Traccia N. 1 - Lontano da tutto
Avevo appena lasciato alle spalle il portone del palazzo di Via Oberdan e il sorriso stiracchiato della solerte segretaria del notaio Sperlonga, quando il cellulare prese a vibrare dentro la valigetta in cui galleggiavano i fogli dell’atto che non avrei mai pensato di far redigere fino a pochi giorni prima.
Mi chinai sorreggendo il cappello che sembrava volermi trascinare in volo con sé colpito da una raffica di libeccio che si accordava alla perfezione con la burrasca che stava attraversando i miei giorni. Decisi di non rispondere ma quello, dopo qualche minuto di silenzio, riprese a vibrare senza interruzioni. Chiunque fosse stato avrebbe dovuto presto abituarsi a fare a meno di me, quindi continuai a far finta di non sentire. Salii sull’autobus senza cedere alla curiosità.
“C’è un telefono che vibra lì dentro. Non lo sente?”
Avrei potuto dire che non era il mio, ma la signora che mi sedeva accanto non la smetteva più di fissare la mia ventiquattr’ore.
“Grazie, non me ne ero accorto” risposi fra i denti. Mi chiesi perché non lo avessi spento. Feci scattare la serratura e, con la coda dell’occhio, lessi sul display illuminato il nome del mio medico. Incontrai di nuovo lo sguardo severo della donna. Sospirai.
Mi aspettavo la voce angelica di Eleonora l’assistente in camice bianco che incarna alla perfezione i miei sogni erotici ma a rispondermi fu il dottor Ligresti in persona: Paolo Ligresti, uno dei miei rari compagni di scuola riuscito a concretizzare le proprie aspirazioni giovanili; non come come me che dopo tre esami in quattro anni avevo mollato la medicina e suoi insegnamenti salutistici.
“Giulio, devi venire subito al mio studio. È tutta la mattina che cerco di parlare con te.”
“Che altro c’è da sapere? È tutto chiaro, mi pare.”
“Non posso parlartene al telefono. Ti aspetto.”
La questione, in effetti, era alquanto imbarazzante e anche piuttosto urgente: un “malaugurato quanto gradito scambio di risultati”, un “raro caso di omonimia”, una di “quelle cose che non dovrebbero capitare mai ma che a volte (e per fortuna) lo fanno”. insomma: non ero io a dover morire: lo avrebbe fatto un altro al posto mio. Con qualche cura adeguata sarei tornato a saltare come un grillo nel giro di qualche settimana; come passare dal tramonto all’alba in un battito di ciglia.
Il mio “tramonto” durava da una quindicina di giorni trascorsi cercando di mettere ordine a quel restava della mia vita: tutto pronto per il grande viaggio verso l’ignoto. Testamento compreso. Non che avessi molto da lasciare: avevo avuto il buon gusto di non sposarmi e soprattutto di non generare figli. In ufficio avrebbero sentito la mia mancanza? Solo perché, di certo, qualcuno avrebbe dovuto rinunciare alle ferie almeno fino a quando non avessero trovato un sostituto.
L’idea mi scaturì appena uscito dallo studio del medico, mi specchiai nella vetrina di un’agenzia viaggi e non seppi resistere alla tentazione. Non avrei più viaggiato verso i luoghi freddi e bui della morte: il deserto mi chiamava… e non un deserto qualunque: Atacama, il luogo che più di ogni altro mi era rimasto nel cuore. Ci ero stato una volta, da bambino, con mio padre; a quei tempi lavorava per una multinazionale e aveva accumulato molti punti come frequent flyer. Aveva voluto portarmi con sé per una vacanza speciale nonostante le riluttanze di mia madre, la sua ex moglie.
Così, anziché un laconico certificato attestante la mia dipartita, il datore di lavoro ricevette la mia lettera di dimissioni. Non avrei trascorso un’ora in più della mia vita chiuso in un ufficio. Le finanze mi consentirono di affittare una stanza modesta a San Pedro de Atacama.
