Il male minore

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[CC23] Luci - Pulcinella - Costruttori di Mondi
Sfumature



Il male minore


Vi è mai capitato di tradire la vostra o il vostro partner?
Se lo avete fatto, come vi siete regolati in seguito con loro, avete confessato la scappatella o vi siete trincerati in un colpevole silenzio?
Avete mai riflettuto sul fatto che si è disposti, cristianamente, a perdonare un ladro, talvolta anche un assassino, ma che a un traditore in amore è più difficile concedere il nostro perdono?

Questo perché, parole evangeliche o no, col tradimento amoroso si sente d'essere stati privati di qualcosa di fondamentale, di prezioso.
D'essere stati defraudati della nostra fiducia, feriti nell'amor proprio, viene cancellato quel piccolo o grande sogno d'amore che nutrivamo nell'intimo; è stato usurpato un bene che reputavamo di possedere per diritto esclusivo, come chi occupa abusivamente il nostro posto auto nel cortile del condominio in cui abitiamo.
Per questo siamo restii a concedere la grazia al fedifrago o alla infedele.

Avevo, dopo quindici anni d'una fedeltà d'ippocampo, tradito mia moglie.
Non è che l'avessi cercato, ma era accaduto perché se n'era presentata l'occasione.
Avevo capito che nella maggioranza dei casi, la fedeltà nasceva da una mancanza d'opportunità, o dal timore di vivere un'esperienza trasgressiva dal canone morale.
Quanti, per ragioni così poco nobili, vivevano una fedeltà di coppia perpetua, senza alcun reale merito virtuoso.
Magari, nel segreto della mente, tradiscono centinaia di volte senza trovare il coraggio di farlo veramente, salvo rammaricarsene al termine della vita, pensando che di questa ce n'era una soltanto.

Non avevo mai pensato a tradire fino al momento in cui, le condizioni si erano presentate come un sentiero improvviso, che deviava dalla strada principale della mia esistenza: un sentiero ignoto, ma col fascino della nuova scoperta, dello sfizio ludico.
Risultava chiaro che fosse un percorso dal fondo impervio e scivoloso, con qualche rischio del cammino.
Perciò mi ci avventurai con cautela, solo col proposito di tastare il terreno per farmi un'idea della cosa.
Ero certo di arrestarmi per tempo, prima di qualche doloroso scivolone o d'una brutta storta.
Giusto due passi per sgranchire la gambe: provare il gusto temporaneo di uscire dalla strada maestra che procedeva troppo tranquilla e senza inciampi.
Un semplice fatto di curiosità.
Del resto, avere curiosità non era poi cosa strana: già ai tempi di Adamo ed Eva, qualche complicazione, a causa di essa, l'avevano avuta.
Purtroppo, il sentiero, nella realtà si rivelò più insidioso del previsto: così mi ritrovai a scivolare verso quel fondo oscuro e peccaminoso.
Ora, il dilemma che mi si poneva, era quello di fare i conti con la mia coscienza, posto che ne avessi una, seppure molto elastica.
Iniziai a ragionarci sapendo che, di quel tradimento, non avevo scusanti.
Non esistevano giustificazioni pratiche: non lamentavo insoddisfazioni o in crisi con mia moglie, le nostre cose intime e il rapporto scorreva sereno; soprattutto non ero innamorato della donna con cui l'avevo tradita, non mi passava in mente la minima idea di separarmi da lei.
I pochi difetti della mia metà erano tutti perdonabili, non concepivo in assoluto di vedere un'altra nella mia vita, anzi, il nostro rapporto era tanto simbiotico che pensare di perderla, mi toglieva la terra da sotto i piedi.

Sostanzialmente, l'avevo tradita per capire cosa si provasse a divenire un fedifrago.
L'avevo fatto con lo spirito di chi prova, in pizzeria, una pizza diversa da quella mangiata per quindici anni: lasciando la consueta “Quattro stagioni”, per una “Diavola” con cipolla, gorgonzola e salamino piccante.
Un semplice esperimento gastronomico.
Sapevo che, per la morale comune, non avere rimorsi non deponeva a mio favore, era brutto ammetterlo, ma non mi sentivo spregevole più che tanto.
Ora mi trovavo in ambasce sul confessare o meno, a mia moglie, la piccola divagazione culinaria: un peccatuccio veniale insomma.
Del resto, mica potevo presentarmi dicendole d'averla tradita, ma a cuor leggero, solo per provare il gusto di una pizza diversa
Lei, purtroppo, pur essendo donna intelligente e di larghe vedute, non aveva ancora elaborato il concetto della pizza differenziata.
Di certo, meno filosofica e più pratica di me, avrebbe preso male quella variazione di menù: e con ottime probabilità, mi avrebbe catapultato in cortile dal balcone del sesto piano.

Per regola, da adultero, avrei dovuto confessare il mio peccato: perché il vincolo del matrimonio imponeva, tra i coniugi, l'assoluta sincerità.
Questo principio era la pietra angolare su cui si fondava l'istituto matrimoniale.
Sincerità a ogni costo: anche se il tradimento non avesse nulla a che vedere col sentimento che li univa.
Questo perché non era concepibile che si potesse tradire col corpo, ma restare fedeli con l'anima.
A mia idea tale confusione dei piani poteva essere deleteria.
Infatti, il tradito si sentiva ferito e offeso, talvolta al punto di non potere perdonare l'affronto subito.
Si dava vita a un conflitto brutale: con risentimenti rabbiosi, atti di vendetta e ripercussioni interminabili, giungendo in taluni casi a troncare una relazione che durava da una vita.
L'amore, la famiglia, i figli, venivano inghiottiti in un incandescente calderone, dove si bruciavano affetti, speranze, felicità ed esistenze personali, con conseguenti dolorose separazioni e fin divorzio finale.
E questo, per una scopata, compiuta fuori dalle mura domestiche.
Tutto ciò per un semplice dettato morale: qualcosa che aveva a che vedere con l'orgoglio oltraggiato.
Vero che ne uccide più l'orgoglio che la spada.

Avevo in ufficio la mia segretaria di area, con la quale si era in grande confidenza
La giovane, che era fidanzata con un bravo ragazzo, col quale prima o dopo sarebbe convolata a nozze, mi raccontava di voler andare in discoteca ogni giovedì e sabato sera.
Lui che lavorava sodo e sovente fino a tardi, per la stanchezza, non se la sentiva d'accompagnarla tutte le volt: così lei raggiungeva il locale con qualche amica.
Praticamente, quasi ogni volta che era lì da sola, finiva col rimorchiare uno diverso, con cui finiva la serata a letto.
Il mattino dopo, regolarmente pentita, confessava tutto al suo ragazzo: il quale pativa come una bestia, ma poiché l'amava moltissimo, la perdonava di continuo.
C'era del ridicolo nella cosa, ma lei sosteneva di voler essere sempre sincera e che non avrebbe potuto vivere col rimorso d'avergli nascosto un tradimento.
In sostanza voleva il perdono, per poter continuare a cornificarlo una o due volte la settimana.

