[Lab12] Una pietra sul cuore

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Un tramonto dai bagliori di fuoco si espandeva come dita di una mano implorante nel cielo, dipingendo di rosa le case e i palazzi della città. Ignazio guardava dalla finestra del suo albergo le case digradare sul mare. Provava uno struggente desiderio di addentrarsi nelle strette viuzze del centro storico, immergersi nel loro rassicurante buio di odori e di voci, in una vita che non aveva mai vissuto. Peccato però; avrebbe potuto essere. Non aveva detto a nessuno che sarebbe tornato alla sua Isola in mezzo al Mediterraneo, non poteva spiegare il motivo. Sua moglie e anche il suo direttore pensavano che si trovasse in Svizzera per quell’esposizione, ma lui aveva delegato un suo sottoposto e aveva preso un volo per l’Isola.
Nostalgia? Forse. Pentimento. Desiderio di espiazione. Paura.
Paura di essere riconosciuto e giudicato dalla sua terra fin da quando era sceso dall’aereo, sentendosi avviluppare dall’aria  calda e umida impregnata dall’odore del mirto e della pietra  delle montagne intorno all’aeroporto. La sua terra lo aveva riconosciuto. Era sempre una madre amorevole,  arcaica, soffocante. Inesorabile.
Ignazio sentiva di essere arrivato alla fine del suo viaggio anche se era libero di andarsene quando voleva, riprendere la sua vita, la moglie, i figli, il lavoro, ma sapeva che non lo avrebbe fatto. La sua immagine riflessa sullo specchio, un volto cambiato che lo fissava severo, lo metteva in soggezione, come davanti a un giudice sconosciuto.  Spense il televisore, acceso per avere compagnia.  Eppure non avrebbe avuto problemi a trovare persone, stordirsi, passare il tempo con  sconosciuti, lo aveva sempre fatto del resto, come l’ultimo desiderio di un condannato, con buona pace di sua moglie che lo tormentava con la gelosia, specie negli ultimi tempi. E poi i ricordi, il non sapere, fare congetture, passarci notti insonni. E nonostante tutto aveva avuto successo nella vita:  realizzazione sociale ed economica, un buon matrimonio, figli belli e viziati che aveva mandato a studiare all’estero e che non vedeva mai.
Sentiva di non avere la forza di continuare  in quel modo. Non era stato facile vivere con  quell’angoscia, quel peso che si portava dentro come una pietra sul cuore e che non gli aveva mai dato tregua.

