Lacrime che non sanno parlare
Posted: Mon Jul 29, 2024 8:11 pm
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Ognuno ha lacrime che nasconde e che nei giorni bui invadono l’anima e la sommergono finché ci si sente come una barchetta di carta gettata nell’oceano. Col tempo ci si convive, c’è sempre un motivo per soffrire, ma anche una ragione per illudersi che prima o poi per caso la felicità busserà alla tua porta e per qualche strano motivo ti illuderai che sia per sempre.
Piera si muove dentro casa sua, le hanno detto che fa bene, così percorre avanti e indietro le sue due stanze piene di cose del tempo. Ogni tanto alza la testa per osservare i muri pieni di crepe invecchiati insieme a lei: sul muro della camera da letto c’è una scritta ormai sbiadita fatta da suo marito il giorno che entrarono in questa casa, lo aveva fatto per scherzare, imbiancando i muri di bianco scrisse 2-10-50 e non volle che Demetrio la cancellasse, le pareva un cattivo presagio, così rimase fino quasi a sbiadirsi.
Piera prende una sedia e la porta sul balcone, è un bel pomeriggio e si può stare fuori, in caso di pioggia si sarebbe messa seduta a guardare il mondo da dietro i vetri. Ottant’anni compiuti da poco, se ci pensa ancora non se ne capacita, tutto era passato come una corsa a perdifiato senza mai avere lo spazio per sostare. Guarda il gioco delle nuvole e i voli in gruppo degli storni, il cielo pare dare risposte, ma è un gioco dove si perde sempre, è come chiedere ad un ubriaco di guidare su una linea retta. Guardare il mondo dal suo balcone la fa sentire parte di un intero, di un esercito di esseri che le fanno da famiglia: ancora uno o due minuti e poi arriverà la signora ben vestita, Pierina guarda l’ora, è in ritardo, ma non si preoccupa, è sempre di corsa ora dovrà accelerare il passo per prendere la figlia, la scuola d’altra parte ha le sue regole. Il vecchio barbiere apre la sua bottega, lei lo scruta mentre con fatica alza la saracinesca. Pover’uomo ha perso la moglie e la figlia in un incidente, la sua bottega ora è tutto quello che gli rimane. Ecco il solito ragazzotto che viene a prendere la ragazza gentile dal bel sorriso, sono una bella coppia come lo era lei con il suo Demetrio.
Quando pensa a Demetrio ha sempre un leggero dolore come se una spina vicina al cuore facesse sentire la sua punta. Piera entra un attimo in camera, il vento ha fatto cadere la tenda del balcone, la rimette a posto, poi apre un cassetto e guarda immobile quel portafotografie: aspetta, esita, lo afferra per poi riappoggiarlo, anche dopo tanti anni non è pronta per aprirlo.
Quindici anni che Demetrio è morto in un incidente in macchina, una delle tante notizie che leggi con noncuranza nella cronaca locale, ma per Piera la ferita sul cuore non si è mai chiusa. Dopo qualche anno dalla sua morte si sentì dire che avrebbe fatto bene a rifarsi una vita, il mondo era pieno di brave persone e poi lei era ancora una bella donna, senza contare che stare sola l’avrebbe distrutta e portata a chiudersi in se stessa, a parlare con le ombre , ma non capivano quanto lei trovasse oltraggiosa la proposta, lei non era come alcune sue amiche che si sentivano disperate, lei sola non lo era mai, ma le parole per spiegarlo non le uscivano.
Nella sua testa aveva un mondo fatto di miliardi di parole, di sorrisi, di camminate fatte mano nella mano, di sussurri senza peso come il fruscio del vento. Quando Demetrio entrò nella sua vita fu una vera rivoluzione per il suo cuore, era così timida da parlare con il contagocce, così giovane. Lui era il suo esatto opposto, per Piera fu come salire su un treno in corsa, pieno di entusiasmo e di una contagiosa voglia di vivere. I suoi genitori lo guardavano con diffidenza, in particolar modo suo padre, un uomo con tratti disegnati per incutere timore, contando poi che era stato un pugile di buona fattura. Fu una dura prova di resistenza, suo padre arrivò al punto di minacciare Demetrio e per un certo periodo, essendo troppo pericoloso vedersi, si scrivevano lettere piene d’amore. Piera le ha conservate tutte come se fossero gioielli dentro un cassetto ognuna con il cellophane sopra per proteggerle e ogni tanto le rileggeva ad alta voce come se fossero poesie da imparare a memoria e alla fine le riponeva con cura attenta che le sue lacrime non le bagnassero.