Io ero fortemente convinto che i tradimenti di coppia andassero sempre celati.
Il tradimento è un atto nascosto e segreto, quindi tale deve rimanere per una serie di buone ragioni.
Intanto, va detto che il partner non è il nostro confessore parrocchiale: non è tenuto a conoscere i nostri peccati, con l'obbligo d'assolverli, a fronte di un certo numero di preghiere assortite.
Perché è troppo facile scaricare la nostra coscienza dal fardello del peccato commesso, ribaltandone il peso sulla coscienza dell'altro.
Così il traditore potrà dormire sereno per il resto della vita, lasciando che sia il tradito a vivere la sua nel tormento del dubbio.
Confessare un tradimento è un atto di egoistica irresponsabilità, avvelenare l'acqua del pozzo in cui si abbevera il rapporto: un atto autolesionista, suicida, quanto inutile.
La confessione non è un colpo di spugna che cancella il danno.
Non esistono le debolezze di un momento: cosa fatta capo ha.
I pentimenti postumi sono un'ipocrisia: il rifarsi una verginità estetica, come quella ottenuta in una clinica di chirurgia plastica.

Non sono un antropologo, né uno storico né tanto meno uno psicologo, ma a memoria di qualche nozione acquisita nel tempo, una certa idea me l'ero fatta.
La specie umana, da un punto di vista biologico, non prevede la monogamia: essa è rara anche per la maggior parte di coppie animali.
La monogamia umana nasce per un condizionamento culturale, che ha origine nella notte dei tempi.
Ovvero, quando la scarsità di risorse per la sopravvivenza imponeva un controllo della prole d'appartenenza, e di conseguenza, della rigorosa monogamia sessuale del componente di sesso femminile della coppia.
Il maschio, nostro progenitore, stante la diffusa mortalità infantile, si accoppiava con più donne per ingravidarle: onde assicurare la continuità della specie.
La femmina, necessitava d'accoppiarsi con più uomini, alla ricerca del miglior esemplare a disposizione, per assicurare una selezione qualitativa della prole.
Con la difficoltà a procacciare sufficienti risorse alimentari, il maschio decise di nutrire e allevare solo i propri figli, ai quali avrebbe anche lasciato gli eventuali beni d'appartenenza alla propria morte.
Da qui nasceva il bisogno di controllo e possesso esclusivo della femmina da parte del maschio.
Questa cosa del possesso assoluto della donna si era cementata nei secoli, dando vita al patriarcato e ciò che ne derivava.
Su questa consuetudine, originariamente d'ordine funzionale, si è poi inserita la sovrastruttura psicologica dell'essere umano.
Dietro il concetto di danno da tradimento, si nasconde la più profonda, atavica e infantile, paura della morte per abbandono.
Il piccolo umano, nel momento in cui prende coscienza di non auto alimentarsi, ma che si nutre grazie alla madre, lega questa figura alla propria sopravvivenza.
Da quel momento, fino a quando non acquista una certa autonomia funzionale, il bambino vive nel terrore d'essere abbandonato e di morire per fame.
Questo genera un attaccamento e una gelosia difensiva verso la figura materna: diviene geloso del suo affetto, delle sue attenzioni e ne reclama l'esclusività.
Se qualcuno gli contende questo rapporto privilegiato, scatta la difesa del possesso e del territorio: l'odio per il rivale.
Il complesso edipico, la competizione col padre nasce da questo.
Dietro

la gelosia patologica di molti uomini adulti, si nasconde un Edipo e una paura infantile dell'abbandono non risolti.
Abbondiamo di cinquantenni che credono d'essere gelosi della propria moglie, ma in realtà sono terrorizzati dall'idea d'essere abbandonati dalla mamma e di morire di fame.
La gelosia femminile segue un meccanismo simile, che trova origine nel bisogno di mantenere un'egemonia affettiva sulla figura paterna.
Vi è un'ambivalenza verso la madre, che è figura necessaria nella prima infanzia, ma che diviene, da prima antagonista e poi complice, nella contesa del maschio padre.
Dalla contesa per l'affetto del padre alla contesa con le altre donne per il possesso esclusivo di un uomo, a la conseguente gelosia, il passo è breve.


Insomma il timore delle corna ha origini storiche e psicologiche profonde, che vanno al di là del fatto in sé.
Un grande feticcio del tradimento è il sesso.
Nel tradire, avevo appreso una verità: che l'idea del sesso fosse sovrastimata e poco realistica, era un'icona mitizzata, qualcosa che nella mente umana diveniva capitale, totalizzante nella sua essenza.
In particolare era mitizzato quello straordinario, magico e sbalorditivo che il partner fedifrago doveva necessariamente compiere con l'amante.
Anche perché il sesso nella nostra cultura cattolica è sempre legato al senso del peccato, della trasgressione lussuriosa, dalla storia della mela e del serpente in giù.
Il sesso lascivo e sregolato diviene, soprattutto, quello consumato al di fuori del sacramento matrimoniale.
Si immaginano i due traditori immersi in un piacere selvaggio e dissoluto.
Intenti a compiere acrobazie e giochi erotici strabilianti: cose lascive a cui, il proprio partner, non si è mai abbandonato nell'ambito del talamo nuziale.
Come se il sesso fatto con altri appartenesse a un universo diverso da quello in cui si attuava quello fatto nel proprio letto.
Non mi risulta ci siano in giro molti fedifraghi col Kamasutra in tasca.
Vero che vi sono numerose varianti e fantasie nel far l'amore, ma non sono più numerose di quelle che normalmente la gente pratica col partner.
Se non si è completamente digiuni di sesso, o repressi da inibizioni, in linea di massima, se il sesso è soddisfacente per entrambi, non c'è ragione di credere che chi ci tradisce trovi altrove uno sconosciuto universo di piacere.
Nulla di tanto grandioso c'è in una scopata fuori porta, anche il sesso più appagante non aggiunge qualcosa in più alla tua vita, se essa è già piena.
Ogni sesso dopo una buona doccia, ti lascia quello che eri prima di averlo fatto.