Dopo la notte passata in albergo per ambientarsi, forse anche per avere l’illusione di poter ripartire, noleggiò una macchina e si diresse al suo paese di origine.  C’erano dei lontani cugini se erano ancora vivi, ma non gli importava nulla di loro, non era venuto per cercare parenti. Sbagliò strada diverse volte, in tanti anni tutto era cambiato, perdendo tempo e godendo di quel ritardo che lo teneva ancora lontano, ma alla fine vide il cartello sbiadito con il nome del suo paese. Vi entrò con circospezione, come se temesse di essere visto, ma le poche persone che erano in strada non badavano a lui. Anche il paese era cambiato. A fatica ritrovò la vecchia palazzina dove abitava, praticamente uguale ad allora e con altre case sorte intorno nel frattempo. Riuscì a parcheggiare con l’impressione che la macchina ostruisse la strada che da bambino gli sembrava più larga e piena di gente, adesso dava l’impressione di essere stretta e disabitata. Si limitò a guardare in alto al primo piano dove riconobbe la finestra della camera dei suoi genitori con un vecchio balcone arrugginito e la finestra della sua cameretta. Gli tornarono in mente i ricordi, gli venne un accenno di sorriso, gli occhi si inumidirono.  Lasciò la macchina parcheggiata vicino al portone, come se fosse tornato a casa e si mise a camminare per le vie del paese. Era vestito in maniera poco appariscente, il viso non era da straniero e non risaltava, pensava che passati tanti anni non sarebbe stato notato. Quasi nessuno lo guardava infatti. Sentiva che  ogni passo che faceva equivaleva a togliere un piccolo peso dal fardello che gravava sul suo cuore, provava quasi sollievo, una sensazione che aveva sempre desiderato. Anche se non cercava nessuno, non direttamente, sapeva dove andare. Ricordava la vecchia chiesa con la sua piazzetta, teatro di tante scorribande con i coetanei. Da sempre era stato solo un ricordo della mente poi, poco tempo prima,  quasi per caso aveva deciso di esplorare il paese con Google maps. La ricerca aveva acuito quel senso di malessere che lo tormentava da anni e che non aveva mai voluto confidare a nessuno nemmeno alla moglie. Il programma lo aveva fatto penetrare addirittura nella piazzetta e girare intorno alla chiesa, cosa che lo aveva emozionato. Aveva rivisto le increspature delle pareti, il vecchio portone di legno borchiato e altri particolari della piazza anche se alcune cose erano cambiate. Una cosa lo aveva colpito, come se se lo aspettasse. Esplorando un punto laterale della chiesa la piazzetta si allargava;  al centro aveva notato qualcosa che ai suoi tempi non c’era: un piccolo monumento, una sorta di obelisco di marmo con qualche decorazione, si intravedeva una scritta, un cerchio come di una foto. Aveva tentato di ingrandire per vedere di cosa si trattasse, ma l’immagine sgranava, impossibile da decifrare. Quel monumento che ai suoi tempi non c’era, quel punto esatto reclamava la sua presenza.
Doveva assolutamente sapere. Ma aveva paura. Anche per questo era venuto. Il cuore gli batteva forte mentre si avvicinava alla chiesa. Guardava la gente, dei vecchi alzavano lo sguardo su di lui senza dire niente. Avrebbe voluto fare domande ma non osava, non voleva  sentire le risposte. La piazza era deserta, sul pavimento di pietra il vento di scirocco  faceva volare  a mulinello  cumuli di foglie rossastre che strisciavano con un suono ritmico, avanti e indietro, biascicante come una preghiera. Rimase a lungo indeciso poi camminò a passi lenti girando intorno alla chiesa in modo da  arrivare solo alla fine nel punto dove sorgeva l’obelisco. Alla svolta di un contrafforte laterale vide il monumento incombere all’improvviso, come la voce di uno che grida. La sua gola si inaridì, come se fosse in un deserto. Si avvicinò con le gambe tremanti. Girò intorno all’obelisco, ritardando ancora il momento di guardare la lapide scritta. Alla fine ci fu davanti. Come aveva intuito guardando Google maps si trattava di una foto con sotto una scritta. La foto era alquanto sbiadita, in bianco e nero e ritraeva un ragazzino con la testa rasa e una maglietta a righe.
─ Agostino! Tu sei Agostino! ─ disse con voce tremante Ignazio.
“Colpito da mano ignota hai vissuto di tormenti e ci hai lasciati  nel fiore della tua esistenza terrena. Che tu possa  trovare la pace per sempre in paradiso.  A imperituro ricordo i genitori affranti posero.”
Ai piedi della lapide un vaso di fiori freschi e un lumicino acceso. Qualcuno accudiva quel ricordo.
Ignazio si sentì mancare, cadde in ginocchio.
Rivide quel giorno. Aveva impedito che il ricordo riaffiorasse nella sua mente, ma non era riuscito a impedire che pesasse sul suo cuore. Era bambino, finita la scuola, inizio estate. I suoi genitori avevano deciso di lasciare l’Isola per trovare lavoro oltre il mare e lui gironzolava affranto per il paese, perché gli dispiaceva andarsene. Si era appartato con i suoi pensieri dietro una macchia di olivastri che sorgevano rasenti la piazzetta della chiesa. Aveva visto i suoi amici venire per giocare a calcetto come sempre ed era rimasto nascosto. Non era giusto che loro continuassero a vivere felici nel posto dov’erano nati e lui invece se ne dovesse andare chissà dove e cominciare tutto daccapo. Li invidiava. Dall’invidia passò all’odio.  Aveva la fionda in tasca. Scelse con cura una pietra nera e tonda, la lucidò con il sudore delle sue mani. Rimase a guardare per vedere chi si divertiva di più. Agostino, il suo compagno di banco, aveva segnato una rete delimitata da due blocchetti e tanta era la sua gioia che si era messo a fare le capriole. A un certo punto, per far vedere agli altri quanto era bravo, si era messo in equilibrio a testa in giù con i piedi in alto, iniziando a  cantare. Ignazio aveva puntato la fionda alla sua testa e lanciato la pietra. Il canto si era spento di colpo, Agostino era caduto urlando e Ignazio era scappato senza essere visto.  La sera  i genitori avevano parlato di  Agostino, che aveva avuto un incidente, che era stato portato all’ospedale, ma non si sapeva altro di preciso. Ignazio aveva tirato un sospiro di sollievo: in fondo non era successo nulla di grave. Dopo pochi giorni la sua famiglia lasciò il paese per sempre.
Con il passare del tempo Ignazio aveva cercato di dimenticare quell’episodio, non aveva mai chiesto o avuto il coraggio di informarsi,  cercando di convincersi che in fondo non era successo niente, non doveva essere successo niente. Ma quella maledetta pietra gli pesava sempre  sul cuore.  Adesso sapeva.
Erano secoli che non si faceva il segno della croce. Si segnò lentamente. ─ Perdonami Agostino. Avrai giustizia.

