[CC23] Altri Dei - Pierrot

Contest di Carnevale - Racconti in maschera

[CC23] Altri Dei - Pierrot

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Traccia n. 4 - Luce/i.
Boa: deve comparire almeno una maschera
Titolo: "Altri Dei"

Mancava poco all’alba, Gianbattista Cantori guidava l’auto con calma, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. Non sarebbe più tornato indietro. Cos’altro avrebbe potuto fare? Sapeva di non essere destinato alla felicità fin da da quando lo avevano strappato dalla casa del nonno, che lo aveva allevato come un figlio dopo la morte dei genitori in un incidente.
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Gli avevano detto che il nonno era troppo vecchio, troppo pazzo per prendersi cura di lui e poi faceva un mestiere che non serviva a niente: si ostinava a macinare il grano con un vecchio mulino le cui pale giravano a stento sul fiume quasi a secco e inquinato, vivendo con poco o niente perché ormai quasi più nessuno andava a macinare il grano al mulino, solo qualche vecchio nostalgico. Ma il nonno si accontentava e così si era abituato Gianbattista, vivendo una prima infanzia felice. Altre lacrime gli scendevano sul viso, ma non le asciugò. Ripensò alla sua stanza nel mulino, con una finestra che si affacciava sul fiume che per lui era infinito, circondato da canneti come una giungla e terminante in una pianura verde con filari di cipressi sullo sfondo: il mondo.
Le pale del mulino giravano ogni giorno sempre più piano nel fiume che stava morendo, quando passavano davanti alla sua finestra oscuravano di colpo la stanza facendola piombare nel buio. Subito dopo tornava la luce e  al successivo passaggio di una pala, di nuovo il buio. Così all’infinito. Gianbattista, accucciato su una stuoia si incantava a osservare quello che aveva intorno: il tavolo, le sedie, il letto, un canestro, un armadio, uno specchio... Li vedeva nitidi alla luce del sole poi sparivano come per magia, per riapparire subito dopo. E c’era sempre qualcosa di diverso, particolari impercettibili, puntini, venature, pagliuzze svolazzanti che si depositavano sulle superfici modificandole. In quel fugace buio magico succedeva qualcosa, tutto cambiava pur sembrando sempre uguale. La luce era differente durante il giorno: la mattina quasi bianca, abbacinante, la sera calda e rosata. Dentro la lama di luce che attraversava la finestra il pulviscolo del grano danzava vorticoso, spariva al buio riapparendo subito dopo disposto in maniera diversa e questo aveva modificato il mondo secondo Gianbattista. Anche il nonno viveva di questo incanto, guardava l’alternanza di luce e buio e vedendo la felicità del nipote annuiva ridendo sdentato come a dire: hai capito anche tu, hai visto che bello?
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Gianbattista fu rinchiuso in un collegio per orfani e non rivide più il nonno.
Poco dopo gli dissero che era morto e nient’altro. Nel collegio non era stata una vita facile. A fatica aveva imparato a leggere, scrivere e pregare un dio sconosciuto e lontano che non si faceva mai vedere. Gianbattista aveva deciso di ribellarsi, di estraniarsi a modo suo. Fin da allora cominciarono a notare questo suo atteggiamento. Alla sveglia nel dormitorio spesso trovavano il suo letto vuoto, si alzava poco prima dell’alba e lo trovavano nudo nel cortile, inginocchiato, estatico, a fare non si sa che cosa. I compagni cominciarono a dileggiarlo all’unisono, non gli sembrava vero di aver trovato un simile divertimento in quel luogo così lugubre e noioso. Furono anni lunghi e dolorosi.
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Ora Gianbattista non riusciva più a vedere la strada a causa delle lacrime, dovette fermarsi. Scese dalla macchina e guardò il cielo cosparso di stelle, era ancora notte fonda, c’era tempo.
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Alla maggiore età uscì dal collegio, lo collocarono come ragazzo delle pulizie in un centro commerciale, una vera fortuna per lui che non sapeva fare niente. A poco a poco si abituò a quella vita nuova, amava pulire, gli piaceva la sua tuta da lavoro, la gente gli sorrideva addirittura. Cominciò ad avere fiducia nel mondo. Si iscrisse a una scuola serale, prese la patente della macchina, era molto scrupoloso, lo promossero prima magazziniere e poi addirittura addetto alle consegne, un lavoro di grande responsabilità e soddisfazione, che gli consentiva di conoscere molte persone. Fu così che conobbe Luisa, la sua futura moglie e conobbe l’amore, un sentimento mai provato prima, piacevole. Pensò che anche per lui la vita poteva essere come quella di tutti gli altri. Si sposarono. Il lavoro fisso di Gianbattista era sufficiente per chiedere un prestito in banca, acquistarono una casa, da pagare in trentanni. Venne un figlio, Fabrizio, e Gianbattista era davvero felice. Passarono alcuni anni sereni. Ma un giorno le cose cambiarono.
