[CC23] - Mio padre Thomas Edison - Catwoman
Inviato: dom feb 26, 2023 8:40 pm
Traccia n. 4 - Luce/i
Boa: deve comparire almeno una maschera
Titolo: Mio padre Thomas Edison
Boa: deve comparire almeno una maschera
Titolo: Mio padre Thomas Edison
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Vi è tanto freddo nella cantina interrata di Henry; presso l’ultima villetta a schiera nel villaggio di Lisspik. La piccola Dolly, di cinque anni, scende lentamente i gradini della scala in legno, con le mani attaccate saldamente al corrimano. Il padre si è accorto della sua presenza e l’avverte di stare attenta. “Mi spieghi cosa ci fai qui? Non dovresti essere a giocare con la mamma?” Le dice rimproverandola dolcemente. “Voglio vedere cosa stai facendo qui!” ribatte lei. Henry prende in braccio la figlia che gli si è lanciata addosso. “Papi sta cercando dentro le scatole una cosa che ti farà felice; ma non ti posso dire: non sarebbe una sorpresa se ti dicessi cosa è”.
“Posso cercare Marybell?” Insiste lei ricordandosi della sua bambola custodita in una delle scatole accatastate.
“Marybell? Sai bene che la mamma l’ha conservata perché è delicata e tu sei piccola per poterci giocare”. La piccola Dolly non pare essere d’accordo col padre e insiste: “Io sono grande! Sono alta più di Marybell e la zia Beth ha detto che avrei potuto giocarci quando sarei riuscita a tenerla in braccio!”.
“Hai ragione! Però oggi devo fare altro e non ho tempo per cercarla. Al massimo lo facciamo insieme domani, va bene?” risponde lui mentre prende a risalire le scale e raggiunto il piano sopra, riaffida alle cure della madre la piccola Dolly. Ma nello scantinato qualcosa sembra accadere…
“Dolly! Dolly! Dove sei padroncina mia?”. Sembrerebbe una voce che arriva da una scatola, dove dall’interno, qualcuno cerca di venirne fuori, spingendo il traballante coperchio.
La scatola oscilla pericolosamente e alla fine si capovolge, facendo ruzzolare fuori il contenuto: una bambola dai capelli rossi. “Ogni volta devo sporcarmi il mio vestitino di pizzo per uscire da questa scatola”, borbotta togliendosi di dosso la polvere raccolta dal pavimento durante il capitombolo. “Spero che le mie batterie abbiano ancora un po’ di energia per fare una passeggiata per sgranchirmi le gambe, dopo giorni rinchiusa in quella angusta scatola. Presto finirò nelle mani di chi mi coccolerà per tutta la vita: non vedo l’ora!”
La bambola ha preso a curiosare per la cantina e, data la poca luce, ha acceso i piccoli led che ha inseriti nei suoi occhi. La flebile luce rischiara il freddo ambiente, mitigando la penombra e mostrando i contorni degli oggetti custoditi sopra gli scaffali, da uno dei quali, pare arrivino dei lamenti.
“Aiuto! Aiuto! C’è qualcuno che può aiutarmi?”
“Non ti vedo! Dove sei?” Ribatte Marybell.
“Sono qui, dentro il cestino sopra il primo ripiano”.
“Ma io non arrivo a dove sei tu” risponde guardandosi poi attorno nella ricerca di un modo per arrivare al ripiano. Con due scatole, messe una sopra l’altra, riesce a sollevarsi il tanto giusto. “Sono qui dentro! Proprio sotto i tuoi occhi!” vocifera il misterioso oggetto.
“Ma sei una lampadina!” esclama sorpresa Maribell.
“Finalmente ti accorgi di me! Non so quante volte ho implorato aiuto e tu non mi hai mai sentito”.
“Forse sarà perché non hai mai strillato forte! Non è che ho l’udito così acuto, cara mia bella lampadina. E poi, cosa avresti tanto da lamentarti e chiedere aiuto?”
“Sono infelice. Sono cinquant’anni che sono qui al buio e al freddo, abbandonata da tutti”.
“Sei solo una cianfrusaglia inutile, di cosa ti lamenti? Allora io? Che sono una bambola bellissima dai capelli rosso rame, vestita di pizzo, che persino cammina e si illuminano gli occhi, potendo anche parlare e dire mamma! Cosa dovrei dire?”
“Si! Ma tu non stai qui al freddo quanto me! Tra poco la tua solitudine finirà. Ho sentito che fra poco andrai tra le braccia della tua padroncina, ed io invece, dovrò stare ancora sola”.
“Questa è proprio bella! Cosa vorresti fare? Andare a passeggio con gli umani? Magari andare al mare o al centro commerciale?”
La lampadina prende a singhiozzare: “Vorrei solo brillare come facevo quando dondolavo felice dal mio filo e l’energia mi percorreva il corpo accendendo il mio cuore: anch’io ho un cuore come il tuo, cosa credi!”.
“Secondo me sei stata messa da parte perché sei vecchia e non fai una bella luce come quelle di oggi. Sei stata sorpassata dalle più giovani. Gli umani lo fanno spesso. Cercano le cose nuove e buttano le vecchie: assieme alle donne tu sei tra quelle. Sarà meglio che te ne fai una ragione”.
