Facciamo sul serio

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Dovevamo darci un tono!
Il nostro linguaggio doveva essere autorevole ma di larghissima fruibilità, dovevamo incontrare il gusto letterario delle masse proletarie. Non era semplice.
Un rivoluzionario per essere tale deve per forza affiancare l’attività militare a quella altrettanto importante della produzione intellettuale, dovevamo costruire un dialogo con il popolo, e per avere un dialogo bisognava parlare nella stessa lingua.
Decidemmo, che i comunicati politici e ogni altro documento ad uso esterno avrebbero avuto senza troppi giri di parole un linguaggio di immediata comprensione,  dovevamo andare dritti al cuore del problema, e soprattutto dovevamo dare la nostra soluzione del problema. In questo comunicato volevamo due chiarissime cose dalla Fiat:
1-     La fine della Cassa Integrazione per tutti;
2-     Smetterla di assumere sempre e solo fascisti e raccomandati, almeno tra gli operai;  
Cosa avremmo fatto se il capo del personale o l’azienda si fosse rifiutato di far passare le nostre riforme?  Semplice, lo avremmo ucciso.
E’ impossibile non ribadire il concetto, eravamo in guerra, è il capo del personale del gruppo Fiat era uno dei più alti nemici, nessuno di noi avrebbe avuto tentennamenti a premere il grilletto, ma volevamo trattare, non eravamo interessati al sangue per il sangue, ci hanno dipinto per anni come dei sadici, la gioventù bruciata innamorata del piombo e del terrore, ma non era per niente così: noi chiedevamo le riforme al paese! Certo in un sistema capitalista erano riforme inaccettabili da qualunque governo, ma non erano niente di più che riforme; in quella fase della nostra storia nell’attesa della rivoluzione comunista, il cambiamento radicale era quello che chiedevamo.
 
-         Tutto il giorno che piange;
-         Che ti aspettavi da un servo di Agnelli?
-       Si dichiara colpevole di tutto, dei licenziamenti del fascismo alla Fiat, di ogni cosa, e se lo liberiamo dice che fa ogni cosa, cambia le regole in          fabbrica ci fa avere i soldi, si licenzia, e viene con noi a fare la lotta armata;
-         Ne invidio la libertà d’azione, meno il coraggio;
-         E’ un bugiardo! E se lo liberiamo sulla parola facciamo la figura dei coglioni;  
 
Il Cavaliere fu pronto da subito a collaborare, riconobbe senza fatica il nostro ruolo e le nostre ragioni,  possiamo dire che non oppose la minima resistenza, i suoi comportamenti erano ovviamente fortemente condizionati dalla paura,   Renato Curcio con i suoi modi sempre estremamente garbati e rispettosi lo interrogò, le domande che gli pose riguardavano alcuni aspetti economici che interessavano il personale, in particolare il ricorso sistematico alla Cassa Integrazione, e il Cavaliere si dimostrò per tutta la sua prigionia assolutamente collaborativo, aveva capito prima di chiunque altro, che non scherzavamo per niente.
Avevamo intrappolato il cavaliere in uno sgabuzzino, in un buco di nostra proprietà dalle parti di Corso Taranto, la prigione era stata ricavata modificando i tramezzi di un appartamento di 60 mq, dei compagni avevano coperto l’ingresso del loculo con un armadio ad ante scorrevoli, l’armadio era sempre pieno zeppo di vestiti che bisognava rimuovere tutte le volte per accedere alla cella del prigioniero, e poi la parete di accesso alla prigione si confondeva per colore e materiale con l’interno dell’armadio, stavamo al quinto piano senza ascensore di un condominio abitato da soli turnisti meridionali, tutta gente con mille problemi lavorativi e umani, gente che restava dentro casa solo per mangiare e dormire, gente stanca poco interessata agli affari altrui e culturalmente omertosa. Tutta la madama del mondo non l’avrebbe mai trovato vivo.
I giornali dal canto loro non sembrano eccessivamente allarmati, parlarono di noi con toni sprezzanti, l’Unità ci apostrofava ancora con quel insopportabile   “ le sedicenti Brigate Rosse” insinuando che con le nostre azioni avremmo alla fine danneggiato la classe operaia, perché le azioni di rivendicazione salariale non potevano confondersi con atti di teppismo. Il classico atteggiamento superiore di chi ha capito tutto, a nostro giudizio l’atteggiamento  di chi fa solo finta di interessarsi alla causa degli ultimi, e sostiene in propria difesa che per portare avanti questa causa gli ultimi  non debbano combattere mai, procrastinando la lotta a date future e indefinite, che mai arriveranno in calendario, o meglio gli ultimi secondo il giornale del PCI si difendevano  non facendo arrabbiare troppo i padroni, che invece il problema di farli incazzare loro agli ultimi non se lo sono mai posto, neanche per un attimo. 
 