Piera si era appena diplomata e Demetrio lavorava come fornaio, non era mai stanco, era un tornado forza nove e il sabato se le scuse con i genitori di lei reggevano la portava a ballare. Era un ballerino fantastico con una leggerezza e una grazia inaspettate. Aveva imparato a ballare con una sua zia, che quand’era piccolo stava a sentire con gli occhi spalancati: i suoi genitori spesso lo parcheggiavano da qualche parente, e di questo se ne lagnava a parte quando andava dalla zia Franca. Demetrio era un ragazzino agitato con in testa altri giochi, ma non riusciva a opporsi a quella donna magra, secca come una stringa appesa, era affascinato da come si muoveva, era diversa da tutti e gli ripeteva sempre “Da come ti muovi la gente capisce molte cose”.
Imparò poco alla volta a ballare, inizialmente lo faceva per farla contenta, ma intanto senza saperlo prendeva a disegnare passi con naturalezza. Passarono tre anni e alla fine anche il padre di Piera dovette arrendersi all’allegria contagiosa di Demetrio. Era meraviglioso passeggiare mano nella mano fusi insieme da sembrare un unico corpo. Che cos’è l’amore? Piera quando un’amica glielo chiese rispose: “E’ come imparare a volare avendo scoperto da poco di avere le ali”.
Il tempo passa e l’orologio appeso glielo ricorda, Piera afferra delle cose da rammendare, prende una seggiola e ritorna sul balcone in tempo per vedere la signora Dorina del terzo piano che discute con la portinaia per un qualcosa che l’ha contrariata. Le viene da ridere Dorina si muove a scatti con le braccia che costruiscono rotte invisibili vicino al viso imperturbabile della portinaia. (Piera conosce bene Dorina vive con il figlio Mario quarantenne divorziato con un figlio disabile. Piera comincia a rammendare, ma si è dimenticata gli occhiali. Maledetta vecchiaia, i vecchi, pensa tra sé, dovrebbero morire prima per non essere umiliati dalla vita. Demetrio le diceva sempre:
“Se divento un vecchio rimbambito dammi una spinta e fammi cadere dalle scale.”
“Io non ne sarei mai capace. E tu, te la sentiresti di farmi fuori se diventassi una rimbambita?” Demetrio l’abbracciava e facendole fare un giro di danza diceva: “Io ti terrei anche rimbambita.” Quando se lo ricorda le viene da ridere: uccidere Demetrio che assurdità, proprio lei che fin da piccola le bastava schiacciare una formica inavvertitamente con i piedi per soffrire.
Dal balcone accanto spunta una testa bianca.
“Pierina come va?”
Piera mostra un sorriso stanco e la risposta le viene automatica.
“Bene, tu come stai Lina?”
“Pierina sei una roccia, beata te. Io ho dolori da tutte le parti: lo sai che mi devono operare all’anca?” Piera annuisce: “Me lo avrai detto almeno venti volte.”
“Lo sapevo che me l’avresti detto, ma guarda che anche tu mi parli di cose che mi avevi già raccontato. Questa però non te l’ho detta: lo sai che ieri mi stavano rubando il portafoglio?”
“Ma non è stato l’altro ieri?”
“Vabbè ieri, l’altro ieri, ormai da quando sono in pensione ho perso la cognizione del tempo. Comunque al furfante stavolta é andata male, gli ho dato una spinta e un calcio.”
Piera ride, sa che la verità di Lina regala molto alla fantasia.
” Purtroppo succede.”
“A quasi tutte le mie amiche è successo, ma mia cara il furfante l’ho fatto correre, in caso sono capace di dare pugni: me l’ha insegnato il mio Cesare…” poi si ferma come se un pensiero nuovo le fosse entrato in testa: “Devo pensare a fare la valigia, perché non so se lo sai ma mi ricoverano. Quasi quasi sto pensando di non andarci.”
Piera ride: “Non fare la fifona, vedrai che dopo starai meglio.”
Lina scuote la testa: “Ti ricordi mia madre? E’ entrata in ospedale e poco dopo è morta.”
Piera continua a ridere: “Ma smettila, tua madre è morta di tumore, tu vai per fare degli esami per la tua artrosi, è ben diverso.”
