Alcuni personaggi ed eventi raccontati, sono liberamente ispirati a persone e fatti realmente accaduti.
Alcuni personaggi ed eventi raccontati, sono liberamente ispirati a persone e fatti realmente accaduti.
Alcuni personaggi ed eventi raccontati, sono liberamente ispirati a persone e fatti realmente accaduti.
Al mercato tutti si voltavano. Chi apriva le finestre per guardare, e chi le chiudeva infastidito.
Poi all'improvviso faceva partire un rutto lasciando attorno un silenzio imbarazzante. Allora quelli che avevano chiuso le finestre le riaprivano parzialmente per capire cosa fosse successo, sbirciando dalle fessure. Mariella, dolce fanciulla dai lineamenti fini, gracile e abbigliata da sembrare una bambolina, faceva dei rutti che sembravano dei boati. Non dipendevano dal cibo o bevande gasate, neppure da problemi intestinali: Mariella digeriva anche le pietre. Partivano a cappella come quando uno decide di fischiettare. All'inizio l'imbarazzo di chi le stava vicino era notevole, poi il sorriso prendeva piede per sdrammatizzare. Le piaceva tanto andare al mercato insieme ai suoi compagni. Uno era Jess, con una gobba da far invidia a un dromedario; comunicava anch'egli con dei brontolii, ma più gravi, quasi primitivi. La sua andatura era barcollante, instabile, sbilanciata tutta di lato, e per non fargli mancar nulla, soffriva di scialorrea acuta, tanto da lasciare una scia di bava sul terreno. Poi c'era Giuseppina che aveva un gran bisogno di affetto: afferrava senza preavviso la mano di qualche sconosciuto, la annusava e poi la usava come spazzola per accarezzarsi i capelli, lasciando la persona che aveva di fronte atterrita. Era rotondetta, per usare un eufemismo e saltuariamente (per fortuna) soffriva di problemi intestinali improvvisi. L'unica seccatura era che in caso di stimolo faticava a trattenere i propri bisogni e doveva espletarli nell'immediato, e se non trovava una toilette nelle vicinanze, placidamente in qualunque luogo si trovasse si calava i pantaloni e procedeva. L'ultima volta l'aveva fatta sul sagrato della chiesa del paese, gesto che in tempi non lontani poteva concludersi con un rogo nella piazza del paese. Oggi sarebbe esentato dal confessarlo come peccato.
La combriccola continuava con Luigi che era molto legato alla sua seggiola con le quattro ruote motrici. Gli piaceva così tanto da non volerla abbandonare mai. Bisognava sollevarlo di peso perfino quando doveva andare a letto. Era così pigro che non si voleva alzare neanche per fare la pipì, tanto che gli avevano messo un sacchettino penzolante che raccoglieva il liquido ambrato attraverso una prolunga. In compenso c'era Joseph che saltellava in continuazione, sembrava una scheggia impazzita e mentre zompettava faceva delle ispezioni profonde con il suo indice nell'orifizio nasale, per eliminare corpi estranei: un maniaco della pulizia.
Katia era dolcissima, provava un'attrazione smisurata per i bambini con i quali voleva giocare. Perdeva il senso del tempo e se non fosse per la mamme che dopo un po' li portavano via, poteva rimanere in loro compagnia all'infinito. Non era più una bambina anche se era nel fiore della giovinezza e quel passaggio alla pubertà per lei aveva rappresentato qualcosa di spiazzante, destabilizzante. E come darle torto se il fastidio che provava quei pochi giorni al mese la portavano ad avere le mani rosse come una scena di un film di Dario Argento?
Chiudeva il gruppo il perseverante Giovanni: salutava tutti e chiedeva che macchina avessero, vecchi e bambini non facevano differenza.
L'allegra banda, complice di volenterosi assistenti, faceva il suo ingresso nei mercati dei paesi del circondario una volta alla settimana. Un modo per vedere il mondo fuori dalle mura in cui erano relegati. La gioia si poteva capire dai loro occhi. Avevano anche qualcosa di sacro: quando imboccavano il viale affollatissimo di gente, stipato di banchetti nei due lati, al loro passaggio accadeva un miracolo: la folla come per incanto si spostava ai lati lasciando un varco libero, come quando le acque del mar Rosso si ritirarono al passaggio di Mosè.
Era bello vedere come molti sconosciuti li salutavano con il sorriso, gesto che non capita spesso ai comuni mortali. Senza l'intenzione di offenderli c'è chi gli offriva delle banane, ma anche uva e fragole. L'addetto al banchetto del pane: grissini alla pizzaiola; quello del pesce: anelli di calamari fritti. Se tutti fossero così generosi, si risolverebbe la fame nel mondo all'istante; anche se mangiare calamari fritti tutti i giorni, avrebbe provocato altri problemi, ma questo è un altro discorso.
