Dalla fine l'inizio? - (Adattamento teatrale)

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Adattamento teatrale di Dalla fine l'inizio?

   
Dalla fine l’inizio?

Atto unico.
Interpreti:
Una signora misteriosa
Uno psichiatra

La signora misteriosa entra nell’androne di un vecchio stabile e pensa ad alta voce:
Non sono abituata a camminare sui tacchi alti e non mi basterebbe una vita per imparare a farlo senza sentirmi ridicola e fuori posto. Eccomi arrivata, comunque. C’è una targa d’ottone antico qui:
Rovello Dr. Fausto - Psichiatra.
Nomen omen. Che bello!
La donna, giovane e matura insieme, ha un fascino sobrio e disarmante. Veste un semplice ma elegante tailleur nero e sulla giacca porta una spilla d’oro come unica concessione al lusso. La camicetta in rosa antico ha il disegno di un sipario con le tende aperte ai lati del palco, legate e trattenute da fiocchi dorati. I rigonfiamenti superiori del velluto rosso avvolgono morbidi i seni.
Suona il campanello e le apre un uomo in giacca e jeans.
- Buongiorno dottore. Sono Vita Costa. Ho appuntamento con lei alle otto e mezzo.
- Signora Costa… Mi spiace… La segretaria non mi ha segnato nessuno oggi in agenda.
- Un disguido, di certo, può succedere… In genere rimango impressa!
Il dottore fissa la donna con attenzione, apre e chiude la bocca, poi le fa:
- Sa che mi sembra quasi di conoscerla? È di queste parti?
- No, io non sono di qua... Chissà, magari ci siamo passati vicini, un giorno. - (Ha calcato la voce dicendo “qua” e “un giorno”.)
Lui sorride e le dice, accomodante:
- Va bene comunque, tanto stavo solo facendo un corso di aggiornamento al computer. Prego, si accomodi.
Dopo i convenevoli di rito, la signora scalcia i tacchi e si distende sul lettino.
- Ahia - fa il dottore in quello stesso momento, seduto lì vicino, toccandosi il petto. (Calcare ma non troppo il lamento.)
- Che c’è?

- Passato, grazie. Sono le solite fitte intercostali. Mi parli di lei. Cosa l’ha portata da me?
- Ehm… Il mio lavoro…
- Si esprima liberamente con le sue priorità. Io l’ascolto con tutta la mia attenzione. - Lo specialista è di lato, su una sedia con ribalta, con un block notes in mano. Lei tira un sospiro e comincia:
- Io non sono emotivamente pronta per la maggior parte delle cose che faccio succedere... - (Va detto scandendo bene le parole.)
La donna si sistema il cuscino sotto la testa, sempre sospirando. Quindi prosegue:
- Mi ritrovo stressata e depressa da superlavoro. Sono indispensabile, non posso andare in pensione. Pensi lei: adesso che sono in malattia per il mio esaurimento, il penultimo reparto la tira in lungo per aspettare me: come faccio il lavoro finale io non c’è nessuno.
- Che lavoro fa?
- Non sono autorizzata a parlargliene. Però posso andare di metafora. O fuor di metafora. A lei l’interpretazione.
Pensi a una fabbrica qualunque: ogni articolo viene approntato con la stessa tecnica per tutti: una monocreazione a modello unico che deve passare una filiera di diversi livelli, ognuno coinvolto o nel completamento delle funzionalità o nella sua manutenzione o in una ristrutturazione diversa.
A mano a mano che si procede nell’approntare e sostenere il prodotto, questo si arricchisce di nuove funzionalità, latenti all’origine. Alcuni pezzi restano integri sino alla fine della filiera, ma quasi tutti devono essere seguiti, nell’arco della produzione, per intervenuti difetti. Per questo, ci sono tecnici competenti che provvedono a riassemblarli e a fargli allungare, per così dire, la durata del loro processo produttivo.
Non dimentico un pezzo, nel mio lavoro. Sono precisa: nessuno è mai tornato indietro a lamentarsi. Non ho reclami io. - (Alza la voce in crescendo dalla penultima all’ultima frase.)
- Sembra comunque soddisfatta del suo lavoro… - Il dottore prende appunti.
- Il punto è che io non voglio più essere una bieca e cieca esecutrice di ordini. Il problema che mi stressa e deprime è ciò che non so. Mentre ogni reparto precedente il mio “vede” (calca la voce) chi accoglie il prodotto nella fase successiva, io, che di fatto avvio il processo della smaterializzazione del prodotto, non vedo in che mani vada, quale reparto sia quello successivo al mio.
Non so se mi spiego: penso di avere, compreso nel diritto di consegna, quello di sapere chi farà il processo successivo. E, sapendo di non sapere, soffro. Cavolo, io fornisco un prodotto finito e non so a chi? - La paziente agita le mani e non riesce a star ferma sul lettino.
- Il suo datore di lavoro lo sa?
- È lui che mi manda qui.
- Un altro modo di vedere le cose? - Il suggerimento del medico.
- Per esempio? Si tira un po’ su, appoggiandosi sugli avambracci.
- Magari dev’essere proprio così la sua funzione. Provi a vedere le cose da un altro punto di vista.

