La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Sto adattando il mio romanzo in inglese e, cercando agenti letterari per il mercato USA, mi colpisce la notevole differenza rispetto a quelli italiani.

Gli agenti letterari americani ti chiedono di spedire una mail con la presentazione del romanzo e le prime dieci pagine incollate nel corpo della mail. Fine. Non ne ho ancora trovato nessuno che chieda soldi per valutazioni o altro.

Gli agenti italiani, al contrario, mi sembra che ormai campino tutti spillando soldi agli aspiranti autori per costose valutazioni, editing e altri "servizi editoriali". Sembra che abbiano orrore di leggere una proposta letteraria, se prima non gli allunghi almeno qualche centone. Quasi impossibile trovarne uno a cui interessi fare il suo mestiere e basta, cioè scoprire nuove opere e rappresentarle presso gli editori senza chiedere soldi agli autori prima della pubblicazione.

Pianeti totalmente diversi, insomma.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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La differenza dipende anche dal fatto che negli States è tutto più in grande, quindi girano più soldi a tutti i livelli. I big sono più big (Penguin Random House fattura cinque volte il gruppo Mondadori), i medi sono più grossi, i piccoli sono meno piccoli. Quindi, è molto più facile per un agente letterario fare il suo lavoro guadagnando soltanto sulle royalties degli autori.

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Darksy ha scritto: Sto adattando il mio romanzo in inglese e, cercando agenti letterari per il mercato USA, mi colpisce la notevole differenza rispetto a quelli italiani.
È interessante la questione che hai posto. Io ne so poco, ma sono d'accordo con chi ti ha già risposto che la situazione in Italia è diversa: la maggior parte delle agenzie si fa pagare solo per leggere.
Credo che sarebbe utile per molti sapere il percorso che hai fatto (hai tradotto/fatto tradurre il libro?) e come hai trovato gli indirizzi di agenti letterari all'estero.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Ho semplicemente cercato con Google, ci sono moltissimi database e siti personali di agenti, ad esempio questo è un buon punto di partenza:

https://literaryagencies.com/list-of-li ... ry-agents/

Per l'adattamento in inglese lo sto facendo da me perché conosco abbastanza bene la lingua. Uno strumento utile in questo senso è Deepl.com, un software di traduzione automatica molto migliore di Google Translate, che per lessico, grammatica e sintassi è molto corretto e velocizza moltissimo il lavoro. Poi ovvio, devi sapere bene la lingua per apportare poi tutti gli aggiustamenti stilistici.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Uhm, non sono sicuro che sia la maniera corretta di procedere.
Provo a spiegarmi: qui in Italia nessuno dall'estero manda opere già tradotte in italiano per cercare di vendere i diritti nel nostro Paese, e allo stesso modo le agenzie di qui non mandano all'estero opere già tradotte.
Bisogna ricordare infatti che i costi di traduzione (esattamente come l'editing, la grafica, l'impaginazione, la promozione, ecc.) DOVREBBERO essere sempre a carico della casa editrice. Quello che fanno pertanto gli agenti italiani, lo so per esperienza, è fare proposte di traduzione alle CE straniere: se queste sono interessate all'opera proposta, allora si prendono la briga di tradurla.

Quindi la mia domanda per @Darksy è la seguente: hai deciso di tradurti perché qualcuno ti ha consigliato di fare in questo modo oppure è stata una tua idea?
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Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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All'estero non voglio proporre un romanzo italiano tradotto in inglese, ma un romanzo originale scritto in lingua inglese, senza specificare che ne esiste una versione in italiano. Tanto, finché quest'ultima resta inedita, nessuno può sapere che si tratta di un adattamento. Tra l'altro i protagonisti sono italiani ma il romanzo è ambientato in USA, quindi anche come storia si presta bene.

E penso sia meglio fare la ricerca di un editore italiano/estero in parallelo perché, ad esempio, potrebbe essere molto più vantaggioso vendere tutti i diritti a una casa editrice estera, piuttosto che italiana (che ti chiederà sempre anche quelli di traduzione, dubito che ne troverei una disposta a rinunciarvi).

