Re: La maleducazione delle case editrici

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Perché continui ad avallare il comportamento di chi se ne fotte? Chi manda un manoscritto alla mail dedicata che si trova sul sito della CE sta facendo la sua parte in un sistema che prevede uno che scrive e l'altro che pubblica, se gli piace. In qualsiasi trattativa ci si scambiano proposte: se non vanno in porto, amici come prima. Vista la mole dei manoscritti e della percentuale delle cagate, le CE non devono mica adottare una relazione 2B2 con tutti quelli che si propongono, ma solo inviare una benedetta risposta automatica. 
Già.

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Cheguevara ha scritto: mer lug 05, 2023 1:36 pmin presenza di migliaia di invii spontanei, la stragrande maggioranza dei quali costituiti da porcate illeggibili, le case editrici se ne fottono. Non è un mistero e, sotto un certo aspetto, è anche comprensibile. L'unica domanda valida è: perché non informare che non si accettano manoscritti (molte CE lo fanno)? Risposta: per dare l'immagine di chi fa scouting e perché, non si sa, mai, qualche influencer con migliaia (meglio se milioni) di follower può capitare e far comodo. 
Tutto giusto, ma allora se sei una CE seria chiudi gli invii, altrimenti mi sembra fondata l'accusa che dà il titolo a questa discussione: "Il paraculismo delle case editrici", ah, no, ho letto male: era la maleducazione, vabbè, all'incirca... 

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ilaris ha scritto: Perché continui ad avallare il comportamento di chi se ne fotte? Chi manda un manoscritto alla mail dedicata che si trova sul sito della CE sta facendo la sua parte in un sistema che prevede uno che scrive e l'altro che pubblica, se gli piace. In qualsiasi trattativa ci si scambiano proposte: se non vanno in porto, amici come prima. Vista la mole dei manoscritti e della percentuale delle cagate, le CE non devono mica adottare una relazione 2B2 con tutti quelli che si propongono, ma solo inviare una benedetta risposta automatica. 
Continuiamo a non capirci: io non avallo un bel niente, mi limito a prendere atto di una realtà drogata, la cui causa primaria è la valanga di manoscritti che pervengono giornalmente a tutte le CE, piccole, grandi o medie che siano. E' come un branco di alici, intorno al quale si aggirano i predatori. Visto che tutti vogliono essere pubblicati, arrivano le valutazioni a pagamento, le proposte di editing, i corsi di scrittura. La decisione di non darsi la pena di rispondere a ciò che non si è neanche letto è figlia di questo stato di cose, in cui tutte le regole sono saltate e le CE non titolate, assieme a quasi tutte le agenzie, indirizzano i loro sforzi verso il guadagno sui tanti aspiranti autori, anziché sui pochi lettori. Non ho mai detto che la cosa mi piaccia, anzi, sinceramente mi fa schifo. Ma che ci si meravigli perché le cose stanno così mi stupisce non poco.
Mario Izzi
Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni (trilogia)
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[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ilaris ha scritto: In qualsiasi trattativa ci si scambiano proposte.
Per una trattativa bisogna essere in due. L'invio spontaneo potrebbe innescare una trattativa, e allora la risposta ci sarebbe di sicuro, ma se non c'è risposta significa che la controparte non ha la minima intenzione di trattare. Mi sembra ovvio.
Mario Izzi
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Re: La maleducazione delle case editrici

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@Cheguevara 

Io non mi meraviglio dello schifo, mi meraviglio di chi lo accetta solo perché tanto le cose, si sa, vanno in questo modo. 
Sta scritto sulla pietra che le CE devono mandare una risposta automatica? No, sta scritto nella buona educazione e nel rispetto, se metti sul tuo sito una mail per l'invio dei manoscritti. 
Sta scritto sulla pietra che chi non è bravo come Pelé non può andare al Santiago Bernabeu a proporsi per giocare a calcio? No, sta scritto negli energumeni che non ti fanno entrare se non sei stato invitato a farlo. 
Ragazzi, take it easy, accettate il confronto. 
Già.

