Per un secondo in più.

1
 Guardando per l’ennesima il suo volto riflesso nello schermo nero del computer capì di aver perso tempo, di avere perso tempo per tutta la sua vita, e decise per cui di fare l’unica cosa sensata: chiedere udienza a Chronos per avere un po’ di tempo extra. 
 Il terrore di dovere tornare l’indomani in ufficio quando avrebbe preferito godersi quel poco tempo che gli rimaneva leggendo o guardando un film lo assalì mentre stava tornando a casa. Sentì il vagone della metro stringersi intorno a lui, l’aria farsi sempre più rarefatta, i pendolari vorticare e trasformarsi in una macchia indefinita, ma per sua fortuna le porte automatiche si aprirono sulla sua fermata, e lui riuscì a fuggire dall’ennesimo attacco di panico.
 Tornato a casa si ricordò solo in quel momento che in tutta la giornata non aveva trovato il tempo per chiamare sua madre per sapere se ora stesse meglio, se le cure stessero facendo effetto e tutto il resto. 
 Si concesse una doccia bella calda, prese la dose serale di serotonina, si versò un bicchiere di vino e si sedette sul divano a meditare su quale fosse il metodo migliore per raggiungere il titano primigenio che governava il tempo. 
 Ci pensò a lungo, e più ci pensava più si ricordava di come il tempo una volta gli sembrasse infinito. Si ricordò di quando a scuola le ore di lezione passavano lente come ere zoologiche, a quanto noiosa e infinita fosse la messa della domenica, e a quanto minuscolo e dolce fosse nella sua memoria il ricordo del suo primo bacio, dato a Camilla, malnascosti dalla siepe di bambù che costeggiava la piscina comunale. 
 Pensò a quanto il tempo fosse elastico allora, a come un secondo potesse essere leggero e fantastico, oppure pesante e terribile. Realizzò in quel momento che era dalla maturità che non si sentiva più così, altalenante tra una libertà infinita e una promessa di felicità nelle ore più lunghe. Era da quando quel bambino se n’era andato e al suo posto era arrivato quel ragazzo un po’ acido e disilluso dal mondo che era finito per diventare un adulto qualunque.
 Realizzò che era proprio quello ciò che voleva chiedere a Chronos: un po’ di tempo in più, un tempo che fosse fantastico e mutevole come quello della sua gioventù: bello lungo e pesante quanto un lungo viaggio in macchina prima di arrivare al mare. 
 C’era solo una persona che poteva raggiungere Chronos e implorarlo di dargli un po’ di tempo in più. Una persona che conosceva bene l’importanza del tempo, un tempo da usare ora che sentiva i secondi scivolargli via, come sudore freddo dalla schiena. 
 Finì il vino, chiuse gli occhi e si concentrò per un tempo che gli parve infinito, e quando li riaprì si sentì cambiato.
 Scattò in piedi e si fiondò allo specchio. 
 Il viso lì riflesso lo guardava con una faccia strana, quasi disgustata. Dopo così tanti anni dall’ultima volta che l’aveva vista, la faccia che vedeva ogni mattina quando si spazzolava i denti prima di andare a scuola non gli sembrava più la sua. 
 Ma era comunque il suo volto, un volto da bambino.
 Gli ci volle un istante per abituarsi all’idea che quella faccia era di nuovo la sua, ma superato il primo momento di stupore si diede subito da fare per prepararsi all’avventura che aveva deciso di intraprendere. 
 Rispolverò il suo vecchio zaino dall’armadio, lo riempì di tutto quello che gli poteva servire, si preparò del cibo per il viaggio (qualche panino con la marmellata, qualcuno con prosciutto e formaggio, un paio di brick di succhi di frutta e del cioccolato) e si mise in marcia.
 Sapeva bene come fare a raggiungere Chronos. Del resto lo aveva letto mille volte nei libri che teneva nella sua cameretta, ma nonostante ciò il viaggio risultò più lungo del previsto. 
 Il primo giorno attraversò le paludi di Koor, aiutato dal gentile popolo dei pescatori di rane-elefanti, ma proprio il giorno dopo perse tutto il vantaggio guadagnato poiché fu rallentato da uno sciame di locuste carnivore che lo costrinsero a cercare riparo per la notte in una grotta. 
 Il terzo giorno da che era partito si alzò un po’ intirizzito per aver dormito appoggiato su quello che pensava essere nient’altro che un sasso, ma che si rivelò poi un gentile troll di pietra chiamato Sgrk. Gli raccontò la sua storia, e Sgrk, impietositosi, si offrì di accompagnarlo da Chronos, ma in cambio gli chiese di rimuovergli una lancia che gli era rimasta incastrata tra le spalle dopo che un avventuriero l’aveva attaccato credendolo una creatura pericolosa.  
 Il quarto giorno i due percorsero assieme mille leghe senza incontrare nulla d’interessante, eccezion fatta per un vecchietto che diceva di essere Babbo Natale in persona, ma i due lo lasciarono ai suoi vaneggiamenti e proseguirono oltre. 
 I problemi iniziarono a presentarsi al quinto giorno quando le provviste terminarono. Sgrk non aveva bisogno di mangiare, ma per lui continuare il cammino a stomaco fu un inferno. Per un po’ riuscì a resistere ai giramenti di testa, ma presto dovette ammettere all’amico di non essere in grado di fare un altro passo. Fortunatamente una vecchia filatrice gli indicò un albero magico i cui frutti crescevano senza mai marcire o cadere per terra. Comprese allora di trovarsi già nel regno di Chronos, dato che quelle strane mele sembravano ignorare il passare del tempo. 
 Il sesto giorno incontrarono uno strano tipo ammantato di nero con una grossa falce che chiese loro dove stessero andando. Quando glielo disse, quello gli rispose in maniera sibillina.
 «OH BEH! NON STATE FORSE ANDANDO TUTTI LÀ, IN UN MODO O NELL’ALTRO?»
 Si congedò e riprese il cammino.
 Finalmente, sul calare del settimo giorno, raggiunse Chronos.