Si dice che le donne, più sentimentali, fantasiose e romantiche, degli uomini, tradiscano per passione amorosa, per qualcosa che manca al loro rapporto ufficiale, per sentirsi ascoltate, valorizzate.
Forse noi uomini siamo esseri più semplici, quasi primitivi: con pulsioni e bisogni non così articolati, culliamo nel profondo un pizzico di vocazione al sultanato.
Ci gratifica l'idea di possedere un piccolo harem, per autocompiacere il nostro infantile, risibile, mito di virilità.
Certo, anche per gli uomini vi è la possibilità di un innamoramento, il perdere la ragione per un'altra donna, ma in genere, avveniva se l'amore per la compagna del momento viene a cessare.
Personalmente ero fermamente certo che nessuna donna avrebbe potuto sostituire mia moglie nella mia vita.
L'amavo profondamente, era il mio faro nelle tenebre dell'esistenza, la roccia salvifica su cui approdare in ogni mio naufragio, la chiesa in cui trovare conforto per la mia anima inquieta, l'altra metà del cielo e l'ossigeno che mi manteneva in vita.
Proprio per questa inamovibile certezza, sapevo di poterla tradire a cuor leggero, nulla avrebbe mai potuto infrangere il legame che faceva di noi un unico organismo declinato in due corpi.

Ero un fedifrago, senza pentimento, questo era un fatto, ma avevo una mia norma morale: ovvero ciò che valeva per me doveva valere anche per mia moglie, se pure a sua insaputa.

Pertanto se avessi scoperto che anche lei si fosse concessa una pizza, con ingredienti diversi dai miei, purché rimanesse una esperienza passeggera, non avrei avuto alcunché da obiettare.
Umanamente, benché mi considerassi un prototipo d'uomo difficilmente sostituibile per le qualità che possedevo, e fossi certo che solo Richard Gere avrebbe potuto offrirle una momentanea distrazione dalla mia persona, l'idea di restare l'unico ad averle fatto battere il cuore per tutta la vita, mi appariva profondamente triste per lei.
Sarebbe stata una sorta di “pena a fine mai”, un ergastolo sentimentale, che non avrei augurato al mio peggior nemico, figurarsi a lei che era il mio amore più grande.
Era più che giusto che anche lei trovasse qualche occasione per una salutare boccata d'aria fresca e tonificante.
Mi venivano alla mente le parole della bellissima “Chanson des vieux amants” la famosa canzone di Jacques Brel sulla durata dell'amore:

Ti amo ancora, sai, ti amo
So tutto delle tue magie
E tu della mia intimità
Sapevo delle tue bugie
Tu delle mie tristi viltà
So che hai avuto degli amanti
Bisogna pur passare il tempo
Bisogna pur che il corpo esulti
Ma c'è voluto del talento
Per riuscire a invecchiare
Senza diventare adulti

Per sicurezza chiedevo solo che non facesse la sciocchezza di pensare di lasciarmi o confessarmi quella sua distrazione.
Come si dice: “occhio non vede, cuore non duole”.
Quindi in ogni caso è fondamentale, se proprio si vuol tradire, di mantenere il più assoluto riserbo sulle nostre peccaminosa scappatelle, non si abbatte una casa per l'esigenza di cambiare il colore delle tende alle finestre.

Talvolta è necessario compiere un male minore in vista di un bene più grande.

Re: Il male minore

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Buonasera @Nightafter,

purtroppo ho dovuto chiudere temporaneamente la discussione. Per pubblicare nella sezione "Racconti lunghi" è necessario commentare un testo presente nella stessa sezione, oppure due testi nella sezione "Racconti" o "Poesie". 
Quando avrai pubblicato il nuovo commento, invia il link a uno staffer on line e la discussione verrà riaperta.  :)
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Re: Il male minore

