Sinossi
Manuela è un’estetista che tra le sue clienti meno assidue ha la signora Gervasi. A metà novembre (mese tipicamente morto per chi, come quella donna, fa trattamenti al minimo sindacale) la Gervasi la chiama per un servizio completo (ceretta massaggi e quant’altro) da fare con urgenza. L’estetista rimane sorpresa e ricevendola nota nella cliente un certo imbarazzo. Tra pulizia viso, massaggi e ceretta scopriremo che il marito della Gervasi è prossimo alla pensione e da un po’ ha cominciato a cercare case di riposo. I Gervasi non sono vecchi, ma stanno perdendo ogni tipo di vitalità e curiosità verso la vita, giacché anche la salute comincia a vacillare. La donna, che si rende conto di avere contribuito a questa vecchiaia anticipata, vuole tentare un’ultima carta. Approfitta di un fine settimana in cui il marito, insegnante, è fuori città con alcuni alunni, per rimettere in sesto la casa trascurata da tempo e se stessa. Per fare ciò ha bisogno di Manuela e di Marcus, uomo di fatica di alcuni amici. Per tutta la durata del trattamento Manuela, abituata alle clienti che richiedono con urgenza trattamenti completi solo quando hanno appuntamenti “trasgressivi”, sospetterà che Marcus sia l’amante.
A fine trattamento la decisione della Gervasi di tentare il tutto per tutto avrà anche le armi: la pelle e lo sguardo risvegliati a nuova vita. Una rinascita, quindi, esteriore e interiore.
[Lab6] La signora Gervasi
2[Lab6] LA SIGNORA GERVASI
Sono solo le otto e trovo un messaggio sul cellulare, recita: “Manuela posso chiamarti? Ho bisogno di te.”
La Signora Gervasi è una di quelle che d’inverno non fa nulla, la vedo solo da marzo, quando inizia con i massaggi, fino a luglio. Ultimo servizio è la ceretta che ripete a metà mese, poi sparisce come la maggior parte delle donne della sua età. Le telefono, e prima che possa dirle buongiorno mi investe con una strana euforia.
«Manuela, grazie per avermi chiamata, ho bisogno di fare la ceretta completa, un massaggio rigenerante e una maschera viso.»
«Signora Gervasi – dico con sorpresa. Vorrei chiederle come mai voglia fare un trattamento completo a fine novembre, ma preferisco non indagare – possiamo fare la settimana prossima?»
«No, Manuela, ho bisogno di fare tutto domani.» Nella voce percepisco una sorta di ansia mista a tensione.
«Domani ho la prova trucco per una sposa e…»
La Gervasi mi interrompe: «Possiamo fare anche oggi, non posso assolutamente rimandare, davvero, per favore.» Il tono, adesso, si è fatto implorante, e la cosa mi incuriosisce.
«Oggi ho impegni improrogabili – affermo – posso solo provare a rimandare la sposa, non so, vediamo.»
La richiamo la confermandole che l’aspetto domani alle nove. La sposina si è lamentata un po’, ma alla fine ha ceduto.
Quando arriva al centro la signora Gervasi mi abbraccia con un trasporto insolito. «Grazie, grazie, grazie» ripete e mi stringe tra le braccia neanche fossi lì a farle un miracolo, poi sembra rientrare in sé: «Scusami per l’insistenza, sono proprio in condizioni pietose – e mentre le tolgo il cappotto aggiunge – che buon odore.»
«Le piace? È un’essenza rilassante, è nuova, l’ho presa ieri con dei prodotti prodigiosi.»
«Da dove cominciamo?» domanda.
«Mi ha chiesto la pulizia viso, devo anche truccarla?»
«Il trucco? Non ci avevo pensato, ma… certo, certo, facciamo anche il trucco.»
«Deve andare a una cerimonia?» Azzardo.
«Cerimonia? No, no… cioè sì, quasi.»
Avverto un certo imbarazzo.
Le indico la saletta per iniziare dalla pulizia del viso. Prima del trucco dovranno passare almeno due ore, è indispensabile iniziare da lì.
Si incammina verso la stanza, mentre le faccio strada noto che si tormenta le mani «Ha freddo?» le chiedo.
«No, no.» risponde imbarazzata e le lascia cadere lungo i fianchi, battendole leggermente sulle cosce. Non riesco a inquadrare il suo comportamento.
Comincio rimuovendo il suo filo di trucco con il latte detergente, le pulisco il viso con acqua per poi passare allo scrub. Procedo, e intanto parlo del più e del meno, dell’ultima puntata di Ballando con le stelle e altre sciocchezze simili. Lei annuisce, sorride. Non aggiunge molto alla conversazione che, a questo punto, sarebbe più corretto definire monologo. Completata la pulizia passiamo alla ceretta.
Appena distesa, immagino, comincerà a parlare di suo marito e degli alunni. Lui insegna storia dell’arte e lei mi riporta passo-passo tutte le beghe scolastiche. L’odore della cera sciolta è gradevole e riempie l’ambiente.