-          Cavaliere, mi ascolti… Le volevo dire, che il tribunale del popolo prevede la pena di morte, capisce, cosa le sto dicendo?;
-         Vi ho detto che faccio qualsiasi cosa? Ho già scritto in azienda, li posso rovinare tutti se voglio! Facciamolo insieme, roviniamo quella maledetta fabbrica;
-         Non basta caro il mio cavaliere, deve migliorare la condizione operaia in Fiat, e deve farlo subito, da oggi;
-         Io vi giuro che non ci sarà una più una sola richiesta di Cassa da parte mia, darò le dimissioni se servirà;
-         Cavaliere,  facciamo cosi, Lei faccia ritirare alla Fiat tutte le richieste di Cassa Integrazione in corso, e noi lo prenderemo come un gesto di buona volontà da parte sua;
-         Come posso far ritirare quelle in corso!? Sarebbe ammettere che abbiamo fatto richieste fasulle, dire che abbiamo i bilanci taroccati, se facciamo una cosa del genere, penseranno che siamo dei ladri;
-         Esatto Cavaliere, è proprio quello che vogliamo.
Il bello di avere che fare con il Cavaliere Amerio era che ci si capiva al volo.
Imparammo presto che il nostro miglior interlocutore nella lotta era senza dubbio un dirigente o un padrone. Davanti a noi il padrone smetteva di far finta, non poteva più fingersi eroe, o recitare la solita farsa dell’uomo che rischia il proprio per il bene di tutti. Per Ettore Amerio gli operai erano carne da cannone, e nulla più, li voleva pagare il meno possibile e spremerli ogni giorno di più, il suo lavoro consisteva nel cavare da ogni operaio fino all’ultima goccia di sangue, fino alla morte. Con uno cosi per forza ti capivi con uno sguardo.
Cosa diversa era la politica, i politici erano incomprensibili, le loro scelte sembravano sempre contorte e profondamente irrazionali, non rispondevano mai a te, il politico di fronte a una tua richiesta rispondeva guardando all’opinione pubblica all’opposizione interna, al giudizio della chiesa, alla lobby economica avversa, il problema che gli ponevi alla fine non lo riguardava, era più preoccupato di altri fattori estranei a te e a lui, a maggior ragione eravamo convinti che con uno stato cosi non ci potevi proprio parlare, potevi solo provare ad abbatterlo, e farci la guerra.
Lo stato provò invano a cercare il prigioniero, e in quell’occasione oltre a non intimorirci ci mostro la profonda debolezza dei propri mezzi, la lentezza nelle azioni sempre goffe e poco lucide, in quei giorni del sequestro Amerio crebbe in noi la convinzione che avevamo più di una possibilità di vincerla la nostra guerra,  quel paese era stato costruito sull’nulla, o su qualcosa che era sempre instabile, diffidente, comunque qualcosa di corrotto, si reggeva sulle amicizie, sui ricatti, sulle menzogne, sulle raccomandazioni agli amici degli amici,  la macchina burocratica era un carrozzone lento, e le forze di polizia non si rendevano ancora conto di cosa fosse la lotta armata, e  non si rendevano conto del potenziale rischio che rappresentavano per lo stato le azioni eversive di un partito armato.
La pessima prova di forza dello stato italiano nei confronti del sequestro Amerio ci spinse ad osare, ad alzare l’asticella del rischio, a sussurrare all’orecchio del potere democristiano un beffardo “prova a prenderci” allora decidemmo di lasciare  un comunicato di rivendicazioni nella stessa cabina del telefono nella quale avevamo lasciato il primo comunicato, stesso posto stessa ora, sicuramente era un posto già piantonato e tenuto d’occhio dalle guardie, in questo secondo comunicato dicevamo semplicemente che senza un rapido accoglimento delle nostre richieste avremmo condannato a morte il sequestrato. Per l’occasione a Milano nei pressi della Sit Simens dentro un auto con un megafono mandavamo agli operai un messaggio delle BR, rivendicavamo il sequestro Amerio e  annunciavamo le richieste salariali che BR avrebbero avanzato al paese a beneficio di tutta la classe operaia.
Dopo il quinto giorno di sequestro ci incaricammo tramite un emissario di fare arrivare un messaggio chiaro e definitivo in Fiat:
”Ritirate tutte le richieste di Cassa Integrazione e cambiate per sempre le politiche di assunzione, oppure tra due giorni troverete il cadavere del Cavalier Amerio davanti ai cancelli di Mirafiori, freddato con un colpo di pistola alla nuca. Informiamo a mezzo della presente la dirigenza del gruppo Fiat che subito dopo il Cavaliere verremo a prendere un altro di voi. Avete 2 giorni di tempo,  Cordiali Saluti,  Brigate Rosse “ .
Scrissi io il messaggio per l’azienda, mi piaceva l’idea di continuare a chiamare il sequestrato Cavaliere, trovavo elegante il riconoscimento dei ruoli in quelle circostanze drammatiche, dava idea di una guerra ufficiale, era un modo cosi giacobino di porsi, in quei momenti mi sentivo un autentico rivoluzionario,  riconoscevo i titoli del nemico anche se si trattava di titoli provenienti da un’ onorificenza ultraborghese, che per tutte le ragioni del mondo non meritava rispetto alcuno, fossimo mai andati al potere titoli del genere li avremmo aboliti senza neanche doverne discutere.
Comunicati o no, sapevamo che lo stato italiano non ci  avrebbe mai riconosciuto come organizzazione politica, non saremmo mai stati considerati rivoluzionari o prigionieri politici,  noi saremmo sempre stati solo assassini o terroristi, questo a me personalmente non mi importava, erano le regole del gioco,  ma noi ci tenevamo a rimarcare che eravamo diversi da loro, e esattamente come loro volevamo una guerra e non una faida tra teppisti.  
 
