talento, un periodo di apprendistato più o meno lungo e una fatica boia che vi fa chiedere chi diavolo ve l'ha fatto fare.
Sì, ma è pur vero che nel campo della letteratura "alta" alcuni grandi erano visti come tali già a loro tempo, e il caso di Steinbeck è emblematico: il film "La Valle dell'Eden" di Elia Kazan (il primo film che consacrò James Dean, nel 1955) uscì appena tre anni dopo il romanzo; Steinbeck era ancora vivo, e veniva già considerato un grande. Anche Mann, Hesse e Hemingway erano molto rispettati in vita, e vinsero il Nobel, come Steinbeck. Oggi, si fatica a trovare qualche autore contemporaneo che possa aspirare allo status di "classico". E peraltro l'Italia non produce un Nobel per la letteratura da oltre venticinque anni (e l'ultimo che ha prodotto, Fo, non era uno scrittore in senso stretto; il precedente era stato Montale nel 1975).

Comunque, forse la differenza tra letteratura "di genere" e "non di genere" si può individuare proprio in questo: la letteratura "non di genere" è quella che, ai massimi livelli, produce i Nobel per la letteratura. Un premio che nemmeno i più grandi autori "di genere" (Conan Doyle, Christie o Tolkien) hanno mai ottenuto, non rientrando tra i candidati. Così come ci sono pochissime chance che oggi lo possano vincere Stephen King, Ken Follett o J. K. Rowling. 

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Wanderer ha scritto: Comunque, forse la differenza tra letteratura "di genere" e "non di genere" si può individuare proprio in questo: la letteratura "non di genere" è quella che, ai massimi livelli, produce i Nobel per la letteratura. Un premio che nemmeno i più grandi autori "di genere" (Conan Doyle, Christie o Tolkien) hanno mai ottenuto, non rientrando tra i candidati. Così come ci sono pochissime chance che oggi lo possano vincere Stephen King, Ken Follett o J. K. Rowling. 
E però anche così la questione letteratura "alta" e "bassa" non è tanto semplice : Conan Doyle, Christie e Tolkien non avranno vinto il Nobel, ma hanno tuttora milioni di lettori in tutto il mondo e con ogni probabilità sarà così anche tra cinquanta o cento anni; loro hanno superato la prova del tempo e sono nella storia della letteratura. 
C'è da chiedersi di quanti Nobel si potrà dire lo stesso: di Nobel se ne dà uno all'anno, tra cento anni quanti di loro avranno milioni di lettori?  
Poi, d'accordo, si può obiettare che non sempre i grandi numeri sono sinonimo di alto livello letterario (vedi Dan Brown e simili), però diceva qualcuno che si possono fregare poche persone per molto tempo o molte persone per poco tempo, ma non molte persone per molto tempo: se per un secolo o giù di lì un autore continua ad avere milioni di lettori non può essere un bluff: Conan Doyle non sarà autore particolarmente profondo, ma ha inventato uno dei pochi personaggi letterari universalmente conosciuti, perfino da chi non legge; la Christie ha portato il giallo nelle case di tutto il mondo; Tolkien un mondo se lo è addirittura inventato.
E poi ci sarebbe da aggiungere che, per vari motivi, autori indiscutibilmente "alti" come Conrad, Kafka, Chesterton, Borges, Simenon, etc. il Nobel non l'hanno vinto, ma tra Conrad e Pontoppidan (Nobel 1917), tra Kafka e Jensen (Nobel 1944), tra Borges e Martinson (Nobel 1974) non è difficile prevedere chi rimarrà nelle antologie dei prossimi secoli.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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massimopud ha scritto: ...
Tutto abbastanza condivisibile.
Anche se va detto che alcuni grandi da te ricordati - come Borges e Simenon - sono stati comunque più volte candidati al Nobel.
Per il resto, dobbiamo tener presente che siamo parlando comunque di autori dell'altroieri. Il romanzo è un'invenzione moderna. È difficile prevedere quali romanzieri si leggeranno tra trecento anni, perché è difficile prevedere se la stessa forma-romanzo reggerà la prova del tempo.
A ben vedere, gli autori del passato che hanno superato la prova del tempo (quella dei cinquecento anni) sono soprattutto poeti: Dante, Shakespeare, Ariosto.
Anche tra i premi Nobel non tutti sono romanzieri, ma ci sono poeti come Neruda e Montale.
Forse allora una delle differenze tra letteratura di "genere" e "non di genere" è questa: la prima è essenzialmente narrativa, ed è un'invenzione moderna (risale alla nascita del romanzo gotico a fine Settecento), mentre la seconda è anche poesia, e affonda nella notte dei tempi.
Poi si potrebbe discutere se, in realtà, il "genere" (in senso lato) è sempre esistito, sia in letteratura che in arte e musica. Anzi, forse si può anche ribaltare totalmente la prospettiva: prima esisteva solo il "genere" (e la regola d'arte), mentre l'idea del genio creativo è recente, e risale al Romanticismo. 
In definitiva, l'età che ha prodotto il primo genere letterario, nonché il romanzo in quanto tale, è la stessa che ha prodotto il suo contrario, l'idea che ogni creazione letteraria debba essere una voce originale e diversa dalle altre. 
Se pensiamo che le due tendenze spesso convivevano nello stesso autore (come nel caso di Goethe e di Byron), sono in fondo due facce della stessa medaglia.

