L’anacoreta

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L’ANACORETA

  Sono nato e cresciuto in una nobile famiglia romana, all’interno della quale, si è sempre tramandata la leggenda di una nostra millenaria discendenza patrizia risalente all’età repubblicana. Ancora oggi, nell’anno del Signore 1894, mio nonno giura che questo nostro retaggio sia certo, che la nostra eredità abbia di bocca in bocca attraversato i secoli. Devo ammettere di amare l’idea che sia vero, sarà per questo che ho maturato l’ossessione per le radici e per la memoria, ossessione che da anni mi spinge a dedicare la vita alla lettura e all’esplorazione.
  Sebbene ancora giovane giro il mondo alla ricerca dei testi più antichi,  desidero e spero in tutti i modi di poter apprendere tutta la vera e dimenticata storia dell’essere umano per divulgarla in maniera scientifica. Immagino che tutto ciò che fu raccontato in ogni luogo e in ogni tempo da ogni uomo, fino al primo che abbia proferito parola, abbia lasciato degli indizi e viva ancora da qualche parte, c’è solo bisogno che qualcuno rimetta insieme i pezzi di quanto è disperso ai quattro angoli della terra. Ambizione non banale la mia, voglio in un certo senso ricostruire la Torre di Babele. Dai papiri egizi alle tavole sumere, dai racconti dei nativi americani ai testi sacri e apocrifi delle principali religioni monoteiste, dai minori culti locali indiani  alle saghe norrene, mi abbevero di tutto ovunque, biblioteche pubbliche, accademie e collezioni private, ma ancora non mi posso ritenere soddisfatto. Qualcuno crede che stia dilapidando il patrimonio di famiglia, o almeno la parte che mi è stata concessa in dote, io tengo saldo il timone delle mie intenzioni e vado avanti così, errando, sempre più assetato.
  Il destino mi ha condotto in una bettola di Montevideo, gioco una partita a scacchi con un settantenne canuto poeta di Buenos Aires, una partita lenta, durante la quale tra un bicchiere e l’altro racconto dei miei viaggi, della mia ricerca, dello spirito che mi anima. Questo antagonista appare sinceramente interessato ai miei studi e alla mia storia, parliamo di libri e di filosofi, di scienza, filologia e superstizioni. Perdo la partita con il bianco in un finale di torri nonostante la mia rinomata bravura alla scacchiera. Rimango sorpreso ma ricevo una confidenza, o forse meglio definirlo un regalo, che a detta del poeta potrebbe giovare al mio lavoro e lenire l’amarezza della sconfitta. Tra l’odore di tabacco da pipa misto ad acqua di colonia sento le sue parole risuonarmi nella testa.
  A quanto pare su una spiaggia della penisola anatolica, precisamente ad Alanya, vive un misterioso anacoreta giunto sul posto dopo aver vissuto solitario nel deserto. Alcuni raccontano che un tempo fosse stato l’adepto di una setta di mistici sufi, altri che fosse sposato a una benestante donna di Siviglia. Magari entrambe le cose sono vere, o magari entrambe false, nessuno ne ha la certezza. L’anacoreta non parla con anima viva, è un uomo molto vecchio che da decenni trascorre in riva al mare tutto il tempo delle sue giornate, tranne quello nel quale si ritira per dormire all’interno di una tenda, poco in verità, o per mangiare il cibo che alcuni locali non gli fanno mancare. La sua presenza è ben tollerata, non infastidisce nessuno, non predica di certo, né apparentemente prega, insomma sarebbe potuto essere addirittura un sordomuto o un pazzo qualsiasi. Ciò che ha destato curiosità, fin dalla sua comparsa su quei lidi, è proprio la peculiare attività che senza sosta compie in corrispondenza della riva marina. Infatti egli non fa che scrivere nelle più disparate lingue del mondo, alcune delle quali dimenticate, parole e frasi comprensibili e non, parole e frasi forse non casuali. È ormai nota la diceria secondo cui per taluni stia scrivendo un riassunto della storia dell’universo, per altri semplicemente la sua biografia, per altri ancora la più bella opera che chiunque abbia mai scritto. Tutte queste ipotesi potrebbero essere vere oppure false, alcune o persino tutte coincidere, rimangono però non verificabili, poiché tutto ciò che scrive con dei consumati bastoni di legno sulla battigia viene istantaneamente cancellato dalle onde del mare. Instancabile scrive dando le spalle all’acqua, ma non sempre, ogni tanto scrive guardando il mare, non di rado invece scrive addirittura la notte alla sola luce della luna. In tanti hanno provato a distoglierlo dalla sua opera, a interagirci e intervistarlo in qualche maniera, nessuno ha mai avuto successo. 
  È una storia che mi affascina, vale la pena indagarla. Senza nessuna certezza di utilità ai fini della mia ricerca non esito a mettermi in viaggio per raggiungerlo. Devo assolutamente leggere cosa scrive e, seppur ancora senza ragionevoli motivi, già rimpiango di non aver potuto leggere tutto ciò che  ha già scritto fin dal primo giorno, sebbene abbia cominciato a operare prima che io nascessi. Inutile dire che una trascrizione non esiste.