Da lì occorrevano almeno un paio d’ore di cammino per raggiungere le prime dune, ma il viaggio sarebbe stato ripagato dalla vista della maestosa distesa di sabbia dorata.
Ricordavo le dune che sembravano scogliere desolate, una sorta di eremo naturale, un santuario della bellezza mi sarei perfino inginocchiato davanti a loro se non mi fossi vergognato a farlo davanti a mio padre. Durante il giorno il deserto brillava sotto un sole implacabile, ma, col calare della notte, diventava una finestra aperta sull’Universo: le stelle accendevano l’oscurità di una miriade di luci scintillanti.
Entrambi distesi sopra una stuoia di canapa, con il solo naso che sporgeva dalla spessa coperta di lana, facevamo a gara a chi riusciva a contarne di più.
“Le vedi quelle specie di nuvolette lassù?”
“Sì, papà, cosa sono?”
Lui sospirava e io restavo in attesa della spiegazione col cuore che batteva forte.
“Le chiamano le nubi di Magellano. Sono delle piccole galassie.”
“Cos’è una galassia?”
“È un luogo in cui le stelle sono così fitte che per contarle non basterebbe una vita intera!”
“Davvero? E come fanno a saperlo?”
“Lo sanno perché hanno studiato. Se vorrai, potrai studiare astronomia all’Università.”
Sarei rimasto ore e ore ad ascoltarlo. Immaginavo di poter lavorare un giorno presso i grandi osservatori astronomici situati lassù in alto, dove sembrava quasi di poter raccogliere le stelle con le mani. Le dune parevano fondersi con l’immensità del cosmo.
“Ora basta chiacchierare, lasciamo parlare il deserto. Per sentire la sua voce dobbiamo restare in silenzio.”
Al mattino presto la nostra borraccia era quasi vuota.
“Fra un po’ sarà troppo caldo e non abbiamo più molta acqua da bere. Dobbiamo rientrare.”
“Come fanno a sopravvivere le piante e gli animali qui?”
“Hanno imparato a rispettare la natura e i suoi tempi. Quando piove accumulano l’acqua per resistere nei momenti più difficili. Molti credono che il deserto sia arido e spietato, ma solo perché lo guardano senza vederlo veramente. In realtà ha molte cose da insegnare se lo si osserva con attenzione.”
Di solito rientravamo in hotel alle prime luci dell’alba. [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ora che ci penso non ricordo perché scelsi d’iscrivermi a medicina. Forse per seguire una ragazza che frequentavo a quei tempi. Scelta rivelatasi pessima sotto ogni punto di vista.[/font]
La mia locataria si chiamava Catalina, una vera stella scesa dal cielo per illuminare il mio cammino.
La prima cosa che mi colpì non fu la sua bellezza (peraltro davvero notevole) ma il suo sguardo. Ero atterrato da qualche giorno e già mi erano rimasti pochi soldi. Non potevo permettermi di sperperare tutto in hotel.
“A San Pedro c’è sempre chi ha bisogno di affittare una stanza” mi avevano detto e mi aggiravo per le vie polverose di quella cittadina alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarmi.
La incontrai mentre trasportava una cesta piena di abiti, gli occhi scintillavano come biglie sul suo viso annerito. Odorava di fumo e fuliggine, sembrava uscita da una qualche fiaba.
I nostri sguardi s’incontrarono per un attimo che mi parve lunghissimo. Mi offrii di aiutarla.
Raggiunta l’abitazione, le chiesi se conoscesse qualcuno che avesse una stanza da affittare. Mi disse che suo padre era morto e che viveva sola con la madre anziana. Aveva una camera libera per una manciata di pesos alla settimana. Se fossi stato credente avrei baciato il crocefisso appeso alla parete, ma mi limitai a una calorosa stretta di mano.
“Ti andrebbe di accompagnarmi nel deserto? Ci sono stato molti anni fa e muoio dalla voglia di rivederlo”.
