L'Ultimo Demone

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Titolo: L'Ultimo Demone
Autore: Mirco Tondi
Casa editrice: autopubblicato
Serie: I Tempi della Caduta
ISBN: 9786050473728
Data di pubblicazione: 06 luglio 2016
Prezzo: 2.99 E
Genere: fantasy post apocalittico/distopico
Pagine: 410

Quarta di copertina.

Tanti nella propria vita, specialmente da piccoli, hanno avuto un supereroe in cui credere. Sperando, desiderando, soprattutto nei momenti di difficoltà, che comparisse e si mettesse al loro fianco, proteggendoli, confortandoli, guidandoli.
Tutti sanno che questo è e rimarrà soltanto un sogno. Un sogno da bambini.
Ma se fosse possibile? Se non fosse solo una fantasticheria, ma un desiderio realizzabile, cosa cambierebbe nella propria esistenza? E come si trasformerebbe la realtà circostante?
In una Terra post-apocalittica dominata dalla violenza e dall’orrore, dove è impensabile che ci sia posto per le favole, dove sembra impossibile che possa esserci luce nelle tenebre dilaganti create dai Vizi, una fiammella brilla ancora e cresce d’intensità, attirando a sé chi non vuole più essere intrappolato in un modo di vivere bestiale, dove il massimo cui si può aspirare è la sopravvivenza.
In una storia sempre più oscura e sempre più luminosa, un piccolo gruppo di uomini, donne e bambini prende il testimone lasciato da Maestro e Guerriero, continuando la lotta per liberare il mondo e l’umanità dal dominio dei Demoni, nella speranza di arrivare a dare il via a un’epoca migliore. Un’epoca dove il mondo sarà forgiato dai sognatori e non più da burocrati, politici e persone volte a interessi economici e di potere per il solo vantaggio personale. Un’Era di Utopie, di Creatori, dove nuovi mondi, nuovi universi nasceranno e la vita acquisirà il suo reale senso d’esistenza.


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Re: L'Ultimo Demone

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L’Ultimo Demone, secondo romanzo del ciclo fantasy post-apocalittico I Tempi della Caduta, è il seguito diretto di L’Ultimo Potere: gli eventi si svolgono poco tempo dopo i fatti del primo volume. Prima di andare avanti a parlare dell'opera devo fare un piccolo salto indietro nel tempo, riportando un pezzo che ho postato sul mio sito un paio di anni fa.