 Era un tipo vecchio ma estremamente muscoloso, calvo ma con una lunghissima barba candida che spazzava il terreno. Stava spingendo a fatica contro un gigantesco muro che si estendeva all’infinito sia a destra, sia a sinistra, ed era così alto da scomparire lassù in alto tra le nuvole, così nero che sembrava costruito con la notte stessa. Ogni tanto però il muro cedeva sotto la spinta del titano, scattando in avanti con un rumore secco come lo scatto di un ciclopico ingranaggio, e quando ciò succedeva Chronos faceva un piccolo passo in avanti e ritornava a spingere. 
 «Ehm, signor Chronos?» chiese timidamente lui.
 Il titano sobbalzò spaventato. Erano passati così tanti eoni dall’ultima volta che qualcuno gli aveva rivolto la parola che oramai si era rassegnato all’idea che l’unico suono che avrebbe sentito per il resto dell’eternità sarebbe stato lo scattare sordo del muro.
 «Chi è? Dyēus, sei tu?» domandò Chronos, senza smettere di spingere. 
 Il bambino e Sgrk si scambiarono uno sguardo confuso. 
 «No, non sono Dyēus, vostra…» titubò, pensando a quale fosse il modo migliore per rivolgersi ad una creatura del genere. «…vostra eminenza.» gli suggerì la sua mente da bambino.
 «E chi sei allora? Nessuno vuole venirmi a trovare da che Dyēus mi ha costretto qua.» 
 «COME MAI?» domandò Sgrk. La sua voce, considerata melodiosa tra i troll, alle orecchie del titano sembrò il cozzare di due massi. 
 «Credono tutti che io divori i miei figli.» Chronos emise un grugnito di sforzo, e il muro cedette, scattando in avanti. «Cavolate, nient’altro che propaganda di Dyēus per far credere a tutti che io sia malvagio.»
 «OH! MI DISPIACE!» commentò Sgrk. Probabilmente per un troll doveva sembrare sinceramente dispiaciuto, ma alle orecchie del bambino sembrò che stesse parlando con il tono di una pietra che si spacca.
 «Poco importa oramai. Ho tutto il tempo del mondo per aspettare la mia vendetta.» commentò il titano senza smettere di spingere, e sotto il suo peso il muro scattò ancora, e il suo TONK! rimbombò per tutto l’universo.
 Incuriosito, il bambino trovò finalmente il coraggio di chiedere che cosa fosse quel nero muro infinito che veniva spinto dal titano.
 «Questo è il muro del tempo.» rispose lui.
 «Il muro del tempo?» ripeté il bambino, confuso.  
 «Esatto. È il muro oltre il quale nulla esiste perché non è ancora esistito, ed è mio compito spingerlo in avanti così che possa esistere.»
 Il bambino, disorientato di fronte ad una spiegazione simile, inclinò il capo. Ci pensò Sgrk, il cui cervello altro non era che un grosso blocco di basalto, a spiegarla in maniera più semplice.
 «È LA LANCETTA DEI SECONDI DELL’UNIVERSO!» 
 «Sì, è un modo per definirlo.» disse Chronos, sospirando sconfortato di fronte ad una tale banalizzazione.
 Tonk! fece ancora il muro, e il titano lo indicò con un cenno del capo. 
 «Ogni volta che fa così è un secondo di vita in più per tutta l’esistenza.»
 «E CHE SUCCEDE SE SEMTTI DI SPINGERLO?» 
 «Sei sicuro di volerlo sapere, troll?» 
 Sgrk non ebbe nemmeno bisogno di pensarci su: l’inaspettato e impossibile brivido di freddo che gli scese per la schiena rocciosa gli fece comprendere che c’era un motivo se Chronos non la smetteva mai smesso di spingere la grossa lancetta dell’esistenza. 
 «Allora, chi siete e che volete?» domandò il titano.
 Il bambino titubò. Era riuscito finalmente a raggiungere Chronos, ma ora che se lo trovava davanti non sapeva da che parte iniziare. Cercò lo sguardo pietroso dell’amico, ma Sgrk rispose con una scricchiolante alzata di spalle.
 «Beh, vedete, vostra eminenza, quello che vi chiedo è un po’ di tempo.» tagliò corto. 
 Chronos, senza interrompere il suo spingere, si voltò di nuovo verso di lui. 
 «Beh, te lo sto già dando. Non stiamo forse parlando?» domandò confuso. 
 «No, vostra eccellenza non avete capito.» rispose lui, la voce tremante per la tensione di chi sa che sta per chiedere uno strappo alla regola a chi la regola l’ha scritta. «Vorrei che voi mi deste un po’ di tempo. Letteralmente.» 
 Chronos, colpito dal una tale richiesta, smise per un istante di spingere, e nello stesso momento il titano sentì che qualcosa dall’altra parte del muro stava spingendo con forza pari alla sua. Qualsiasi cosa ci fosse al di là del muro stava cercando di muovere in senso contrario la lancetta dell’universo. 
 Il titano tornò immediatamente a spingere il muro con più forza di prima, e lo scatto secco di invisibili ingranaggi gli confermò che la lancetta era tornata a muoversi nella direzione giusta. Il prossimo secondo dell’universo, però, arrivò in ritardo, con grande dispiacere di tutti i ragazzi e le ragazze che in quel momento si trovavano a scuola e non vedevano l’ora che arrivasse il termine delle lezioni.
 «Non puoi avere del tempo a tuo uso e consumo. È contro le regole.» rispose finalmente Chronos.
 «Perché no? Non potete fare uno strappo alla regola?» domandò lui con quel tono lagnoso che solo i bambini sanno fare. 
 «Le regole sono l’esistenza stessa, e il tempo extra non viene dato a nessuno se non in casi estremamente rari e di estrema necessità. Le regole non possono essere “strappate” così facilmente.» rispose Chronos, ricordando Yeshua di Galilea che proprio come quel moccioso era venuto ad implorargli un po’ di tempo extra dopo che era stato crocifisso per aver predicato l’amore e la pace tra gli umani.
 Il bambino sentì gli occhi riempirsi di lacrime al pensiero che il suo viaggio fino ai confini dell’esistenza potesse rivelarsi inutile. 
 «Ma a me serve!» si lamentò di nuovo lui.
 «E sentiamo, a che cosa ti serve, marmocchio?» 
 «Non sono un marmocchio!» rispose stizzito, tirando su col naso. «Ho questo aspetto perché ho capito che solamente i bambini sanno giocare con il tempo, solo loro riescono a capire davvero quanto possa essere infinito o breve un istante!» 
 Si asciugò un po’ di moccio con il dorso della mano.
 «In realtà io sono un adulto!» disse, asciugandosi una lacrima. «Quello che chiedo non è una seconda vita o chissà che cosa. Chiedo solamente un po’ di tempo in più per vivere la mia vita, fosse anche solo una manciata di secondi da godermi!»