Lei si avvicinò alla finestra e scostò le tendine.
“Hai mai sentito parlare del desierto vestido?”
“No. Dove sarebbe questo posto?”
“Se vuoi venire con me, domani ci vado.”
Camminavamo da più di tre ore sotto il sole cocente quando fummo investiti da un odore talmente forte da impedirci di respirare. La tosse non mi dava tregua, un fumo acre avvelenava l’aria facendomi lacrimare gli occhi. Quando riuscii a riaprirli, mi accasciai sulla sabbia: non c’erano le dune dorate che ricordavo, ma un immenso accumulo di stracci abbandonati. Uomini dai volti anneriti davano fuoco a pire d’indumenti: camicie, abiti, pantaloni, maglie di ogni taglia e colore accatastate dappertutto costituivano una smisurata discarica a cielo aperto. Qua e là sulle piccole montagne fumanti, gruppi di bambini inginocchiati si affannavano a rovistare tra i rifiuti alla ricerca di qualche abito risparmiato dalle fiamme e forse ancora buono da indossare o da rivendere.
Di fronte a quel panorama così devastato, cercai invano i cespugli, gli animali, i bellissimi fiori che ricordavo. Mi chiesi il perché di un simile scempio.
Sarebbe stato meglio se avessi conservato il ricordo di com’era… Stavo seduto sulla sabbia mentre Catalina frugava tra gli indumenti, quando uno dei lavoranti si avvicinò porgendomi un fazzoletto. Mi venne spontaneo tirare l’uomo per la giacca e chiedergli tra i singhiozzi: «Chi ha ridotto così il deserto?»
Lui mi mise una mano sulla spalla e sedette accanto a me. Restò qualche istante in silenzio poi, senza distogliere lo sguardo dal fuoco che aveva appena acceso, mi rispose:
“Todo el mundo, señor… Sono rifiuti tessili provenienti dalle fabbriche e dalle raccolte di ogni nazione della Terra. Abiti fuori moda che non si vendono più, vestiti sia nuovi che usati vengono portati qui per essere distrutti. Il nostro governo permette questo schifo e per il fare il lavoro sporco si approfitta dei poveracci come me che non sanno come sfamare la famiglia. È inutile cercare un solo colpevole.”
Il luogo incantato che ricordavo non esisteva più.
Una volta rientrati mi chiusi in camera senza mangiare meditando di andare via e di tornare alla mia vecchia vita.
Deciso a comunicarle le mie intenzioni, entrai nella stanza. Catalina stava tagliando un vecchio paio di jeans e faticava parecchio per via del tessuto spesso.
“Che stai facendo? Lascia che ti aiuti.”
“Una borsa.”
“Una borsa con dei vecchi jeans?”
“Che c’è di strano? È un tessuto ancora buono, li ho presi al desierto vestitdo. Guarda… basta tagliarli fino al cavallo e cucire la base.”
Mi sedetti accanto a lei e parlammo tutta la notte. Mi disse che, se chiudeva gli occhi, le sembrava di sentire il lamento soffocato proveniente dal deserto e il grido muto dei vestiti abbandonati che le chiedevano una nuova vita. Per questo aveva organizzato un gruppo di volontarie che, armate di guanti e sacchi da raccolta, s’immergevano ogni giorno nell’enorme montagna di rifiuti alla ricerca di abiti da salvare. Lavoravano sodo nonostante il caldo soffocante e il fetore che appestava l’aria. Catalina mi raccontò che riusciva a percepire la nostalgia e la storia intrappolata tra le cuciture di ciascuno di quegli abiti abbandonati. Con ago e filo trasformava le vecchie camicie in borse colorate e i jeans ormai logori in eleganti gonne. Gli abiti considerati fino a quel momento come spazzatura da bruciare, avevano l’opportunità di vivere una seconda vita e contribuire a salvare il deserto.