“Insomma, io ho paura e se poi mi trovano qualcosa? Certe cose forse è meglio non saperle.”
Piera sospira e prova a cambiare discorso: “Hai sentito dei Mariani?”
Lina si appoggia sulla balaustra del balcone e bisbiglia:” Separarsi alla loro età, che vergogna.”
Piera annuisce:” Avranno avuto le loro ragioni, era tempo che ormai non andavano.”
Lina cambia voce:” Ma quali ragioni, lui, il bel tomo, il caro geometra ha una più giovane, ecco la ragione, una volta sai l’ho vista.”
“Chi hai visto?” chiede Pierina.
“Quella là, l’amante di quel brutto pelato che si crede chissà chi, li ho visti al supermercato, ho fatto finta di neanche vederli. Lui, il caro geometra della mutua con accanto una donnetta rifatta che usa probabilmente i tacchi anche per andare in bagno.”
“Come fai a sapere che sia proprio lei?”
“Appena mi ha visto lui ha accelerato il passo, pareva corresse verso la cassa con lei dietro ad inseguirlo. Guarda Piera, è un uomo orribile, non ci andrei neanche nel mio peggior incubo.”
“Noi siamo state fortunate, i nostri mariti, per quello che sappiamo, certi grilli se mai gli son venuti sono rimaste fantasie.”
“Il tuo Demetrio non lo vedo proprio a tradirti, ma fai bene a dire ‘per quel che sappiamo’: io la mano sul fuoco per il mio Cesare non la metto. Aveva preso ad uscire, diceva che andava a delle riunioni politiche, ma io non l’ho mai bevuta. Una volta l’ho perfino seguito, ma quel demonio è riuscito a seminarmi. L’ho visto uscire un giorno tutto agghindato, sembrava avesse fatto il bagno dentro nel profumo e sai cosa gli ho detto?”
Piera scuote la testa per non offenderla, ma l’episodio l’aveva già sentito e risentito. L’unica cosa interessante era che, per quanto ripetuto all’infinito, ogni volta Lina aggiungeva particolari modificando fatti e persone.
Lina intanto prende fiato: “L’ho afferrato per il braccio e gli ho detto: ‘Esci pure, ma stavolta non tornare, perché sappi che la porta per te non si apre più!’ “
“Beh, alla fine è rimasto e siete stati felici.”
Lina diventa seria. “Sai Piera, mi manca tutto di quell’uomo, perfino le nostre litigate, lo cerco da tutte le parti, ma proprio non c’è più”
La sua voce cambia e anche gli occhi paiono velarsi, Piera fa finta di niente, ma nessuno meglio di lei può comprenderla così con un atto di solidarietà le dice: “Stai tranquilla che in ospedale ti vengo a trovare.”
“Grazie, lo so che su di te posso contare, l’ospedale mi mette angoscia, ho visto troppe persone entrare e poi non uscire, e poi diciamola tutta, mi vedono vecchia al capolinea e allora perché fare fatica per un manichino ormai da mettere in una tomba? Ma se vedono che ho persone che mi vengono a trovare devono avere maggior riguardo. Comunque ti devo dare qualcosa in caso ci fosse un imprevisto.”
Lina si alza, sparisce in casa per poi riemergere e dal balcone le porge un borsa. Piera spalanca gli occhi.
“Cos’è questa roba?”
“E’ una borsa con dentro i miei soldi e dei gioielli di mia madre.”
“Ma Lina finiscila, sei ridicola, ti porti sfortuna solo a pensarlo.”
Lina è seria: “Sei l’unica persona di cui mi fido, non ho altri, se qualcosa andasse male almeno so che tu li spenderai bene.”
“Ma scusa non c’è tuo nipote Giulio?”
“Per carità” sbotta Lina “quando viene pare avere le convulsioni da tanto è seccato e poi sono mesi che non si fa sentire, non ho nessuno a parte te.”
Piera scuote la testa e afferra la borsa. “Stai tranquilla che se ti vedono così agitata ti sedano e ti mandano in neurologia.”
Sul volto di Lina appare una luce di tristezza: “Mi giuri che vieni a trovarmi?”
Piera fa il segno della croce con le dita. “Lo giuro, ora sei tranquilla?”
“A proposito, sincerati che sia morta per davvero, non vorrei svegliarmi in una tomba.”
“Ti darò dei pizzicotti o preferisci qualcos’altro?”