 Chronos guardò ancora quel bambino, e nei suoi occhi vide la rassegnazione dell’adulto, l’amarezza di chi comprende l’importanza e la preziosità del tempo, ma vide anche lo sconforto di chi oramai non riesce più a tenersi stretto quel poco tempo che gli rimane. 
 «Capisco.» sospirò il titano. «Ma spero capisca anche tu che non posso donare il tempo così facilmente al primo che passa.»
 Il bambino si asciugò il naso con il dorso della mano e rispondere con un triste cenno d’assenso. Un paio di lacrime belle grosse, lucenti, lacrime da bambino, sincere, gli stavano rigando il volto.
Sospirò sconfitto. Se c’era una cosa che spezzava il cuore a Chronos era vedere un bambino piangere.
 «Facciamo così, voglio metterti alla prova.» disse, indicando il muro capo con un gesto del capo. «Se riuscirai a sopportare il peso di un secondo anche solo per, beh, un secondo solo, allora ti donerò un po’ di tempo extra.»
 Il bambino lo guardò confuso. 
 «Voglio dire che se riuscirai a spostare anche di un solo scatto il muro ti donerò un po’ di tempo extra. Che ne dici?» propose Chronos, e il muro rispose scattando in avanti.
 Il bimbo boccheggiò per un istante. 
 «Ma dovrai farlo da solo.» puntualizzò Chronos. 
 «Come posso spostare in avanti un muro tanto pesante da solo?» domandò lui, sbigottito, facendo rimbalzare lo sguardo dal muro al troll.
 «Come pensi di poter sopportare del tempo extra se non riesci nemmeno a sopportare la solitudine di un secondo?» fu la risposta del titano.
 Guardò Sgrk, e l’amico gli rispose con un triste sorriso granitico.
 Forse fu l’ingenuo coraggio dei bambini, forse la disperazione dell’adulto, ma il bimbo si avvicinò al muro, pronto a sfidare il tempo stesso.
 «Va bene.» disse. 
 Nell’instante in cui pose le mani contro la parete nera, così fredda al tatto, sentì la forza terrificante con cui quelle cose che esistevano al di là del tempo spingevano. 
 «Cosa c’è al di là del muro?» chiese.
 «Cosa c’è al di là del muro è un mistero che nemmeno il tempo stesso sa.» rispose Chronos, alzando le spalle. «La mia teoria è che possano essere possibilità.»
 «POSSIBILITÀ?» domandò Sgrk, con un filo di voce che sembrava il rumore della ghiaia calpestata.
 «Le possibilità.» ripeté il titano. «Quelle meravigliose e quelle terrificanti. Apocalissi e rinascite. Tutto quello che sarà, prima che lo sia o che venga solo pensato. Infinite domande in attesa che l’universo dia loro una risposta.» 
 Il bimbo sbuffò e fece un cenno per segnalare al titano di essere pronto. 
 Chronos si staccò dal muro, lasciando il bimbo solo a confrontarsi con la pesantezza del tempo. 
 Qualcosa ringhiava al di là della parete, e il bambino spinse con tutta la forza che le sue piccole braccia gli permettevano. Spinse con tutto il peso del suo corpo, ma sentì che il muro resisteva. Sentì che le possibilità al di là della parete cercavano di aprirsi un varco, e lui in risposta spinse ancora più forte, così forte che vide lampi rossi scoppiargli dietro alle palpebre.
 Spinse e fece forza, in equilibrio perfetto con qualunque cosa stesse spingendo dall’altra parte, e ogni minuscolo millimetro che le incognite al di là del tempo riuscivano a guadagnare veniva subito riconquistato dal bambino. Andava ora avanti, ora indietro, ma non abbastanza perché la lancetta dell’universo scattasse, e il tempo, in tutto l’universo, smise letteralmente di scorrere.
 Non seppe dire quanto tempo avesse spinto, ma quando sentì che ogni sua fibra muscolare era sul punto di scoppiare, quando era lì per arrendersi e confessare a Chronos di essere troppo debole per quel compito, realizzò una cosa.
Realizzò che per i bambini il tempo è elastico, e può essere infinito, noioso e meraviglioso come l’istante prima che suoni l’ultima campanella prima delle vacanze estive.
 Smise di spingere, e tenendo le mani contro il muro aspettò. Non era con la forza bruta che avrebbe fatto scattare in avanti la lancetta. 
 Le incognite che spingevano al di là della parete seguirono il suo esempio e smisero anch’esse di spingere, e senza che lo volesse, senza che se ne accorgesse o lo avesse voluto, il muro scattò in avanti con il Tonk! più assordante che si fosse mai sentito, e lui realizzò in quell’istante che non ha senso lottare contro il tempo.
 Puoi solo aspettarlo. 
 «Direi che può bastare.» disse Chronos, ritornando al suo lavoro. Riprese a spingere con una mano, e con l’altra frugò nella sua tunica. «Come promesso, ecco il tuo premio.» disse, estraendone una pepita color ambra delle dimensioni di un pugno.
 «Fanne buon uso.» disse il titano. «Non ne avrai altro.» 
 Il bambino accettò il regalo. Quella pepita di tempo era così pesante nella sua manina, ma lui ne avrebbe fatto buon uso. Avrebbe usato quel tempo come l’avrebbe usato un bambino, decidendo volta per volta se fosse un tempo pesante, noioso e apatico, un tempo da ora di lezione, oppure un tempo leggero e dolce, carico di meraviglie e di promesse come una vacanza estiva. 
 Fece per girarsi e ringraziare Chronos, per mostrare trionfante a Sgrk il suo trofeo, il tesoro di chi ha combattuto le possibilità e sfidato il tempo e ne è uscito vincitore, ma si rese conto con suo grande sconforto di essere solo un adulto seduto sul divano di casa sua. 
 L’orologio segnava la mezzanotte e un quarto: ora di andare a dormire. L’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto per evitare il caos dei pendolari che come lui andavano al lavoro. 
 Si guardò la mano che stringeva il tempo che Chronos gli aveva donato, e realizzò con sconforto che il tempo che da bambino gli era sembrato infinito ora non era altro che una minuscola pagliuzza che luccicava debolmente.
 Non era molto tempo, certo, ma se l’era guadagnato.
 Era il suo tempo, e sarebbe morto per esso.