Dopo il sequestro, dopo qualche comunicato e qualche lettera intimidatoria, dopo un goffo tentativo da parte loro di scovarci, arrivarono le prime vere buone notizie, era il 16 dicembre del 1970, e con una circolare ufficiale a tutte le organizzazioni sindacali il gruppo Fiat dichiarava inaspettatamente e con grande stupore da parte di tutti che l’azienda per ragioni di opportunità aveva ritirato ogni richiesta di Cassa Integrazione in corso.
Il comunicato aziendale testualmente diceva: “Il gruppo Fiat informa tutto il personale e le organizzazioni sindacali di aver in dada odierna ritirato tutte le richieste di Cassa Integrazione, e comunica contestualmente che non verranno formulate nuove richieste di Cassa Integrazione su istanza formulata da società appartenenti al gruppo Fiat” i vertici aziendali non aggiunsero altro al comunicato, né motivazioni né ragioni. Era clamoroso!
Inoltre, a stretto giro di posta clandestina fummo informati che il sindacato CISNAL (quello dei fasci!) non avrebbe più avuto in azienda un ruolo privilegiato nel reclutamento del personale.
Era incredibile, avevamo vinto, avevamo stravinto, si erano piegati alle nostre richieste fino all’ultimo. Una cosa mai vista, le nostre riforme erano passate, avevamo ottenuto più noi in una settimana con un sequestro, che il PCI in venticinque anni di opposizione in parlamento.
Rilasciammo subito il Cavaliere Amerio, volevamo essere di parola, gli accordi in guerra si rispettano. 
I tempi che ci attraversarono furono frizzanti, il nostro consenso stava crescendo, ricordo nel 71 che un operaio della Sit Simens ci portò una cassetta piena di tessere del PCI e della CGIL erano tessere strappate, ridotte a brandelli, ci disse che era modo con cui i suoi compagni vollero aderire almeno idealmente alle BR, noi incoraggiati da questo consenso  continuammo a intensificare lo scontro militare, negli anni 70 c’era la fabbrica c’era la politica e c’erano le attività di autofinanziamento (le rapine),  il dialogo con la masse sembrava cominciare, le nuove organizzazioni nate dal vento delle nostre battaglie parlavano ora di lotta armata come soluzione possibile per il rovesciamento del sistema, ci svegliavamo al mattino e scoprivamo ogni giorno un cartello, un portone, un ponte, un muro: BR, Stella nel cerchio.
Il nostro stendardo appariva al mattino sotto i ponti nelle strade di città e di campagna, la stella a cinque punte marchiava i reparti delle  fabbriche e i portoni degli uffici, la lotta al cuore dello stato era iniziata, eravamo all’alba degli anni di piombo. Il disastro che avrebbe rovinato le nostre vite stava per arrivare.
 