"Ancora una volta, lo scrittore s’incammina, scoprendo strada facendo dove lo conduce il cammino che sta percorrendo, accorgendosi cosa il percorso gli ha tenuto in serbo. Certo, sa da dove è partito e dove vuole arrivare, ma cosa incontrerà nel viaggio è una sorpresa anche per lui: alle volte sa quello che accade perché lo va a cercare. Altre volte invece è lui a essere trovato e non può fare altro che raccontare cosa ha visto e vissuto. Ma alla fine del viaggio, avrà vissuto un’esperienza che l’ha cambiato, magari maturato: di certo gli ha conferito uno sguardo diverso sul mondo."
Così scrivevo in questo post nel giugno del 2013, allorché cominciavo a mettere giù le idee per scrivere quanto non era stato narrato in L’Ultimo Potere (stesura che sarebbe cominciata ad agosto); l’idea iniziale, quando iniziai a scrivere di quest’ultimo, era di realizzare un romanzo unico, ma nello sviluppare la storia mi sono trovato dinanzi a un’opera più ampia di quella che avevo preventivato. Non mi spaventa realizzare romanzi di mille pagine, l’ho già fatto con Storie di Asklivion, ma non è stato questo a farmi riflettere sul creare due volumi invece di uno unico, quanto di dare a ogni parte il suo spazio. Anche se appartenenti allo stesso tempo e mondo, anche se legate da diversi fili, le storie da narrare dovevano essere due, dove ognuna doveva fare il suo percorso singolarmente; una separazione giusta non solo per quanto appena scritto, ma anche per una questione tecnica, dato che sarebbe risultato difficile riuscire ad amalgamare nell’intreccio di un solo volume i diversi elementi, rischiando di divenire confusionaria per il lettore mettendo troppa carne al fuoco, troppa frammentarietà con gli eventi e i punti di vista.
La scelta si è rivelata giusta: concentrandomi su una parte per volta ho potuto fare un lavoro più approfondito, dove libero del preoccuparmi di una storia o dell’altra ho avuto maggiore spazio per la creatività, per il suo sviluppo. Partito con la stesura del secondo romanzo, ero dell’idea che sarebbe stato sulle duecento pagine: quando pochi giorni fa ho terminato l’epilogo, mi sono trovato dinanzi un lavoro di uguale lunghezza del precedente (tra le quattro e le cinquecento pagine). Come già scritto nell’altro post, si può programmare, si possono gettare le basi del progetto, ma durante i lavori si possono incontrare delle modifiche, ci si può espandere e andare verso direzioni inaspettate come se il progetto avesse vita propria.
Sorge spesso una domanda in questi casi: è lo scrittore che dà vita ai personaggi o lo scrittore è solamente un osservatore che riporta quanto i personaggi decidono di mostrargli? Un quesito dalle tante risposte, dove ognuno sceglie la propria; forse la verità sta nel mezzo, è un po’ di una o un po’ dell’altra, ma non è stato questo che mi ha interessato: quello che è stato importante è che mi sono goduto il viaggio. Un viaggio alle volte non facile, ma meritevole d’essere stato intrapreso.
Occorre ora fare una precisazione in merito al viaggio: tanti, quando pensano al viaggio, pensano agli scenari, alle terre, alle culture, alle tradizioni (tutti immaginari) che possono incontrare; insomma la ricchezza di dettagli della descrizione dei nuovi luoghi che incontreranno. Essendo in ambito fantasy, tanto per intenderci, come ha fatto Robert Jordan con La Ruota del Tempo.
Così non ho fatto io, non perché disprezzi quest’approccio, tutt’altro, ma perché questo modo non era adatto e funzionale alle vicende che ho raccontato, incentrate sul principio di causalità: attraverso le storie e le scelte dei personaggi mi sono focalizzato sugli effetti generati dalle cause e di come essi determinino l’andamento della storia e del mondo (e si sa che per mondo non s’intende solo il pianeta in senso fisico, ma la mentalità che pervade una civiltà, che la guida e la condiziona). Da questo è nato L’Ultimo Demone, romanzo che riprende i punti lasciati in sospeso e non chiariti di L’Ultimo Potere: ambientato qualche mese dopo i fatti narrati dal suo predecessore, è un’opera più corale, che mostra ancora di più gli effetti dei Vizi sulla natura umana. Mentre L’ultimo Potere era concentrato prevalentemente su Guerriero, L’Ultimo Demone mostra la realtà da più punti di vista: è più articolato e se si vuole meno lineare del precedente, permettendo alla storia di essere più varia e più ricca. Questo apparteneva già al progetto di partenza, ma nello scrivere pagina dopo pagina, i capitoli si sono arricchiti di personaggi secondari che sono diventati primari e di nuovi personaggi che all’inizio del viaggio non pensavo nemmeno d’incontrare, figurarsi di averci a che fare: è stato un buon incontro, perché hanno dato una sfumatura diversa alle vicende, una freschezza che altrimenti non ci sarebbe stata, permettendo di tirare i fili che altrimenti sarebbero stati lasciati indietro. Chi era una comparsa nel precedente volume in questo ha uno spazio importante e chi era stato protagonista farà la sua apparizione, ma avrà un ruolo marginale, perché la sua parte nei fatti salienti è conclusa, passando il testimone ad altri per arrivare alla fine del percorso. Un viaggio che ha dato soddisfazioni, ma che non è concluso del tutto: si è arrivati alla fine della prima stesura. Ora cominciano le revisioni, le messe a punto, certo meno creative e divertenti (ma anche meno dispendiose ugualmente), ma ugualmente importanti."