Re: Per un secondo in più.

3
Zouks ha scritto:  Guardando per l’ennesima il suo volto riflesso
Per l'ennesima volta...?
Zouks ha scritto: passavano lente come ere zoologiche
Ere geologiche, penso.
Zouks ha scritto: Il viso lì riflesso lo guardava con una faccia strana, quasi disgustata. Dopo così tanti anni dall’ultima volta che l’aveva vista, la faccia che vedeva ogni mattina quando si spazzolava i denti prima di andare a scuola non gli sembrava più la sua.
Il descrivere il personaggio con l'espediente dello specchio per evitare la descrizione scolastica è un espediente troppo abusato e non spesso gradito. Te lo dico perché è stato detto anche a me e lo faccio anch'io... eheh...
Zouks ha scritto: Rispolverò il suo vecchio zaino dall’armadio, lo riempì di tutto quello che gli poteva servire, si preparò del cibo per il viaggio (qualche panino con la marmellata, qualcuno con prosciutto e formaggio, un paio di brick di succhi di frutta e del cioccolato) e si mise in marcia.
Lo hai messo tra parentesi, ma io lo eviterei proprio questo elenco. Sei in un momento di riflessione interiore di viaggio metaforico e fisico... lascerei la lista delle cose da portare.
Zouks ha scritto: «OH BEH! NON STATE FORSE ANDANDO TUTTI LÀ, IN UN MODO O NELL’ALTRO?»
Il maiuscolo è una cosa internettiana che è meglio evitare in narrativa.
Zouks ha scritto: Chi è? Dyēus
Scrittura curiosa. Mi sarei aspettato uno Zeus o uno Jupiter, per quanto so che nella transizione tra greco e latino si usasse il Dieus/Divus e che Jupiter sia una contrazione di Dieus Pater.
Zouks ha scritto: ricordando Yeshua di Galilea che proprio come quel moccioso era venuto ad implorargli un po’ di tempo extra dopo che era stato crocifisso per aver predicato l’amore e la pace tra gli umani.
Letto così è un passaggio a effetto, ma non l'ho capito.
Zouks ha scritto: Era il suo tempo, e sarebbe morto per esso.
Come sopra.