Quella notte non riuscii a dormire. Pensai che se fossi partito non avrei più rivisto Catalina, che forse avrei potuto aiutarla che se mi era stata donata una seconda possibilità di vita non avrei dovuto sprecarla. Così mi unii al gruppo di volontari.
Negli ultimi anni si sono sviluppate molte industrie per il recupero dei rifiuti tessili provenienti da tutto il mondo che stanno soffocando il deserto di Atacama.
Catalina oggi è un’imprenditrice di successo e, sì, lei è riuscita a dare una nuova vita anche a me. Ogni tanto prendiamo una stuoia e una coperta per trascorrere la notte nel deserto e, quando il vento accarezza le dune, ci sembra di sentirlo sussurrare: “Gracias.”
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
3@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmAvevo appena lasciato alle spalle il portone del palazzo di Via Oberdan e ilMi ero appena lasciata alle spalle ...
(mi sembra suoni meglio, non so)
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmche sembrava volermi trascinare in volo con sé virgola colpito da una raffica di libeccio che si
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmMi aspettavo la voce angelica di Eleonora virgola l’assistente in camice bianco che incarna alla perfezione i miei sogni erotici
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmnon come come me che virgola dopo tre esami in quattro anni virgola avevo mollato la medicina e suoi insegnamenti salutistici.hai dimenticato l'inciso
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmL’idea mi scaturì appena uscito dallo studio del medico, mi specchiai nella vetrina di un’agenzia viaggi e non seppi resistere alla tentazione.Invece della virgola, meglio i due punti esplicativi.
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmRicordavo le dune che sembravano scogliere desolate, una sorta di eremo naturale, un santuario della bellezza mi sarei perfino inginocchiato davanti a loro se non mi fossi vergognato a farlo davanti a mio padre.Dopo "eremo naturale" meglio un punto. Poi, ti suggerisco:
Un santuario della bellezza: mi sarei perfino inginocchiato...
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pmQuella notte non riuscii a dormire. Pensai che se fossi partito non avrei più rivisto Catalina, che forse avrei potuto aiutarla virgola che se mi era stata donata una seconda possibilità di vita non avrei dovuto sprecarla.
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pm Catalina oggi è un’imprenditrice di successo e, sì, lei è riuscita a dare una nuova vita anche a me. Ogni tanto prendiamo una stuoia e una coperta per trascorrere la notte nel deserto e, quando il vento accarezza le dune, ci sembra di sentirlo sussurrare: “Gracias.”Un bel finale per un racconto intrigante; una vacanza che continua, proficua, difficile ma istruttiva, e che fa bene al cuore, che ha trovato la persona giusta con cui condividere.
Grazie per la bella lettura. @@Monica
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
4Grazie a te @Poeta Zaza per aver letto e per le sempre preziose e gradite correzioni!
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
5Ciao @@Monica
Mi è piaciuto Giulio, il tuo personaggio, e la sua “rinascita” dovuta, per come la interpreto io, non soltanto a quella diagnosi sbagliata ma anche e soprattutto al fatto di aver abbandonato i luoghi e la gente presso cui era nato e vissuto che, anche notando alcune sue esternazioni, possono avere peculiarità piacevoli conformi al nostro essere ma allo stesso tempo risultare pesanti, ipocrite, soffocanti.
Possono essere modi di vivere che oltre a far male al corpo possono e fanno male all’anima e Giulio ha il discernimento e il coraggio forse di ammetterlo a se stesso e prendere la decisione di andarsene in una parte del mondo diametralmente opposta in tutto.
Questo atteggiamento lo sento e lo capisco in modo particolare perché un tempo ho vissuto anche io un’esperienza del genere che mi ha segnato.
Ci sono cose superiori al nostro retaggio, alcuni sono portati a crederci, ricercare e penso sia una scelta che ne valga la pena.