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Ciao @Nightafter  
era parecchio che non passavo da queste parti a romperti le scatole. Dato che mi serve un  commento articolato per partecipare al contest, proverò a fare le pulci a questo testo.
Più che un racconto è una sorta di riflessione filosofica, caratteristica che secondo me ha influito su una tendenza alla verbosità che mi sembra appesantire il tutto: gli stessi concetti sono ripetuti più e più volte, in forme diverse, riempiendo interi paragrafi che avrebbero potuto consistere in una frase sola (ti farò parecchi esempi: non volermene). In altri passaggi, spacci come realtà storico-scientifica delle certezze-deduzioni-interpretazioni tue (dico tu, ma intendo il narratore del testo, poco importa che corrisponda in parte, del tutto o nulla affatto con te autore). Per chiudere, il finale: la parte sul "anche lei ha il diritto di tradirmi", abbastanza striminzita e incollata lì dopo un'ampia digressione filosofico-esistenziale, sembra più un tentativo del narratore di giustificarsi "non sono egoista, sia chiaro". Non so, forse parlare prima, nel corpo della riflessione, del fatto che ritenga un diritto della moglie di "cambiare pizza" di tanto in tanto, lo integrerebbe meglio nella generalità del principio, invece di suonare come una toppa incolata sul finale, caso mai le spiegazioni precedenti non bastassero.
(Naturalmente, queste sono le mie impressioni, non pretendo che siano una verità assoluta né delle impressioni di ogni lettore, prendile per quello che sono).
Pulci:
Nightafter ha scritto: Questo perché, parole evangeliche o no,
Confesso che non sono sicura di capire a cosa facciano riferimento le parole evangeliche (perdono per tutti?), ma in ogni caso questo inciso non mi sembra necessario né utile, lo eliminerei. Tanto più che tutto il testo è ricco di periodi molto lunghi, talvolta non del tutto lineari, di incisi su incisi che appesantiscono parecchio rischiando di far perdere il filo.
Nightafter ha scritto: D'essere stati defraudati della nostra fiducia, feriti nell'amor proprio, viene cancellato quel piccolo o grande sogno d'amore che nutrivamo nell'intimo; è stato usurpato un bene che reputavamo di possedere per diritto esclusivo, come chi occupa abusivamente il nostro posto auto nel cortile del condominio in cui abitiamo. in cortile.
Qui tutta la punteggiatura è da rivedere. "D"esser stati defraudati, feriti nell'amor proprio", che non sono rette da nessuna proposizione principale, in realtà dovrebbero essere inserite nel periodo precedente il punto fermo. Il punto andrebbe dopo "amor proprio", perché comincia un nuovo periodo con altro soggetto: Viene cancellato...
Nightafter ha scritto: Avevo capito
Qui mi interrogo tanto sul tempo che sul verbo scelti: avevi capito, perché quel trapassato? Lo hai capito prima di decidere di tradire? Non sarebbe più adatto un presente, in quanto considerazione che vale ancora? O è stato proprio quel momento a rivelarti tale "verità"? E perché capire? In che senso capire? Come il fatto di tradire può spiegarti la condotta e il pensiero di tutti i fedeli? Non sarebbe più adatto un verbo come: sembrarmi, riflettere, essere convinto... Voglio dire: parli di una tua convinzione non di una verità scientifica esatta che hai scoperto/capito.
Nightafter ha scritto: Non avevo mai pensato a tradire fino al momento in cui, le condizioni si erano presentate come un sentiero improvviso, che deviava dalla strada principale della mia esistenza: un sentiero ignoto, ma col fascino della nuova scoperta, dello sfizio ludico.
Risultava chiaro che fosse Era un percorso dal fondo impervio e scivoloso, con qualche rischio del cammino.
Perciò mi ci avventurai con cautela, solo col proposito di tastare il terreno per farmi un'idea della cosa.
Ero certo di arrestarmi per tempo, prima di qualche doloroso scivolone o d'una brutta storta.
Giusto due passi per sgranchire la gambe: provare il gusto temporaneo di uscire dalla strada maestra che procedeva troppo tranquilla e senza inciampi.
Qui ho suggerito qualche taglio, ma la metafora della passeggiata l'hai spinta un po' troppo secondo me, già inizia riprendendo una cosa detta sopra: non ci avevi mai pensato, è capitata l'occasione. Poi insisti a spiegare più volte il concetto (precisare che uno sfizio è ludico; volevo solo tastare il terreno, fermarmi in tempo, solo per sgranchirmi, distrarmi un attimo dalla via principale... ), ribadendo le stesse cose con parole un po' diverse.
Non sono convinta che questa verbosità giovi alla causa.
Nightafter ha scritto: Del resto, avere curiosità non era poi cosa strana: già ai tempi di Adamo ed Eva, qualche complicazione, a causa di essa, l'avevano avuta.
Un altro esempio di troppe parole e troppi incisi per una frase semplice:
la curiosità non è cosa nuova: aveva già creato complicazioni ai tempi di Adamo ed Eva.
dici la stessa cosa ma senza giri di parole, incisi, salti di soggetto.
Nightafter ha scritto: Iniziai a ragionarci sapendo che, di quel tradimento, non avevo scusanti.
Non esistevano giustificazioni pratiche:
(Giuro che non ho la fobia degli incisi, ma ne usi davvero troppi :asd: )
Anche qui: a che serve mettere due frasi praticamente identiche una di seguito all'altra: non avevo scusanti - non esistevano giustificazioni. Tieni solo la prima e inizia direttamente il periodo successivo spiegando che la relazione matrimoniale ti conviene e non hai nulla di che lamentarti.
Nightafter ha scritto: le nostre cose intime e il rapporto scorreva sereno
visto che i soggetti sono due: scorrevano sereni.
E cercherei un'espressione meno generica e asettica di "cose intime"
Nightafter ha scritto: pensare di perderla, mi toglieva la terra da sotto i piedi.
"pensare di perderla" è il soggetto di "mi toglieva": via la virgola che sta in mezzo.
Nightafter ha scritto: Sostanzialmente, l'avevo tradita per capire cosa si provasse a divenire un fedifrago.
Nightafter ha scritto: L'avevo fatto con lo spirito di chi prova, in pizzeria, una pizza diversa da quella mangiata per quindici anni: lasciando la consueta “Quattro stagioni”, per una “Diavola” con cipolla, gorgonzola e salamino piccante.
Un semplice esperimento gastronomico.
Oltre ai "chiarimenti" barrati perché già detti dal contesto, vorrei farti notare che "provare una pizza diversa dalla solita" e "lasciare la consueta 4S per una diavola" sono ancora una volta due proposizioni che dicono la stessa cosa. dovresti sceglierne una e usare solo quella. (Personalmente, userei quella "con l'esempio": lasciare la 4S per la diavola, ma vedi tu).
Nightafter ha scritto: Sapevo che, per la morale comune, non avere rimorsi non deponeva a mio favore, era brutto ammetterlo, ma non mi sentivo spregevole più che tanto.
Qui non capisco: se non ha rimorsi perché tutte queste domande e riflessioni per giustificare le proprie azioni? E perché dirci che non si sente spregevole? Per forza, visto che afferma di non avere rimorsi, non sentirsi in colpa e non condividere la morale comune.
Secondo me, qui, la sola frase necessaria è: non avevo rimorsi.
Nightafter ha scritto: la piccola divagazione culinaria: un peccatuccio veniale insomma.
Già è un po' pesante riprendere ancora la metafora gastronomica, già lungamente usata, ma perché aggiungere la "spiegazione" dopo i due punti? Quale lettore potrebbe avere delle difficoltà a capire di che divagazione si tratti?
Evito di citarlo, ma anche nel passaggio successivo reiterare e aggiungere particolari alla metafora culinaria lo trovo davvero pesante. Al massimo la limiterei a una frase: come dirlo a mia moglie? Dubitavo di poterla convincere con la storia della variazione del menù. O vedi tu.
Nightafter ha scritto: Per regola, da adultero, avrei dovuto confessare il mio peccato: perché il vincolo del matrimonio imponeva, tra i ai coniugi l'assoluta sincerità.
Questo principio era è la pietra angolare su cui si fondava l'istituto matrimoniale.
I verbi vanno al presente, perché enunci un dato che è ancora valido, non solo all'epoca del tradimento.
Nightafter ha scritto: Sincerità a ogni costo: anche se il tradimento non avesse nulla a che vedere col sentimento che li univa.
I due punti mi sembrano usati a torto, meglio una virgola.
Nightafter ha scritto: Questo perché non era concepibile che si potesse tradire col corpo, ma restare fedeli con l'anima.
A mia idea tale confusione dei piani poteva essere deleteria.
Infatti, il tradito si sentiva ferito e offeso, talvolta al punto di non potere perdonare l'affronto subito.
Si dava vita a un conflitto brutale: con risentimenti rabbiosi, atti di vendetta e ripercussioni interminabili, giungendo in taluni casi a troncare una relazione che durava da una vita.
L'amore, la famiglia, i figli, venivano inghiottiti in un incandescente calderone, dove si bruciavano affetti, speranze, felicità ed esistenze personali, con conseguenti dolorose separazioni e fin divorzio finale.
Anche qui, il tutto dovrebbe essere al presente, non all'imperfetto, perché è una riflessione valida sempre, anche ora, non riferita a quel momenot, quel tradimento.
"L'amore, la famiglia, i figli," sono il soggetto di ciò che viene dopo: via la virgola.
Nightafter ha scritto: E questo, per una scopata, compiuta fuori dalle mura domestiche.
Idem come sopra: via la virgola tra scopata e compiuta.
Nightafter ha scritto: Tutto ciò per un semplice dettato morale: qualcosa che aveva a che vedere con l'orgoglio oltraggiato.
i due punti dovrebbero indicare che quanto viene dopo è un'illustrazione o precisazione di quanto viene prima di loro. Qui non mi sembra il caso. L'orgoglio oltraggiato non è un dettato morale. Vuoi dire che l'orgoglio è un costrutto dato dall'educazione morale? Mi sembra un po' complesso da estrapolare da queste due frasi.
il mio consiglio sarebbe di eliminare il riferimento al dettato morale (che oltretutto è già ampiamente trattato nel testo) per tenere solo la frase sull'orgoglio.
Nightafter ha scritto: che era fidanzata con un bravo ragazzo, col quale prima o dopo sarebbe convolata a nozze,
Scusa, non è una cosa grave, ma non ho resistito, per ribadire il concetto: anche qui, perché usare due lunghi incisi? Se dici che è fidanzata è evidente che ha l'intenzione di sposarsi col fidanzato, prima o poi. A che serve precisarlo?
Nightafter ha scritto: Lui che lavorava sodo e sovente fino a tardi, per la stanchezza, non se la sentiva d'accompagnarla tutte le volte: così lei raggiungeva il locale con qualche amica.
Praticamente, quasi ogni volta che era lì da sola, finiva col rimorchiare uno diverso, con cui finiva la serata a letto.
Il mattino dopo, regolarmente pentita, confessava tutto al suo ragazzo: il quale pativa come una bestia, ma poiché l'amava moltissimo, la perdonava di continuo.
In questo paragrafo, usi due volte i due punti ma, a mio parere, entrambe le volte a sproposito. Dovrebbero essere delle virgole.
Nightafter ha scritto: Intanto, va detto che il partner non è il nostro confessore parrocchiale: non è tenuto a conoscere i nostri peccati, con l'obbligo d'assolverli, a fronte di un certo numero di preghiere assortite.
Perché è troppo facile scaricare la nostra coscienza dal fardello del peccato commesso, ribaltandone il peso sulla coscienza dell'altro.
Nightafter ha scritto: Il tradimento è un atto nascosto e segreto, quindi tale deve rimanere per una serie di buone ragioni.
Intanto, va detto che il partner non è il nostro confessore parrocchiale: non è tenuto a conoscere i nostri peccati, con l'obbligo d'assolverli, a fronte di un certo numero di preghiere assortite.
Perché è troppo facile scaricare la nostra coscienza dal fardello del peccato commesso, ribaltandone il peso sulla coscienza dell'altro.
Così il traditore potrà dormire sereno per il resto della vita, lasciando che sia il tradito a vivere la sua nel tormento del dubbio.
Confessare un tradimento è un atto di egoistica irresponsabilità, avvelenare l'acqua del pozzo in cui si abbevera il rapporto: un atto autolesionista, suicida, quanto inutile.
La confessione non è un colpo di spugna che cancella il danno.
Non esistono le debolezze di un momento: cosa fatta capo ha.
Nel complesso, questo paragrafo mi lascia perplessa: se dall'inizio il concetto che difendi è che il tradimento è una cosa veniale, uno sfizio che nulla ha a che vedere colla solidità della relazione principale, come si giustifica tutta questa tirata su: il tradimento deve restare nascosto, non possiamo lavarci la coscienza sporcando la serenità altrui, la confessione non cancella il danno (quale danno, se dici che il tradimento non ne provoca?)
Nightafter ha scritto: La specie umana, da un punto di vista biologico, non prevede la monogamia: essa è rara anche per la maggior parte di coppie animali.
La monogamia umana nasce per un condizionamento culturale, che ha origine nella notte dei tempi.
Ovvero, quando la scarsità di risorse per la sopravvivenza imponeva un controllo della prole d'appartenenza, e di conseguenza, della rigorosa monogamia sessuale del componente di sesso femminile della coppia.
Il maschio, nostro progenitore, stante la diffusa mortalità infantile, si accoppiava con più donne per ingravidarle: onde assicurare la continuità della specie.
La femmina, necessitava d'accoppiarsi con più uomini, alla ricerca del miglior esemplare a disposizione, per assicurare una selezione qualitativa della prole.
Con la difficoltà a procacciare sufficienti risorse alimentari, il maschio decise di nutrire e allevare solo i propri figli, ai quali avrebbe anche lasciato gli eventuali beni d'appartenenza alla propria morte.
Da qui nasceva il bisogno di controllo e possesso esclusivo della femmina da parte del maschio.
Questa cosa del possesso assoluto della donna si era cementata nei secoli, dando vita al patriarcato e ciò che ne derivava.
Su questa consuetudine, originariamente d'ordine funzionale, si è poi inserita la sovrastruttura psicologica dell'essere umano.
Dietro il concetto di danno da tradimento, si nasconde la più profonda, atavica e infantile, paura della morte per abbandono.
Il piccolo umano, nel momento in cui prende coscienza di non auto alimentarsi, ma che si nutre grazie alla madre, lega questa figura alla propria sopravvivenza.
Da quel momento, fino a quando non acquista una certa autonomia funzionale, il bambino vive nel terrore d'essere abbandonato e di morire per fame.
Questo genera un attaccamento e una gelosia difensiva verso la figura materna: diviene geloso del suo affetto, delle sue attenzioni e ne reclama l'esclusività.
Se qualcuno gli contende questo rapporto privilegiato, scatta la difesa del possesso e del territorio: l'odio per il rivale.
Il complesso edipico, la competizione col padre nasce da questo.
Dietro