  Durante il mio pellegrinare attraverso i continenti per raggiungere l’anacoreta, non incontro mai nessuno che confermi le parole del poeta circa la sua esistenza,  e Dio solo sa se di eruditi, marinai, ambasciatori e vagabondi io ne incontri. Giunto in Portogallo potrei addirittura credere di essere stato giocato, come le donne  sanno bene: mai fidarsi dei poeti.
  Sono passato per Roma a salutare la famiglia, parlo dell’anacoreta e tutti ridono di me, indago in ambienti gesuiti e anche lì nessuna conferma. Sembra proprio che nessuno ad Alanya e in nessun’altra spiaggia stia scrivendo la storia dell’universo. Ho scritto una lettera a un amico pittore che vive a Parigi, un grandissimo giocatore di scacchi con conoscenze in tutto il Sudamerica per chiedergli almeno qualche notizia sul poeta argentino, pare che nessuno lo conosca.
  In terra ellenica ho perso ogni speranza, pur continuando a proseguire verso la mia meta decido di fermarmi qualche giorno più del previsto a Delfi. Conosco una prosperosa donna mora che profuma di talco con la quale passo una notte di fuoco dopo un lauto pasto a base di polpo arrostito e una deliziosa tzatziki. Lei è la prima a non dubitare della faccenda dell’anacoreta da un pò di tempo a questa parte, è convinta di aver già sentito da qualcuno, in qualche luogo, questa storia dello scrittore dai piedi perennemente bagnati. Mi esorta a non arrendermi, sicura del mio successo mi dona la sua benedizione. Riacquisto la speranza. Gli dei dell’Olimpo loro sì, sono con me.
  Ad Alanya decido di battere l’intero litorale, parlo come posso con pastori e pescatori, dicono che nessuno stia scrivendo sulla spiaggia, non sono sicuramente loquaci e rifiutano le mie offerte di denaro. 
  All’improvviso, come in un sogno, davanti ai miei occhi questa tenda da perfetto anacoreta. Quelli che furono rami di ulivo ora consumati dal vento e incrostati di sale reggono teli di un ingiallito lino ripiegati in molteplici strati. Un misero giaciglio di frasche, una coperta di lana e una brocca d’acqua fanno capolino all’interno. Niente vestiti, nessun libro. Nell’aria frizzante di spuma marina e salsedine trasportate dal vento si confonde tutto il profumo della macchia mediterranea, mi affretto e corro sulla spiaggia mentre il sole sta già scomparendo. 
  Eccolo che scrive, mentre l’acqua si tinge delle note del rosa, del viola e dell’arancio. Non è come me l’ero immaginato, l’anacoreta è vecchio sì, ma non ha troppe rughe sul volto, è altissimo e imponente, il suo fisico è fin troppo robusto per l’età e per come vive, i capelli sono bianchi ma stranamente curati, tagliati di recente. Nonostante io senta freddo lui non trema seppur fradicio e svestito. Con la mano destra regge un bastone e inesorabile solca la sabbia, non mi degna di uno sguardo. Non sono arrivato fin qui per essere d’intralcio, voglio solo leggere come uomo di scienza, come curioso o come immagino al posto mio farebbe un mistico cercatore di verità sepolte, un archeologo del verbo. Mi domando se sia una lingua arcaica quella nella quale scrive proprio ora. Parole brevi, mi concentro. Le onde sono troppo veloci, la fugacità di questi tratti è scoraggiante per quelle che sono le mie ingenue intenzioni accompagnate da scarsa dimestichezza con tale palese bizzarria. Sono lettere alternate a numeri quelle poche cose che riesco a decifrare, non si tratta di parole. Sono codici alfanumerici. Ancora troppo svelto. Venti minuti, tutto si ripete, mi sembra di scorgere qualche regolarità, sto diventando più bravo e il mio occhio più attento, o forse sono lui e il mare a rallentare  per pietà di me. Non riesco a crederci, è una partita di scacchi quella che l’anacoreta traccia. È la mia partita di Montevideo, quella con il poeta, mossa dopo mossa, posizione dopo posizione. Il cuore in gola, si prende gioco di me, nessuna spiegazione su come possa conoscerla, o forse sì: quel poeta maledetto.
  Mi sono risvegliato su questo giaciglio dentro la tenda, non ricordo neppure quando mi sono addormentato. È mattino e l’anacoreta ha ripreso il suo bastone, sta già scrivendo. Con mio stupore ora leggo. Riesco a leggere e capire tutto, non si è mai trattato di uno scherzo. Rimetto insieme i pezzi, scorgo cause ed effetti di tutto ciò che è stato. L’anacoreta indugia nello scolpire lo spazio di un tempo che rimane indelebile nel dileguarsi, la caducità di un simulacro di un’eterna Babele. L’anacoreta porta il verbo senza pronunciarlo, è la forza del linguaggio detto e non detto, della volontà che crea, di tutto ciò che è stato ovunque, che non è stato in nessun luogo e che potrebbe essere. Ha trovato la storia, tutta la storia dal primo uomo fino all’ultimo, tutta la storia dentro una parola e fuori di essa. 
  L’anacoreta con il fiato corto si specchia nell’acqua e guarda il suo proprio volto. Ha generato se stesso, in se stesso e per se stesso, un microcosmo indivisibile ed eterno. Tutte le storie potrebbero essere vere oppure false, alcune o persino tutte coincidere. L’anacoreta ha scritto un riassunto della storia dell’universo, ha scritto la sua biografia, ha scritto questa storia, ha scritto la più bella opera che chiunque abbia mai scritto.