Allora @Zouks, intanto ti saluto e mi fa piacere leggere questo racconto e lasciarti qualche riflessione che spero ti sia utile.
Ti dico una cosa, il racconto in sé è molto interessante, pieno di spunti e ricco di riferimenti mitologici che apprezzo molto e che mi attirano anche nella lettura. Un racconto molto ricco di significato, nel quale, trovo due questioni che mi lasciano perplesso e che condivido con te.

La prima riguarda l'impostazione generale del racconto e la piega della trama dopo l'introduzione. All'inizio mi è parso chiaro che si trattasse di un racconto introspettivo, lo scorrere del tempo, la perdita di momenti importanti e/o il desiderio di tornare indietro... qualcosa di attuale in cui il protagonista potesse essere qualcuno di noi (comuni mortali intendo) nella propria vita di tutti i giorni, in un momento in cui si ritrova a riflettere. Poco dopo il racconto diventa, all'improvviso, un fantasy e non più un'introspezione o un viaggio metaforico, ma un vero e proprio cammino verso la divinità del tempo che fino a quel punto avevo inteso come metafora. Mi ha un po' disorientato questo tuo intento, nel senso che da lettore mi sono chiesto quale fosse il tuo intento: benché il significato sia chiaro e, a livello di metafora, anche bello da vedere, è il percorso a lasciarmi più di un dubbio in tal senso. Avrei scelto una strada più netta, diciamo.