la gelosia patologica di molti uomini adulti, si nasconde un Edipo e una paura infantile dell'abbandono non risolti.
Abbondiamo di cinquantenni che credono d'essere gelosi della propria moglie, ma in realtà sono terrorizzati dall'idea d'essere abbandonati dalla mamma e di morire di fame.
La gelosia femminile segue un meccanismo simile, che trova origine nel bisogno di mantenere un'egemonia affettiva sulla figura paterna.
Vi è un'ambivalenza verso la madre, che è figura necessaria nella prima infanzia, ma che diviene, da prima antagonista e poi complice, nella contesa del maschio padre.
Dalla contesa per l'affetto del padre alla contesa con le altre donne per il possesso esclusivo di un uomo, a la conseguente gelosia, il passo è breve.
Questo è il passaggio che più mi ha fatto storcere il naso, leggendo. Nonostante tu premetta di non essere antropologo, storico o psicologo, e che è solo l'idea che ti sei fatto, il lungo excursus successivo, che è un'estrapolazione miscelata e abbastanza confusa, nonché a tratti decisamente contraddetta dalle conoscenze attuali (anche ai miei occhi di non specialista), è esposto come fosse un susseguirsi di verità stabilite e accettate. Proverei a riformulare in modo che sia più chiaro che è una tua interpretazione della "storia della monogamia e del pentimento", non un assioma da verità scientifiche. Il premettere "non sono specialista, ma" funziona già male per i tuttologi da social, qui mi sembra proprio insufficiente.
Nightafter ha scritto: Un grande feticcio del tradimento è il sesso.
In che senso feticcio? Tra l'altro, non capisco il motivo di questa precisazione: si parla solo di tradimento sessuale fin dall'inizio.
Nightafter ha scritto: Nel tradire, avevo appreso una verità: c
In che modo "una scopata senza importanza" può averti insegnato questa verità?
Nightafter ha scritto: In particolare era mitizzato quello straordinario, magico e sbalorditivo che il partner fedifrago doveva necessariamente compiere con l'amante.
Anche perché il sesso nella nostra cultura cattolica è sempre legato al senso del peccato, della trasgressione lussuriosa, dalla storia della mela e del serpente in giù.
Il sesso lascivo e sregolato diviene, soprattutto, quello consumato al di fuori del sacramento matrimoniale.
Si immaginano i due traditori immersi in un piacere selvaggio e dissoluto.
Intenti a compiere acrobazie e giochi erotici strabilianti: cose lascive a cui, il proprio partner, non si è mai abbandonato nell'ambito del talamo nuziale.
Anche qui, sembra che tu esponga come verità conclamate delle convinzioni tue: da quando è una cosa assodata e condivisa di pensare che il sesso fuori dal matrimonio è fatto sempre di "acrobazie e giochi erotici strabilianti". Forse mi è sfuggita, sta cosa, ma non mi è mai risultata.
Nightafter ha scritto: Vero che vi sono numerose varianti e fantasie nel far l'amore, ma non sono più numerose di quelle che normalmente la gente pratica col partner.
Se non si è completamente digiuni di sesso, o repressi da inibizioni, in linea di massima, se il sesso è soddisfacente per entrambi, non c'è ragione di credere che chi ci tradisce trovi altrove uno sconosciuto universo di piacere.
Nulla di tanto grandioso c'è in una scopata fuori porta, anche il sesso più appagante non aggiunge qualcosa in più alla tua vita, se essa è già piena.
Ogni sesso dopo una buona doccia, ti lascia quello che eri prima di averlo fatto.
Anche qui, scusa, mi permetto perché "ci conosciamo" da tanto: ma che ne sai? :lol:
Voglio dire, non puoi affermare di sapere esattamente come gli altri facciano sesso. Per quanto la tua esperienza possa essere vasta e multiforme, a meno che tu non abbia studiato ricerche, statistiche e che so io (e anche così, non sono certa), non puoi sapere in quanti e quali modi gli altri, tutti gli altri, facciano sesso, col partner ufficiale, con partner diversi; cosa provino in un letto o in un altro.
Queste sono tue convinzioni, legittime, ma non puoi esporle come se fossero verità oggettive (non dico che fosse la tua intenzione, sia chiaro, ma è come la cosa esce nella lettura).
Nightafter ha scritto: Certo, anche per gli uomini vi è la possibilità di un innamoramento, il perdere la ragione per un'altra donna, ma in genere, avveniva se l'amore per la compagna del momento viene a cessare.
Qui c'è un salto di tempo: inizi e finisci al presente, ma in mezzo usi avveniva all'imperfetto.
Nightafter ha scritto: L'amavo profondamente, era il mio faro nelle tenebre dell'esistenza, la roccia salvifica su cui approdare in ogni mio naufragio, la chiesa in cui trovare conforto per la mia anima inquieta, l'altra metà del cielo e l'ossigeno che mi manteneva in vita.
Forse è voluto, inizio a chiedermi se in realtà il vero senso di questo racconto sia mostrare un uomo totalmente egocentrico ed egoriferito che cerca di mettersi in luce e mostrarsi come un esempio di illuminazione, chiarezza di vedute e tutte qualità. Se è il caso, ignora il commento che sto per fare.
Qui parla della moglie e di quanto la ami, ma ne parla solo in termini utilitaristici per lui: lo illumina nelle difficoltà della vita, è il porto sicuro cui tornare dopo ogni contrarietà, è la fonte di conforto e consolazione... Praticamente un'assicurazione/angelo custode/coperta di linus.