Re: L’anacoreta

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Ciao @Dukafranz,

purtroppo deve chiudere la discussione per commento insufficiente.

Quando avrai pubblicato un nuovo intervento più esaustivo, che affronti tutti o gran parte dei punti elencati qui, mandami pure un messaggio privato e la riaprirò.

Leggendo questo post potrai comprendere meglio il motivo per cui attribuiamo grande valore ai commenti.


Buon proseguimento!

Edit: commento richiesto effettuato.
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Re: L’anacoreta

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Ciao @Dukafranz

A mio parere questa potrebbe essere la trama di un romanzo a metà fra realismo magico alla Marquez e ricerca dell’Assoluto come nel personaggio di Larry dal romanzo “Il filo del rasoio” di Somerset Maugham.
Il tuo personaggio ha le idee molto precise su quello che vuole dalla vita, forse io gli avrei messo qualche dubbio in più, ancora qualche inquieta aspettativa.
Mi piace
Dukafranz wrote: ho maturato l’ossessione per le radici e per la memoria, ossessione che da anni mi spinge a dedicare la vita alla lettura e all’esplorazione.
Non tutti hanno questo desiderio purtroppo. Oggi si tende a mistificare e deridere chi si dedica a questo.
Dukafranz wrote: voglio in un certo senso ricostruire la Torre di Babele.
Molto bello. Una sola vita non sarebbe sufficiente però.
Dukafranz wrote: Dai papiri egizi alle tavole sumere, dai racconti dei nativi americani ai testi sacri e apocrifi delle principali religioni monoteiste, dai minori culti locali indiani  alle saghe norrene, mi abbevero di tutto ovunque, biblioteche pubbliche, accademie e collezioni private, ma ancora non mi posso ritenere soddisfatto.
Per esaminare tutta questa conoscenza però, il tuo personaggio dovrebbe avere una cultura immensa, a cominciare dalla padronanza di svariate lingue morte, cosa non impossibile certo, ma per la quale ci vogliono anni di studio. Può darsi che abbia acquisito queste capacità nel tempo.
Dukafranz wrote: Il destino mi ha condotto in una bettola di Montevideo, gioco una partita a scacchi con un settantenne canuto poeta di Buenos Aires,
Per un attimo ho sperato che fosse Jorge Luis Borges.