Che cosa aggiungere di nuovo a quanto detto in precedenza?
Che questa volta tra i protagonisti ci sono dei bambini. L’idea c’era già, ma doveva essere usata in un altro romanzo; succede però che le storie prendono piede da sé, in maniera alle volte quasi naturale, e si sviluppano inaspettatamente. In questa parte mi è piaciuto prendere ispirazione dal gruppo degli Spettri mostrati da Terry Brooks in La Genesi di Shannara: è una delle ultime parti veramente ben realizzate dallo scrittore americano, andato purtroppo in discesa in fatto di qualità di trame e personaggi negli ultimi anni. Mi era molto piaciuta l’atmosfera del gruppo, come vivevano all’interno delle città in rovina, come cercavano di trovare qualcosa che rendesse la loro vita più sopportabile: per questo, anche se in maniera diversa, ho voluto dare spazio a un gruppo nel quale c’erano anche dei bambini, con le loro diversità, i loro problemi, i loro sogni. E grazie alla loro presenza è nato un altro protagonista, un personaggio con una capacità particolare, inusuale e in apparenza fuori luogo in un mondo come la Terra post apocalittica in cui si svolgono le vicende, ma non per questo meno importante, perché la parola ha un ruolo importante, se usata nel modo giusto.
Ho parlato di un punto d’ispirazione, ma non è stato l’unico. Una parte di un certo rilievo nella storia ce l’hanno i fumetti, ma non nel senso che mi hanno ispirato, nel senso che c’è un personaggio che è attratto da essi, al punto da credere che siano qualcosa di vero (come si svilupperà questa cosa, la lascio scoprire al lettore, se vorrà scoprirlo). Un’altra parte di rilievo ce l’ha la figura mitologica del Leviatano, di cui parlerò prossimamente.
Che altro dire? Naturalmente ci sono i Demoni, con le loro caratteristiche, i loro Vizi: questa volta ho voluto addentrarmi nell’oscurità del loro animo e mostrarla, perché il male non è qualcosa che nasce per capriccio, ma c’è sempre un’origine, una causa allo scatenarsi di certe nature.
Ci sarebbe tanto da aggiungere, ma magari lo si farà un’altra volta, perché non bisogna mai essere eccessivi.
Solo altre due piccole note.
Una sulla copertina, sempre realizzata da me. L’immagine non solo è bella e suggestiva (io ho avuto il merito di essere al posto giusto al momento giusto, di aver colto l’attimo fotografando, ma il gran merito di tutto ciò è della natura e va ringraziata per lo spettacolo cui ha dato vita), ma è pertinente a quanto avviene in L’Ultimo Demone: chi avrà modo di leggere il romanzo lo capirà, basta pensare al colore e alla forma delle nubi. Ho già dato abbastanza indizi: a chi lo vorrà, il resto della scoperta.
L’altra sulla dedica, breve, ma significativa: “Per chi è e vuole essere libero.” Non credo si debba aggiungere altro".


Se si vuole, è possibile scaricare gratuitamente i primi cinque capitoli di L'Ultimo Demone: ecco l'anteprima:
http://www.lestradedeimondi.com/wp-cont ... prima.epub
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Sanjuro è il protagonista del primo capitolo di L’Ultimo Demone, come ha avuto modo di vedere chi ha letto il brano, ed è uno dei personaggi al centro delle vicende della storia narrata. Già in L’Ultimo Potere c’era un discorso tra Tempo e Guerriero sull’importanza dei nomi e anche in questo caso la scelta del nome del personaggio non è casuale. Sanjuro infatti indicativamente significa “nessuno”. Perché la scelta di un nome che in pratica è l’assenza di un nome?
Questo è legato al passato del protagonista e c’è un motivo per cui ha deciso di farsi chiamare in questa maniera (ma questa è una cosa da scoprire leggendo). Quello che invece si può scoprire è che cosa mi ha influenzato in questa decisione. Dalla prima scena e dal titolo del primo capitolo si capisce che Sanjuro è un vagabondo che viaggia in cerca di qualcosa: questo quadro si rifà in parte a La sfida del samurai, un film di Akira Kurosawa del 1961 con Toshirô Mifune nella parte di Sanjuro, samurai vagabondo e senza nome. Come si sa, La sfida del samurai ha ispirato diversi registi: Sergio Leone per la realizzazione di Un pugno di dollari (anche se forse sarebbe meglio dire che è stato copiato) e ci sono scene di Guerre Stellari e Kill Bill Vol.1 cui Lucas e Tarantino si rifanno a quanto realizzato da Kurosawa. Io, oltre al nome del personaggio e a una scena che cita un’azione del samurai che si vede a inizio film, ho voluto cogliere lo spirito che muove l’agire di Sanjuro: anche se viene celato da un senso d’indifferenza e opportunismo, il personaggio ha una certa carica umanitaria, dato che vuole risanare dal male (in L’Ultimo Demone la presenza demoniaca sulla Terra, in La sfida del samurai un paese dalla presenza di due famiglie malavitose).
Oltre a ciò, in Sanjuro/Nessuno si può vedere un riferimento a Ulisse, protagonista della famosa Odissea, che beffa il ciclope dicendo che il suo nome è appunto Nessuno.
La canzone che riecheggia nella mente di Sanjuro alla fine del capitolo, è una famosa canzone dei Nomadi (qual è, è facile scoprirlo).
Altro non si aggiunge, perché altrimenti si andrebbero a rivelare elementi della storia che risulterebbero spoiler.
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Leggendo le presentazioni di L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone, se viene fatta un’analisi veloce può sembrare che si tratti della guerra ben conosciuta tra bene e male, dato che viene narrata la lotta contro i Demoni per salvare l’umanità. Leggendo i due romanzi ci si accorge che le cose non sono così semplici e che non c’è poi una separazione così marcata tra luce e oscurità (specie in L’Ultimo Demone), ma ci sono tante sfaccettature: un fatto che non è niente di nuovo, dato che ben si sa che non esiste nel mondo materiale nulla di completamente buono o completamente cattivo (questi valori assoluti esistono solamente nel mondo del pensiero; Gesù non per niente dice “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo” (Marco 10, 18) che sta nei cieli).
Non è solo nella religione cristiana che si parla di questa realtà: Igor Sibaldi in Agenda degli Angeli ne dà esempio parlando di MiYKa’eL (uno dei settantadue angeli della tradizione ebraica) e ponendo a confronto il dipinto dell’angelo Michele che sconfigge un diavolo e il simbolo del Tao perché non puoi vedere la luce se non vedendo accanto a essa anche l’ombra (1). Le due immagini sono molto chiare nel mostrare questa realtà (che non è l’unica: essi rappresentano altre cose, ma in questo caso si prende in considerazione quella pertinente all’argomento), insegnando che si deve evitare di voler vedere in qualcosa solamente il buio, il male, la negatività, oppure solo la luce, il bene, la giustizia (1).
Tutto ciò ha un semplice scopo: far accorgere di come stanno le cose e non essere limitati (o intralciati) da idealizzazioni o pregiudizi, perché la verità non è mai qualcosa di unico e assoluto. La verità è che la verità è tante verità.