Tornando a noi, sono d'accordo sul fatto che, di base, dipende tutto da come il singolo autore riesce a plasmare la fantasia letteraria, a prescindere se parta o meno da un modello preesistente. È anche vero però che oggi è molto difficile trovare grandi autori nella letteratura "di genere", e per ogni Christie o Tolkien ci sono migliaia di epigoni che non lasciano traccia alcuna e non aggiungono niente al già detto e già sentito.
Nella letteratura "non di genere" vale in parte la stessa cosa - perché, come detto, nella nostra epoca si sta cristallizzando su temi, modelli e tendenze precostituite - ma almeno in potenza c'è un maggiore spazio per autori fuori dal coro e per voci uniche e originali.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Secondo me molti se la cantano e se la suonano da soli, se nessuno li legge un motivo ci sarà.
Come scritto sopra, tanti scrittori hanno dato molto di più alla letteratura scrivendo opere considerate di generi minori, come il fantasy, di quanto fanno moderni pseudoscienziati che credono di scrivere opere di narrativa generale di qualità.
La verità, a mio modo di vedere, è che i grandi autori del passato hanno raccontato vicende proprie e della propria epoca e cultura, oggi molti scrivono, ma non hanno nulla da raccontare. Possono scrivere nel genere che gli pare, ma resteranno comunque opere vuote.

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Wanderer ha scritto: Nella letteratura "non di genere" vale in parte la stessa cosa - perché, come detto, nella nostra epoca si sta cristallizzando su temi, modelli e tendenze precostituite - ma almeno in potenza c'è un maggiore spazio per autori fuori dal coro e per voci uniche e originali.
Io credo che si possa essere fuori dal coro scrivendo qualsiasi cosa, dentro o fuori dai "generi". Chiunque, se è in grado di farlo affascinando e coinvolgendo il lettore, può esprimersi con un linguaggio fuori dagli stereotipi. I modelli, secondo me, bisogna essere capaci di buttarli all'aria. Tanto, il successo commerciale non dipende né da quello che scrivi, né da come lo scrivi: sappiamo bene che i fattori in gioco sono altri.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Differenze tra narrativa "di genere" e "non di genere"

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Fabioloneilboia ha scritto: La verità, a mio modo di vedere, è che i grandi autori del passato hanno raccontato vicende proprie e della propria epoca e cultura, oggi molti scrivono, ma non hanno nulla da raccontare. Possono scrivere nel genere che gli pare, ma resteranno comunque opere vuote.
Completamente d'accordo.
Mario Izzi
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