Si alzò e camminò lungo le stradine deserte del paese seguendo i cartelli attraverso un velo di lacrime.
Arrivò davanti alla caserma dei carabinieri. Davanti al portone aperto un carabiniere fumava calmo una sigaretta, alle sue spalle si intravedeva un lungo corridoio buio in fondo al quale da una  finestra entrava un fiotto di luce. Ignazio si avvicinò, salutò.
─ Devo sporgere una denuncia ─ disse semplicemente. Per la prima volta dopo tanti anni sentì quella pietra che pesava sul suo cuore staccarsi per sempre.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ciao @Alberto Tosciri 
ci hai regalato un altro dei tuoi splendidi racconti pieni di umanità e dall’inconfondibile aroma della tua terra. 
A dicembre sono stata a Barumini, ho un amico che scrive (di lui potrei dire che è uno scrittore fatto e finito si vede che in Sardegna c’è terreno fertile per questa arte - siete tutti bravissimi fine della digressione) e nel tuo racconto ho riassaporato gli odori e l’atmosfera dei luoghi.
Un cold case che coinvolge il tuo protagonista di cui ci fai vivere appieno il tormento. C’è un pizzico di realismo magico, l’obelisco con la foto sbiadita e la scritta quasi illeggibile che appaiono su uno strumento moderno e che rivelano all’ex ragazzino le vere conseguenze del gesto fatto tanti anni prima. Ha avuto una vita ricca e serena, ma si sente come un ladro che rubato la stessa possibilità a un suo compagno di giochi, un ragazzino pieno di vita e di possibilità inespresse. Ha sempre convissuto col dubbio, con un sottile malessere, con la speranza che tutto si fosse concluso bene, che non fosse successo nulla, ma con quel certo “sesto senso” che forse non era come lui sperava.
Ecco leggendo mi sono calata perfettamente nella situazione, ho provato lo stesso desiderio ambivalente di voler sapere e al contempo restare nell’ignoranza. Ho sperato che quel “cippo” non riguardasse l’amico d’infanzia, del resto la scritta era sbiadita, poteva non essere lui…
Poi c’è l’epifania del personaggio che decide di costituirsi. Poteva anche non scegliere questa auto punizione, avrebbe comunque vissuto il resto della vita nel tormento però lui prima chiede perdono a Dio, l’unico che può emendare la sua colpa e restituirgli la pace dell’anima, e poi anche agli uomini. 
Alberto Tosciri ha scritto: Un tramonto dai bagliori di fuoco si espandeva come dita di una mano implorante nel cielo, dipingendo di rosa le case e i palazzi della città
il rosa lo associo all’alba tanto più che descrivi bagliori di fuoco.

La formattazione fa un po’ muro di parole, magari qualche stacco sarebbe meno impattante a prima vista. Comunque il testo è talmente bello che il muro non disturba perché si è presi dalla lettura. Rimane un fatto estetico.

Grazie  :sss:

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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@Alberto Tosciri la tua sensibilità emerge da ogni testo, e questo è particolarmente riuscito. Non so in quale sottogenere del giallo rientri il tuo racconto che, oltre al crimine, descrive la necesssità di espiare. Di fatto il tuo personaggio scopre soltanto appena giunto in piazza quanto grave sia stato l'esito del suo gesto, ma per istinto aveva sempre sentito quella colpa pesargli sul cuore. Molto belle le descrizioni del paese, e le sensazioni provate dal tuo personaggio nel rivedere i luoghi dell'infanzia; il suo carattere, la sua vita e lo stile con cui l'ha condotta ci vengono descritti chiaramente. Mi è piaciuto in particolar modo la descrizione che hai fatto della sua paura di essere riconosciuto, in fondo cosa pressoché impossibile essendo partito quando era solo un bambino, ma la vergogna per la colpa commessa lo fa sentire sotto tiro, esposto. Bravo, molto bello.
Complimenti

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Grazie @@Monica
Mi fa piacere che sei stata a Barumini, la Sardegna è  ricca di regge nuragiche anche più grandi, alcune sono ancora sepolte.
Tutta l'Isola (io a volte la chiamo così, per antonomasia) per me ha un'anima evocatrice di introspezioni, ci puoi dialogare e ottenere risposte, non sei mai solo. Le risposte a volte sono implacabili, ma hanno una loro giustizia imperscrutabile, se la riconosci, se l'accetti, dopo sei in pace.
Una leggenda racconta che Dio dopo aver creato il mondo con un solo gesto, avanzandogli un pugno di pietre le gettò in mezzo al mare  Mediterraneo e ritenne opportuno intervenire ancora posando il suo piede su quelle pietre per livellarle, lasciando l'impronta del suo sandalo. I greci chiamarono quella terra Ichnussa o Sandaliotis.

La mia digressione è stata più lunga della tua, ma del resto anche la vita non è mai lineare ma ricca di digressioni.  :)

Sono contento che il racconto ti sia piaciuto e che sia comprensibile (nonostante la formattazione: hai ragione).

Ti assicuro che anche al tramonto talvolta, non sempre, in particolari condizioni non molto frequenti di limpidezza del cielo e presenza più o meno fitta di nuvole, specie in riva al mare per pochi minuti il cielo diventa  rossastro  scuro e fa assumere alle case e alla natura un colore tendente al rosa che via via si incupisce. Un effetto bellissimo, peccato che duri pochi minuti.

Grazie @Adel J. Pellitteri

Contento che il racconto ti sia piaciuto.

Di sicuro è un sottogenere di giallo che ho scritto, potrei citarti, e non pensare che mi sia montato la testa, Delitto e castigo di Dostoevskij, dove sin dall'inizio si conosce l'assassino e il romanzo si basa sul suo desiderio di essere scoperto, di espiazione.
Ma anche nel romanzo del nostrano Emilio De Marchi, Il cappello del prete, vige la stessa costruzione.
Io, più prosaicamente in quattro battute ho cercato di ricalcare quelle atmosfere adattandole a cose che conosco.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Caro @Alberto Tosciri,

questo, come ha detto Monica, è un "cold case" risolto dall'assassino. In realtà, Ignazio era un ragazzino all'epoca, e non pensava che la pietra lanciata dalla sua fionda per invidia avrebbe fatto molto più che male al suo piccolo coetaneo Agostino. Ma persino una colpa in età così giovane lascia una traccia che, presto o tardi, riporta l'interessato sul luogo del delitto. 