Re: La maleducazione delle case editrici

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@Fabioloneilboia : mi verrebbe da dire: "vero, vero..." (chissà perché, poi, la metafora calcistica è sempre così efficace :asd: ).
Però, a pensarci bene, no: il tuo esempio non vale. Al Santiago Bernabeu, per un provino, non ti ci fanno entrare nemmeno se paghi. Paga il biglietto e, al massimo, ci entri da turista-visitatore, nei giorni di chiusura, quando il Real o i suoi avversari, non ci fanno la sgambata prepartita. Il Real è il giusto esempio da citare per l'editore che ti informa in modo chiaro e inequivocabile che non si accettano manoscritti. Nel calcio credo funzioni universalmente così, mentre, come qui ha già fatto giustamente notare qualcuno, la stragrande maggioranza di piccole e medie case editrici, invita con un indirizzo apposito a inviare i manoscritti.
Fabioloneilboia ha scritto: Uno prima dimostra di valere e poi vi aprono e vi rispondono.
A parte il fatto che il "valere", per l'editoria, vuol dire portare lettori-acquirenti garantiti (e allora sì: influencers con largo seguito, bellocce, tronisti, calciatori che non sanno nemmeno coniugare un verbo - per fortuna sempre più rari - e casi umani vari partono favoritissimi. Ma questo è un altro discorso).

Se apri agli invii di manoscritti, uno straccio di risposta dovresti mandarlo. La consolidata cosuetudine contraria sarebbe da paragonare all'ipotetico caso in cui il provino, al Real, te lo facessero comunque fare, mandandoti a casa senza un minimo riscontro, dicendoti solo di non fare provini presso altre squadre prima del prossimo campionato.
Chi accetterebbe di candidarsi per qualsiasi lavoro, se le aziende si comportassero così? Almeno si sa che il classico "Le faremo sapere..." ha una scadenza di una, due settimane al massimo. E in ogni caso non vincola il candidato a non presentare altre domande di impiego.
Sono del parere anch'io che lo scrittore (o aspirante tale) che si comporta in modo serio, che non manda a pioggia il proprio manoscritto, e ha scelto con cura l'editore in base al catalogo, non sia una bestia così rara da rendere lecita la consuetudine di trattare tutti come grafomani illetterati da cestinare senza pietà né preavviso. Specie, ripeto, se mi hai consentito di inviarti la mia proposta.

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ilaris ha scritto: @Cheguevara 

Io non mi meraviglio dello schifo, mi meraviglio di chi lo accetta solo perché tanto le cose, si sa, vanno in questo modo. 
Sta scritto sulla pietra che le CE devono mandare una risposta automatica? No, sta scritto nella buona educazione e nel rispetto, se metti sul tuo sito una mail per l'invio dei manoscritti. 
Sta scritto sulla pietra che chi non è bravo come Pelé non può andare al Santiago Bernabeu a proporsi per giocare a calcio? No, sta scritto negli energumeni che non ti fanno entrare se non sei stato invitato a farlo. 
Ragazzi, take it easy, accettate il confronto. 
Mi pare di essere uno che il confronto è abituato ad accettarlo e sostenerlo. Tu invece continui ad equivocare, scambiando per accettazione una constatazione, corredata dalla presa di coscienza che l'andazzo generale di questa editoria potrebbe cambiare solo se una legge vecchia di quasi un secolo, quando non esistevano computer, cellulari e internet, intervenisse sulla situazione, non limitandosi a emettere inutili grida, ma vere regole, e poi facendole rispettare (che è la parte più difficile). La mia, quindi, non è accettazione passiva , né tantomeno approvazione o avallo, come dicevi poc'anzi. Visto che intendi confrontarti, fammi sapere come pensi di cambiare la situazione: sono curioso.
Mario Izzi
Sopravvissuti
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Re: La maleducazione delle case editrici