Al rientro dalle ferie Gianbattista trovò nel grande piazzale del centro commerciale un mulino di cartongesso a grandezza reale, dalle grandi pale che giravano elettricamente con impresse le facce di tanti Arlecchini, Pulcinella, Pierrot, streghe e clown che lo guardavano ridendo. Le pale scendendo in basso entravano in una zona d’ombra, quando tornavano in piena luce in alto le maschere cambiavano espressione: amichevole, arrabbiata, ammiccante, minacciosa. Guardavano Gianbattista il quale non riuscì più a concentrarsi sul lavoro e quel giorno ebbe un piccolo incidente alle consegne, nulla di grave, ma dovette rimanere a casa per un po’.
Mentre era in convalescenza passò al centro commerciale, fermandosi a guardare il mulino. Le maschere assumevano uno sguardo severo passando dall’ombra alla luce: sembravano rimproverarlo per avere abbandonato il mulino del nonno. Sì: lo stavano rimproverando.
Decise di ritornare ai luoghi della sua infanzia. Subito.
Poche centinaia di chilometri e raggiunse il mulino. Ma davanti al letto del fiume asciutto che odorava di putredine, con pietre bianche calcinate dal sole, trovò soltanto rovine cosparse di disegni osceni.
Entrò con angoscia mista a felicità ma niente era più come prima. Salì una cadente scala di legno, spezzata in più punti e ricoperta di calcinacci fino a raggiungere la sua stanza in rovina, adesso inondata dal sole. Invano attese che le pale del mulino, spezzate e mancanti, girassero ancora una volta a oscurarla e modificare il mondo, far tornare tutto come prima. Invano. Rimase dentro quella stanza alcuni giorni senza mangiare e bere.
I carabinieri notarono l’auto parcheggiata da tempo in quel luogo abbandonato e scesero a controllare. Lo trovarono inebetito, lo fecero ricoverare; dai suoi documenti risalirono a dove abitava, avvisarono Luisa.
Gianbattista rimase in ospedale qualche giorno, i medici lo rimisero in sesto fisicamente, ma non riuscivano a capire cosa avesse in testa.
Un trauma, ha subito un trauma. Parla, reagisce, ma è assente.
Come assente, diceva Luisa. Ma è pericoloso?
Non dovrebbe.
Come non dovrebbe?
Chi lo sa. Dobbiamo dimetterlo. Lo segua. Lo curi. Se nota qualcosa di strano ci chiami.
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Gianbattista era dunque tornato a casa ma non parlava, incurante di quello che lo circondava. Piangeva. Era chiaro che in quelle condizioni non poteva tornare al lavoro. Luisa aveva paura di quell’uomo che non riconosceva più e portò il figlio dalla madre. Gianbattista se ne accorse e pianse chiamando Fabrizio con voce fioca. Uscì in macchina. Luisa pensò che volesse andarlo a prendere e avvisò i carabinieri. Ma Gianbattista tornò a casa, andò a dormire e il mattino dopo uscì di nuovo, senza dire una parola. Così per parecchi giorni. Sembrò non accorgersi che Luisa se ne era andata anche lei.
Un giorno si presentò un avvocato. Gli disse che doveva firmare delle carte in quanto sua moglie voleva separarsi da lui, si sarebbe tenuta il bambino, aveva diritto alla casa, nonché alla metà del suo stipendio per potersi mantenere. Gianbattista aveva annuito in silenzio. Mi ha capito? Diceva l’avvocato. Certo, come no, rispose Gianbattista che prese i fogli e li mangiò. Uscì di casa, salì in macchina e se ne andò.
Per capire aveva capito: non c’era più posto nel mondo per lui. Ci aveva provato, si era illuso, aveva fallito. Con Luisa era stato felice, ma sentiva che a lei non importava di lui. Era occupata dagli interessi della sua vita, la casa, i mobili, il bambino, la madre, le amiche, apparire, spendere soldi che non bastavano, le ferie, e questo e quello e… lui non c’entrava niente. Gli mancava l’aria. La luce. Il cambiamento repentino che avveniva dal buio alla luce. Era stanco. Peccato però. In fondo era stato bello essere quasi come gli altri, baciare la propria donna, giocare con il proprio bambino. Fabrizio, non ti vedrò più allora? Non potrò raccontarti di quella luce magica del mulino che poteva cambiare le cose? Me l’hanno tolta per sempre la luce, sai? Io volevo che almeno tu sapessi, ma nessuno vuol sapere. Nessuno, sai?
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Riprese a guidare nella notte. Guidava, guidava. Sapeva dove andare. Entrò in una pineta buia, la notte aveva espanso gli odori delle piante che penetravano nella macchina, facendolo inebriare. Pini, filari di cipressi. Si fermò, scese. Il suolo era sabbioso, sentiva il rumore delle onde, l’aria impregnata di salsedine. Si spogliò nudo gettando i vestiti a terra. Camminò su una distesa di sabbia con davanti il mare d’argento illuminato dalla luna che stava per cedere il posto al sole. Era arrivato in tempo.
Il sole lo aveva sempre accolto, protetto, scaldato, amato, dato la forza di vivere la sua vita disastrosa fin da quando lo aveva cercato nel cortile del collegio; non lo aveva mai abbandonato, tradito, umiliato. Il disco di fuoco cominciava a uscire dal mare, sentiva il calore della Sua luce sul corpo. Chiuse gli occhi sentendo quel benefico contatto caldo sulla pelle. Era un segno d’amore nei suoi confronti. Sorrise felice per il fatto di essere stato notato anche in quella circostanza. Il sole sapeva della sua esistenza. Lo avrebbe aiutato ancora. Non era più solo nel mondo. Con il cuore colmo di questa consapevolezza, quando il sole uscì dal mare incendiandolo di luce l’uomo alzò le mani al cielo, cadde in ginocchio, e chinando il capo fino a terra lo adorò piangendo.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [CC23] Altri Dei - Pierrot