Il viaggio del personaggio, le persone che incontra, le sue deduzioni ed esperienze le ho trovate molto intriganti, interessanti. Una ricerca di qualcosa di più nella vita, uno scopo superiore, una ragione, una motivazione oltre il normale quotidiano.
Il finale è davvero affascinante
Dukafranz wrote: L’anacoreta con il fiato corto si specchia nell’acqua e guarda il suo proprio volto. Ha generato se stesso, in se stesso e per se stesso, un microcosmo indivisibile ed eterno. Tutte le storie potrebbero essere vere oppure false, alcune o persino tutte coincidere. L’anacoreta ha scritto un riassunto della storia dell’universo, ha scritto la sua biografia, ha scritto questa storia, ha scritto la più bella opera che chiunque abbia mai scritto.
Anche il personaggio del vecchio anacoreta, molto particolare, sarebbe bello da approfondire, come la particolarità della sua scrittura sulla sabbia, il perché il personaggio riesca a un certo punto a comprenderla appieno, trovando un appagamento ai suoi sforzi, alla sua ricerca esistenziale.
Mi piacciono queste tematiche.
Scrivi molto bene, una scrittura molto chiara e senza refusi per quanto mi riguarda; fai venire voglia di saperne molto di più su questa storia dai risvolti affascinanti. Complimenti.
Prenderei in considerazione l’idea di farne un romanzo, ne ha tutte le caratteristiche.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: L’anacoreta

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Ciao@Alberto Tosciri 
Ti ringrazio per il parere e il tempo che mi hai dedicato.
Alberto Tosciri wrote: Il tuo personaggio ha le idee molto precise su quello che vuole dalla vita, forse io gli avrei messo qualche dubbio in più, ancora qualche inquieta aspettativa.
Effettivamente riconosco di non aver inserito alcun contrasto interiore al personaggio, almeno nelle premesse. Per quanto riguarda l’elemento del dubbio ho cercato di farlo emergere più avanti, precisamente riguardo alla reale esistenza dell’anacoreta come sul perché fosse a conoscenza della partita a scacchi.
Alberto Tosciri wrote: Non tutti hanno questo desiderio purtroppo. Oggi si tende a mistificare e deridere chi si dedica a questo.
Sottolineo. Quanto hai ragione!
Alberto Tosciri wrote: Per un attimo ho sperato che fosse Jorge Luis Borges.
Colpito e affondato. Ogni riferimento è puramente voluto.
Alberto Tosciri wrote: Anche il personaggio del vecchio anacoreta, molto particolare, sarebbe bello da approfondire, come la particolarità della sua scrittura sulla sabbia, il perché il personaggio riesca a un certo punto a comprenderla appieno, trovando un appagamento ai suoi sforzi, alla sua ricerca esistenziale.
Mi piacciono queste tematiche.
Non so se sono riuscito nel mio intento: volevo trasmettere una totale ambiguità. Qui torniamo alla reale esistenza dell’anacoreta, ovvero l’anacoreta e il narratore sono la stessa persona. In un certo senso l’anacoreta non esiste, è un parto dell’immaginazione del narratore, della sua lucida follia, una utopica rincorsa a un sapere inafferrabile. Si potrebbe anche dire che sia il narratore a non esistere, a essere generato dall’anacoreta affinché trovasse sé stesso nelle parole scritte sulla sabbia. Non so neppure io quale delle due sia più calzante, in effetti le due opzioni sono sovrapponibili.
l’idea era proprio quella di creare una sorta di storia circolare, ricorsiva.

Probabilmente, un giorno, potrei farci davvero un romanzo.

Re: L’anacoreta

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 Ciao @Dukafranz 
è la prima volta che leggo qualcosa di tuo e devo dire che me ne dispiace perché è una lettura che è valsa la pena di fare.
Non sono di facili entusiasmi, ma il tuo è un lavoro davvero interessante, nonché piacevole.

Il racconto che hai scritto è affascinante, denso di simbolismo, che intreccia temi complessi come la ricerca della conoscenza, l’identità, la memoria e il linguaggio, con un’atmosfera che oscilla tra il realismo e il mito.