Le mie perplessità sul finale te le ho già esposte in apertura di commento e, oltretutto, si riallacciano a quanto appena detto sul narratore egoriferito.
Ti cito solo questa frase:
Nightafter ha scritto: Per sicurezza chiedevo solo che non facesse la sciocchezza di pensare di lasciarmi o confessarmi quella sua distrazione.
"Chiedevo" a chi? Al fato? Perché qui, ancora una volta, è solo una riflessione teorica: non ha parlato del tradimento alla moglie e dunque dubito che le abbia detto che anche lei può tradirlo. È solo lui che dice a sé stesso che se dovesse succedere non sarebbe grave, l'unica cosa a cui tiene è che non vorrebbe esserne informato.
Insomma, riformulerei, perché quel "chiedevo" sembra rivolto alla moglie, ma è fuorviante, in un contesto di speculazione teorica.

Vabbè, perdonami (dopo un trattato sul perdono che non si rifiuta a nessuno :lol: ): ho fatto un commento più lungo del racconto. Vuol dire che ho letto con attenzione e ciò che ho letto mi ha interrogato. Prendi le mie obiezioni e osservazioni per quel che valgono, forse zero, non ho pretese di insegnare nulla.
Ci sono altri problemi di sintassi, punteggiatura, formattazione, verbi, ripetizioni... ma mi sono concentrata più sul significato che sui sui significanti. E avevo già fatto una quantità eccessiva di pulci (che non ti obbligo a leggere in intero, giuro!)
Un abbraccio.
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: Il male minore

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Cara @Bef 
anche io è diverso tempo che non frequento questo nostro amato forum, pertanto mi fa un enorme piacere che la tua decisione di rivisitarlo coincida con il gradito onore di un commento così approfondito a un testo tra i più bizzarri che mi sia mai capitato di scrivere.
Pertanto mi sento in obbligo nel ringraziarti di aggiungere qualche considerazione su questa cosa che avevo quasi dimenticato d’aver pubblicato.

Anzitutto non posso che concordare con te che tutta la sbrodolata (che definire come “filosofica” mi pare tanto gratificante quanto abnorme.)
Meriterebbe solo d’essere riscritta interamente per dargli una dignità nella forma e nel contenuto.