Molto bello il deserto di Atacama e il suo desierto vestido che si potrebbe assurgere quasi a simbolo (ma penso che lo sia) della decadenza della civiltà occidentale e della sua inutilità alla quale è stata scientemente condotta, senza possibilità di sublimarsi in qualcosa di superiore, senza gettare e rinnegare il suo glorioso passato che ancora reclama le sue gioie e i suoi pianti, ignorati.
Giulio e Catalina sono una coppia fantastica e provo una struggente sana invidia nei loro confronti.
Ho apprezzato la descrizione che Catalina fa del desierto vestido, quasi come se parlasse di un altro pianeta fremente di vita gettata come inutile, in realtà ancora vitale, vita “ferita” ma non ancora morta, da soccorrere, curare e riportare a una nuova, più giusta e felice vitalità, come accade anche nei personaggi.
L’azione di questa ricerca è una ragione di vita, cercare di vedere e trovare un mondo dove valga la pena di vivere secondo una dimensione umana in quell’apparente deserto.
Ma i deserti sono una cosa meravigliosa, ad alcuni permettono di scoprire se stessi. Ad alcuni, non a tutti.
Un racconto che ho apprezzato in modo particolare per la sua simbologia.
Mi è piaciuto Giulio, il tuo personaggio, e la sua “rinascita” dovuta, per come la interpreto io, non soltanto a quella diagnosi sbagliata ma anche e soprattutto al fatto di aver abbandonato i luoghi e la gente presso cui era nato e vissuto che, anche notando alcune sue esternazioni, possono avere peculiarità piacevoli conformi al nostro essere ma allo stesso tempo risultare pesanti, ipocrite, soffocanti.
Possono essere modi di vivere che oltre a far male al corpo possono e fanno male all’anima e Giulio ha il discernimento e il coraggio forse di ammetterlo a se stesso e prendere la decisione di andarsene in una parte del mondo diametralmente opposta in tutto.
Questo atteggiamento lo sento e lo capisco in modo particolare perché un tempo ho vissuto anche io un’esperienza del genere che mi ha segnato.
Ci sono cose superiori al nostro retaggio, alcuni sono portati a crederci, ricercare e penso sia una scelta che ne valga la pena.
Molto bello il deserto di Atacama e il suo desierto vestido che si potrebbe assurgere quasi a simbolo (ma penso che lo sia) della decadenza della civiltà occidentale e della sua inutilità alla quale è stata scientemente condotta, senza possibilità di sublimarsi in qualcosa di superiore, senza gettare e rinnegare il suo glorioso passato che ancora reclama le sue gioie e i suoi pianti, ignorati.
Giulio e Catalina sono una coppia fantastica e provo una struggente sana invidia nei loro confronti.
Ho apprezzato la descrizione che Catalina fa del desierto vestido, quasi come se parlasse di un altro pianeta fremente di vita gettata come inutile, in realtà ancora vitale, vita “ferita” ma non ancora morta, da soccorrere, curare e riportare a una nuova, più giusta e felice vitalità, come accade anche nei personaggi.
L’azione di questa ricerca è una ragione di vita, cercare di vedere e trovare un mondo dove valga la pena di vivere secondo una dimensione umana in quell’apparente deserto.
Ma i deserti sono una cosa meravigliosa, ad alcuni permettono di scoprire se stessi. Ad alcuni, non a tutti.
Un racconto che ho apprezzato in modo particolare per la sua simbologia.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
(Apocalisse di S. Giovanni)
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
6Grazie @Alberto Tosciri mi fa molto piacere il tuo commento anche perché hai centrato il messaggio che volevo trasmettere e dunque ne sono soddisfatta. Purtroppo il desierto vestido è una tristissima realtà testimone delle brutture e di una certa cecità diffusa che contraddistingue i nostri tempi. Quando ho visto le immagini di questo vero scempio compiuto nel luogo che per me più di ogni altro sulla terra rappresenta un ponte verso lo spazio (mi occupo di divulgazione astronomica da tanti anni e Atacama è un po’ “la mecca” per certi aspetti) sono stata malissimo.