Struttura e narrazione


Il racconto si presenta come una narrazione in prima persona, strutturata in modo fluido e quasi onirico, che segue il percorso interiore ed esteriore del protagonista, un giovane studioso ossessionato dalla ricerca della "vera storia" dell’umanità. La struttura è lineare ma frammentata, alternando momenti di introspezione, descrizioni di viaggio e incontri significativi, fino al climax rappresentato dall’incontro con l’anacoreta. Questa progressione riflette un viaggio archetipico, simile a quello dell’eroe mitologico o del pellegrino in cerca di illuminazione.
La narrazione è volutamente ambigua in alcuni punti, lasciando spazio a molteplici interpretazioni. L’incontro con il poeta a Montevideo, la partita a scacchi, e la successiva ricerca dell’anacoreta fungono da snodi narrativi che trasformano il racconto da una semplice quête intellettuale a un’esplorazione metafisica. La ripetizione di motivi (la scrittura, la cancellazione, il mare, la ricerca) crea un ritmo quasi ipnotico, che culmina nella rivelazione finale, dove il confine tra realtà e simbolismo si dissolve.
Temi principali
  1. La ricerca della conoscenza e il mito della Torre di Babele

    Il protagonista è mosso da un’ambizione titanica: ricostruire la storia dell’umanità, raccogliendo frammenti sparsi di conoscenza. Il riferimento alla Torre di Babele non è casuale: come nell’episodio biblico, il suo desiderio di unificare il sapere umano si scontra con la frammentazione del linguaggio e della memoria. L’anacoreta, con la sua scrittura effimera cancellata dalle onde, sembra incarnare questa tensione: il suo atto creativo è al contempo eterno e futile, un paradosso che riflette l’impossibilità di afferrare pienamente la totalità della storia umana.
  2. La memoria e l’identità
    La narrazione è permeata da un’ossessione per le radici, sia personali (la discendenza patrizia del protagonista) sia universali (la storia dell’umanità). Il protagonista cerca di definire se stesso attraverso il passato, ma l’incontro con l’anacoreta suggerisce che l’identità non è solo un’eredità, ma un atto creativo continuo. L’anacoreta, che scrive e riscrive la sua storia (e forse quella dell’universo), rappresenta una figura archetipica: il creatore che si rigenera attraverso il linguaggio.
  3. Il linguaggio e la scrittura
    La scrittura dell’anacoreta, cancellata dalle onde, è il cuore simbolico del racconto. Questo atto richiama il mito di Sisifo: un lavoro incessante, apparentemente senza scopo, ma carico di significato. La scrittura sulla sabbia, che include lingue antiche, codici alfanumerici e persino la partita a scacchi del protagonista, suggerisce che il linguaggio è un mezzo per ordinare il caos, ma anche un limite intrinseco, incapace di fissare definitivamente la verità. La rivelazione finale, in cui il protagonista riesce a “leggere” e comprendere, implica un superamento di questo limite, un momento di epifania in cui il linguaggio diventa universale.
  4. Il viaggio come metafora
    Il viaggio del protagonista, che attraversa continenti e incontra figure disparate, è sia fisico che interiore. Ogni tappa (Montevideo, Roma, Delfi, Alanya) arricchisce la sua prospettiva, ma anche la sua frustrazione, finché l’incontro con l’anacoreta non gli offre una chiave per reinterpretare la sua missione. La donna di Delfi, con il suo profumo di talco e la sua fiducia, funge da figura oracolare, un’eco delle sacerdotesse dell’antichità, che lo spinge a perseverare.
Stile e linguaggio


Lo stile del racconto è ricco e volutamente arcaico, in linea con l’ambientazione ottocentesca e l’erudizione del protagonista. La prosa è densa di immagini poetiche (il mare che cancella la scrittura, il sole che tinge l’acqua di rosa e viola) e di riferimenti culturali che spaziano dalla mitologia classica alla filologia, dalla religione al simbolismo. L’uso di termini come “anacoreta”, “patrizio” e “battigia” contribuisce a creare un’atmosfera colta e senza tempo.
Tuttavia, la narrazione mantiene una certa ambiguità, lasciando spazio al lettore per interrogarsi sulla veridicità degli eventi. La partita a scacchi, ad esempio, potrebbe essere letta come un evento reale o come una metafora per il confronto intellettuale tra il protagonista e il poeta. Allo stesso modo, la scrittura dell’anacoreta potrebbe essere un’allucinazione, un sogno o una rivelazione mistica. Questa ambiguità è uno dei punti di forza del racconto, poiché invita il lettore a partecipare attivamente all’interpretazione.
Personaggi