Ciò detto provo a tentare di chiarire cosa mi ripromettevo nel momento in cui l’ho scritto.

Nella mente lo immaginavo come un monologo teatrale.
Il narratore seduto nel buio della sala all’interno del cerchio di luce, si presenta al pubblico e gli propina questa verbosa confessione interiore.

Qualcosa di simile a ciò che avviene ne “La caduta” di Camus, se venisse rappresentato come lavoro teatrale.

“Nel romanzo Il protagonista e narratore è l'avvocato Jean-Baptiste Clamence, è l'emblema dell'uomo che vive nell'assurdo, la categoria filosofica utilizzata da Albert Camus per analizzare la condizione umana.
Jean-Baptiste Clamence è un brillante avvocato parigino, una persona dedita al benessere degli altri che si prodiga in innumerevoli buone azioni che lo rendono un uomo stimato dalla maggior parte dei suoi conoscenti. Durante un lungo monologo (o dialogo, che egli intrattiene con un ascoltatore cui non cede mai la parola e che può essere identificato con il lettore stesso), Clamence si rende conto che la sua vita è in realtà incentrata su se stesso, sul proprio egocentrismo e sul senso di superiorità nei confronti di chiunque che lo pervade.
Inoltre, mentre in pubblico mostra una maschera di virtù, in privato è un uomo dedito alla ripetizione continua e frustrata dei più disparati piaceri, dall'alcol alle donne.”

Su questa sicuramente più elevata falsariga, mi è nata l’ispirazione per il mio testo.
La ripetitività che denunci, negli intenti voleva essere quel rimarcare, quasi ossessivo, con metafore diverse dell’identico concetto, tipiche di chi tenta di convincere lo spettatore e soprattutto d'auto convincere sé stesso.
Mi rendo conto che non avendo le qualità narrative di Camus, quanto ne è venuto fuori appare prolisso e verboso (difetti nei quali da sempre sguazzo con abbondanza), nonché confuso nei concetti espressi.
Inoltre aggiungerei che ho commesso anche un peccato di presunzione, ovvero d’aver creduto d’essere in grado di affrontare un tema così complesso con uno spirito di leggiadra ironia narrativa.
E’ evidente che l’intento di colorare d’ironia il testo è fallito drammaticamente.

Insieme a Camus ho avuto come riferimento il saggio: "I miti del nostro tempo”, del buon Galimberti.
Mi sono rifatto a lui per quanto attiene alle radici fondanti del paternalismo e del maschilismo.

In fine, l’obiettivo del pippone era nel mostrare le cattiva coscienza del maschio medio, dei suoi peccati, delle debolezze, delle menzogne e degli alibi di cui si dota.
Ma anche quello di demitizzare il sesso e il tradimento.
Perché, questo sì, è quello che penso come autore e non come sola voce narrante, siamo tutti dei bambini col terrore di perdere l’amore materno o paterno, che da adulti proiettiamo verso la persona amata, ritenendo vitale che sia di nostra unica e assoluta proprietà.

Chiudendo questo ennesimo pippone, ti ringrazio per aver avuto il coraggio di cimentarti nella lettura e nel profondo commento del mio prolisso e incasinato buco nell’acqua.

Un caro abbraccio. <3

Re: Il male minore

6
Nightafter ha scritto: esistevano giustificazioni pratiche: non lamentavo insoddisfazioni o in crisi con mia moglie, le nostre cose intime e il rapporto scorreva sereno; soprattutto non ero innamorato della donna con cui l'avevo tradita, non mi passava in mente la minima idea di separarmi da lei.
la parte in grassetto l'anticiperei: "...scorreva sereno, non mi passava in mente..." perchè messo dopo il ; sembra che il non volersi "separare da lei" sia riferito alla donna con la quale ha tradito.
Nightafter ha scritto: più che tanto.
la forma corretta dovrebbe essere "più di tanto", più che tanto è gergale
Nightafter ha scritto: con conseguenti dolorose separazioni e fin divorzio finale
refuso, eliminare fin
Nightafter ha scritto: non se la sentiva d'accompagnarla tutte le volt
Refuso: volte

Il paragrafo dedicato al "bambino" che teme l'abbandono da parte della madre mi sembra una digressione; narrativamente non mi convince.

Sottolinerei altro, ma preferisco sintetizzare. Il tuo testo si percepisce come un mini saggio, o meglio, un soliloquio sul tradimento che punta a ribadire l'antico e "inossidabile" concetto che l'umo tradisce solo "a metà", così come cantava l'Iglesias degli anni '80; pertanto, non essendoci alcun coinvolgimento emotivo dovrebbe ottenere automaticamente diritto al predono. 
Devo riconoscere, mio malgrado, che il testo non è all'altezza delle belle letture cui ci hai abituati, non ho percepito la tua solita verve, soprattutto mi è mancata la creatività nella trama. 
Grazie comunque per avere lanciato una freccia a nostro favore affermando in sintesi che "per un senso di giustizia" sarebbe opportuno che uomo traditore autorizzasse la moglie a tradirlo  :D.

A rileggerti

Re: Il male minore

7
Carissima @Adel J. Pellitteri 

un ringraziamento per esserti soffermata a leggere questa mia sbrodolata.
Ho già ampiamente fatto il mea culpa sul pezzo nel post di risposta alla recensione della ottima amica @Bef .

Questo mio scritto è sicuramente raffazzonato e privo della leggerezza che desideravo conferirgli, purtroppo non tutte le ciambelle riescono col buco.
Ma perdonerai se con un pizzico di malignità, mi nasce la sensazione che la cosa più fastidiosa di questo testo, non sia nei refusi di cui è zeppo, né nella povertà di una pochade non riuscita, ma bensì nell'argomento che tocca.
Quasi avessi sfiorato un tabù o un argomento che sfiora la blasfemia.
Insomma parlare di corna senza pentimento può disturbare talune sensibilità.

Ma è solo un'impressione del tutto personale e sicuramente errata.

Grazie ancora di avermi letto e un consueto grande abbraccio. <3

Re: Il male minore

8
Nightafter ha scritto: Quasi avessi sfiorato un tabù o un argomento che sfiora la blasfemia.
Insomma parlare di corna senza pentimento può disturbare talune sensibilità.
Assoltamente no, hai scritto molti racconti, se vogliamo, più "scabrosetti" e pur di eccezionale livello. Il problema in questo sta principalmente, secondo me, nel modo in cui lo hai raccontato (hai scritto una storia che storia non è), ci hai "detto" e non "mostrato" a discapito del tanto amato show don't tell. Così come lo hai concepito il testo si presta più a un dibattito che a una lettura intrigante. Se ci avessi descritto l'incontro con la tipa disponibile all'avventura senza alcun presupposto sentimentale e poi la confessione fatta alla moglie farcita della concessione a tradire, avresti detto le stesse cose ma in modo narrativo, appunto. 