Non riuscivo a credere che le immagini fossero reali. Invece lo sono, come pure (con altro nome) è vera la storia di Catalina un esempio che per fortuna molti imprenditori illuminati stanno seguendo.
Non riuscivo a credere che le immagini fossero reali. Invece lo sono, come pure (con altro nome) è vera la storia di Catalina un esempio che per fortuna molti imprenditori illuminati stanno seguendo.
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
7ciao @@Monica. Realtà come quella descritta ne è pieno il mondo. Deserti discariche di ogni cosa: vestiti, copertoni d'auto, plastica ect ect.
Ci sono spiagge ricoperte di stracci anche in Africa, che stanno facendo morire i mari. Anche in questa triste realtà del mare degli stracci, si sono formate le comunità di recupero! però con condivido l'idea di una sorta di "Imprenditoria illuminata". In fin dei conti, nel business, entrano solo i capi che possono essere rivenduti, mentre la vera marea di stracci rimane sui fondali e riemergono alla prima mareggiata mostrando lo scempio. Gradito come hai impostato questo viaggio, è sempre quando ti rendi conto di dover morire che cambi vita. Un finale romantico su cui riposare! ciao!
Ci sono spiagge ricoperte di stracci anche in Africa, che stanno facendo morire i mari. Anche in questa triste realtà del mare degli stracci, si sono formate le comunità di recupero! però con condivido l'idea di una sorta di "Imprenditoria illuminata". In fin dei conti, nel business, entrano solo i capi che possono essere rivenduti, mentre la vera marea di stracci rimane sui fondali e riemergono alla prima mareggiata mostrando lo scempio. Gradito come hai impostato questo viaggio, è sempre quando ti rendi conto di dover morire che cambi vita. Un finale romantico su cui riposare! ciao!
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
8Ciao @@Monica bel racconto. Una fiaba moderna. La solitudine è un brutto male sempre più presente, soprattutto più si va avanti con l'età. Non tutti hanno la forza di reagire e molti si lasciano andare. Giulio ha avuto la forza, anche per non aver particolari legami, di scoprire- riscoprire un luogo a cui era legato affettivamente e ricorda con tenerezza quei momenti col padre.
Del traffico dei rifiuti tessili ne avevo già sentito parlare, forse in qualche approfondimento tipo "report" in cui facevano vedere che tutti i vestiti che vengono messi negli appositi contenitori per i bisognosi, in realtà vengono quasi tutti buttati e dati al macero. Una cosa incomprensibile, e pensare che molti sensibili cittadini hanno anche la premura di lavarli e stirarli.
Non conoscevo la realtà del deserto di Acatama e ti ringrazio per avermela fatta scoprire.
Buon lavoro e bella scrittura.
Alla prossima.
@Monica ha scritto: dom ago 04, 2024 10:33 pm“Cos’è una galassia?”Rimango a bocca aperta anch'io ogni volta che lo si fa presente.
“È un luogo in cui le stelle sono così fitte che per contarle non basterebbe una vita intera!”
Del traffico dei rifiuti tessili ne avevo già sentito parlare, forse in qualche approfondimento tipo "report" in cui facevano vedere che tutti i vestiti che vengono messi negli appositi contenitori per i bisognosi, in realtà vengono quasi tutti buttati e dati al macero. Una cosa incomprensibile, e pensare che molti sensibili cittadini hanno anche la premura di lavarli e stirarli.
Non conoscevo la realtà del deserto di Acatama e ti ringrazio per avermela fatta scoprire.
Buon lavoro e bella scrittura.
Alla prossima.