1. Agenda degli Angeli. Igor Sibaldi. Frassinelli 2012
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Limite. Questa è la parola che sempre più domina la nostra società. La libertà personale è sempre più imbrigliata in dettami, regole, divieti, restrizioni; si è sempre più sotto controllo, sempre più sottoposti a dover avere a che fare con un limite dopo l’altro; è come se gli uomini si divertissero a creare muri in continuazione. La realtà lo sta dimostrando e lo ha dimostrato: uno dei fatti più in vista ora è quello che riguarda i migranti, con diversi paesi che creano delle barriere per tenerli fuori; per non parlare di Trump, che vuole costruire un muro lungo tutto il confine che separa gli Stati Uniti dal Messico. In passato poi era capitato a certe etnie di essere obbligati a stare nei ghetti (ebrei) o non poter andare in certi luoghi (i neri negli Stati Uniti). Questi sono alcuni degli esempi più grossi, ma se ci si guarda è così nella vita quotidiana di ognuno: anche fare una semplice passeggiata ora è un problema, perché c’è sempre qualcuno che cerca d’imporre la propria volontà, di prevaricare e creare impedimento. Tutto questo dipende naturalmente dall’uomo e dal rapporto che ha con gli altri e con se stesso, ma che cosa esattamente spinge a fare questo?