Re: Facciamo sul serio

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Ettore Navarra ha scritto: Decidemmo, che i comunicati politici e ogni altro documento
Via la virgola
Ettore Navarra ha scritto: ad uso esterno 
a uso esterno (meglio togliere l’eufonica)
Ettore Navarra ha scritto:
1-     La fine della Cassa Integrazione per tutti;
2-     Smetterla di assumere sempre e solo fascisti e raccomandati, almeno tra gli operai;  
a livello di formattazione questo tipo di elenco in un racconto di narrativa non mi pare adeguato. Meglio sostituire i numeri con delle lettere per esempio 

Primo: la fine della cassa integrazione per tutti;
secondo: smetterla di assumere sempre e solo fascisti raccomandati, almeno tra gli operai.
Ettore Navarra ha scritto: Semplice, lo avremmo ucciso.
Meglio i due punti. 
Semplice: lo avremmo ucciso.
Ettore Navarra ha scritto: E’ impossibile
È impossibile (non E con apostrofo)
Ettore Navarra ha scritto: è il capo del personale
e il capo ecc.
Ettore Navarra ha scritto: le riforme al paese!
in questo caso, forse, le riforme le chiedevano al datore di lavoro, non al Paese (che doveva essere scritto con la maiuscola)

Ettore Navarra ha scritto:
-         Tutto il giorno che piange;
-         Che ti aspettavi da un servo di Agnelli?
-       Si dichiara colpevole di tutto, dei licenziamenti del fascismo alla Fiat, di ogni cosa, e se lo liberiamo dice che fa ogni cosa, cambia le regole in          fabbrica ci fa avere i soldi, si licenzia, e viene con noi a fare la lotta armata;
-         Ne invidio la libertà d’azione, meno il coraggio;
-         E’ un bugiardo! E se lo liberiamo sulla parola facciamo la figura dei coglioni;  
Per il dialogo, se usi il trattino, occorre un solo spazio.

- Tutto il giorno che piange. (Perchė il punto e virgola? Meglio il punto fermo.)
Ettore Navarra ha scritto: condizionati dalla paura,   Renato Curcio
dopo la virgola un solo spazio