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
9Ciao @@Monica,
se dovessi farti le pulci come ogni tanto ci capita, direi che trovo l'introduzione un po' lunga e che ci sono passaggi da rivedere per l'organizzazione e l'uso dei tempi/ordine cronologico; ma dato che qui non servono, e che per rivedere i racconti avremo tutto il tempo dopo il contest, dirò solo che il racconto mi è piaciuto, l'idea, e l'intento, sono davvero meritevoli e, oltretutto, il deserto di Acatama è uno dei miei luoghi mai visti del cuore, perché Le rose di Acatama è uno dei racconti di Sepulveda che preferisco e uno di quei posti che da sempre dico "prima o poi lo vedrò dal vero". Di discariche a cielo aperto, di vestiti, elettrodomestici, auto, batterie, plastiche e chi più ne ha più ne metta, il capitalismo imperante ne ha disseminato il mondo; riusciranno i volenterosi che qui e là cercano di svuotare l'oceano di rifiuti con un cucchiaino a resistere e un giorno vincere? Difficile crederci, ma continuiamo a sperare, in attesa che il Sistema cambi
Un abbraccio
se dovessi farti le pulci come ogni tanto ci capita, direi che trovo l'introduzione un po' lunga e che ci sono passaggi da rivedere per l'organizzazione e l'uso dei tempi/ordine cronologico; ma dato che qui non servono, e che per rivedere i racconti avremo tutto il tempo dopo il contest, dirò solo che il racconto mi è piaciuto, l'idea, e l'intento, sono davvero meritevoli e, oltretutto, il deserto di Acatama è uno dei miei luoghi mai visti del cuore, perché Le rose di Acatama è uno dei racconti di Sepulveda che preferisco e uno di quei posti che da sempre dico "prima o poi lo vedrò dal vero". Di discariche a cielo aperto, di vestiti, elettrodomestici, auto, batterie, plastiche e chi più ne ha più ne metta, il capitalismo imperante ne ha disseminato il mondo; riusciranno i volenterosi che qui e là cercano di svuotare l'oceano di rifiuti con un cucchiaino a resistere e un giorno vincere? Difficile crederci, ma continuiamo a sperare, in attesa che il Sistema cambi
Un abbraccio
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)
(Groucho Marx)
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
10Anch'io ho apprezzato molto lo spunto. Stiamo davvero "scempiando" terre e mari di paesi cosiddetti terzi con il nostro eccesso (anche produttivo) di "pezze" e quant'altro, che il consumismo becero propone/impone. Mi capita di scriverne nei social: rovina per molti, iper profitto per pochi. E nei fatti anche il recupero è limitato, perché richiederebbe attrezzature lì inesistenti, l'inquinamento crea danni irreparabili.
Quanto al racconto, la trama è lineare, la narrazione procede con qualche inciampo, il protagonista assume consistenza man mano. Godibili alcuni passaggi, specie quello delle galassie, interessante il deserto, che conosco solo di nome.
A voler fare l'editor, ma non mi sembra il caso, ci sono periodi da rivedere/tagliare e alcune imperfezioni. Come ha già scritto Bef, ci sarà tempo e modo.
Un caro saluto
Quanto al racconto, la trama è lineare, la narrazione procede con qualche inciampo, il protagonista assume consistenza man mano. Godibili alcuni passaggi, specie quello delle galassie, interessante il deserto, che conosco solo di nome.
A voler fare l'editor, ma non mi sembra il caso, ci sono periodi da rivedere/tagliare e alcune imperfezioni. Come ha già scritto Bef, ci sarà tempo e modo.
Un caro saluto
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
11@Monica carissima, hai fatto un’altra magia delle tue.
Ci hai preso per mano e ci hai a portato fino ad Atacama, dove le stelle stanno a guardare tutta la nostra bulimia da pezzenti emotivi che si affannano ad avere per essere, senza riuscire a ottenere né l’uno né l’altro.
Ho visto le immagini, specie quelle della sfilata, dove risulta evidente che sarebbe molto più glamour estinguerci. Questione di poco, comunque, ci stiamo lavorando alacremente.
Respiro lento il tuo racconto, come ci hai abituato, del resto chi ti prende per mano sta bene attento che tu non inciampi o perda il passo. Così si cammina, così si arriva.