Il Dio del Limite
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Nella saga di I Tempi della Caduta è chiaro che i Demoni, i nemici dell’umanità e degli Usufruitori, incarnano l’archetipo dell’Ombra. Rappresentano tutti gli errori, le scelte sbagliate che sono state fatte, tutti gli atteggiamenti, le mentalità erronee, che sono stati portati avanti e che tanto deleteri sono risultati: tutti elementi di cui spesso si è ignari e per i quali occorre una grande consapevolezza per rendersene conto. In una società come la nostra, dove si è sempre di corsa, dove si dà grande importanza all’apparenza, dove il tempo per la riflessione e l’interiorità è considerato uno spreco, è facile essere assoggettati da forme distorte della psiche proprie o altrui. Questo sono i Vizi Capitali di cui parla la teologia cristiana (e che i Demoni incarnano traendone potere): forme distorte della personalità che possono prendere il sopravvento e oscurare la visione della realtà, il giudizio sulle cose, facendo prendere strade sbagliate e creando squilibri che non portano a nulla di buono. Quanto insegnato dalla religione cristiana viene visto come un divieto, un comandamento, un ordine a non fare certe cose, ma in realtà è un monito, un insegnamento a vivere in maniera migliore e più consapevole. Un insegnamento giusto ma spesso dato in modo sbagliato, che viene vissuto come imposizione, come richiesta d’obbedienza, portando spesso la gente a fare l’opposto di quanto detto perché si considera libera di fare quello che vuole. Ma questa non è libertà: questo è semplicemente seguire il caos, è reagire quasi per fare dispetto.
Purtroppo i risultati dimostrano quanto siano sbagliare queste scelte: i fatti sono sotto gli occhi di tutti ogni giorno. Omicidi. Suicidi. Abusi su bambini e anziani. Stalking. Stupri. Truffe. Insulti. Aumento delle dipendenze da gioco, tecnologia, sesso, droga, alcool. L’Ombra ha preso il sopravvento su tanti e tanti non fanno che continuare a ignorare i segnali che li mettono in guardia sul suo avanzare e dilagare; più la si ignora, più la si rifugge, più l’Ombra si rafforza. Nella sua saga di Terramare, Ursula K. Le Guin ha ben mostrato la figura di questo archetipo e del danno che può portare.
Per quanti esempi si possono mostrare, per quanti ragionamenti si possono fare, la via per vincere l’Ombra alla fine è sempre una: essere consapevoli. Di sé e della vita.
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Sul blog Sole e Luna c’è la recensione ( http://soleeluna.altervista.org/recensi ... co-tondi/ ) a L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone. Sì, in un unico articolo si parla dei due libri ed è anche giusto che sia così, dato che le due opere sono strettamente legate tra loro (come già scritto in un altro pezzo, in origine dovevano essere un volume unico, ma per sviluppare meglio le vicende, e far sì che i vari intrecci non si accavallassero in maniera poco chiara, ho preferito effettuare una separazione).
Ringrazio Annalisa Sutto sia per la recensione, sia per la segnalazione dei refusi.
Mi fa piacere quando mi si segnalano cose che mi permettono di migliorare il testo; mi fa molto meno piacere invece aver commesso degli errori, ma anche da questo c’è da imparare ed è un bene (mi verrebbe da dire che è naturale imparare dagli errori, ma meglio non dare mai le cose per scontate). Accade che rileggendo spesso un proprio testo sorga una certa assuefazione a esso e per quanto attenti, qualcosa scappa: questo però non deve accadere e pertanto l’attenzione deve essere ancora maggiore. I refusi non mi piacciono quando li trovo nei libri di altri autori, figurarsi in quelli che ho realizzato io. Da questa esperienza ho imparato diverse cose: se si vuole un risultato ottimale, non si devono portare avanti due lavori allo stesso tempo (ci sono autori, es. Brandon Sanderson, che riescono a lavorare su più fronti, ma è anche vero che hanno anche un entourage numeroso che li aiuta, il che fa molto la differenza) e questa è una cosa che non ripeterò più in futuro. Inoltre, bisogna stare attenti a quello che fa Word e controllare tutto della formattazione del testo, anche quando si pensa che sia a tutto a posto; sì, perché diversi refusi trovati nel testo erano parole (o parti di parole) con una diversa grandezza di carattere. Devo ancora capire com’è successo, ma in diversi casi, Word, invece di usare grandezza di carattere 12 per il font Times New Roman, ha usato 11; una cosa che con questo programma non ci si accorge visivamente a video (sono praticamente grandi uguali), ma che ben si vede quando si fa la conversione del file rtf o doc in epub. Qualcuno potrebbe dire che sono inezie, ma non sono d’accordo, perché è fastidioso durante la lettura avere parole (o parti di parole) più piccole. Questo non mi era mai successo, ma ora so come evitarlo e far sì che non si ripeta. Una revisione approfondita di L’Ultimo Demone verrà quindi fatta di nuovo, ma intanto una veloce è già stata effettuata, eliminando i refusi già individuati e gli errori di formattazione, e negli store ora è presente una versione più corretta di quella precedente.
Ora una piccola riflessione. Fa piacere ricevere complimenti, ma se penso a quello che ho scritto, non ritengo di aver realizzato qualcosa di originale, creato dalla mia fantasia, perché esso è basato sull’osservazione della realtà che stiamo vivendo. Mi piacerebbe che quanto fatto sia frutto di fervida immaginazione, invece si tratta di riportare nelle vicende di I Tempi della Caduta quanto sta accadendo ogni giorno. Per quanto tanti inneggino all’ottimismo, al pensiero positivo, di positivo c’è ben poco: la follia sta sempre più prendendo piede nelle persone, ci sono casi sempre più eclatanti di violenze gratuite, omicidi mossi da motivi futili. La dignità umana perde sempre più valore, viene sempre più calpestata in nome del profitto e del denaro. Gli estremismi crescono, idem l’arroganza e la prevaricazione, sta diventando tutto un tutti contro tutti; il caos sta prendendo piede, anzi sta dilagando. Le istituzioni se ne fregano delle persone non tutelandole, lasciando che le cose degenerino. Le persone sono sempre più senza controllo.
Vorrei tanto aver inventato le cose; invece ho raccontato la realtà, solo cambiandole l’abito.