La seconda riguarda la forma.
Una breve parentesi: io avrei messo molte più virgole (ma mi è stato detto di essere parecchio "virgoloso"), per es.
Zouks ha scritto: Il terrore di dovere tornare l’indomani in ufficio (virgola) quando avrebbe preferito godersi quel poco tempo che gli rimaneva leggendo o guardando un film (virgola) lo assalì mentre stava tornando a casa.
ma, a livello personale, ne faccio più una questione di pause nella lettura e di ordinamento di idee. Inoltre non sono un editor quindi prendi questa come una pulce nell'orecchio più che altro. :P 
Quello che, per me, è il più grande difetto, ma anche la più grande opportunità di miglioramento, è la forma e lo stile narrativo. La forma in sé è ordinata, leggibile, ma comunque molto raccontata, con elenchi di azioni, descrizioni, ... qualcosa di scolastico, qualcosa di distante da una propria vena personale che merita di essere più personale e più efficace. Il racconto, come detto, è interessante e ricco di spunti di pensiero. Inizierei dal sintetizzare qualche concetto - es. che si deve "raggiungere Chronos" lo si ripete spesso - per poi lasciarti andare di più. Non avere paura di sciogliere un po' le briglie delle emozioni, soprattutto in un racconto con tante connotazioni interiori (poi se non ti piace, torni indietro, non c'è niente di male).
Zouks ha scritto: Era un tipo vecchio ma estremamente muscoloso, calvo ma con una lunghissima barba candida che spazzava il terreno.
Si sorprese di trovarsi di fronte un tipo anziano, dalla lunga barba bianca; chino nella propria posizione, con il fiato corto e le folte sopracciglia che appesantivano degli occhi che faticavano a restare aperti. Un'immagine distante da quella di una divinità immortale, custode del tempo stesso. La muscolatura definita, però, si contraeva e riusciva a portare a termine il compito a cui era stato destinato: trascinare un enorme muro verso una direzione indefinita e insensata al tempo stesso.

Ovviamente, anche qui, mi sono lasciato andare, ho comunque dato una mia interpretazione - non necessariamente uguale alla tua - ma forse ho reso l'idea di quello che dicevo, o almeno spero. In generale mi auguro che questo confronto sia utile, posso assicurarti che per me, per primo, lo è.
Alla prossima lettura.
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Per un secondo in più.

4
Zouks ha scritto: Inoltre, chiedo scusa per il font e per la dimensione del testo: ho fatto copia/incolla dal documento word ^ ^'
Ok, per un'altra volta: dopo aver fatto copia/incolla, evidenzia il testo, premi il terzo bottone da sinistra dell'editor (rimuovi formattazione) e invia.
L'ho fatto io per te, questa volta  ;)
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Per un secondo in più.

5
Ciao @bwv582 grazie per il feedback approfondito, sempre apprezzatissimo ^ ^.
Vado per ordine, così che magari confrontandoci io possa capire come migliorare. 
bwv582 ha scritto: Per l'ennesima volta...?
(premetto che la mia spiegazione potrebbe sembrare "banale", per cui fammi sapere se era quello che ti creava confusione)
Sì, il protagonista vede ogni giorno il suo volto invecchiato riflesso nello schermo del computer quando la giornata lavorativa finisce. Ho pensato che utilizzare "ennesima" in apertura, proprio per il suo significato, desse l'idea di una cosa che si ripete da tanto tempo da essere diventata "pesante". Partendo con "ennesima", dunque, volevo proprio che il lettore sentisse questa pesantezza fin da subito. 
Non so se mi sono spiegato bene, probabilmente no.
bwv582 ha scritto: Ere geologiche, penso.
Beccato :D 
bwv582 ha scritto: Il descrivere il personaggio con l'espediente dello specchio per evitare la descrizione scolastica è un espediente troppo abusato e non spesso gradito. Te lo dico perché è stato detto anche a me e lo faccio anch'io... eheh...
Hai ragione. Volevo evitare un'esposizione diretta, ma cercando qualcosa di "diverso" sono caduto in una banalità. Confesso che ho dovuto anche limitarmi perché il racconto era per un'antologia, per cui avevo un limite massimo di cartelle. Adesso sarei curioso di sapere come avrei potuto organizzare la rivelazione senza pero le limitazioni editoriali.
bwv582 ha scritto: Lo hai messo tra parentesi, ma io lo eviterei proprio questo elenco. Sei in un momento di riflessione interiore di viaggio metaforico e fisico... lascerei la lista delle cose da portare.
Sni, è un viaggio metaforico e fisico, ma più che altro è un viaggio vero e proprio, e ho pensato che il mettere la lista delle provviste servisse non solo come chiave di volta del racconto (su questo ci ritornerò in seguito) ma anche per far vedere proprio come anche la mentalità del protagonista sia regredita a quella di un bambino.
bwv582 ha scritto: Il maiuscolo è una cosa internettiana che è meglio evitare in narrativa.
Capisco cosa intendi dire ma non sono del tutto d'accordo; Terri Pratchett, per citarne uno, lo ha usato molto (soprattutto proprio quando doveva far parlare la Morte), ma al di là di quello credo che il carattere di scrittura, nelle con le sue infine variabili e possibilità (dimensione, colore, CapsLocks, Font, direzione, allineamento etc.) sia un importantissimo strumento ad uso del creativo* che nella scrittura viene purtroppo poco usato, ma che se usato con cognizione e in giusta misura (e quindi non come metà dei post su Facebook) possa far provare al lettore ulteriori sensazioni che leggere una frase "normale" non susciterebbe – fermo restando che poi, ovviamente, è l'editore a dare l'ultima parola.