Questi aveva taciuto in famiglia, che pochi giorni dopo lasciava l'Isola per lavoro, e le scarne notizie che aveva captato in giro erano che Agostino era all'ospedale. Ferito, ma ancora vivo.
Partiva così, per non tornare se non dopo tantissimo tempo, spinto dal desiderio di sapere la verità. Per togliersi il peso di quella pietra dal cuore.

Magistrale  la costruzione di questa indagine a ritroso, che purtroppo svela all'investigatore il peggior esito possibile della sua ricerca.
Hai richiamato "Delitto e castigo" e la formula rivela quanto il cuore di un uomo colpevole abbia bisogno di scontare le sue colpe per riprendere a vivere.
L'hai scritto da par tuo e, anche se ho esitato davanti a due virgole mancanti, ho tirato dritto, come vedi, non volendo mettere del grezzo in questa mirabile  storia di una vita trascorsa lontana dal proprio paese con un delitto sul cuore e tornata sul posto per consegnarsi al proprio castigo, come l'Autore dice qui:
Alberto Tosciri ha scritto: lun gen 29, 2024 6:55 pmErano secoli che non si faceva il segno della croce. Si segnò lentamente. ─ Perdonami Agostino. Avrai giustizia.
E qui:
Alberto Tosciri ha scritto: lun gen 29, 2024 6:55 pm─ Devo sporgere una denuncia ─ disse semplicemente. Per la prima volta dopo tanti anni sentì quella pietra che pesava sul suo cuore staccarsi per sempre.
Chapeau, bravo @Alberto Tosciri  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Questo è racconto di profonda introspezione e redenzione, avvolto da una narrazione coinvolgente e ricca di immagini suggestive. La descrizione del tramonto che dipinge di rosa le case e i palazzi di una città mediterranea è stata così suggestiva che sembrava di vederla con i miei occhi.
Il personaggio di Ignazio è ben delineato, un uomo che nonostante l'apparente vita perfetta, era intrappolato tra i ricordi del passato e il peso della colpa, tornato nella sua terra natia per un confronto finale con se stesso e le sue azioni. Il finale, con Ignazio che si arrende alla giustizia per il suo crimine d'infanzia, mi ha commosso terribilmente: se fosse stata una persona reale penso che l'avrei abbracciato! :D 