- Una nuova prospettiva Uhm… Dal punto di vista del mio datore di lavoro? Per dargli un senso nuovo?
- È lei che lo dice. Potrebbe essere tutto questo? – (Il tono di voce dello psichiatra è di soddisfazione professionale e di incoraggiamento insieme.)
- Ci sono! - Si mette seduta comoda a gambe incrociate: i gomiti sulle gambe e il mento tra le mani.
Tutti siamo abituati a ragionare con la somma dei prima e con il meno del poi… Grazie, dottore! Lei mi porta a cercare di capire da sola come superare il concetto di relativismo. Per andare sull’assoluto? Dalla fine l’inizio… Sìììììììì. Wow! Lei mi apre nuovi orizzonti, dottore. Ma… mi procura disagio avere così poco tempo per esplorarli insieme. Mi dispiace… - (Il tono della paziente denuncia uno stato di afflizione, accentuato sull’ultima frase.)
- Perché dice così? – fa lo psichiatra.
La donna si distende di nuovo e si porta le mani ai lati del viso.
- Perché mi sono approfittata di lei, della sua buona fede, e ho pensato, con l’occasione, di scroccarle una consulenza.
- Ma come? Non mi pagherà, quindi? Lo specialista si agita sulla sedia. (Il tono della voce è allarmato).
- Anzi. Il conto lo paga lei. Le costa la vita. Nomen omen il mio.
- E poi non ne avrei il tempo. Perché ho le mie scadenze da rispettare, io. Lei è nel mio scadenziario: adesso. La sua filiera è arrivata all’ultimo livello: la sua fine.
- È un sogno. - Lui la fissa con gli occhi sbarrati. Il block notes gli cade di mano. Le mani al petto, l’espressione facciale stravolta da un dolore lancinante.
- Se si risveglia, lei lo saprà. Dal canto mio, la invidio. (Fa cenni affermativi con la testa.)

- Dalla fine l’inizio? – chiede il dottore. (La voce rotta ma calcata sulla riflessione conclusiva cui era giunta la sua paziente.)
- … - La signora si alza dal lettino.
- Ahiaaa…! Ma chi è lei? - Il dottore è visibilmente sofferente. (La voce è roca e affannosa.)
Lei si china su di lui mostrandogli la spilla sul bavero della giacca: è una falce.
(Sul fondale viene proiettata un’immagine ingrandita della spilla, a beneficio del pubblico. Dissolvenza… Poi l’immagine della Morte con la falce viene proiettata sul fondale. Musica suspense e sincopata scandita in sottofondo.)
Fine”        (dello psichiatra).
Sipario




   
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


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