Passando a un argomento più leggero per ridere un po’ (perché non ci si può sempre deprimere con una realtà sempre più preoccupante), nella recensione si parlava di trovare magari nuova vita per le opere scritte in una trasposizione cinematografica. E visto che sognare e fantasticare non costa nulla (almeno per il momento :D ), sarebbe tanta roba se i film su L’Ultimo Potere e L’Ultimo Demone avessero come regista George Miller: sarebbe la persona per me appropriata, dato che proprio i suoi primi tre film su Mad Max hanno contribuito a ispirare i lavori che ho realizzato. Miller saprebbe dargli un’impronta adrenalinica che renderebbe molto bene le vicende narrate (vedere Mad Max: Fury Road); questo limiterebbe la parte più introspettiva, ma si sa che se ben fatte le immagini possono rendere ugualmente bene la parte cartacea (e qui mi viene in mente 5 cm per second, che non c’entra niente con tutto questo, ma è perfetto per far cogliere allo spettatore i sentimenti dei protagonisti con poche immagini). In uno scambio di mail, Annalisa invece vedeva meglio Guillermo del Toro o Shyamalan. Di del Toro ho visto (alla regia) La spina del Diavolo, Pacific Rim, i due su Hellboy, Blade II, il bellissimo Il labirinto del fauno; sempre di del Toro, ma qui è solo co-sceneggiatore, ho visto la trilogia su Lo Hobbit. Di Shyamalan (sempre alla regia) ho visto il bellissimo Il sesto senso, Unbreakable-Il predestinato, The Village, E venne il giorno (un consiglio: se siete depressi, vedete quest’ultimo in un altro momento) (voce fuori campo: consiglia quello che ha parlato di un mondo dove tutto è rosa e fiori) ( :D ).
Tra questi tre la scelta non sarebbe facile (anche se alla fine rimarrebbero Miller e del Toro) ma di sicuro ci sarebbe un regista su cui sarebbe preferibile non puntare, trovandomi d’accordo con una battuta che ho sentito, mi sembra di Guillermo del Toro, ma non sono del tutto sicuro (mi si corregga se sbaglio): “Non chiedete a Peter Jackson di fare la trasposizione cinematografica di un libro: ne farà una trilogia.” Nel mio caso sarebbero sei film, meglio sarebbe allora fare una serie tv (ma da non fare sceneggiare a George Martin, che non prenda idee per andare avanti con Le cronache del ghiaccio e del fuoco :D ).
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Quando erano liceali, loro cinque andavano d’accordo in tutto e per tutto. Si accettavano reciprocamente così com’erano, si comprendevano l’un l’altro. In questo, ognuno di loro trovava una profonda felicità. Ma quella beatitudine non poteva continuare in eterno. Il paradiso, prima o poi lo si perde. Le persone crescono ognuna a velocità diversa, e prendono strade diverse. Col passare del tempo si era creata un’inevitabile disarmonia. Erano apparse le prime crepe. Crepe che alla fine non si potevano più considerare tanto sottili. (1)

Nella sua brevità, questo è un brano molto emblematico di L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami, che ben mostra cosa si perde quando si cresce e la distanza che si crea tra le persone, anche con quelle a cui si era più legati. Un brano toccante e significativo, che diventa ancora più intenso se letto con sottofondo Le mal du pays, la musica che ha fatto da colonna sonora alla vita di Tsukuru; a un primo ascolto il pezzo può non coinvolgere, ma se lo si riascolta si riescono ad apprezzare le sue sfumature e la sua profondità.
Non vuole essere un paragone con Murakami, ma in L’Ultimo Demone ho fatto una riflessione simile: penso che tanti, prima o poi giungono a fare simili considerazioni. In fondo, questo è parte della vita.