La Gervasi non parla mai di sé, è mia cliente da anni, ho toccato ogni centimetro della sua pelle, e le sento affermare sempre “mio marito dice”, “mio marito pensa”, “mio marito vuole”; a volte mi sfiora l’idea che non abbia un’opinione propria, idee sue. Eppure…
Siamo ai massaggi e la sento tesa sotto le mani, strano, il mio lettino è il luogo ideale per lasciarsi andare a sfoghi d’ogni tipo, perfino a confidenze molto intime. Tra le mie clienti ho la gamma completa di personalità: la chiacchierona, la megalomane, la frivola, ho perfino quella che vorrebbe insegnarmi il mestiere. Non faccio mai domande confidenziali, ascolto senza giudicare e le mie risposte, alla richiesta di consigli, sono sempre vaghe o farcite di luoghi comuni, “il tempo paga”, “se sono rose fioriranno”. Una serie innocua e ben collaudata. Non lo faccio per ipocrisia, ho solo sperimentato che si fa presto a perdere una cliente.
La Gervasi stringe le labbra e senza aprire gli occhi ripete: «Grazie, grazie davvero.»
«Ancora?! Basta così Signora Gervasi – rispondo – si rilassi piuttosto, sennò non otteniamo nulla.»
Conosco bene l’aria furbetta di certe mie clienti, cercano sempre il mio “aiuto” per le loro scappatelle, certo non tutte sono uguali, ci sono le sfacciate che spiattellano chiaro e tondo le loro intenzioni, altre cercano di dissimulare con discrezione. Tutte, però, credono che io non percepisca la differenza tra il trattamento fatto per routine e quello chiesto per gli eventi eccezionali. Per questi ultimi hanno sempre fretta e mi costringono a rimandare qualche appuntamento. D’altronde, è ovvio, le cerimonie sono ampiamente preventivate e le vacanze anche, ciò che invece coglie di sorpresa è la possibilità di un appuntamento fuori dall’ordinario, lo si deve incastrare approfittando di una falla nella quotidianità, cogliere l’occasione che non dà tempo per organizzarsi prima.
Con la Gervasi, però, è tutto diverso.
So bene che i trattamenti che fa di solito non sono né per lei né per il marito, e sono certa che tra loro non sia più tempo di négligé e cenette afrodisiache. Lei segue il protocollo pre-estivo per quelli che incontra al circolo che frequenta nella bella stagione, ha solo bisogno di sentirsi presentabile. Ne fa una questione di decoro non di bellezza né di salute.
Il silenzio si sta facendo pesante, e devo riuscire a farla rilassare, provo a chiedere: «Suo marito e la scuola? I soliti problemi?» Se è possibile, si irrigidisce ancora di più.
«È in gita con alcuni studenti, un fine settimana per visitare la Valle dei Templi. Una lezione a cielo aperto, dice lui. Sempre che non piova.»
«In effetti, una gita in novembre…»
«In realtà l’ha organizzata lui, è stanco di non riuscire a coinvolgere i ragazzi e allora ha proposto questi tre giorni ai più volenterosi e hanno aderito.»
Fa una mezza smorfia che mi pare vada a danno del marito, forse non ha bevuto la favola del fine settimana con gli studenti modello e vuole ripagarlo a dovere.
Poi, quasi sottovoce, aggiunge «È prossimo alla pensione e ha tutta un’idea strana circa il nostro futuro.»
Squilla il suo cellulare, ho le mani unte di olio e prenderle la borsa non è semplice, mi asciugo alla meno peggio con lo scottex e gliela porgo. Risponde a monosillabi, è imbarazzata, lo capisco perché abbassa inutilmente la voce, sono lì e la sentirei anche se sussurrasse. Le faccio cenno, se vuole mi allontano. Fa di no con la testa, e sul finale capto strane frasi per una donna quale da sempre la conosco: «Sì, Marcus, ti ho già detto che puoi rimanere a dormire a casa mia, e domenica, prima di andare a prendere mio marito, ti accompagnerò alla fermata dei pullman.»
Marcus è dunque il destinatario di tanta cura e attenzione per il proprio aspetto?!
La vedo nera, solo alla giovinezza si perdona tutto, mentre a una donna di una certa età no. Non la sto giudicando, è solo che quando ho detto che sembra non avere idee proprie non intendevo dire che fosse succube del marito, al contrario, e sebbene io creda non indossi più négligé, ho sempre avuto l’impressione che vivessero in perfetta simbiosi. N ho la conferma quando la conversazione riprende e mi chiede a sorpresa: «Lei pensa che alla mia età la vita possa regalarci ancora bellezza?»
«È questo il mio mestiere – rispondo – e lei è fortunata, ha un fisico snello e a parte la perdita di un po’ di tono che cerchiamo di mantenere con i massaggi sa bene di essere una bella donna, certo dovrebbe curarsi tutto l’anno, ma non sta a me dirglielo.»