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queffe ha scritto: dicendoti solo di non fare provini presso altre squadre prima del prossimo campionato.
Ma nessuno impone agli autori di restare fermi in attesa; qui parliamo di gente che spesso e volentieri fa un centinaio di "provini" contemporaneamente...
queffe ha scritto: la stragrande maggioranza di piccole e medie case editrici, invita con un indirizzo apposito a inviare i manoscritti.
permette, non "invita": è tutta qui la differenza per me.
Cosa succederebbe se un editore non avesse uno spazio destinato a ricevere manoscritti? Sarebbe bersagliato da mail e telefonate, tutte dello stesso tenore: "Come faccio a inviarvi il mio manoscritto?" e dovrebbe assumere come minimo un centralinista addetto soltanto a quello scopo.
Parliamo di microeditori che ricevono più di cento proposte editoriali al mese della cui lettura si incarica quasi sempre una persona sola, quando non deve andare in posta a spedire pacchi, rispondere al telefono, leggere mail, aggiornare la pagina Facebook...
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: La maleducazione delle case editrici

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Scusate l'ingenuità, ma io credevo che il traguardo da aspirare fosse una buona pubblicazione, magari persino in concomitanza di un'opera ben scritta (requisito opzionale, certo, ma che ogni tanto fa piacere trovare in libreria, simile alla ciliegina sulla torta in mezzo a tante castagne), e non una risposta... automatica, per giunta... ma anche fosse stilata a mano su un rotolo di pergamena... per sentirmi dire: "Bravo, aspirante imbrattacarte, hai seguito i giusti indizi, trovato il nostro indirizzo mail (quello corretto, persino) e mandato tutto il polpettone come da ricetta. Si vede che tu hai una marcia in più. Hasta la vista, baby... o forse no."

Magari sarò io un po' strano ma la notte dormo lo stesso tranquillo anche senza ricevere saluti e convenevoli da chicchessia. Non mi interessa l'educazione di un editore. Mi interessa che cacci fuori quel benedetto contratto.

Re: La maleducazione delle case editrici

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@queffe tu hai ragione quando dici che aprendo all'invio dei manoscritti danno l'impressione di voler ricevere le opere ma, in realtà, le grandi case lasciano gli invii spontanei più per una questione di immagine che di interesse. In realtà, semplicemente, non leggono i manoscritti, se non in rarissimi casi. La ragione è ovvia, spenderebbero più soldi a far leggere i manoscritti di quanti ne ricaverebbero pubblicando i meritevoli.
Alcune case evitano proprio la finzione, penso a Rizzoli, Sellerio, che non hanno una pagina di invio, ma non è che Longanesi, per dirne una, fa diversamente. Ha una pagina per gli invii, ma non serve a nulla.
Al Santiago Bernabeu non aprono per i provini, è vero, ma neanche gli editori.
Riguardo le piccole e medie non è vero che non aprono la mail, ma bisogna capire che non possono comunque leggere tutti i testi, quindi bisogna suscitare il loro interesse. Come dici basta avere follower o dimostrare di vendere, per qualunque ragione, in quel caso va bene tutto, tanto guadagnano lo stesso. Però, pubblicano anche testi di qualità. Quello che si deve capire è che bisogna dare una ragione alla casa editrice (seria) per far comprendere che vale la pena leggere il proprio testo, magari perché si hanno altre pubblicazioni alle spalle, o si è vinto un premio letterario (serio).
Già quello è un passo, perché l'editore ha speso soldi per far leggere e, in quel caso, è facile che una risposta arrivi, pur se negativa.
Ma se non hanno letto il manoscritto, a cosa serve inviare una mail mentendo?
Io, big a parte e invii a caso, che pure io ammetto di aver fatto la prima volta per completa ignoranza del mondo editoriale, il mio manoscritto l'ho inviato soltanto a due editori e uno mi ha risposto, positivamente. Ma son sicuro che lo ha letto per ciò che ho specificato nella mail, mentre la maggioranza degli aspiranti scrittori nella mail non scrive nulla. 