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Ciao Pierrot
Sira ha scritto: dom feb 26, 2023 7:34 pmOra Gianbattista non riusciva più a vedere la strada a causa delle lacrime, dovette fermarsi. Scese dalla macchina e guardò il cielo cosparso di stelle, era ancora notte fonda, c’era tempo.
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Alla maggiore età uscì dal collegio, lo collocarono come ragazzo delle pulizie in un centro commerciale,
In alcune parti bisogna sistemare i tempi verbali, non c'è stacco temporale tra il presente e i ricordi, e il lettore si confonde. TI riporto un esempio sopra. "Alla maggiore età era uscito dal collegio..."

Grazie per la bella storia e per l'ambientazione suggestiva, da vero scrittore (con una finestra che si affacciava sul fiume che per lui era infinito, circondato da canneti come una giungla e terminante in una pianura verde con filari di cipressi sullo sfondo: il mondo). 

Provo a indovinare  :D

Alberto Tosciri 
Già.

Re: [CC23] Altri Dei - Pierrot

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Ho trovato il racconto interessante per molti motivi, a cominciare dal protagonista, un orfano strappato a ogni cosa a lui conosciuta, compreso il povero nonno. Non sorprendono i suoi problemi successivi, né la nostalgia per quel mulino che vede come molto più di una semplice attività. Quindi un buon lavoro di approfondimento psicologico. Forse meno sulla trama, che non ha grandi stravolgimenti.
Mi pare che il racconto volesse essere più intimista, e per molti versi ci riesce, anche usando immagini molto belle e poetiche, ma non sembra arrivare mai davvero al fondo della sofferenza del protagonista, che rimane un po' in superficie, nei suoi silenzi, nelle sue fughe, nel suo guidare senza una meta. Ho apprezzato molto la lettura, ma sempre con la vaga sensazione che mancasse qualcosa.
Se dovessi tirare a indovinare, direi che l'autrice (questo è sicuro) è Monica
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: [CC23] Altri Dei - Pierrot

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Questa storia mi ha colpita soprattuto per come è andata a finire. In pratica non succede niente, si sale in auto col protagonista e si ascoltano i suoi ricordi. Una vita complicata, strappato dall’affetto dell’unico familiare, con qualche tara che si è prodotta per la carenza di affetti. Ci sono dei passaggi toccanti e carichi di poesia.  Il finale mi ha sorpresa, per l’atmosfera che si era creata mi sarei immaginata un suicidio, ma non mi pare sia andata così. O no?  O finirà in qualche clinica imbottito di medicinali? 
Non so chi tu sia, di sicuro scrivi molto bene. Sei ScimmiaRossa o Kasimiro?