  • Il protagonista: È un personaggio complesso, guidato da un’ossessione che lo rende al contempo ammirevole e vulnerabile. La sua erudizione e il suo idealismo lo avvicinano a figure romantiche, ma la sua ingenuità (come quando dubita di essere stato “giocato” dal poeta) lo rende umano e relatable.
  • Il poeta: Una figura enigmatica, quasi un trickster, che introduce il mistero dell’anacoreta. La sua ambiguità (nessuno sembra conoscerlo) lo rende una sorta di deus ex machina narrativo, un catalizzatore per il viaggio del protagonista.
  • L’anacoreta: È il simbolo centrale del racconto, una figura che trascende la realtà. La sua scrittura incessante e la sua resistenza al dialogo lo rendono una sorta di divinità laica, un custode del sapere universale che, però, sceglie di non condividerlo direttamente. La sua robustezza fisica, nonostante l’età, e la cura dei capelli suggeriscono una vitalità che contrasta con la sua apparente ascetismo.
Simbolismo e interpretazioni
Il racconto può essere letto su più livelli:
  • Allegoria della ricerca umana: L’anacoreta rappresenta l’umanità stessa, che cerca di dare senso all’esistenza attraverso la narrazione, ma è destinata a vedere le proprie creazioni svanire. La partita a scacchi, che riappare sulla sabbia, potrebbe simboleggiare il destino del protagonista, intrappolato in un gioco più grande di lui.
  • Riflessione sul linguaggio: La scrittura effimera dell’anacoreta richiama il concetto di “traccia” di Derrida: ogni atto di scrittura è un tentativo di fissare il significato, ma il significato stesso è destinato a sfuggire. La comprensione finale del protagonista suggerisce una trascendenza, un momento in cui il linguaggio diventa un ponte verso l’universale.
  • Dimensione mistica: L’anacoreta, con il suo scrivere senza sosta, ricorda figure come i mistici sufi o i profeti biblici. La sua opera, che coincide con la storia dell’universo e con la sua biografia, suggerisce un’unità tra il microcosmo (l’individuo) e il macrocosmo (l’universo).
Punti di forza
  • Atmosfera evocativa: Le descrizioni sensoriali (l’odore di tabacco, la salsedine, il profumo di talco) immergono il lettore nel mondo del racconto.
  • Ricchezza simbolica: I riferimenti culturali e mitologici arricchiscono il testo, rendendolo un puzzle intellettuale.
  • Ambiguità narrativa: La mancanza di certezze (l’anacoreta esiste davvero? Il poeta è reale?) stimola il lettore a riflettere.
Critiche
  • Eccessiva densità: In alcuni punti, il racconto rischia di essere sovraccarico di simboli e riferimenti, che potrebbero risultare ostici per un lettore meno avvezzo alla letteratura colta.
  • Ambiguità non sempre risolta: Sebbene l’ambiguità sia un punto di forza, alcuni passaggi (come l’improvvisa comprensione del protagonista) possono sembrare troppo ellittici, lasciando il lettore con più domande che risposte.
  • Personaggi secondari poco sviluppati: Figure come la donna di Delfi o il poeta, pur affascinanti, rimangono abbozzate, servendo più come funzioni narrative che come personaggi a tutto tondo.
Conclusione


Il racconto è una narrazione di grande fascino, che unisce l’erudizione di un Borges a una sensibilità romantica e mistica. La storia dell’anacoreta, con la sua scrittura cancellata dal mare, è un’immagine potente che incapsula la tensione tra creazione e distruzione, tra il desiderio di afferrare l’eterno e l’inevitabile caducità dell’esistenza. Il viaggio del protagonista, con le sue frustrazioni e rivelazioni, riflette il percorso di ogni individuo che cerca significato in un mondo frammentato. Nonostante qualche eccesso di densità, il racconto riesce a catturare l’immaginazione e a invitare a una riflessione profonda sul linguaggio, la memoria e il senso dell’esistenza. È un testo che vive di interpretazioni, come le onde che cancellano e riscrivono incessantemente la storia sulla sabbia.