“Tu scherzi, ma ho letto di persone date per morte che si sono poi svegliate!”
Piera la guarda divertita: “Se non basta porto un forchetta e ti buco come una polpetta.”
Lina scoppia a ridere: “Bucami come un tortellino, che mi piacciono tanto.”
E’ arrivato un certo frescolino, Piera ha un brivido, ritira la sedia e saluta Lina. In casa c’è un bel tepore, nel silenzio sente il rumore forte delle risate della gente fuori, le stesse che faceva con Demetrio. Appoggia la borsa, la apre e vede i soldi ordinati in mazzetti da dieci, venti e cinquanta. Ci sono sempre ordinate delle collane, dei braccialetti, degli orecchini. Per gioco indossa una collana e poi gli orecchini, va in camera e si mette un vecchio vestito si scruta allo specchio, chissà cosa le direbbe Demetrio se la vedesse così com’è ora, un’ottant’enne con le rughe, l’artrite e l’udito che non è più quello di una volta, forse essendo sempre insieme non se ne sarebbe accorto. Chissà lui come sarebbe ora? A pensarci è stato fortunato a morire senza nessun segno del tempo, pareva avere dieci anni con quel sorriso da gaglioffo appena sceso dal vascello dei pirati.
Alla fine, Piera pensa che della vita ha capito ben poco, i vecchi dicono siano saggi, ma chi l’ha detto? La favola dei vecchi che hanno compreso gli errori e la vita è stata scritta probabilmente da un vecchio. Ora che tutto pare fatica, perfino dormire, Piera neutralizza la vita osservandola da un balcone, guardando le gioie solitarie di qualche passante, scrutando lo stesso portone dove tanto tempo fa un entrò giovane con Demetrio, un portone aggiustato più volte, ridipinto, anche lui invecchiato, con l’estate che lo fa gonfiare e d’inverno pare sudare dall’umidità, un portone che come un soldato ha difeso il suo reparto dal vento, dalla neve, dalla pioggia, portando sulla sua schiena il dolore impenetrabile di certi visi. Lo stesso portone dove un giorno occhi giovani legati dal momento d’amore si fermeranno a sognare leggendo il cartello affisso del suo appartamento: affittasi luminoso bilocale libero subito.
Ognuno ha lacrime che nasconde e che nei giorni bui invadono l’anima e la sommergono finché ci si sente come una barchetta di carta gettata nell’oceano. Col tempo ci si convive, c’è sempre un motivo per soffrire, ma anche una ragione per illudersi che prima o poi per caso la felicità busserà alla tua porta e per qualche strano motivo ti illuderai che sia per sempre.
Piera si muove dentro casa sua, le hanno detto che fa bene, così percorre avanti e indietro le sue due stanze piene di cose del tempo. Ogni tanto alza la testa per osservare i muri pieni di crepe invecchiati insieme a lei: sul muro della camera da letto c’è una scritta ormai sbiadita fatta da suo marito il giorno che entrarono in questa casa, lo aveva fatto per scherzare, imbiancando i muri di bianco scrisse 2-10-50 e non volle che Demetrio la cancellasse, le pareva un cattivo presagio, così rimase fino quasi a sbiadirsi.
Piera prende una sedia e la porta sul balcone, è un bel pomeriggio e si può stare fuori, in caso di pioggia si sarebbe messa seduta a guardare il mondo da dietro i vetri. Ottant’anni compiuti da poco, se ci pensa ancora non se ne capacita, tutto era passato come una corsa a perdifiato senza mai avere lo spazio per sostare. Guarda il gioco delle nuvole e i voli in gruppo degli storni, il cielo pare dare risposte, ma è un gioco dove si perde sempre, è come chiedere ad un ubriaco di guidare su una linea retta. Guardare il mondo dal suo balcone la fa sentire parte di un intero, di un esercito di esseri che le fanno da famiglia: ancora uno o due minuti e poi arriverà la signora ben vestita, Pierina guarda l’ora, è in ritardo, ma non si preoccupa, è sempre di corsa ora dovrà accelerare il passo per prendere la figlia, la scuola d’altra parte ha le sue regole. Il vecchio barbiere apre la sua bottega, lei lo scruta mentre con fatica alza la saracinesca. Pover’uomo ha perso la moglie e la figlia in un incidente, la sua bottega ora è tutto quello che gli rimane. Ecco il solito ragazzotto che viene a prendere la ragazza gentile dal bel sorriso, sono una bella coppia come lo era lei con il suo Demetrio.