“Povera me! Devo morire di freddo qui dentro, senza potermi scaldare, aspettando che un giorno o l’altro finisca dentro al bidone della spazzatura”.
“Dai, non piangere così! Le cose vecchie hanno sempre una loro storia fantastica da raccontare”
“Sì! Dici bene. Come ero felice quando la gente mi guardava con tanto amore e ammirazione. Mio padre si chiamava Thomas. Odiava il buio e l’odore acre del petrolio che bruciava all’interno delle lampade impestando l’aria delle strade e delle case. Per questo gli venne la geniale idea di portare la luce nel mondo e far sparire quel lezzo odioso. Mi raccontò un giorno, mentre mi stringeva tra le mani tutto soddisfatto, che quando venni alla luce…”
“Bella questa! Tu sei venuta alla luce! Che ridere!”
“Ridi, ridi. Proprio così! Quando nacqui io, tutto il mondo rimase a bocca aperta dalla luce che emanai! Dissero che era miracoloso. Certo, fummo in tante a nascere in famiglia. Tutte noi assieme illuminammo i saloni delle grandi feste, le piazze delle città, le case con le loro stanze, le cucine, le camere da letto; quanti amori abbiamo visto nascere e consumarsi sotto alla nostra calda luce”.
“Come ti capisco! Sei triste perché non brilli più per nessuno”.
Il dialogo tra i due viene interrotto dall’aprirsi della porta della cantina: Henry prende a riscendere la scala di legno. Ha per le mani una grossa zucca dal bellissimo color arancio.
Marybell ha tra le mani la lampadina e si è nascosta dietro le scatole a osservare cosa si è messo a fare l’uomo. Henry ha adagiato la zucca sul tavolo dopo averlo pulito con uno straccio. Con un coltello prende con pazienza a svuotarla dalla polpa. Rimasta solo la buccia, con un pennarello traccia i contorni di quelli che sembrano degli occhi, di un naso, una bocca dai denti aguzzi.
L’uomo, finito di intagliare anche i lineamenti del viso, osserva la zucca tutto contento.
“Adesso vediamo di illuminarla all’interno! Ma cosa ci metto? Una candela non va bene! Dovrei metterci una lampadina. Però allora ci vuole anche il filo col portalampada. Penso di averlo da qualche parte”. Henry si mette a cercare tra gli scaffali e recupera quanto gli serve.
Dopo avere realizzato la sede circolare con un abile taglio ci avvita il portalampada con tanto di filo munito di spina. “Ecco qui! Tutto è andato alla perfezione. Quando la metterò fuori nel giardino in questa notte di Halloween, la mia piccola Dolly sarà felicissima! L’anno scorso si era dispiaciuta che noi, a differenza degli altri, non l’avevamo fatto, e il giardino era rimasto senza la sua zucca nella notte di festa”.
L’uomo, già immaginando la felicità della sua bimba, si accorge che però dovrebbe provare se tutto funziona: per questo, ha bisogno di una lampadina. Cerca tra le scatole e ne trova qualcuna. Le prova: sono tutte fulminate. “Miseria! Adesso che faccio? Non ho voglia di fare chilometri per comprarne una, proprio adesso che inizia la festa a sorpresa. E non è che posso prenderla da qualche parte dentro casa. Sono tutte con diverso passo da questo vecchio portalampada. Ci vorrebbe una vecchia lampadina passo Edison; chissà se trovo quella vecchia lampadina che stava dentro quel cesto di vecchie cose lasciate lì da nonno Donald”.
L’uomo cerca nello scaffale dove pensa fosse custodita. Spera che almeno questa funzioni. Non la trova, però. “Dove diavolo è finita! Eppure era qui!”
Continua a cercare muovendo le scatole disseminate ed ecco che, muovendo quella dietro in cui si è nascosta Marybell, sorprende la bambola immobile che, tra le mani sue mani, ha quello che cerca. “Cosa ci fa Marybell fuori dalla scatola e tra le mani questa vecchia lampadina? Qui c’è lo zampino di Dolly e di sua madre! Quelle due non me la raccontano giusta. Va bene! Già avevo deciso di dargliela domani, ma mi sa che gliela darò in anticipo, questa notte di Halloween, mentre siamo in giardino a festeggiare”.
Henry sfila la lampadina dalle braccine della bambola: “Non ti arrabbierai, bella bambola, se questa la prendo io?” sorride intenerito. La lampadina è proprio quella adatta: l’avvita con delicatezza. La mano è sull’interruttore: lo schiaccia. L’energia attraversa il filamento, raggiunge il cuore della triste lampadina, che si arroventa e scalda, si accende dopo decenni di sofferenza.
Qualche ora dopo, la famiglia si ritrova in giardino a festeggiare. Henry si è travestito da Skeletron, con tanto di maschera, la moglie da fatina, e la piccola Dolly da principessa. I tre si intrattengono di fronte alla zucca di Re Jack che sprigiona una luce calda e magica dall’interno della sua cavità. Mille sfumature e giochi di ombre che giocano sul quel viso di zucca sorridente e accattivante. La piccola e felice Dolly stringe a sé la bambola Marybell, la quale si strugge commossa per la sua piccola amica, al pensiero della sua felicità ritrovata; almeno sino a quando la festa non finirà e con il sorgere del sole.