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ciao @Alberto Tosciri 
Non è un giallo classico il tuo, una storia commovente raccontata come solo tu sai fare.
Belle le descrizioni, ci hai messo tutto: colori, odori, sensazioni...
Giusto qui, troppi aggettivi:
  ha scritto:Alberto TosciriLa sua terra lo aveva riconosciuto. Era sempre una madre amorevole,  arcaica, soffocante. Inesorabile.
Perfino contrastanti, ma è il tuo stile, lo riconosco.
  ha scritto:Alberto TosciriNon era stato facile vivere con  quell’angoscia, quel peso che si portava dentro come una pietra sul cuore e che non gli aveva mai dato tregua.
Mi domando però, se non lui stesso, possibile che i suoi genitori non abbiano mai avuto notizie dal paese? Nel mio immaginario tutti i migranti prima o poi tornano o incontrano compaesani... Che abbia scoperto della morte del ragazzo tramite Google Maps è una bella idea.
Quella dell'obelisco invece mi sembra un po' strana. Forse si usava nella tua isola? Nella mia città c'è un monumento a un ragazzo caduto con un aliante durante un esercitazione, ma quella è un'altra storia, il monumento sorge sul piazzale dell'aeroporto militare. 
  ha scritto:Alberto Toscirivrebbe voluto fare domande ma non osava, non voleva  sentire le risposte. La piazza era deserta, sul pavimento di pietra il vento di scirocco  faceva volare  a mulinello  cumuli di foglie rossastre che strisciavano con un suono ritmico, avanti e indietro,
Bellissima, Complimenti!
  ha scritto:Alberto Tosciri─ Devo sporgere una denuncia ─ disse semplicemente. Per la prima volta dopo tanti anni sentì quella pietra che pesava sul suo cuore staccarsi per sempre.
Si è tolto il peso? Dirlo ai carabinieri dopo tutti gli anni che ha sofferto ripensando ad Agostino lo fa sentire alleggerito? Io credo che con un macigno del genere ci si muore, non c'è modo di pagare. Lui era un bambino solo quello può farlo sentire un poco meglio. Non c'è prezzo da pagare per chi commette un omicidio, lo paghi alla società, ma se ne senti il peso rimane per sempre. 
Lo hai raccontato in tutta la storia il suo tormento. 
  ha scritto:Alberto TosciriSbagliò strada diverse volte, in tanti anni tutto era cambiato, perdendo tempo e godendo di quel ritardo che lo teneva ancora lontano, ma alla fine vide il cartello sbiadito con il nome del suo paese. Vi entrò con circospezione, come se temesse di essere visto, ma le poche persone che erano in strada non badavano a lui. Anche il paese era cambiato. A fatica ritrovò la vecchia palazzina dove abitava, praticamente uguale ad allora e con altre case sorte intorno nel frattempo. Riuscì a parcheggiare con l’impressione che la macchina ostruisse la strada che da bambino gli sembrava più larga e piena di gente, adesso dava l’impressione di essere stretta e disabitata. Si limitò a guardare in alto al primo piano dove riconobbe la finestra della camera dei suoi genitori con un vecchio balcone arrugginito e la finestra della sua cameretta. Gli tornarono in mente i ricordi, gli venne un accenno di sorriso, gli occhi si inumidirono.  Lasciò la macchina parcheggiata vicino al portone, come se fosse tornato a casa e si mise a camminare per le vie del paese. Era vestito in maniera poco appariscente, il viso non era da straniero e non risaltava, pensava che passati tanti anni non sarebbe stato notato. Quasi nessuno lo guardava infatti. Sentiva che  ogni passo che faceva equivaleva a togliere un piccolo peso dal fardello che gravava sul suo cuore, provava quasi sollievo, una sensazione che aveva sempre desiderato. Anche se non cercava nessuno, non direttamente, sapeva dove andare. Ricordava la vecchia chiesa con la sua piazzetta, teatro di tante scorribande con i coetanei. Da sempre era stato solo un ricordo della mente poi, poco tempo prima,  quasi per caso aveva deciso di esplorare il paese con Google maps. La ricerca aveva acuito quel senso di malessere che lo tormentava da anni e che non aveva mai voluto confidare a nessuno nemmeno alla moglie. Il programma lo aveva fatto penetrare addirittura nella piazzetta e girare intorno alla chiesa, cosa che lo aveva emozionato. Aveva rivisto le increspature delle pareti, il vecchio portone di legno borchiato e altri particolari della piazza anche se alcune cose erano cambiate. Una cosa lo aveva colpito, come se se lo aspettasse. Esplorando un punto laterale della chiesa la piazzetta si allargava;  al centro aveva notato qualcosa che ai suoi tempi non c’era: un piccolo monumento, una sorta di obelisco di marmo con qualche decorazione, si intravedeva una scritta, un cerchio come di una foto. Aveva tentato di ingrandire per vedere di cosa si trattasse, ma l’immagine sgranava, impossibile da decifrare. Quel monumento che ai suoi tempi non c’era, quel punto esatto reclamava la sua presenza.
Doveva assolutamente sapere. Ma aveva paura. Anche per questo era venuto. Il cuore gli batteva forte mentre si avvicinava alla chiesa. Guardava la gente, dei vecchi alzavano lo sguardo su di lui senza dire niente. Avrebbe voluto fare domande ma non osava, non voleva  sentire le risposte. La piazza era deserta, sul pavimento di pietra il vento di scirocco  faceva volare  a mulinello  cumuli di foglie rossastre che strisciavano con un suono ritmico, avanti e indietro, biascicante come una preghiera. Rimase a lungo indeciso poi camminò a passi lenti girando intorno alla chiesa in modo da  arrivare solo alla fine nel punto dove sorgeva l’obelisco. Alla svolta di un contrafforte laterale vide il monumento incombere all’improvviso, come la voce di uno che grida. La sua gola si inaridì, come se fosse in un deserto. Si avvicinò con le gambe tremanti. Girò intorno all’obelisco, ritardando ancora il momento di guardare la lapide scritta. Alla fine ci fu davanti. Come aveva intuito guardando Google maps si trattava di una foto con sotto una scritta. La foto era alquanto sbiadita, in bianco e nero e ritraeva un ragazzino con la testa rasa e una maglietta a righe.
Per me sta pagando e pagherà ancora dopo essersi costituito.

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Grazie @Poeta Zaza
Il mio è un "giallo" per modo di dire, avevo scritto anche altri racconti, ma per descrivere gli investigatori in un modo che per me non fosse pesante avevo bisogno di più tempo e spazio   :)

Grazie @sarycaine per la lettura e per le tue belle parole  :)

Grazie @Albascura  :)

Ti do ragione per gli aggettivi troppi e contrastanti;  scrivo spesso in questo modo perché penso che la vita, le persone, non si debbano mai guardare da un'unica prospettiva ma da diverse angolazioni che spesso divergono, sono contrastanti.
È questo a rendere tutto  interessante, fonte di meditazione e apprendimento.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Bravo @Alberto Tosciri . E' un racconto potente, come ormai ci hai abituato.
Con la maestria che ti conosciamo hai saputo accompagnarci per vicoli, strade e piazze del passato, fino a sollevare il velo delle verità negate. 
Tutto ciò lo rende un bel Cold Case come hanno già notato altri.
Del resto, l’anima più preziosa di un giallo non è certo il giochetto enigmistico quanto lo sguardo spietato che posa sulle miserie del mondo. E questo ci piace, perché l’ingrato compito è affidato a qualcun altro, che però alla fine ci  perdona e ci lascia tornare alle nostre (misere) vite. Una sorta di espiazione in differita, imparentata col brivido del pericolo senza rischio delle montagne russe, dei film horror, dei cibi piccanti che ustionano le papille.
Quindi bravo.
Tuttavia, ho sofferto un poco lo scarto tra l’enormità del senso di colpa e la fragilità del gesto.
Agostino è morto con una sassata tirata dalla disperazione di un bambino condannato a perdere tutto il suo mondo. Due vittime, due condanne a morte, a ben vedere. Una effettiva, se pure preterintenzionale, l’altra interiore, costruita negli anni fino alla nemesi.
Eppure vittima appare solo Agostino, celebrato addirittura con un monumento che sembra fatto apposta per lavare le coscienze, come sempre fanno i monumenti. Santo lui, e santi tutti quelli che si mettono in favore di riverbero. 
Non Ignazio, lasciato solo da un mondo che di lui nemmeno si ricorda.
Mi manca qualcosa. Non tanto l’equivoco sul senso di giustizia, quanto una nemesi autentica, capace se non di ribaltare, almeno di appianare i conti.
Secondo me a questo dovrebbero servire i ritorni. Altrimenti sono soltanto repliche di messe in scena senza attori.
 