C'era anche chi aveva paura, per non dire terrorizzato. Un bambino si mise a piangere alla vista di Jess con quella gobba e la sua voce da orco. E la mamma, naturalmente, per proteggerlo gli mise una mano davanti agli occhi mentre si allontanavano di corsa; il bambino strillava sempre più con la mamma che non era da meno. In compenso un'altra bambina che stava gustando un gigantesco lecca lecca a forma di cuore, vedendo l'omone intristito, le venne spontaneo donargli la leccornia. Jess cambiò espressione all'istante e commosso sfoderò un sorriso che neanche il vincitore della lotteria di Capodanno poteva eguagliare.
Ma le cose si misero improvvisamente male quando una vecchietta scivolò su un cumolo di bava depositato a terra, complice l'euforia di Jess: un piede le slittò in avanti e l'altro all'indietro, mentre il bacino si abbassava verso il terreno. Una vera spaccata in piena regola, se non fosse per quel Crack che destò non poca preoccupazione. L'anziana rimase bloccata a terra, nella famosa posizione da ginnasta, finché alcuni passanti pensarono di tirarla su nello stesso modo in cui era scivolata.
“Accidempoli, perdincibacco e corbezzoli abbaglianti. Wow! Erano settant'anni anni che non facevo la spaccata. Bava benedetta!” commentò l'arzilla vecchietta. “Alla faccia di quei mostri che mi vorrebbero rinchiudere.” Non contenta si cimentò anche in una ruota ripetuta, ricordando i tempi in cui era una campionessa di ginnastica. E roteando scomparve nella periferia, senza fare ritorno.
Dopo aver attraversato il variopinto mercato con un'epica e faticosa marcia, (cento metri erano come scalare una montagna) un po' di riposo con un'integrazione di zuccheri era d'obbligo dopo la faticata. Nella piazza non poteva mancare il bar centrale con i suoi tavolini all'aperto.
Si radunarono nel un punto più esterno in modo da avere la visuale sulla piazza. Una leggera brezza dava sollievo alla giornata afosa. In un angolo un signore attempato con giacca, cravatta, un cappello tipo borsalino e una chitarra in mano, strimpellava cantando canzoni folcloristiche napoletane. Quando partì una tarantella Mariella iniziò a urlare parole e versi sconfusionati che superarono di gran lunga i decibel delle parole amplificate dello chansonnier partenopeo. E per dargli il benvenuto sfoderò il suo speciale urlo di Tarzan.
Joseph partì con uno scatto da velocista e, come un saltimbanco, zompettava fuori tempo al ritmo della tarantella. Il cantante si alzò dal suo treppiede e gli andò incontro cadenzando il ritmo, cercando invano di riportarlo al tempo e sfoderando al contempo un sorriso d'altri tempi con quell'incisivo d'oro che rifletteva bagliori di luce. Alcuni bambini li guardarono incuriositi e intimoriti. E allora partì anche Katia cercando di coinvolgere nel ballo le giovani creature. Giovanni con fare discreto si aggirava intorno alla piazza interpellando tutti gli spettatori, quasi fosse un giornalista che rilasciava interviste per conto di Quattroruote.
A uno a uno, dopo aver consumato al bar un vassoio di paste con relative bibite, si allungarono nella piazza. Arrivò anche il prete a benedire invitandoli a pranzo. Il primo istinto fu quello di tappare la bocca a Mariella, poi gli operatori valutarono che non erano preparati per improvvisare un pranzo. Mancavano le terapie, la siringona con la quale iniettavano il cibo frullato per Luigi, i pannoloni di ricambio e il cambio dei vestiti nel caso qualcosa fosse andato storto; inoltre, la speciale sedia ergonomica per Jess. Ringraziarono il parroco e Giovanni che aveva intravisto nel cortile una 2 Cavalli bicolore disse: “Possiamo venire a pranzo domani?”
“Ij venghe pure ogge!” si fece avanti Alfonso, l'artista di strada.
“Va bene, vieni pure Alfo.”
Una tristezza smisurata piombò sul gruppo. Jess addirittura smise di perdere liquidi dalla bocca e Mariella di emettere suoni. Anche gli altri rimasero in silenzio. Una rarità, si direbbe, anche se tante volte, farli tacere poteva essere uno degli obiettivi primari.
“Non ce la faccio proprio a vedervi così!” disse Marco, uno degli accompagnatori.
“Ma sì, facciamo uno strappo alla regola. Andiamo! Faremo tutto dopo” continuò la collega Matilde.
Ma Giovanni mentre ammirava la vecchia Citroen, non fece in tempo a dire nulla che stramazzò a terra, con spasmi e saliva alla bocca. Un corto circuito elettrico nel cervello, improvviso, anche se delle pasticchette dovevano limitarne la probabilità.