Complimenti, a presto rileggerti, ciao. (y)

Re: L’anacoreta

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Dukafranz wrote: si è sempre tramandata la leggenda di una nostra millenaria discendenza patrizia risalente all’età repubblicana
Come (es.) chi fa "Fabi" di cognome che crede di discendere dalla gens Fabia.
Dukafranz wrote: l’ossessione per le radici e per la memoria, ossessione che da anni mi spinge a dedicare la vita alla lettura e all’esplorazione.
Ossessione positiva, comunque: è interessante, secondo me, notare come quasi tutte le case reali, gira e rigira, discendano dai re dei Franchi.
Dukafranz wrote: Immagino che tutto ciò che fu raccontato in ogni luogo e in ogni tempo da ogni uomo
Tanti "ogni", capisco l'effetto che cerchi, ma toglierei proprio le specifiche.
Dukafranz wrote: Dai papiri egizi alle tavole sumere, dai racconti dei nativi americani ai testi sacri e apocrifi delle principali religioni monoteiste, dai minori culti locali indiani  alle saghe norrene, mi abbevero di tutto ovunque, biblioteche pubbliche, accademie e collezioni private, ma ancora non mi posso ritenere soddisfatto.
Segnalo solo che è tanto, non so quante vite servano per padroneggiare tutto; la farei un po' più generica, lasciandola come sottotesto, più che fare questo elenco.
Dukafranz wrote: vive un misterioso anacoreta giunto sul posto dopo aver vissuto solitario nel deserto
D'istinto, ho pensato a San Daniele lo stilita.
Dukafranz wrote: È ormai nota la diceria secondo cui per taluni stia scrivendo un riassunto della storia dell’universo, per altri semplicemente la sua biografia, per altri ancora la più bella opera che chiunque abbia mai scritto.
Passaggio interessante e degno di nota. Quando c'è un fenomeno insolito o un comportamento inusuale, ecco la leggenda metropolitana.
Dukafranz wrote: Gli dei dell’Olimpo loro sì, sono con me.
 Credo Atena in particolare. Scherzi a parte, non mi convince tutta la parte precedente, dove il protagonista domanda del poeta in lungo e in largo e nessuno sa dirgli nulla: credo sia normale, magari il poeta è poco conosciuto. L'effetto è domandare qui di un tizio semisconosciuto dall'altra parte del mondo.
Da qui in poi, @Dukafranz, il racconto accelera in modo incredibile e termina quasi di colpo, secondo me. A mio parere restano aperti e degni di nota molti nodi - perché il protagonista si risveglia nella tenda (attacco di panico? come Dante, ovvero "caddi come corpo morto cadde"?), il fatto che alla fine l'anacoreta scriva e basta, lo sbilanciamento del finale rispetto all'inizio, ... - e, leggendo un commento precedente, credo che davvero il tutto meriti più spazio, anche solo per chiarire e/o sviluppare questo finale. Parli di trasmettere un senso di disagio e, a dire il vero, c'è, ma più che il finale dove citi tutto (poco sopra in un passaggio ho scritto che, metaforicamente, partono delle leggende metropolitane), è proprio questa brevità che lascia molte domande aperte. In modo banale, potrei anche dire la curiosità nel saperne di più: il lettore non è il protagonista che vede e capisce e/o apprezza l'opera dell'anacoreta.
Certo, c'è molto tra le righe, come l'anacoreta che richiama le figure mistiche - non credo mi sia venuto in mente a caso San Daniele lo stilita - che l'umanità spesso denigra ma, alla fine, venera e/o si rivolge a loro in momenti particolari. L'anacoreta che richiama anche la figura della conoscenza e, a mio avviso, anche il simbolo del fatto che la stessa sia effimera e spazzata via dalla brevità dell'esistenza (il mare che cancella le scritte). Semplicemente manca qualcosa, un finale degno di un inicipit e di uno sviluppo così curati e così affamati del finale stesso, in un certo senso.
Non ho detto nulla, comunque, della scrittura e dello stile @Dukafranz. Non ti ho detto nulla perché, secondo me, non c'è nemmeno da dire nulla: una scrittura ordinata e piacevole, con una buona ricchezza di linguaggio.