condizionati dalla paura, Renato ecc.
Ettore Navarra ha scritto: capito prima di chiunque altro,
aveva capito, prima di chiunque altro, (l’inciso si scrive tra virgole)
Ettore Navarra ha scritto: Integrazione, e il Cavaliere
scegli:  Cavaliere o sempre maiuscolo o sempre minuscolo  (a meno che non segua il nome, allora sempre minuscolo)
Ettore Navarra ha scritto: di 60 mq, dei
sessanta metri quadrati (è narrativa…)
Ettore Navarra ha scritto: l’interno dell’armadio, stavamo al quinto piano
Dopo la parola armadio meglio un punto. 
Ettore Navarra ha scritto: Tutta la madama de
Tutta la madama del mondo 
Ettore Navarra ha scritto: l’atteggiamento  di chi fa
c’è uno spazio di troppo dopo l’atteggiamento 
Ettore Navarra ha scritto: Come posso far ritirare quelle in corso!? 
Toglierei il punto esclamativo
Ettore Navarra ha scritto: amici degli amici,  la macchina burocratica
dopo la virgola ci vuole un solo spazio 
Ettore Navarra ha scritto: ad osare,
a osare
Ettore Navarra ha scritto: Avete 2 giorni di tempo,
due giorni
Ettore Navarra ha scritto: aver in dada odierna
data odierna

Racconto singolare, un report “storico” degli anni di piombo. È una scelta coraggiosa che ho apprezzato per l’originalità. Certo il testo ę falcidiato da una miriade d’inesattezze, niente che non si possa correggere, ma, visto il reiterarsi di alcuni errori, ritengo che ci sia una scrittura ancora acerba al e o per certi aspetti formali. @Ettore Navarra

Re: Facciamo sul serio

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Ciao @Ettore Navarra è la prima volta che ti leggo. Parto da delle segnalazioni formali per poi dare un mio parere finale. Dal mio punto di vista ci sono molte inesattezze di punteggiatura, te le segnalo anche se non sono un esperto, (nel caso qualcuno più competente potrà a sua volta dare un parere a riguardo).
Ettore Navarra ha scritto:
Dovevamo darci un tono!
Il nostro linguaggio doveva essere autorevole ma di larghissima fruibilità,(toglierei la virgola e aggiungerei il punto)  Dovevamo incontrare il gusto letterario delle masse proletarie. Non era semplice.
Un rivoluzionario (virgola) per essere tale (virgola) deve per forza affiancare l’attività militare a quella altrettanto importante della produzione intellettuale,(punto al posto della virgola) Dovevamo costruire un dialogo con il popolo, e per avere un dialogo bisognava parlare nella stessa lingua.
Decidemmo, (qui non ci vedo la virgola) che i comunicati politici e ogni altro documento ad uso esterno avrebbero avuto (virgola) senza troppi giri di parole (virgolaun linguaggio di immediata comprensione, (punto)  Dovevamo andare dritti al cuore del problema, (no virgola) e (virgola) soprattutto (virgola) dovevamo dare la nostra soluzione del problema. In questo comunicato volevamo due chiarissime cose dalla Fiat:
1-     La fine della Cassa Integrazione per tutti;
2-     Smetterla di assumere sempre e solo fascisti e raccomandati, almeno tra gli operai;  
Cosa avremmo fatto se il capo del personale o l’azienda si fosse rifiutato di far passare le nostre riforme?  Semplice, lo avremmo ucciso.
E’ impossibile non ribadire il concetto, (via virgola e metterei due punti) eravamo in guerra, è (e senza accento) il capo del personale del gruppo Fiat era uno dei più alti nemici, nessuno di noi avrebbe avuto tentennamenti a premere il grilletto, ma volevamo trattare, non eravamo interessati al sangue per il sangue, ci hanno dipinto per anni come dei sadici, la gioventù bruciata innamorata del piombo e del terrore, ma non era per niente così: noi chiedevamo le riforme al paese! Certo (virgola) in un sistema capitalista erano riforme inaccettabili da qualunque governo, ma non erano niente di più che riforme; in quella fase della nostra storia nell’attesa della rivoluzione comunista, il cambiamento radicale era quello che chiedevamo.
 