 

 
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Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ciao @aladicorvo

grazie della lettura, del commento e apprezzamento  :)
aladicorvo ha scritto: l’anima più preziosa di un giallo non è certo il giochetto enigmistico quanto lo sguardo spietato che posa sulle miserie del mondo
Bravissima, è proprio quello che penso anche io. I giochi enigmistici sono belli in quanto giochi, come gli scacchi e le parole crociate. Ma nella vita reale la ricerca di un enigma mi appassiona se si tratta di un mistero archeologico da decifrare, e ci passo anche il tempo, può essere la ragione della mia vita, ma per un detective la ricerca di un assassino non dovrebbe essere il suo passatempo preferito, per il quale magari va in rotta con moglie e figli perché li trascura o meglio: perché preferisce risolvere i suoi enigmi quotidiani, ama quella vita, la routine, le indagini, gli appostamenti, gli interrogatori, prove, deduzioni, teoremi e quant’altro.
I teoremi nelle ricerche di un colpevole sono detestabili. Per colpa dei  teoremi costruiti a tavolino innocenti sono finiti all’ergastolo.  Chiaramente deve essere fatta giustizia, cosa molto difficile.

Nel mio racconto Ignazio ha vissuto la sua vita normalmente, senza avere coscienza di quello che aveva fatto, ma con un tarlo che gli rodeva dentro da sempre, sul quale non aveva mai avuto il coraggio di approfondire, infatti non era mai più tornato al suo paese, non si era informato e quando si va via, specie quando si partiva tanti anni fa, i collegamenti non erano come oggi che si sa tutto di tutti minuto per minuto. Può essere plausibile aver vissuto con questo “vuoto” questa vita che si poteva ancora fare fino a una ventina d’anni fa.

Cosa intendi per nemesi autentica?
Ignazio costituendosi rinuncia alla sua vita, pagherà per quello che ha fatto, non so come ma non sarà più libero.
Anche se confesserà la sua azione, anche se quella pietra lascerà il suo cuore, ma solo perché si dichiarerà colpevole davanti agli uomini, non potrà comunque considerare la cosa finita.
Nessuno ci avrà fatto caso ma quando va in caserma, guardando oltre il portone dietro il carabiniere, c’è un lungo corridoio buio e in fondo una finestra, una sola, dalla quale entra la luce.
Volevo mettere una metafora. Attraverserà il buio della colpa, del pentimento, della condanna, ma in fondo ci sarà una luce anche per lui. Non so cosa potrà essere, ma alla fine di ogni disperazione, proprio alla fine, si dovrà pur trovare una motivazione, una luce, qualcuno potrà, spero, permettergli di aprire i divini cancelli del cielo con le chiavi pesanti del suo stesso tormento.
(Parafrasando Sven Hassel )
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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@Alberto Tosciri  Grazie per questo racconto. Hai trasmesso delle emozioni comuni a tutti quelli che abbandonano la propria terra. Il ritorno, i ricordi, i cambiamenti. Scritto sapientemente con le sensazioni che trasmetti che ti entrano dentro. Mi hai fatto venire voglia e nostalgia di ritornare al paese dei miei genitori in Puglia, che manco da innumerevoli anni, quando si partiva per le vacanze estive da Milano con la 850 special in cinque e portapacchi sul tetto. (Forse ho esagerato, qualche altra volta dopo ci sono stato, ma ormai tanto tempo fa)
Poi con i tempi moderni, la vecchia masseria della famiglia di mia madre alla periferia del paese è stata abbattuta negli anni 80 per far posto a delle palazzine. Mentre quella di mio padre nel tortuoso centro storico di tufo esiste ancora. Magari farò una puntatina, grazie agli stimoli del tuo racconto.
A rileggerti.