Giulio, che pensava di essere condannato, scopre di avere una seconda possibilità, se la gioca tutta e, come quegli stracci abbandonati alla nostalgia di ciò che non è più, rinasce. Gioco di specchi. Mi piace perché apre ai sottotesti senza essere didascalico.
E poi c’è Catalina. Che è bella e brava e dona la vita, come le donne fanno con quasi tutto quello che capita loro per le mani.
Personaggio intrigante e forte. Stelle, stuoia e copertina fanno pensare abbia una relazione con Giulio, calda e sensuale, ma quasi come effetto collaterale della situazione. Avresti potuto cedere alla tentazione di bacini&cuoricini, ma non lo hai fatto. Brava.
Perché sei rimasta salda nella convinzione che stavi parlando d'altro, che il protagonista, quello vero, è il desierto vestido.
A noi hai lasciato l'eco di una voce che dice: " Tienes que disculparte."
Ci hai preso per mano e ci hai a portato fino ad Atacama, dove le stelle stanno a guardare tutta la nostra bulimia da pezzenti emotivi che si affannano ad avere per essere, senza riuscire a ottenere né l’uno né l’altro.
Ho visto le immagini, specie quelle della sfilata, dove risulta evidente che sarebbe molto più glamour estinguerci. Questione di poco, comunque, ci stiamo lavorando alacremente.
Respiro lento il tuo racconto, come ci hai abituato, del resto chi ti prende per mano sta bene attento che tu non inciampi o perda il passo. Così si cammina, così si arriva.
Giulio, che pensava di essere condannato, scopre di avere una seconda possibilità, se la gioca tutta e, come quegli stracci abbandonati alla nostalgia di ciò che non è più, rinasce. Gioco di specchi. Mi piace perché apre ai sottotesti senza essere didascalico.
E poi c’è Catalina. Che è bella e brava e dona la vita, come le donne fanno con quasi tutto quello che capita loro per le mani.
Personaggio intrigante e forte. Stelle, stuoia e copertina fanno pensare abbia una relazione con Giulio, calda e sensuale, ma quasi come effetto collaterale della situazione. Avresti potuto cedere alla tentazione di bacini&cuoricini, ma non lo hai fatto. Brava.
Perché sei rimasta salda nella convinzione che stavi parlando d'altro, che il protagonista, quello vero, è il desierto vestido.
A noi hai lasciato l'eco di una voce che dice: " Tienes que disculparte."
Re: [CE24] Un viaggio fuori programma
12Grazie @Kasimiro
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Bef ha scritto: dom ago 11, 2024 11:39 ame uno di quei posti che da sempre dico "prima o poi lo vedrò dal vero@anche per me è così!
Bef ha scritto: dom ago 11, 2024 11:39 amse dovessi farti le pulci come ogni tanto ci capita, direi che trovo l'introduzione un po' lunga e che ci sono passaggi da rivedere per l'organizzazione e l'uso dei tempi/ordine cronologico@
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sefora ha scritto: dom ago 11, 2024 12:16 pmA voler fare l'editor, ma non mi sembra il caso, ci sono periodi da rivedere/tagliare e alcune imperfezioni. Come ha già scritto Bef, ci sarà tempo e modo.@Grazie @Bef e @sefora! Sì, c’è ancor un bel lavoro di asciugatura e ripulitura da fare… È vero che la parte iniziale appare sbilanciata rispetto al totale e ci sono altre cose da rivedere di cui mi sono resa conto. ci lavorerò ma un vostro aiutino sarebbe prezioso
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aladicorvo ha scritto: dom ago 11, 2024 12:19 pmPerché sei rimasta salda nella convinzione che stavi parlando d'altro, che il protagonista, quello vero, è il desierto vestido.@@aladicorvo grazie
A noi hai lasciato l'eco di una voce che dice: " Tienes que disculparte."