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ilaris ha scritto: @Cheguevara 

Non ho intenzione di accettare le tue provocazioni (perché dovrei?). Tieniti le tue certezze, io mi tengo le mie. Passo e chiudo. 
Provocazioni? Ma de che? Prima mi accusi di avallare comportamenti di cui ho solo preso atto, poi inviti me e gli altri al confronto, poi parli di mie provocazioni, di mie certezze, ma riguardo a cosa? Sei sicuro (o sicura, dal nick e dal profilo non è dato conoscere il genere) di star bene? Complimenti per la capacità di confrontarti. Passo e chiudo.
Mario Izzi
Sopravvissuti
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Re: La maleducazione delle case editrici

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Il quesito che ha sollevato @EmilyR mi sembra tutt'altro che banale. Anzi, visto come la discussione si è accesa in fretta, direi che è uno dei temi basilari per un'autore aspirante/emergente/esordiente o quel che si vuole...
È vero che c'è molta ingenuità nell'aspettarsi che una CE non solo risponda con un rifiuto, ma addirittura dia dei consigli per migliorare. Quasi tutti qui sappiamo che non succede, ma lo sappiamo adesso, dopo anni di discussioni infinite sul forum e di esperienze deludenti. Non lo sapevamo quando abbiamo mandato il nostro primo romanzo alla lista di editori scelta con tanta cura (non tutti mandano a cani e porci e non tutti mandano testi inadeguati), pieni di speranze di avere un riscontro qualsiasi. Speranze che si sono sgretolate mentre passavano i mesi e tra le varie email di lavoro o pubblicitarie non spuntava mai una risposta.
Per farla breve: gli aspiranti scrittori sono troppi rispetto ai lettori, la maggior parte dei libri pubblicati vendono poche decine di copie, moltissime CE guadagnano appena da sopravvivere, e di sicuro non pagano qualcuno solo per valutare le proposte.
Le big hanno un indirizzo a cui inviare, ma solo per l'immagine (come diceva qualcuno più su) in realtà non leggono quasi niente, la metà delle volte non aprono nemmeno le email. Se le aprono guardano solo che tipo di romanzo è. Hanno una linea editoriale già stabilita per quell'anno e il successivo: un tot di contemporanei, un tot di storici, ecc. di cui almeno metà provenienti da agenzie, conoscenti, scuole e concorsi. Pensare che facciano scouting sperando di trovare il capolavoro è irrealistico.
Ma è vero che una mail cortese e precisa, che specifica genere, lunghezza e temi trattati "potrebbe" suscitare abbastanza interesse in una CE medio-piccola da far leggere almeno la sinossi e la biografia (nessuno legge i manoscritti, a meno che tutti questi passaggi non siano andati a buon fine). Ciò significa che nel 99,9% dei casi l'editore non ha idea nemmeno di cosa parlino i romanzi ricevuti, non avrebbe modo di dare una risposta personale.
Tutto ciò è una realtà, a cui si finisce per forza per adeguarsi, ma non significa che sia giusto. Il confine tra adeguamento alla realtà e rassegnazione è molto sottile, quindi sono d'accordo con @Ilaris  sul fatto che bisogna dire chiaramente che non ricevere risposta, nemmeno standard, non è corretto e non è normale. Ci si adegua solo perché non c'è alternativa, ma non mi sembra il caso di giustificarlo, né tantomeno di sminuire il normale sconcerto di chi si approccia a questo sistema malato per la prima volta.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

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Però io credo che in questo scambio di idee si sia creato un equivoco di fondo: nessuno, almeno nessuno che abbia un minimo di esperienza, si illude che le grandi CE leggano l'invio spontaneo di uno sconosciuto, né tantomeno qualcuno sostiene che una CE, grande o piccola che sia, non abbia il sacrosanto diritto di non accettare l'invio di manoscritti, ma il punto è questo:
Fabioloneilboia ha scritto: mer lug 05, 2023 5:45 pmaprendo all'invio dei manoscritti danno l'impressione di voler ricevere le opere ma, in realtà, le grandi case lasciano gli invii spontanei più per una questione di immagine che di interesse. In realtà, semplicemente, non leggono i manoscritti, se non in rarissimi casi.
Ecco, appunto: è sbagliato dire che questo è un comportamento fondamentalmente furbastro e disonesto? Io non accetto manoscritti ma non te lo dico esplicitamente, anzi "do l'impressione di volerli ricevere", e questo sarebbe un comportamento serio, che migliora l'immagine della CE?