Quando pensa a Demetrio ha sempre un leggero dolore come se una spina vicina al cuore facesse sentire la sua punta. Piera entra un attimo in camera, il vento ha fatto cadere la tenda del balcone, la rimette a posto, poi apre un cassetto e guarda immobile quel portafotografie: aspetta, esita, lo afferra per poi riappoggiarlo, anche dopo tanti anni non è pronta per aprirlo.
Quindici anni che Demetrio è morto in un incidente in macchina, una delle tante notizie che leggi con noncuranza nella cronaca locale, ma per Piera la ferita sul cuore non si è mai chiusa. Dopo qualche anno dalla sua morte si sentì dire che avrebbe fatto bene a rifarsi una vita, il mondo era pieno di brave persone e poi lei era ancora una bella donna, senza contare che stare sola l’avrebbe distrutta e portata a chiudersi in se stessa, a parlare con le ombre , ma non capivano quanto lei trovasse oltraggiosa la proposta, lei non era come alcune sue amiche che si sentivano disperate, lei sola non lo era mai, ma le parole per spiegarlo non le uscivano.
Nella sua testa aveva un mondo fatto di miliardi di parole, di sorrisi, di camminate fatte mano nella mano, di sussurri senza peso come il fruscio del vento. Quando Demetrio entrò nella sua vita fu una vera rivoluzione per il suo cuore, era così timida da parlare con il contagocce, così giovane. Lui era il suo esatto opposto, per Piera fu come salire su un treno in corsa, pieno di entusiasmo e di una contagiosa voglia di vivere. I suoi genitori lo guardavano con diffidenza, in particolar modo suo padre, un uomo con tratti disegnati per incutere timore, contando poi che era stato un pugile di buona fattura. Fu una dura prova di resistenza, suo padre arrivò al punto di minacciare Demetrio e per un certo periodo, essendo troppo pericoloso vedersi, si scrivevano lettere piene d’amore. Piera le ha conservate tutte come se fossero gioielli dentro un cassetto ognuna con il cellophane sopra per proteggerle e ogni tanto le rileggeva ad alta voce come se fossero poesie da imparare a memoria e alla fine le riponeva con cura attenta che le sue lacrime non le bagnassero.
Piera si era appena diplomata e Demetrio lavorava come fornaio, non era mai stanco, era un tornado forza nove e il sabato se le scuse con i genitori di lei reggevano la portava a ballare. Era un ballerino fantastico con una leggerezza e una grazia inaspettate. Aveva imparato a ballare con una sua zia, che quand’era piccolo stava a sentire con gli occhi spalancati: i suoi genitori spesso lo parcheggiavano da qualche parente, e di questo se ne lagnava a parte quando andava dalla zia Franca. Demetrio era un ragazzino agitato con in testa altri giochi, ma non riusciva a opporsi a quella donna magra, secca come una stringa appesa, era affascinato da come si muoveva, era diversa da tutti e gli ripeteva sempre “Da come ti muovi la gente capisce molte cose”.
Imparò poco alla volta a ballare, inizialmente lo faceva per farla contenta, ma intanto senza saperlo prendeva a disegnare passi con naturalezza. Passarono tre anni e alla fine anche il padre di Piera dovette arrendersi all’allegria contagiosa di Demetrio. Era meraviglioso passeggiare mano nella mano fusi insieme da sembrare un unico corpo. Che cos’è l’amore? Piera quando un’amica glielo chiese rispose: “E’ come imparare a volare avendo scoperto da poco di avere le ali”.
Il tempo passa e l’orologio appeso glielo ricorda, Piera afferra delle cose da rammendare, prende una seggiola e ritorna sul balcone in tempo per vedere la signora Dorina del terzo piano che discute con la portinaia per un qualcosa che l’ha contrariata. Le viene da ridere Dorina si muove a scatti con le braccia che costruiscono rotte invisibili vicino al viso imperturbabile della portinaia. (Piera conosce bene Dorina vive con il figlio Mario quarantenne divorziato con un figlio disabile. Piera comincia a rammendare, ma si è dimenticata gli occhiali. Maledetta vecchiaia, i vecchi, pensa tra sé, dovrebbero morire prima per non essere umiliati dalla vita. Demetrio le diceva sempre:
“Se divento un vecchio rimbambito dammi una spinta e fammi cadere dalle scale.”