La scelta è motivata semplicemente dal fatto che il mercato editoriale italiano è asfittico, quindi - pur con la competizione molto più alta - è meglio tentare (anche e soprattutto) con quello anglofono dove almeno agenti e case editrici puntano a vendere libri ai lettori, anziché a mungere gli autori.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Darksy ha scritto: All'estero non voglio proporre un romanzo italiano tradotto in inglese, ma un romanzo originale scritto in lingua inglese, senza specificare che ne esiste una versione in italiano. Tanto, finché quest'ultima resta inedita, nessuno può sapere che si tratta di un adattamento. Tra l'altro i protagonisti sono italiani ma il romanzo è ambientato in USA, quindi anche come storia si presta bene.
Anche io ho scritto un'opera con simili caratteristiche, e ho pensato di proporla a qualche agenzia statunitense. Tuttavia, non ho tradotto l'opera e non intendo farlo di persona. Non credo sia una buona idea farlo di persona, perché il testo va reinterpretato dal traduttore, che lo adatta a un mercato diverso da quello di partenza. Ci sono alcune sottigliezze che solo un madrelingua può rendere. Inoltre, non basta tradurre alla perfezione l'opera, bisogna conoscere alla perfezione anche le norme e le consuetudini editoriali, in mancanza delle quali l'opera sarà cestinata (pensiamo, ad esempio alle D eufoniche in italiano).

Per i motivi di cui sopra, io ho fatto un unico tentativo (andato a vuoto) con un'agenzia in cui leggono testi anche in altre lingue, italiano compreso (a dimostrazione del fatto che le agenzie sono interessate al "concept" dell'opera, anche nella lingua di partenza, non al fatto di ricevere un'opera già pronta nella lingua di arrivo). Te la segnalo, se può essere utile. https://www.mmqlit.com/

Credo che non sia affatto facile quello che proponi. Le agenzie estere si occupano soprattutto di acquisire/vendere i diritti di traduzione di opere già fortunate (o almeno promettenti) sul mercato di partenza, e che non sono ancora state tradotte. A volte sono le agenzie stesse a occuparsi di tradurre le opere, quindi il fatto che l'opera sia già tradotta potrebbe essere uno svantaggio, invece che un vantaggio. Più facile sarebbe se tu hai già pubblicato l'opera in Italia, anche con un piccolo editore, e contatti l'agenzia estera per vedere se è interessata ad acquisirne i diritti. 

Se invece vuoi proporti direttamente come autore "estero", e quindi proporre la tua traduzione come un originale (con tutte le avvertenze di cui sopra) allora io credo che dovresti utilizzare uno pseudonimo esterofilo.

Concordo sul fatto che il mondo delle agenzie anglofone è molto più virtuoso, a cominciare dal fatto che in genere rispondono, anche se si tratta di grosse agenzie. Ma questo vale soprattutto per i traduttori freelance (quando l'agenzia è interessata a vendere diritti), forse non per gli autori. La mia unica esperienza da autore è stata quella con l'agenzia che ho riportato.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Aggiungo (non posso più modificare il precedente post) che comunque, sia in Italia che all'estero, oggi la tendenza è che gli agenti editoriali guadagnano molto di più nel vendere diritti di traduzione a editori/agenti esteri che non nel proporre autori connazionali a editori del proprio paese (a meno che non siano star di Hollywood, sportivi, politici, ecc). In un mercato globale, in cui le tendenze di mercato sono sempre più pianificate e pre-deteminate e non c'è spazio per l'imprevisto, gli stessi editori sia in Italia che all'estero sono molto più propensi a investire su un autore estero già rodato che non su un connazionale esordiente. Ciò spiega perché le agenzie di primo piano nostrane - come la TILA o PNLA - non hanno alcun interesse nel valutare nuovi autori italiani, meno che mai improbabili esordienti. Quando lo fanno, se proprio devono farlo, spesso vogliono essere pagati, perché il loro tempo è denaro (e non è poi un discorso del tutto sbagliato...). Quindi, in questo caso, non perché la scheda di valutazione a pagamento sia diventato il loro "core business" - come direbbe il buon @cheguevara - ma proprio per il motivo opppsto: non è quello il loro core business, non rientra nei loro interessi né in quelli dei loro clienti. Da questo punto di vista, non credo che negli States ci sia poi molta differenza, anzi, forse la tendenza è ancora più marcata, perlomeno per ciò che concerne le agenzie editoriali più altolocate (non conosco bene il mondo dei piccoli e medi editori e agenti letterari americani, ma sospetto sia sempre più cannibalizzato dai colossi e da Amazon che, per inciso, negli States dispone anche di una serie di marchi propri).

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Ho poco da aggiungere a quanto sopra, gli esordienti che escono in questo modo al mondo sono più unici che rari, che l’opera sia in inglese o in italiano cambia poco. Basta pensare a noi stessi, quanti testi di esordienti sconosciuti compriamo all’anno? Un agente prende una percentuale sui diritti d’autore, ma il 15-20% di zero sempre zero rimane.
Se l’opera che stai traducendo vale, puoi metterla su Amazon kdp e venderla a una platea sterminata, se piace qualcuno la noterà e qualche casa editrice si farà sentire.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Il mio ragionamento è che, da quello che ho capito, la tua prospettiva come esordiente con una piccola casa editrice italiana è di vendere, se ti va bene, un centinaio di copie o giù di lì. Anche se hai un libro con un buon potenziale commerciale. Con una piccola casa editrice americana indipendente, o inglese, dato il bacino di lettori enormemente più ampio con lo stesso libro in inglese mettiamo che arrivi a qualche migliaio. In quel caso, poi puoi presentarti alle case editrici italiane appunto con un libro che ha già venduto un po' all'estero, e di cui esiste già una versione in italiano.