Ci vuol tanto a scrivere "non si accetta l'invio di manoscritti non richiesti"? Questo peggiorerebbe l'immagine mentre invece fare i furbi la migliora? 
Be', però pensandoci bene... siamo in Itaglia... sì, può darsi che in effetti la migliori. 

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ho scatenato un putiferio nella discussione di una "piccola" agenzia editoriale proprio a causa di uno sgarbato e sbrigativo messaggio di rifiuto, dicendo allora (cosa che ribadisco) che ho rivalutato la cara, vecchia mail di rifiuto standard di snoopyana memoria e, messo con le spalle al muro, perfino il silenzio. Allora scese in campo addirittura la titolare dell'agenzia con la sua spazzola, ma restai e resto della mia opinione.
Siamo entrati in un mondo che ha la sua parte meravigliosa (se no potremmo sempre uscirne, non è mica una galera), ma che ha tanto, tanto, tanto marciume.
Facciamocelo andare bene, o cambiamo hobby ("mestiere" è troppo, almeno per me, purtroppo)
Penny

Re: La maleducazione delle case editrici

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massimopud ha scritto: è sbagliato dire che questo è un comportamento fondamentalmente furbastro e disonesto? Io non accetto manoscritti ma non te lo dico esplicitamente, anzi "do l'impressione di volerli ricevere", e questo sarebbe un comportamento serio, che migliora l'immagine della CE?
Di sicuro non è sbagliato, ma inutile, vale solo come sfogo. Per quanto riguarda l'immagine, le piccole CE, specialmente quelle poco serie che affollano il mercato, se ne fregano, pensano solo a raggranellare un po' di soldi sulla pelle degli autori. Le CE titolate hanno un ufficio marketing che cura l'immagine: significa che i cosiddetti creativi del settore pensano che l'immagine di una grande casa editrice aperta all'accoglienza di nuovi talenti, rivolta all'intero pubblico, sia vincente rispetto alla delusione di pochi. E' solo la mia dubbiosa opinione, non vorrei che qualcuno tornasse a definirla "certezza". 
Mario Izzi
Sopravvissuti
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Re: La maleducazione delle case editrici

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A mio avviso, questa diatriba si fonda su un presupposto sbagliato, o comunque ancora tutto da dimostrare: si presuppone che i manoscritti siano effettivamente letti e valutati, e quindi la risposta sarebbe d'obbligo. Ma in molti casi non è così, specie per ciò che concerne l'editoria medio-grossa. Il fatto che si dia la possibilità di inviarli è solo una forma di cortesia verso quei lettori che sono anche aspiranti autori. C'è poi qualche editore, come Adelphi, che aggiunge la cortesia di una risposta. Una risposta asettica, automatica, identica per tutti, e che è sempre negativa. Una risposta che non scioglie il dubbio che il manoscritto sia stato letto, anzi lo avvalora. Davvero pensate che un click semi-automatico possa fare la differenza? A me sembra l'equivalente del "questa volta non hai vinto" dei concorsi a premi. Stiamo parlando di questo, nulla più. Forse è meglio di niente, forse no. Punti di vista. Ma non è questione di "educazione" verso gli autori. Al massimo, è questione di gestione ottimale e semi-automatica delle comunicazioni via email.

Comunque, c'è da ben sperare, perché l'approccio di Adelphi è quello che guarda al futuro. Presto il problema sarà risolto, quando l'AI sarà integrata nella posta elettronica. Il manoscritto passerà una prima selezione automatica, e quelli rifiutati (il 95%) riceveranno una risposta automatica. Gli altri saranno valutati da un essere umano, e saranno così pochi e selezionati che potranno avere il privilegio di ricevere una risposta "umana".