Un inizio con il narratore (brigatista o ex brigatista) i che rievoca o ricorda il periodo della lotta armata. Interessante.
Ettore Navarra ha scritto:
 Tutto il giorno che piange;
-         Che ti aspettavi da un servo di Agnelli?
-       Si dichiara colpevole di tutto, dei licenziamenti (virgola) del fascismo alla Fiat, di ogni cosa, e se lo liberiamo dice che fa ogni cosa, cambia le regole in          fabbrica (virgola) ci fa avere i soldi, si licenzia, (no virgola) e viene con noi a fare la lotta armata;
-         Ne invidio la libertà d’azione, meno il coraggio;
-         E’ un bugiardo! E se lo liberiamo sulla parola facciamo la figura dei coglioni;  
Qui sembra che ci sia un flashback
Ettore Navarra ha scritto: Il Cavaliere fu pronto da subito a collaborare, riconobbe senza fatica il nostro ruolo e le nostre ragioni, (punto e virgola invece della virgola) possiamo dire che non oppose la minima resistenza, i suoi comportamenti erano ovviamente fortemente condizionati dalla paura,  (punto invece della virgola)  Renato Curcio...
Ettore Navarra ha scritto: Avevamo intrappolato il cavaliere in uno sgabuzzino, in un buco di nostra proprietà dalle parti di Corso Taranto, (punto invece della virgola) La prigione era stata ricavata modificando i tramezzi di un appartamento di 60 mq, (punto e virgola) dei compagni avevano coperto l’ingresso del loculo con un armadio ad ante scorrevoli, (punto) L’armadio...
Ettore Navarra ha scritto: I giornali dal canto loro non sembrano eccessivamente allarmati, parlarono di noi con toni sprezzanti, (punto e virgola) l’Unità ci apostrofava ancora con quel insopportabile   “ le sedicenti Brigate Rosse”  (virgola) insinuando che con le nostre azioni avremmo alla fine danneggiato la classe operaia, perché le azioni di rivendicazione salariale non potevano confondersi con atti di teppismo. Il classico atteggiamento superiore di chi ha capito tutto, (punto) a nostro giudizio l’atteggiamento  di chi fa solo finta di interessarsi alla causa degli ultimi, (no virgolae sostiene in propria difesa che per portare avanti questa causa (virgola) gli ultimi  non debbano combattere mai, procrastinando la lotta a date future e indefinite, che mai arriveranno in calendario, o meglio gli ultimi secondo il giornale del PCI (virgola) si difendevano  non facendo arrabbiare troppo i padroni, che invece il problema di farli incazzare loro agli ultimi non se lo sono mai posto, neanche per un attimo. 
Quest'ultima frase sottolineata mi sembra un po' contorta. Semplificherei:  "che, al contrario, il problema non se lo sono mai posto, neanche per un attimo.
Ettore Navarra ha scritto:
Cavaliere, mi ascolti… Le volevo dire, che il tribunale del popolo prevede la pena di morte, capisce, cosa le sto dicendo?;
-         Vi ho detto che faccio qualsiasi cosa? (metterei esclamativo) Ho già scritto in azienda, li posso rovinare tutti se voglio! Facciamolo insieme, roviniamo quella maledetta fabbrica; (il dialogo lo chiuderei col punto)
Ettore Navarra ha scritto: li voleva pagare il meno possibile e spremerli ogni giorno di più, il suo lavoro consisteva nel cavare da ogni operaio (il sangue, fino all'ultima goccia)  fino all’ultima goccia di sangue, fino alla morte.
Ettore Navarra ha scritto: Cosa diversa era la politica, i politici erano incomprensibili, le loro scelte sembravano sempre contorte e profondamente irrazionali, non rispondevano mai a te, il politico di fronte a una tua richiesta rispondeva guardando all’opinione pubblica all’opposizione interna, al giudizio della chiesa, alla lobby economica avversa, il problema che gli ponevi alla fine non lo riguardava, era più preoccupato di altri fattori estranei a te e a lui, a maggior ragione eravamo convinti che con uno stato cosi non ci potevi proprio parlare, potevi solo provare ad abbatterlo, e farci la guerra.
Rivedrei la costruzione di questa parte che mi sembra contorta.