Spero di avere chiarito il mio punto di vista sul tuo testo.  :rosa:

Re: Il male minore

9
Nightafter ha scritto: salvo rammaricarsene al termine della vita, pensando realizzando solo allora che di questa ce n'era una soltanto.
mi sembra più adatto questo termine
Nightafter ha scritto: Non avevo mai pensato a tradire fino al momento in cui, le condizioni si erano presentate come un sentiero improvviso,
Quell'unica virgola non serve. Si tratta di una frase che fila bene senza.
Nightafter ha scritto: così mi ritrovai a scivolare verso quel fondo oscuro e peccaminoso.
Ora, il dilemma che mi si poneva, era quello di fare i conti con la mia coscienza, posto che ne avessi una, seppure molto elastica.
Secondo me, è limitante definirlo un fondo oscuro e peccaminoso. Se, infatti, così fosse, chi mai verrebbe attirato verso quel fondo?
Ti suggerisco di aggiungere l'aggettivo "attraente" o "accattivante".

Nella seconda frase, togli la virgola dopo "poneva", perché separa il soggetto dal verbo. Inoltre, c'è contraddizione tra il dubbio tra il possedere
una coscienza e tra il qualificarka molto elastica. Allora il dubbio che ci sia non ce l'hai...

Nightafter ha scritto: non lamentavo insoddisfazioni o in crisi con mia moglie,
"in" è da depennare
Nightafter ha scritto: I pochi difetti della mia metà erano tutti perdonabili, non concepivo in assoluto di vedere un'altra nella mia vita
dopo "perdonabili", ti suggerisco il punto e virgola
Nightafter ha scritto: anzi, il nostro rapporto era tanto simbiotico che virgola pensare di perderla, mi toglieva la terra da sotto i piedi.
Devi aprire l'inciso con la prima virgola
Nightafter ha scritto: con conseguenti dolorose separazioni e fin divorzio finale.
fino al
Nightafter ha scritto: E questo, per una scopata, compiuta fuori dalle mura domestiche.
La virgola dopo "scopata" non ci va. Toglierei anche la prima, dopo "questo".
Nightafter ha scritto: Vero che ne uccide più l'orgoglio che la spada.
Una tua interessante rivisitazione del classoco: "ne uccide più la lingua che la spada". Bravo!
Anche se si tratta di uccisioni metaforiche, la maggior parte.
Nightafter ha scritto: ma virgola poiché l'amava moltissimo, la perdonava di continuo.
Ogni tanto, dimentichi la virgola di apertura dell'inciso, ma ti succede poche volte, ormai.
Nightafter ha scritto: Confessare un tradimento è un atto di egoistica irresponsabilità, perché si va ad avvelenare l'acqua del pozzo in cui si abbevera il rapporto: un atto autolesionista, suicida, quanto inutile.
mi sembra più completo così
Nightafter ha scritto: ma a memoria di qualche nozione acquisita nel tempo, una certa idea
ma, avendo a mente qualche nozione acquisita nel tempo, una certa idea
Nightafter ha scritto: La femmina, necessitava d'accoppiarsi con più uomini, a
Nooo, mai dividere il soggetto dal verbo! Togli la virgola dopo "femmina".
Nightafter ha scritto: da prima antagonista e poi complice
dapprima
Nightafter ha scritto: Insomma virgola il timore delle corna 
Nightafter ha scritto: Un grande feticcio del tradimento è il sesso.
Non trovo azzeccata la scelta del sostantivo "feticcio" che rigiuarda un oggetto materiale.
Nightafter ha scritto: che l'idea del sesso fosse sovrastimata e poco realistica, era un'icona mitizzata, qualcosa che nella mente umana diveniva capitale, totalizzante nella sua essenza.
Trovo anch'io stranianti i verbi al passato. Forse che al presente non è così?
Nightafter ha scritto: cose lascive a cui, il proprio partner, non si è mai abbandonato nell'ambito del talamo nuziale.
La riscriverei così:
cose lascive alle quali il proprio partner non si è mai ec c ecc
Nightafter ha scritto: Come se il sesso fatto con altri appartenesse a un universo diverso da quello in cui si attuava quello fatto nel proprio letto.
toglierei del tutto questa frase
Nightafter ha scritto: ovvero ciò che valeva per me doveva valere anche per mia moglie, se pure a sua insaputa.
Nightafter ha scritto: Pertanto virgola se avessi scoperto che anche lei si fosse concessa una pizza,
Nightafter ha scritto: Quindi in ogni caso è fondamentale, se Se proprio si vuol tradire, di mantenere il più assoluto riserbo sulle nostre peccaminosa  scappatelle, non si abbatte una casa per l'esigenza di cambiare il colore delle tende alle finestre.
Secondo, me tante frasi del testo, come questa sopra, vanno "asciugate". Dopo "scappatelle" ci stanno meglio i due punti esplicativi.

Intanto, ti mando un caro saluto, @Nightafter   :hug:

Per il tuo testo, che è un flusso di pensiero e non un racconto, hai fatto una disamina dell'argomento strizzando simpaticamente l'occhio al lettore
per portarlo a condividere le tue opinioni. E' probabile che tu ci sia riuscito con tanti. 
Inoltre, a parte il non "mostrare", nella veste di filosofo hai appesantito il testo di frasi e concetti che si contorcono su se stessi, ripetendosi.

Però, ti do atto che hai tentato una nuova strada, con qualche guizzo dei tuoi a illuminarla. :ciaociao:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: Il male minore

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Grazie mia diletta @Poeta Zaza 

come ho già espresso in precedenti risposte ad alcuni commenti, questo testo è figlio della fretta di pubblicate qualcosa senza rileggerla.
Quindi oltre i soliti problemi di refusi e virgole a capocchia, andrebbe riscritto meditandolo con la dovuta attenzione.
Quello che ritengo sia il maggiore dei problemi riscontrabili sta essenzialmente nel tono.
L'intento era di scrivere qualcosa di ironico e provocatorio  con mano leggera e brillante, una sorta di divertissement su un argomento piccante e sensibile.
Purtroppo ne è venuto fuori una specie di mal condita sbrodolata sulle corna e i suoi rimedi di gusto scialbo.

Come sempre ti ringrazio per le tue preziose note critiche.
Un grande abbraccio  <3
Rispondi

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