Non gli andò però così male poiché nella caduta, inconsapevolmente, si portò dietro una suora che gli fece da cuscino. Questa, rotondetta, attutì il colpo con le spesse vesti e le morbide membra. Vedendo quel giovane smarrito, le venne spontaneo intonare delle preghiere; il capo del ragazzo poggiava dolcemente sul grembo della sorella. Una scena da pala d'altare: “Il miracolo della monaca che guarisce l'infermo” avrebbe potuto intitolarsi. E infatti il giovane appassionato di auto riprese subito conoscenza, a conferma delle doti della suora, con un solo piccolo imprevisto: in questi casi la minzione non sempre viene trattenuta e una pozza si era formata sul pavimento.
Con un'efficienza sbalorditiva venne gettata della segatura da alcune inservienti e spazzata via, come a voler eliminare subito il danno. Ma c'era un problema più impellente: necessità di un cambio asciutto. Qualche minuto dopo Giovanni uscì con una bel talare che gli calzava a pennello. Dopo un breve passaggio in bagno, Giuseppina in primis, pranzarono con quello che di meglio non potevano desiderare: tagliatelle al ragù, pollo arrosto e patatine fritte. Alfonso, vedendo la grande pirofila di tagliatelle fumante, fu tentato di infilarsene un po' nella tasca della giacca, come una famosa scena di un film. Frullarono il tutto per Luigi e dopo essersi procurati la siringona lo sfamarono: dagli occhi splendenti sembrava gradire anch'egli. Un inaudito silenzio regnò per una buona mezz'ora, prima che un clamore di gioia si irradiò alla vista di una bella torta al cioccolato.
Una suora si avvicinò e disse: “Siete degli angeli” non capendo bene se si riferisse agli educatori o ai diversamente abili, ma abilissimi, in quel momento, soprattutto a scrofanarsi le pietanze in un batter d'occhio.
Per chiudere in bellezza Alfonso volle intonare O sole mio. Tutti lo seguirono trasformando la famosa canzone in un pezzo sperimentale d'avanguardia.
La giornata al mercato si era trasformata in un tripudio di emozioni, uno di quegli eventi rari, ma che a detta del prete poteva non esserlo più: “Vi aspetto quando volete, siete i benvenuti” disse con tono caritatevole.
Mariella manifestò la sua gioia con il suo vibrato poderoso che lasciò perplesso perfino il cosiddetto ministro del culto cattolico che aveva di fronte. L'ora del rientro si stava avvicinando e un altro problema si stava ponendo: qualcuno non aveva la minima voglia di rientrare, soprattutto Jess. Con il suo vocione e la possente resistenza fisica manifestava tutto il suo dissenso. E convincere un orco a far qualcosa contro la propria volontà, si sa, non è cosa facile. Giunse suor Gertrude, minuta, con la sua candida tonaca, prese per mano Jess e il suo viso si addolcì come per incanto: “Caro Jess, ci vedremo con piacere molto presto, ora dovete rientrare se no i vostri cari si preoccuperanno” disse con la sua voce innocente. Anche se i cari lo avevano abbandonato da tempo immemore, gli educatori non lo avevano mai visto con quello sguardo così languido. Poi fu la volta di Giovanni che con il talare preso a prestito si sentiva autorizzato a rimanere in quel luogo. Fu solo la mediazione di Don Giulio che, promettendo di accompagnarlo a casa con la 2 cavalli bicolore, riuscì a convincerlo. Fu l'unico a dire “Grazie” anche perché gli altri suoi compagni non avevano il dono della parola.
Quel giorno al mercato, era accaduto qualcosa di speciale, come sempre d'altronde quando mettevano piede in strada. Tutta la gente sorridente nei loro confronti e pronta a elargire doni, manco fosse Natale. Tutti tranne uno, che dalla finestra della piazza inveiva vedendo quell'aria di festa: “Io a quest'ora ero a lavorare sodo, e l'ho fatto per più di quarant'anni.”
“Anche loro lo avrebbero fatto se avessero potuto permetterselo” rispose un'arzilla vecchietta, che bene conosceva l'altrettanto vecchietto affacciato. “Venga giù anche lei a divertirsi.”
“Vengo, vengo, ma non so se mi divertirò.”
Tra canti, balli e tarantelle un signore vide avvicinarsi un oggetto non identificato che roteava a gran velocità: “Attenzione!” gridò cercando di attirare quella degli altri. Tutti si voltarono fino a quando quella specie di alieno si fermò davanti a tutti: “Accidempoli, perdincibacco e corbezzoli abbaglianti! Wow! Che viaggio! Ora però mi devo sedere un attimo che mi gira un po' la testa. Quando ci rivediamo, cari?”