Poi sono anche cosciente del fatto che siano gusti.

*Mi riferisco a quello che viene fatto per esempio nel fumetto, dove spesso si gioca con carattere, dimensioni, font oppure con i ballon. Un po' di contaminazione tra arti non fa mai male 
bwv582 ha scritto: Scrittura curiosa. Mi sarei aspettato uno Zeus o uno Jupiter, per quanto so che nella transizione tra greco e latino si usasse il Dieus/Divus e che Jupiter sia una contrazione di Dieus Pater.
Stando alle ricostruzioni, Dyēus è il dio del cielo diurno nella mitologia Proto-Indo-Europea, nome da cui poi sono derivati i vari Dieus, Zeus, Deus etc. 
Visto che stiamo parlando di un'entità dei primordi, allora ho pensato di andare fino in fondo (purtroppo non sono riuscito a trovare un nome "più antico" per Chronos). 

bwv582 ha scritto: Letto così è un passaggio a effetto, ma non l'ho capito.
Yeshua, ovvero Gesù*, dopo essere stato crocifisso è andato da Chronos per chiedergli del tempo in più, ovvero quando poi è riapparso per parlare ai discepoli il terzo giorno. 


*stesso discorso di prima: Yeshua è il nome, di origine Aramaica/Ebraica, che appare nella Bibbia ebraica. 

bwv582 ha scritto: Come sopra.
Qua confesso di non avere capito. Il protagonista è riuscito ad avere un po' di tempo extra da Chronos. Tempo che gli sembrava grosso quando era bambino, quando l'aveva ricevuto, ma che ora, adulto, gli pare quasi irrisorio. Ma è comunque il suo tempo, che il lavoro, la vita e i problemi non possono toccargli, e che quindi sarà pronto a difendere a qualsiasi costo. 


Per quanto riguarda i commenti al testo:

Sono cosciente che il cambio repentino di "stile" sia un po' disorientante, ma l'effetto è consapevolmente voluto. La storia deve molto a La Ricerca Onirica dello Sconosciuto Kadath di Lovecraft, dove, senza fare spoiler, succede una cosa del genere (STRAconsiglio la lettura!). 
Mi piace scrivere in uno stile un po' così, non a metà, ma a cavallo tra fantasia e realtà. Anche il fatto che il protagonista, a fine del racconto, abbia davvero del tempo in più in mano, sebbene sia tornato in casa sua, non è una cosa realistica, ma mi piace scrivere storie dove il confine tra i due mondi non è confuso: è inesistente
Tolkien descrivere la lettura di una favola come un'esperienza di soglia, dove il lettore entra in un mondo alieno, lasciandosi alle spalle il mondo reale; a me piace scrivere immaginando che questa soglia sia stata sfondata, e i due mondi, reale e non, si compenetrano.
Sono cosciente che sia confusionario, e che sia anche una questione di gusti, ma è l'unico modo per scrivere che ho trovato per non scrivere né come realista, né come scrittore fantasy. 

Per la questione delle virgole ti capisco, anche io sono molto "virologoso" ma mi sto cercando di smettere :D 

In ultimo, per quanto riguarda invece la scrittura in sé, capisco quello che intendi dire, ma come menzionavo prima mi sono dovuto contenere per stare nelle 10 cartelle. Avrei certamente espanso di più in certi punti, anche se non mi piace descrivere troppo quando non è davvero necessario per la trama, preferisco lasciare che sia il lettore a colorare le aree che lascio grigie. Ancora una volta, mi piace lo stile minimalista della descrizione di Pratchett o altri autori che proprio quasi non descrivono i personaggi, ma sono cosciente che alcuni punti siano un po' scarni e, come dici giustamente tu, "scolastici". 