Anche il self-publishing può essere una strada, sia in italiano che in inglese, però in inglese la concorrenza è davvero sterminata. A parte dover sostenere dei costi per realizzazione e promozione, mi sembra preferibile battere prima la strada tradizionale. Tipo la minuscola casa editrice "di quartiere" americana, quella ad esempio di una libreria, può darsi che però abbia lo stesso 20-30mila lettori super affezionati che comprano ogni suo libro solo per il marchio, contro la controparte italiana che ne avrà sì e no 200 o 300.

Queste comunque sono mie supposizioni. Un'altra cosa che voglio chiedere agli agenti americani, infatti, è se le cose stanno davvero così. Il vantaggio, rispetto a quelli italiani, è che penso ti risponderanno e magari ti daranno consigli gratis, anziché chiederti valutazioni del manoscritto a 500 euro.  

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Darksy ha scritto:  Tipo la minuscola casa editrice "di quartiere" americana, quella ad esempio di una libreria, può darsi che però abbia lo stesso 20-30mila lettori super affezionati che comprano ogni suo libro solo per il marchio, contro la controparte italiana che ne avrà sì e no 200 o 300.
Secondo me questo poteva essere vero vent'anni fa, non oggi. Oggi l'industria del libro - soprattutto in USA - si fonda su degli standard che lasciano poco spazio a realtà indipendenti. Inoltre, 20-30 mila lettori spesso non li raggiungono nemmeno alcuni titoli pubblicati da grossi editori. A proposito di comprare qualcosa "solo per il marchio", si consideri che il più grosso gruppo editoriale del mondo (Penguin Random House) fattura quanto l'Harley Davidson, circa 4 miliardi di dollari, lontanissimo dai fatturati dei giganti del web, che sono dell'ordine di centinaia di miliardi. Questo può dare l'idea del fatto che il mercato del libro, pur essendo un grosso mercato, è sempre e comunque un mercato di nicchia, almeno ai nostri giorni.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Io non voglio fare il guastafeste, ma qui in Italia ci saranno centinaia di migliaia di lettori per migliaia di scrittori, così come in inglese ci sono centinaia di milioni di lettori per milioni di scrittori, secondo me in proporzione non cambia nulla.
Mi permetto di aggiungere che ho una cara amica che fa la traduttrice di mestiere, nata in Italia e le ho chiesto se mi poteva tradurre una cosa e mi ha chiesto se ero pazzo. Le traduzioni serie si fanno sempre con una madrelingua, mai al contrario.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Fabioloneilboia ha scritto: Mi permetto di aggiungere che ho una cara amica che fa la traduttrice di mestiere, nata in Italia e le ho chiesto se mi poteva tradurre una cosa e mi ha chiesto se ero pazzo. Le traduzioni serie si fanno sempre con una madrelingua, mai al contrario.
La storia della letteratura è piena di scrittori che non hanno usato (solo) la propria lingua madre: Joseph Conrad, Samuel Beckett, Milan Kundera, Vladimir Nabokov, Arthur Koestler... ripeto che il mio non è un lavoro di traduzione esterno, ma qualcosa che scrivo sempre io, quindi poi il giudizio sulla mia prosa inglese verrà dato esattamente come quello sulla mia prosa italiana.

Re: La differenza tra agenti letterari americani e italiani

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Faccio parte di un gruppo FB composto da autrici (soprattutto americane, canadesi e britanniche) e proprio recentemente mi ha colpito un articolo che hanno condiviso. Infatti, l'articolo metteva in guardia gli autori dalle agenzie che chiedono soldi definendole delle truffe. Ovviamente, si riferiva alle agenzie americane e britanniche. Quando ho segnalato che in Italia è praticamente la regola, sono rimaste abbastanza sconvolte.

Comunque anche io sto cercando di conoscere meglio il mercato estero, infatti sto scrivendo il mio terzo romanzo direttamente in inglese. Ho infatti scoperto che esistono appositi 'editor multilingue' che lavorano con autori (italiani, tedeschi ecc) che scrivono direttamente in lingua inglese. Ovviamente, è un'opzione da considerare se si ha una formazione tale da poter produrre un testo quanto più possibile vicino a quello di un madrelingua.
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