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ciao @Kasimiro

Conosco la nostalgia per la propria terra quando si è lontani, sono stato  lontano per tanti anni.
A volte però, almeno per me, il ritorno non è mai come lo si è sempre sognato, trovi tutto cambiato. Le persone, parenti, amici, a volte non ci sono più, la vita non è più quella di prima e i luoghi non sembrano più gli stessi.
Ricordo anche io la mitica Fiat 850 special di mio padre, color avorio (classica) stracarica di noi bambini e di bagagli sul portapacchi sul tetto quando si andava in vacanza dai nonni. Ora è tutto finito. Io sono tornato a casa come un reduce, in tutti i sensi, non c'è quasi più nessuno, la gente è cambiata, le generazioni sono cambiate. 
L'unico ricordo della mia infanzia è un secolare pozzo di pietra con due colonne sbilenche che sorge in mezzo alla campagna, ora zona residenziale, dove adesso c'è la mia casa e il giardino e che vado a trovare e accudire come posso, con il cuore in gola.
Ho una foto in bianco e nero dei primi anni Cinquanta di quel pozzo davanti al quale si fecero fare una foto i miei genitori, giovanissimi, i nonni e bisnonni. Mi siedo davanti a quel pozzo  e ho ancora l'illusione di vederli come nella foto.
È inutile che qualcuno mi dice che il mondo va avanti, che bisogna vivere il presente. A me questo presente, parlando anche in generale, non piace per niente.
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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@Alberto Tosciri ciao, che bello rileggere un tuo lavoro. Da subito dico che mi aspettavo un racconto fatto in questo modo. Il tuo stile, il peso delle parole. L'atmosfera d'ambientazione in una terra dai mille misteri, atta a nascondere negli anfratti, gesta dei balentes e non. Ogni volta che ti leggo è come se prendessi l'aereo e tornassi lì, tra pietre e luoghi solitari. La storia è come una litania, la celebrazione della sventura umana.
L'unico appunto che farei è questo. Mi pare di capire che Ignazio sia nell'Arma o nell'esercito, dato che parli di sottoposto.
La questione è, se così fosse, perché andare a denunciare un omicidio, o meglio, perché ritiene di aver compiuto un omicidio. Tu sai bene, che potrebbe essere solo configurato quello colposo, in quanto, fuori dall'intenzione, e che all'epoca era solo un ragazzino. A questo punto cosa serve l'autodenuncia, quando non porterebbe a niente, a nessun procedimento? Penso che ci vada con l'intento di scaricare il peso dall'anima, e non per consegnarsi alla giustizia. Sbaglio? Ciao a si biri :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ciao @bestseller2020

Mentre postavo un commento al tuo racconto tu lo postavi al mio  :D

Mi fa piacere che ci vedi la nostra terra in quello che scrivo sai, non è facile descrivere sensazioni che si rimuginano nel silenzio assoluto da sempre.
Hai ragione sui mille misteri e anche di più. Sto facendo ricerche poco ortodosse sul passato e ne sto scoprendo delle belle, come il fatto che La Sardegna agli inizi del XVIII secolo per una ventina d'anni è stata in bilico per avere un re austriaco e avremmo avuto la sua dinastia anziché i  viceré dei Savoia... Avremmo avuto una storia diversa e forse pur andando in guerra i nostri avi avrebbero sparato da un'altra parte... Una ucronia fantastica.
bestseller2020 ha scritto: L'unico appunto che farei è questo. Mi pare di capire che Ignazio sia nell'Arma o nell'esercito, dato che parli di sottoposto.
La questione è, se così fosse, perché andare a denunciare un omicidio, o meglio, perché ritiene di aver compiuto un omicidio. Tu sai bene, che potrebbe essere solo configurato quello colposo, in quanto, fuori dall'intenzione, e che all'epoca era solo un ragazzino. A questo punto cosa serve l'autodenuncia, quando non porterebbe a niente, a nessun procedimento? Penso che ci vada con l'intento di scaricare il peso dall'anima, e non per consegnarsi alla giustizia.
Qui lo sbaglio tecnico diciamo che è stato mio. Essendo stato una vita nell'Esercito per me il termine "sottoposto" era acquisito, senza pensare che è un termine troppo "militare". Ignazio non è un militare e nemmeno nell'Arma. Probabile che  il termine si usi anche nelle aziende, ma è un po' tirato, lo ammetto. Era meglio dire che aveva incaricato un giovane dipendente con mansioni di segretario o una cosa così.
Ho pensato che autodenunciandosi Ignazio non finirà  certo all'ergastolo, però ci sarà pure una procedura d'accertamento dei fatti, la notizia avrà risalto, lo sapranno tutti e questo potrebbe essere l'equivalente di una condanna per lui, una sorta di pacificazione con sé stesso, per quanto sia una cosa difficile. Non si risolvono così queste cose.
Grazie per la tua lettura.
A si biri  :)
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ciao @Alberto Tosciri,
complimenti per questo bel racconto.
In altre occasioni non mi sono trovata col tuo stile, leggevo nei commenti tanti apprezzamenti, ma io "non ti sentivo".
Questo per me è il più bel racconto che hai scritto da quando ti leggo.
Mi hai fatto vedere le ambientazioni, immaginare colori e odori, bravo.
Anche l'introspezione del protagonista è notevole.
Qualche dubbio sul giallo, perché è vero che l' assassino ha voluto scoprire se fosse tale, ma il finale era annuncio, non è questo il fulcro del racconto.

Se può essere di aiuto:
Alberto Tosciri ha scritto: vide il monumento incombere all’improvviso, come la voce di uno che grida
credo sia preferibile "vide il monumento incombere, come un grido improvviso, glaciale."
Alberto Tosciri ha scritto: non aveva mai chiesto o avuto il coraggio di informarsi
Mi sembra una ripetizione.