Considerando come sono abituato a scrivere, sono soddisfatto di essere riuscito a condensare un'epopea simile in 10 cartelle, e sta' sicuro che terrò a mente i tuoi preziosi consigli. Sto pensando infatti di espandere questa storia e farla diventare un romanzo, dato che appunto c'è un viaggio che per motivi di editoria è stato condensato in una pagina e mezza.

Grazie ancora per i consigli e se vorrai rispondere, grazie per la risposta. :) 

Marcello ha scritto: Ok, per un'altra volta: dopo aver fatto copia/incolla, evidenzia il testo, premi il terzo bottone da sinistra dell'editor (rimuovi formattazione) e invia.
L'ho fatto io per te, questa volta  ;)
Hai ragione, ma questo post (se non vado errato) l'avevo scritto prima che tu mi spiegassi su MI come fare ^ ^'  
 

Re: Per un secondo in più.

6
Ciao @Zouks, mi fa molto piacere risponderti e confrontarmi con te: è una cosa che trovo molto utile e, personalmente, mi piace anche il viceversa.
Premetto che il "per l'ennesima volta" era per dire in modo banale che non avevi scritto "volta" e che, per la questione del maiuscolo, sono cresciuto con il dogma di non usarlo, così come di non scrivere i numeri a numero e cose di questo tipo.
Zouks ha scritto: Adesso sarei curioso di sapere come avrei potuto organizzare la rivelazione senza pero le limitazioni editoriali.
Non so come aiutarti perché sono consapevole per primo - e l'ho scritto - di avere nelle descrizioni uno dei (tanti) enormi punti deboli. Un altro è la mancanza di sintesi con la quale combatto ogni giorno in ogni ambito...
Zouks ha scritto: Yeshua, ovvero Gesù*, dopo essere stato crocifisso è andato da Chronos per chiedergli del tempo in più, ovvero quando poi è riapparso per parlare ai discepoli il terzo giorno. 
Avevo capito il riferimento, quello che non avevo capito era il fatto che Yeshua avesse chiesto tempo a Chronos per le future rivelazioni. Sono partito con il preconcetto - sbagliato - di pensare che Gesù fosse superiore e/o non fosse in contatto con altre divinità. Dimentico sempre che anche Dante ha messo nell'inferno (cristiano) i giganti della mitologia greca...!
Si spiega anche il "come sopra" che ho scritto dopo, come detto nella testa le divinità le intendo sempre separate; è una cosa che fatico a scrollarmi e che mi aspetto di ritrovarmi in altri racconti o romanzi.
Zouks ha scritto: Per la questione delle virgole ti capisco, anche io sono molto "virologoso" ma mi sto cercando di smettere :D 
Allora insegnami a smettere. :super: 

Per il resto non aggiungo altro - per la forma e la narrazione ti ho dato un parere personale da lettore -, un saluto e un buon proseguimento della scrittura in generale (in particolare se decidi di ampliare il racconto).
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Per un secondo in più.

7
Ciao @bwv582 : )
bwv582 ha scritto: Premetto che il "per l'ennesima volta" era per dire in modo banale che non avevi scritto "volta" e che, per la questione del maiuscolo, sono cresciuto con il dogma di non usarlo, così come di non scrivere i numeri a numero e cose di questo tipo.
Ti chiedo scusa, non avevo visto che avevo dimenticato "volta" nello scrivere : ) 
bwv582 ha scritto: Non so come aiutarti perché sono consapevole per primo - e l'ho scritto - di avere nelle descrizioni uno dei (tanti) enormi punti deboli. Un altro è la mancanza di sintesi con la quale combatto ogni giorno in ogni ambito...
Siamo in due allora ad avere lacune nella sintesi :D  comunque come dici tu in coda al post, vedremo come sarà quando sarà "svincolato" dalle limitazioni editoriali :) 
bwv582 ha scritto: Si spiega anche il "come sopra" che ho scritto dopo, come detto nella testa le divinità le intendo sempre separate; è una cosa che fatico a scrollarmi e che mi aspetto di ritrovarmi in altri racconti o romanzi.
È che io ho un approccio "olistico" al mondo, sia nello scrivere, sia nel leggere; per me tutte le divinità, religioni e credenze fanno parte di uno pantheon unico à la  American Gods di Neil Gaiman, e mi piace prendere e utilizzarle a piacimento, a seconda della narrazione :) 
bwv582 ha scritto: Allora insegnami a smettere. :super: 
Per me funziona, ogni volta che devo mettere una virgola, fermarmi, fare un respiro profondo e domandarmi "ne vale veramente la pena?" :D 


Ad ogni modo grazie mille davvero per il feedback e il confronto, l'ho trovato utilissimo :) 
A rileggerci!  
Rispondi

Torna a “Racconti lunghi”