“Io non ne sarei mai capace. E tu, te la sentiresti di farmi fuori se diventassi una rimbambita?” Demetrio l’abbracciava e facendole fare un giro di danza diceva: “Io ti terrei anche rimbambita.” Quando se lo ricorda le viene da ridere: uccidere Demetrio che assurdità, proprio lei che fin da piccola le bastava schiacciare una formica inavvertitamente con i piedi per soffrire.
Dal balcone accanto spunta una testa bianca.
“Pierina come va?”
Piera mostra un sorriso stanco e la risposta le viene automatica.
“Bene, tu come stai Lina?”
“Pierina sei una roccia, beata te. Io ho dolori da tutte le parti: lo sai che mi devono operare all’anca?” Piera annuisce: “Me lo avrai detto almeno venti volte.”
“Lo sapevo che me l’avresti detto, ma guarda che anche tu mi parli di cose che mi avevi già raccontato. Questa però non te l’ho detta: lo sai che ieri mi stavano rubando il portafoglio?”
“Ma non è stato l’altro ieri?”
“Vabbè ieri, l’altro ieri, ormai da quando sono in pensione ho perso la cognizione del tempo. Comunque al furfante stavolta é andata male, gli ho dato una spinta e un calcio.”
Piera ride, sa che la verità di Lina regala molto alla fantasia.
” Purtroppo succede.”
“A quasi tutte le mie amiche è successo, ma mia cara il furfante l’ho fatto correre, in caso sono capace di dare pugni: me l’ha insegnato il mio Cesare…” poi si ferma come se un pensiero nuovo le fosse entrato in testa: “Devo pensare a fare la valigia, perché non so se lo sai ma mi ricoverano. Quasi quasi sto pensando di non andarci.”
Piera ride: “Non fare la fifona, vedrai che dopo starai meglio.”
Lina scuote la testa: “Ti ricordi mia madre? E’ entrata in ospedale e poco dopo è morta.”
Piera continua a ridere: “Ma smettila, tua madre è morta di tumore, tu vai per fare degli esami per la tua artrosi, è ben diverso.”
“Insomma, io ho paura e se poi mi trovano qualcosa? Certe cose forse è meglio non saperle.”
Piera sospira e prova a cambiare discorso: “Hai sentito dei Mariani?”
Lina si appoggia sulla balaustra del balcone e bisbiglia:” Separarsi alla loro età, che vergogna.”
Piera annuisce:” Avranno avuto le loro ragioni, era tempo che ormai non andavano.”
Lina cambia voce:” Ma quali ragioni, lui, il bel tomo, il caro geometra ha una più giovane, ecco la ragione, una volta sai l’ho vista.”
“Chi hai visto?” chiede Pierina.
“Quella là, l’amante di quel brutto pelato che si crede chissà chi, li ho visti al supermercato, ho fatto finta di neanche vederli. Lui, il caro geometra della mutua con accanto una donnetta rifatta che usa probabilmente i tacchi anche per andare in bagno.”
“Come fai a sapere che sia proprio lei?”
“Appena mi ha visto lui ha accelerato il passo, pareva corresse verso la cassa con lei dietro ad inseguirlo. Guarda Piera, è un uomo orribile, non ci andrei neanche nel mio peggior incubo.”
“Noi siamo state fortunate, i nostri mariti, per quello che sappiamo, certi grilli se mai gli son venuti sono rimaste fantasie.”
“Il tuo Demetrio non lo vedo proprio a tradirti, ma fai bene a dire ‘per quel che sappiamo’: io la mano sul fuoco per il mio Cesare non la metto. Aveva preso ad uscire, diceva che andava a delle riunioni politiche, ma io non l’ho mai bevuta. Una volta l’ho perfino seguito, ma quel demonio è riuscito a seminarmi. L’ho visto uscire un giorno tutto agghindato, sembrava avesse fatto il bagno dentro nel profumo e sai cosa gli ho detto?”
Piera scuote la testa per non offenderla, ma l’episodio l’aveva già sentito e risentito. L’unica cosa interessante era che, per quanto ripetuto all’infinito, ogni volta Lina aggiungeva particolari modificando fatti e persone.
Lina intanto prende fiato: “L’ho afferrato per il braccio e gli ho detto: ‘Esci pure, ma stavolta non tornare, perché sappi che la porta per te non si apre più!’ “
“Beh, alla fine è rimasto e siete stati felici.”