Re: La maleducazione delle case editrici

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Wanderer ha scritto: C'è poi qualche editore, come Adelphi, che aggiunge la cortesia di una risposta. Una risposta asettica, automatica, identica per tutti, e che è sempre negativa. Una risposta che non scioglie il dubbio che il manoscritto sia stato letto, anzi lo avvalora. Davvero pensate che un click semi-automatico possa fare la differenza?
            E infatti, non a caso Adelphi è un signor editore. Certo che fa la differenza, dimostra la buona educazione e il rispetto, qualità che non dovrebbero
            mai passare di moda.
Già.

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ilaris ha scritto:
            E infatti, non a caso Adelphi è un signor editore. Certo che fa la differenza, dimostra la buona educazione e il rispetto, qualità che non dovrebbero
            mai passare di moda.
Secondo me è solo una questione di brand. Adelphi "risponde" solo perché è la sua politica aziendale, non per una questione di maggiore "educazione". In ogni caso, le lamentele degli autori restano invariate, e nel thread di Adelphi di Writer's Dream non erano in numero inferiore rispetto ad altri editori. Ci si lamentava sempre del fatto che le risposte fossero automatiche e identiche. Non vedo la differenza con chi sceglie la politica del silenzio = rifiuto. La differenza può farla solo una risposta positiva o comunque personalizzata, e questo avviene solo con alcuni piccoli editori, magari nuovi sulla piazza.

Comunque, io sono uno di quelli che prima la pensava esattamente come te. Poi ho capito che gran parte della responsabilità è degli autori.

Pensare che gli editori siano maleducati perché non rispondono agli autori che li corteggiano è un po' come pensare che il 90% delle ragazze siano maleducate perché non rispondono a una richiesta di amicizia su Facebook o a un messaggio di uno sconosciuto che tenta un improbabile approccio. Il fatto che sia possibile inviare richieste e messaggi non significa che si debba per forza ricevere una risposta... vien da sé che si risponde solo in caso di interesse.

Re: La maleducazione delle case editrici

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Ilaris ha scritto: @Wanderer

in questo post si è detto di tutto, mancava solo di accusare le CE rispettose degli autori di avere la rogna (del genere, appunto, il più pulito ha la rogna). 
Quindi, secondo te:
- Adelphi = editore educato perché invia risposte negative in automatico.
- Mondadori, Longanesi, Marsilio, e altri big = editori maleducati perché scelgono di non dare risposte negative.

Re: La maleducazione delle case editrici

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Wanderer ha scritto: Il fatto che si dia la possibilità di inviarli è solo una forma di cortesia verso quei lettori che sono anche aspiranti autori.
È su questo punto che non siamo proprio d'accordo: dare la possibilità di inviarli quando sai già che non li leggerai non è una forma di cortesia, è solo una presa in giro. Mi pare una strana concezione della cortesia, questa; se un tuo conoscente ti chiede: "posso telefonarti stasera alle 20,00? " e tu gli rispondi: "certo, telefonami senza problemi" e poi quando lui ti chiama neanche ti degni di rispondergli, ritieni di avergli usato una cortesia o di averlo preso per i fondelli?
Intendiamoci, vale lo stesso discorso per le risposte automatiche "cortesi" inviate senza aver letto niente, in stile Adelphi (almeno stando a quel che si dice).

Ma costa proprio tanto dire la verità (che è l'unica forma di autentica cortesia)? Costa tanto dire: "cari signori, non possiamo leggere i manoscritti che ci mandate, quindi non inviateceli perché perdete soltanto tempo"? Boh, davvero non capisco, davvero sembra che in Italia tutto debba essere sempre  tortuoso, sotterraneo, bizantino.

Re: La maleducazione delle case editrici

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@massimopud quello che dici è giusto, ma poi si lamenterebbero tutti che non è possibile inviare manoscritti.
Il punto è che bisognerebbe capire che Adelphi non ha alcuna ragione per leggere tutto quello che gli arriva, sarebbe solo antieconomico. Prima di pretendere di farsi leggere da loro si deve dimostrare di valere la loro attenzione.
Che poi rispondono o meno non vedo cosa cambi, visto che comunque non hanno letto ciò che gli è stato inviato.
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