Piacere di aver letto qualcosa di tuo. Alla prossima lettura. :libro:
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: L’anacoreta

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@bwv582 Ciao, grazie per i preziosi consigli.


Questo è il secondo racconto tra i pochi che ho scritto finora. Si è “scritto da solo”, non ho progettato nulla. Ricordo di essere partito da una suggestione: un vecchio e misterioso saggio scrive sulla sabbia e tutto viene cancellato all’istante dalle onde del mare. Da lì ho iniziato a scrivere, senza sapere ancora cosa, con la sensazione di dover giustificare a chi potesse interessare cosa viene scritto dal vecchio:  è nata la figura del narratore protagonista.

L’atmosfera e le tematiche mi hanno rimandato a Borges, e così sono arrivato fino agli scacchi e al poeta, una figura enigmatica dalla quale il protagonista apprende dell’esistenza del vecchio anacoreta, fulcro del racconto.
In seguito, ho immaginato e scritto le varie tappe di avvicinamento, seminando il dubbio sulla reale esistenza di tutti i personaggi narrati, fino ad arrivare agli espedienti dei locali sulla spiaggia che non fanno menzione di alcun anacoreta, della partita di scacchi riprodotta e misteriosamente conosciuta da quest’ultimo, dell’improvviso risveglio nella tenda.

Ricordo che non vedevo l’ora di “vedere come andasse a finire”; ho evidentemente accelerato e interrotto bruscamente, come hai ben detto, lasciando il finale aperto a diverse interpretazioni — che in quel momento non erano chiare neppure a me.

Riconosco che avrei potuto scriverlo in maniera più appagante e soddisfacente per il lettore, all’altezza delle aspettative che sono riuscito a suscitare — in me per primo. Sì, manca qualcosa, c’è del “lasciato in sospeso”, un gioco tra atmosfera onirica e ambiguità. Tuttavia, avevo timore di inserire uno “spiegone” che decodificasse il finale e il racconto tutto, che invece è permeato di simbolismo; forse, semplicemente, non volevo farlo o non sapevo come.
Più che spiegare, come consigliato potrebbe trattarsi di sviluppare meglio il finale senza tradirne lo spirito, oppure di espandere ogni parte del racconto, in tutte le direzioni, facendone un romanzo.

Alla prossima! :lol:

Re: L’anacoreta

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Dukafranz wrote: Riconosco che avrei potuto scriverlo in maniera più appagante e soddisfacente per il lettore, all’altezza delle aspettative che sono riuscito a suscitare — in me per primo. Sì, manca qualcosa, c’è del “lasciato in sospeso”, un gioco tra atmosfera onirica e ambiguità. Tuttavia, avevo timore di inserire uno “spiegone” che decodificasse il finale e il racconto tutto, che invece è permeato di simbolismo; forse, semplicemente, non volevo farlo o non sapevo come.
Più che spiegare, come consigliato potrebbe trattarsi di sviluppare meglio il finale senza tradirne lo spirito, oppure di espandere ogni parte del racconto, in tutte le direzioni, facendone un romanzo.
Ciao @Dukafranz, non mortificarti troppo, ti ho dato un parere da lettore - non sono e non pretendo di essere qualcosa in più. :)
È che, come detto, manca una conclusione più, non so, direi "succosa" per via del lungo prologo. Perché l'inizio è un tema molto sentito, il viaggio, soprattutto la ricerca di qualcosa, idee che si ritrovano in racconti e romanzi, ma anche nelle epoche storiche - penso alle spedizioni volute da Nerone per raggiungere le sorgenti del Nilo, o quelle di Himmler per trovare le radici del popolo tedesco (ho fatto due esempi lontanissimi!). Tocchi molte corde, dai tanta curiosità e tanta voglia di sapere che si risolve un po' di colpo, secondo me. E non credo che sia una questione semplice, dici questo
Dukafranz wrote: avevo timore di inserire uno “spiegone” che decodificasse il finale
che condivido perché si potrebbe dire (es.), se l'anacoreta parla, tradisce un po' la propria figura così com'è descritta, se il ricercatore legge qualcosa di quanto scrive, quella che appare nero su bianco può essere la tua (tua=autore, intendo) idea più che quella che vorresti trasmettere... quindi non è proprio un problema banale.
Comunque, come detto, un buon racconto e, da profano, anche una scrittura molto buona. Alla prossima lettura.  :libro: 
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