Ancora complimenti, mi è piaciuto molto
<3

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Ti ringrazio @Modea72

Riconosco che scrivo in maniera alquanto diversa da altri  e certo non può piacere sempre tutto, è normale. Penso che ognuno scriva in base alle sue esperienze di lettura e di vita e io ho usufruito di entrambe queste cose in maniera che penso siano alquanto diverse dalla maggior parte degli altri, non  dico certo migliori ma diverse, specie per quanto riguarda la vita che gioca la sua parte, eccome se la gioca, influenzando anche il modo di sentire le cose, il modo di esprimersi. Faccio molti sbagli.

Certamente le tue notazioni mi sono d'aiuto, talvolta riscrivo con calma, per me stesso,  qualcosa che ho postato  basandomi sui consigli e suggerimenti che ricevo  :)

Mi ha fatto tanto piacere che il mio racconto ti sia piaciuto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Un racconto eccellente, Alberto.
Quando ho aperto il file e ho visto una specie di muro di testo, mi sono detto: «Uh, sarà pesantissimo da leggere». Che c'era un muro di testo mi torna in mente solo ora che devo fare il commento, e questo già basterebbe come commento.
Dentro al racconto ho trovato tanti richiami a pagine della letteratura che io giudico tra le più belle.
Inizio dalla trama, che è chiara fin da subito: Ignazio cerca la verità e, soprattutto, una forma di espiazione di quel peccato di gioventù. Ha cercato di metterci una pietra sopra per tutta la vita, ma in cuor suo sa che deve fare i conti con il passato. Si capisce ben presto che non ci sarà un colpo di scena, ma non ce ne potrebbe importare di meno: questo non è un giallo classico, è più un "noir", che rientrava comunque tra le declinazioni del tema ammesse. Quel sentimento di pentimento e il bisogno pressante di espiazione non possono non richiamare alla mente il Dostoevksij di "Delitto e castigo".
La natura, parte vivente del racconto, è descritta con una vena di nostalgia che ti è peculiare, ed è ricca di aggettivazione e di colore: fin dall'incipit mi ha risvegliato sensazioni che pochi altri oltre il grande Gabo, con i suoi colori e la sovrabbondanza di aggettivi, hanno il potere di suscitare in me. E non è certo la prima volta che leggendoti penso al realismo magico di Gabriel Garcia Marquez.
Infine lo scavo interiore nella psicologia del protagonista, quel senso di rassegnazione all'ineluttabile come se tutto fosse già scritto nelle pagine della vita, mi ha riportato alla mente alcuni dei personaggi di Simenon, condannati fin dalle prime pagine di un romanzo ad andare incontro al proprio destino, senza possibilità alcuna di mutarlo.
Ho citato Simenon e Garcia Marquez, due autori che assieme a pochissimi altri per me stanno lassù nell'Olimpo della Letteratura, e Dostoevskij, di cui non amo tutto ciò che ho letto, ma che con "Delitto e castigo", a mio modo di vedere, riesce ad arrampicarsi fin sulla vetta.
Fra i tanti tuoi racconti che ho apprezzato nel corso degli anni, questo è di certo uno dei migliori, se non il migliore in assoluto. 
Bravissimo.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
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Re: [Lab12] Una pietra sul cuore

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Grazie @Marcello, ma che commento… bellissimo.
Hai ragione per il muro di testo, la prossima volta presterò più attenzione, ma sono contento che non ti abbia ostacolato la lettura.
Marcello ha scritto: Dentro al racconto ho trovato tanti richiami a pagine della letteratura che io giudico tra le più belle.
Allora vuol dire che all’incirca amiamo gli stessi autori. Un elenco infinito quindi.
Marcello ha scritto: questo non è un giallo classico, è più un "noir"
Penso anche io che si avvicini più al noir. Da ragazzino durante alcune estati lessi decine di noir, appassionandomi al genere, molti di ambientazione franco-belga, i miei preferiti. Che mondo! Purtroppo non ricordo i titoli e gli autori, sto facendo ricerche in rete nelle edizioni di quegli anni, nelle trame, negli incipit. Erano quei tascabili da poco prezzo con un meraviglioso odore di carta grezza e inchiostro e il fascino di una scrittura ben fatta anche nelle traduzioni,  non solo commerciale, d’intrattenimento. I francesi sono sempre dei maestri.
Dostoevksij, Marquez, Simenon che hai nominato sono tra i miei preferiti. Il realismo magico di Gabo, sul quale talvolta mi addentro con circospezione, mi serve per superare la quotidianità della routine, per quanto anche la routine, a saperla e volerla ben vedere, abbia un suo fascino. Non sarei riuscito a resistere in determinati luoghi e situazioni se non avessi visto quello che mi circondava da un’angolazione che andava oltre la normale percezione dei sensi, aprendomi l’ingresso a un mondo nel quale avrei voluto vivere.
Marcello ha scritto: Fra i tanti tuoi racconti che ho apprezzato nel corso degli anni, questo è di certo uno dei migliori, se non il migliore in assoluto. 
Bravissimo.
Beh, questo mi ha sinceramente commosso, anche perché ci conosciamo virtualmente da anni, fin dai primordi del WD.
Ancora grazie, Marcello.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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