Appollaiato su una roccia, Sanjuro osservava Mangusta, Fiamma e Lettore impegnati a costruire un piccolo castello con dei ramoscelli secchi. Un’immagine che sarebbe stata bella mantenere immutata nel tempo, perpetrandola per l’eternità: ma quel momento sarebbe divenuto presto solamente un ricordo e con il tempo il ricordo si sarebbe logorato per poi finire dimenticato.
“È così che va la vita: ci si lascia indietro sempre qualcosa di prezioso che non può essere recuperato. Anche la loro età, così bella e unica, passerà e non saranno più bambini innocenti ma uomini e donne con il loro carico di rimpianti, con il peso delle scelte a segnarli.”
Si poteva solo sperare che potessero crescere insieme, fare lo stesso percorso per avere qualcosa da condividere, per aiutarsi a vicenda fino a diventare degli adulti capaci di generare nuove vite e poterle crescere. Ma era una speranza vana, le cose sarebbero andate diversamente: crescendo si sarebbero separati prendendo ognuno strade differenti, allontanandosi non solo fisicamente, ma in una maniera che, se si fossero rincontrati, non si sarebbero più conosciuti; la complicità e l’empatia avute nel periodo vissuto insieme da bambini sarebbe stato qualcosa di morto, impossibile da riportare in vita. Sarebbero stati degli estranei con il ricordo di aver condiviso delle esperienze passate, ma così sbiadito che si sarebbero domandati com’era stato possibile aver avuto qualcosa in comune.
“È così che va la vita: non ci si può fare nulla. Accade e basta ed è difficile trovare un perché. Ci si può arrabbiare, spaccare la testa sopra, ma non si troverà una risposta.”


Haruki Murakami, L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Einaudi Super Et 2017, pag. 270.
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Re: L'Ultimo Demone

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In L’Ultimo Demone c’è un brano, postato su Costruttori di Mondi sotto forma di racconto con il nome di Il Dio del Limite, che parla di muri, di limiti e confini; è messo sotto forma di favola, ha una connotazione fantastica, ma di fantastico, se ci si pensa, ha solo l’aspetto, perché parla di realtà. La realtà che viviamo ogni giorno. Anche se a tanti non piace ammetterlo, ormai la vita delle persone è dominata dalla paura; anche se assume tanti aspetti (la paura degli altri, la paura di perdere il lavoro, i diritti), essa è sempre la stessa e sta divenendo sempre più forte, si allarga a macchia d’olio. Se si osserva si ha sempre meno fiducia negli altri, si guarda con sospetto chi è diverso, spesso lo si vede come una minaccia. E quando ci si sente minacciati, spesso una delle reazioni che si attuano è quella di aggredire. Emblema sotto gli occhi di tutti di tale realtà è stato l'ex presidente degli Stati Uniti, Trump (ma si potrebbe dire lo stesso di Erdogan per quanto riguarda la Turchia), con i muri fisici e non (basti pensare al muro con il Messico o ai limiti d’accesso per le persone agli Stati Uniti o ai dazi commerciali per quanto riguarda le merci di altri paesi) che ha cercato di ergere. Trump non è un dio, anche se con il modo che ha di fare si può pensare che lui si ritenga davvero tale, ma di certo è un creatore di limiti, oltre che un creatore di paure, tensioni e anche conflitti; il fatto che non sia l’unico, ma che ci siano altri potenti come lui che fanno alla stessa maniera, non fa presagire nulla di buono. Arroganza, presunzione, mania di controllo, sete di potere, dimostrare la propria superiorità, disprezzo e mancanza di rispetto per gli altri: tutti questi sono elementi che vanno a spiegare questo modo di fare. Se però ci si pensa, questo agire è dettato dalla paura; una paura di fondo che magari non è neppure riconosciuta, ma che ha il controllo dell’individuo, le cui conseguenze si ripercuotono anche sugli altri. Finché ci sarà paura, non ci sarà modo che si possano creare e sviluppare elementi positivi. Questo contesto ben è rappresentato da una frase presente in L’ombra dello scorpione di Stephen King: “L’amore non cresce bene in un posto dove c’è solo paura, così come la piante non crescono bene in un posto dove c’è sempre buio.”
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