Ettore Navarra ha scritto: Lo stato provò invano a cercare il prigioniero, e in quell’occasione oltre a non intimorirci ci mostro (refuso) la profonda debolezza dei propri mezzi, la lentezza nelle azioni sempre goffe e poco lucide, (punto) in quei giorni del sequestro Amerio (virgola) crebbe in noi la convinzione che avevamo più di una possibilità di vincerla la nostra guerra, (punto e virgola)  quel paese era stato costruito sull’nulla (refuso), o su qualcosa che era sempre instabile, diffidente, comunque qualcosa di corrotto, (punto) si reggeva...
Ettore Navarra ha scritto:
La pessima prova di forza dello stato italiano nei confronti del sequestro Amerio ci spinse ad osare, ad alzare l’asticella del rischio, a sussurrare all’orecchio del potere democristiano un beffardo “prova a prenderci” (punto) allora decidemmo di lasciare  un comunicato di rivendicazioni nella stessa cabina del telefono nella quale avevamo lasciato il primo comunicato, stesso posto (virgola) stessa ora, (punto )Sicuramente era un posto (cambierei in luogo) già piantonato e tenuto d’occhio dalle guardie, (punto) in questo secondo comunicato dicevamo semplicemente che senza un rapido accoglimento delle nostre richieste avremmo condannato a morte il sequestrato. Per l’occasione a Milano (virgola) nei pressi della Sit Simens (Siemens) (virgola) dentro un auto (refuso) con un megafono mandavamo agli operai un messaggio delle BR, rivendicavamo il sequestro Amerio e  annunciavamo le richieste salariali che BR avrebbero avanzato al paese a beneficio di tutta la classe operaia.
Dopo il quinto giorno di sequestro ci incaricammo tramite un emissario di fare arrivare un messaggio chiaro e definitivo in Fiat:
Ettore Navarra ha scritto: Scrissi io il messaggio per l’azienda, mi piaceva l’idea di continuare a chiamare il sequestrato Cavaliere, trovavo elegante il riconoscimento dei ruoli in quelle circostanze drammatiche, dava idea di una guerra ufficiale, era un modo cosi giacobino di porsi, (punto) in quei momenti mi sentivo un autentico rivoluzionario,  riconoscevo i titoli del nemico anche se si trattava di titoli provenienti da un’ onorificenza ultraborghese, che per tutte le ragioni del mondo non meritava rispetto alcuno, (punto e virgola) fossimo mai andati al potere (virgola) titoli del genere li avremmo aboliti senza neanche doverne discutere.
Qui verrebbe da chiedere chi sia il brigatista in questione. Curcio no, visto che lo menziona in precedenza. Senra una riflessione a distanza di anni, un ricordo di un altro brigatista che aveva partecipato al sequestro.
Ettore Navarra ha scritto: Dopo il sequestro, dopo qualche comunicato e qualche lettera intimidatoria, dopo un goffo tentativo da parte loro di scovarci, arrivarono le prime vere buone notizie, era il 16 dicembre del 1970, 
Ma non è il 1973?
Ettore Navarra ha scritto: I tempi che ci attraversarono furono frizzanti, il nostro consenso stava crescendo, ricordo nel 71 che un operaio della Sit Simens  (Siemens) ci portò una cassetta piena di tessere del PCI e della CGIL (virgola) erano tessere strappate, ridotte a brandelli, ci disse che era (un) modo con cui i suoi compagni vollero aderire almeno idealmente alle BR, (punto)  noi incoraggiati da questo consenso (virgola)  continuammo a intensificare lo scontro militare,  (punto) Negli anni 70 c’era la fabbrica (virgola) c’era la politica e c’erano le attività di autofinanziamento (le rapine),  il dialogo con la (le) masse sembrava cominciare, le nuove organizzazioni nate dal vento delle nostre battaglie parlavano ora di lotta armata come soluzione possibile per il rovesciamento del sistema, ci svegliavamo al mattino e scoprivamo ogni giorno un cartello, un portone, un ponte, un muro: BR, Stella nel cerchio.
Ettore Navarra ha scritto:
Il nostro stendardo appariva al mattino sotto i ponti nelle strade di città e di campagna, la stella a cinque punte marchiava i reparti delle  fabbriche e i portoni degli uffici, la lotta al cuore dello stato era iniziata, eravamo all’alba degli anni di piombo. Il disastro che avrebbe rovinato le nostre vite stava per arrivare.
 