Re: [CC23] Altri Dei - Pierrot

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Caro/a Pierrot,

Concludo con te i commenti. 
Un racconto che parla di disagio psichico e lo fa in modo molto realistico. Il cercare di adeguarsi alla società per riuscire ad aver una vita "normale", si fa fatica ma ci si riesce un po'...ma poi arriva il momento che si crolla, psicologicamente e anche mentalmente. 


Molto bella (e anche parecchio inquietante) la descrizione del mulino di cartongesso con le maschere che cambiano espressione. Forse il passaggio che più ho apprezzato del tuo testo.

Non penso di avere del tutto compreso i rimandi ad "altri dei", né perché in orfanotrofio a Gianbattista fosse stato insegnato a pregare un "dio sconosciuto", così come un po' oscuro et rimasto il finale, con quella adorazione del dio Sole. Un sintomo dello squilibrio mentale di Gianbattista?
Anche il nonno a suo tempo era stato considerato "troppo pazzo" perché adorava questo "altro dio?"
Faccio solo ipotesi, magari chiarirai a gara conclusa. 
Grazie della piacevole lettura, a rileggerci!

Re: [CC23] Altri Dei - Pierrot

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Ciao @Ilaris 
Mi fa piacere che mi hai scoperto subito e grazie per le tue belle parole  :)
Certamente il racconto andrebbe sistemato meglio, anche con i tempi verbali.
Ultimamente ho perso un po' del mio entusiasmo.

Grazie @Almissima 
Almissima ha scritto: sab mar 04, 2023 6:18 pmRacconto che mi ha mosso e commosso, sia nella forma che nel contenuto.
Questo è anche uno dei miei intenti quando scrivo. Non tutti ci fanno caso. Grazie  :)


Grazie @Silverwillow 
Silverwillow ha scritto: dom mar 05, 2023 12:49 amMi pare che il racconto volesse essere più intimista, e per molti versi ci riesce, anche usando immagini molto belle e poetiche, ma non sembra arrivare mai davvero al fondo della sofferenza del protagonista, che rimane un po' in superficie, nei suoi silenzi, nelle sue fughe, nel suo guidare senza una meta. Ho apprezzato molto la lettura, ma sempre con la vaga sensazione che mancasse qualcosa.
Sì, vero. Avrei voluto approfondire. Ma sai com'è...  :)


Grazie @Monica

Alla fine il personaggio non si suicida, ma è molto deluso da un mondo che non capisce e che non lo capisce. Spogliandosi dei suoi abiti rinuncia a quanto il mondo gli aveva dato, compresa la moglie e il figlio, e si affida a un "altro" Dio, il Sole nella sua concezione, sicuro di non essere abbandonato o tradito.

Grazie @ScimmiaRossa 
ScimmiaRossa ha scritto: lun mar 06, 2023 7:46 amNon penso di avere del tutto compreso i rimandi ad "altri dei", né perché in orfanotrofio a Gianbattista fosse stato insegnato a pregare un "dio sconosciuto", così come un po' oscuro et rimasto il finale, con quella adorazione del dio Sole. Un sintomo dello squilibrio mentale di Gianbattista?
Anche il nonno a suo tempo era stato considerato "troppo pazzo" perché adorava questo "altro dio?"
Il dio che a Gianbattista era stato imposto in orfanotrofio, dal nome italiano del protagonista si potrebbe evincere un orfanotrofio europeo non del tutto laico, quindi cattolico o protestante, era proprio il dio cristiano, che se viene insegnato per pura coercizione e sadismo, specie a esseri umani con altre concezioni e problemi, appare un dio sconosciuto, distante, indesiderabile.

Gianbattista è sempre stato indifferente a questo dio per lui sconosciuto; ha preferito rifugiarsi in qualcosa di più arcaico e sicuro, rifugiandosi nell'adorazione del Sole, che per lo meno può vedere, ha sempre visto.
Non credo che Gianbattista abbia squilibri mentali o meglio: se analizzato dai detentori del potere sicuramente è pazzo, ma a mio parere non lo è. L'uomo era libero un tempo. Dopo sono intervenute le pastoie delle religioni e dei governi. Se uno ne denuncia l'inutilità, l'ipocrisia, la costrizione, chiaramente per chi detiene questi poteri è un pazzo.
Adorare il Sole. Perchè no? Qualunque cosa sia il Sole, meglio degli uomini e delle loro regole.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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