Lina diventa seria. “Sai Piera, mi manca tutto di quell’uomo, perfino le nostre litigate, lo cerco da tutte le parti, ma proprio non c’è più”
La sua voce cambia e anche gli occhi paiono velarsi, Piera fa finta di niente, ma nessuno meglio di lei può comprenderla così con un atto di solidarietà le dice: “Stai tranquilla che in ospedale ti vengo a trovare.”
“Grazie, lo so che su di te posso contare, l’ospedale mi mette angoscia, ho visto troppe persone entrare e poi non uscire, e poi diciamola tutta, mi vedono vecchia al capolinea e allora perché fare fatica per un manichino ormai da mettere in una tomba? Ma se vedono che ho persone che mi vengono a trovare devono avere maggior riguardo. Comunque ti devo dare qualcosa in caso ci fosse un imprevisto.”
Lina si alza, sparisce in casa per poi riemergere e dal balcone le porge un borsa. Piera spalanca gli occhi.
“Cos’è questa roba?”
“E’ una borsa con dentro i miei soldi e dei gioielli di mia madre.”
“Ma Lina finiscila, sei ridicola, ti porti sfortuna solo a pensarlo.”
Lina è seria: “Sei l’unica persona di cui mi fido, non ho altri, se qualcosa andasse male almeno so che tu li spenderai bene.”
“Ma scusa non c’è tuo nipote Giulio?”
“Per carità” sbotta Lina “quando viene pare avere le convulsioni da tanto è seccato e poi sono mesi che non si fa sentire, non ho nessuno a parte te.”
Piera scuote la testa e afferra la borsa. “Stai tranquilla che se ti vedono così agitata ti sedano e ti mandano in neurologia.”
Sul volto di Lina appare una luce di tristezza: “Mi giuri che vieni a trovarmi?”
Piera fa il segno della croce con le dita. “Lo giuro, ora sei tranquilla?”
“A proposito, sincerati che sia morta per davvero, non vorrei svegliarmi in una tomba.”
“Ti darò dei pizzicotti o preferisci qualcos’altro?”
“Tu scherzi, ma ho letto di persone date per morte che si sono poi svegliate!”
Piera la guarda divertita: “Se non basta porto un forchetta e ti buco come una polpetta.”
Lina scoppia a ridere: “Bucami come un tortellino, che mi piacciono tanto.”
E’ arrivato un certo frescolino, Piera ha un brivido, ritira la sedia e saluta Lina. In casa c’è un bel tepore, nel silenzio sente il rumore forte delle risate della gente fuori, le stesse che faceva con Demetrio. Appoggia la borsa, la apre e vede i soldi ordinati in mazzetti da dieci, venti e cinquanta. Ci sono sempre ordinate delle collane, dei braccialetti, degli orecchini. Per gioco indossa una collana e poi gli orecchini, va in camera e si mette un vecchio vestito si scruta allo specchio, chissà cosa le direbbe Demetrio se la vedesse così com’è ora, un’ottant’enne con le rughe, l’artrite e l’udito che non è più quello di una volta, forse essendo sempre insieme non se ne sarebbe accorto. Chissà lui come sarebbe ora? A pensarci è stato fortunato a morire senza nessun segno del tempo, pareva avere dieci anni con quel sorriso da gaglioffo appena sceso dal vascello dei pirati.
Alla fine, Piera pensa che della vita ha capito ben poco, i vecchi dicono siano saggi, ma chi l’ha detto? La favola dei vecchi che hanno compreso gli errori e la vita è stata scritta probabilmente da un vecchio. Ora che tutto pare fatica, perfino dormire, Piera neutralizza la vita osservandola da un balcone, guardando le gioie solitarie di qualche passante, scrutando lo stesso portone dove tanto tempo fa un entrò giovane con Demetrio, un portone aggiustato più volte, ridipinto, anche lui invecchiato, con l’estate che lo fa gonfiare e d’inverno pare sudare dall’umidità, un portone che come un soldato ha difeso il suo reparto dal vento, dalla neve, dalla pioggia, portando sulla sua schiena il dolore impenetrabile di certi visi. Lo stesso portone dove un giorno occhi giovani legati dal momento d’amore si fermeranno a sognare leggendo il cartello affisso del suo appartamento: affittasi luminoso bilocale libero subito.