Finale interessante. Siamo di fronte a un pentimento a distanza di anni?
Direi che più che un racconto è una riflessione, dal punto di vista di un brigatista, sulle motivazione che spinsero alla lotta armata. Non entro nel merito di questioni ideologiche anche se sappiamo tutti come è finita. E molti punti oscuri ancora rimangono.
Non mi ha dato l'emozione che può trasmettere un racconto con un inizio, uno sviluppo e un finale. E' più un resoconto di avvenimenti ormai noti di una fase in cui si ripercorrono i momenti del sequestro Amerio.
Mi è mancato lo spunto creativo, l'interpretazione di una storia vera o la reinvenzione. Un'auto analisi più profonda. Mi viene in mente per esempio l'ultima scena del film “Buongiorno notte” in cui Moro viene liberato e passeggia sorridente per le strade, molto potente. La vicenda poteva essere spunto per approfondire un ipotetico legame umano tra sequestrato e rapitori, o della condizione da recluso da rapito e della sua riflessione. Dei suoi pensieri. Insomma, ci potevano essere molti spunti per approfondire la vicenda e tramutarla in racconto.
Comunque l'ho letto con interesse.
Ciao
 

Re: Facciamo sul serio

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@Monica

Grazie mille intanto per l'accuratezza con  cui hai analizzato il mio racconto, farò tesoro dei tuoi rilievi e consigli, in particolare la punteggiatura è un aspetto che devo rivedere con molta cura, meno la formattazione, alcune sbavature sul formato sono presenti perché si tratta di una prima stesura e credo che spariranno con la prima revisione del testo.
Il mio racconto comunque nasce da un trucco, un piccolo trucco (spero di non aver violato il regolamento).  Il racconto l'ho ricavato dall'estrazione di un capitolo del mio romanzo storico sulle BR. Ho appena ultimato il romanzo e quindi quella sezione risente di tutti i sintomi della prima stesura, inoltre il protagonista e voce narrante in quel capitolo è evanescente perché purtroppo non si rivolge direttamente a nessuno ma osserva dall'interno la prima grande operazione del gruppo. 
Già che ci sono ti dico che si tratta di un romanzo di circa 350 pagine che affronta il fenomeno del terrorismo rosso nella parabola temporale che va dalla fondazione delle BR a un attimo prima del sequestro Moro. Il romanzo cerca di processare le ragioni della scelta "rivoluzionaria" e le responsabilità assunte da una generazione che poteva solo perdere in quello scontro, ma che nonostante tutto non ha esitato nello scegliere la morte e la galera pur di provarci. Il protagonista è l'unico personaggio non storico del romanzo, la sua è la voce critica del gruppo.

Re: Facciamo sul serio

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@Kasimiro

Grazie mille per i rilievi e per i consigli, farò tesoro delle dritte sulla punteggiatura e condivido alcune tue osservazioni sulla "macchinosità" in alcune parti del testo.

Come dicevo a @Monica il racconto altro non è che un capitolo del mio romanzo sulle BR. Trattandosi di una sezione di un'opera molto più ampia (circa 350 pagine) è impossibile ottenere l'ordine che può darti un racconto che nasce come tale, diciamo che ho sezionato uno dei capitoli che potevano vivere meglio in autonomia rispetto al tutto (tecnicamente un acrocchio😅).
Il protagonista in quel capitolo non parla direttamente, osserva e racconta i fatti, quindi il suo ruolo non si coglie pienamente. L'opera dovrebbe (dico dovrebbe perché sono alla prima stesura e non escludo errori) svolgersi tutta in un passato ormai chiuso il passato remoto, e il protagonista dovrebbe raccontare della scelta rivoluzionaria che ha travolto quella generazione.
Alla fine il protagonista non si pente di niente (ne  ha combinate tante eh!) ma si dimette, perché  si rende conto che un' epoca è finita. Il protagonista è l'unico personaggio "non storico" del romanzo, e la coscienza critica degli anni di piombo, Ettore è un militante regolare delle BR e rappresenta il pessimo eroe che affiora in tutti i processi storici che cambiano il mondo.
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