Fissa il soffitto vagando dentro altri paesaggi.
«Devo farla questa cosa, anche se qualcuno potrebbe prendermi per matta, è l’unico e ultimo tentativo prima di capitolare» afferma senza guardarmi.
Ecco ci siamo, adesso mi racconterà tutto. Passo al trucco, la invito a star ferma, ma tra un colpo di matita e una pennellata di fard riesce a parlare.
«Devo risolvere la questione prima che sia troppo tardi. Vorrei strappargli dal petto quella triste spossatezza che lo sta distruggendo e ritrovare negli occhi l’entusiasmo che mi ha fatto innamorare di lui. L’amore per il passato e quello per il futuro, il primo l’ha fatto diventare amante della storia e dell’arte, il secondo lo ha portato all’insegnamento. Nei giovani ha sempre avuto fiducia.»
Riprendo il massaggio mentre le prosegue: «Sai Manuela? Ha ragione lui, dice che non siamo più in grado di badare a noi stessi, alle nostre cose. Io non ho più l’agilità di una volta e ho preso a trascurare tutto, la casa, me stessa, noi. Mentre lui dimentica metà delle cose da fare, come prendere le pillole della pressione, ad esempio. Ma abbiamo solo sessantasei anni, e ultimamente ha preso a riempirmi la casa di dépliant che decantano le lodi di assurdi pensionati per anziani. Ha fatto una ricerca certosina, valutando strutture anche fuori città. Non riesco nemmeno a capire se cerchi qualcosa con il massimo dei servizi oppure che abbia la massima distanza dalla nostra vita di adesso.»
Aggrotto la fronte, non capisco cosa possa risolvere il suo Marcus.
Sospira e ricomincia: «Voglio dimostrargli che si sbaglia, che abbiamo ancora tempo prima di gettarci via. Voglio trovi me rinata e la casa rinfrescata in tutto. Ho anche ordinato nuove piante che arriveranno oggi. La mia memoria è ottima, devo solo stare più attenta alle sue pillole mentre lui potrà badare alle nostre piante; con quelle, un tempo, era un mago. Marcus è un indiano che lavora presso amici a Cefalù, ho chiesto loro di prestarmelo per il fine settimana. È un uomo giovane, educato, abile in mille mestieri, mi aiuterà a non morire adesso.»
L’opera è compiuta. È soddisfatta, e lo sono anch’io. Il trattamento le ha risvegliato la pelle e lo sguardo.
All’intenzione abbiamo aggiunto le armi.
Sorride alla sua immagine riflessa sullo specchio e dice: «Mio marito tornerà fra tre giorni, il trucco occorreva a me stessa. L’ho capito solo adesso che hai fatto il miracolo.»
Gioisco perché so che il miracolo più concreto lo porterà a compimento lei, che inspira a fondo ed è già pronta per tornare a casa alla conquista di altro tempo, nuovo e migliore.
Le restituisco il bancomat e la saluto: «In bocca al lupo, signora Gervasi, l’ammiro e mi raccomando, non si arrenda e, soprattutto, non faccia arrendere lui.»
Sono solo le otto e trovo un messaggio sul cellulare, recita: “Manuela posso chiamarti? Ho bisogno di te.”
La Signora Gervasi è una di quelle che d’inverno non fa nulla, la vedo solo da marzo, quando inizia con i massaggi, fino a luglio. Ultimo servizio è la ceretta che ripete a metà mese, poi sparisce come la maggior parte delle donne della sua età. Le telefono, e prima che possa dirle buongiorno mi investe con una strana euforia.
«Manuela, grazie per avermi chiamata, ho bisogno di fare la ceretta completa, un massaggio rigenerante e una maschera viso.»
«Signora Gervasi – dico con sorpresa. Vorrei chiederle come mai voglia fare un trattamento completo a fine novembre, ma preferisco non indagare – possiamo fare la settimana prossima?»
«No, Manuela, ho bisogno di fare tutto domani.» Nella voce percepisco una sorta di ansia mista a tensione.
«Domani ho la prova trucco per una sposa e…»
La Gervasi mi interrompe: «Possiamo fare anche oggi, non posso assolutamente rimandare, davvero, per favore.» Il tono, adesso, si è fatto implorante, e la cosa mi incuriosisce.
«Oggi ho impegni improrogabili – affermo – posso solo provare a rimandare la sposa, non so, vediamo.»
La richiamo la confermandole che l’aspetto domani alle nove. La sposina si è lamentata un po’, ma alla fine ha ceduto.
Quando arriva al centro la signora Gervasi mi abbraccia con un trasporto insolito. «Grazie, grazie, grazie» ripete e mi stringe tra le braccia neanche fossi lì a farle un miracolo, poi sembra rientrare in sé: «Scusami per l’insistenza, sono proprio in condizioni pietose – e mentre le tolgo il cappotto aggiunge – che buon odore.»
«Le piace? È un’essenza rilassante, è nuova, l’ho presa ieri con dei prodotti prodigiosi.»
«Da dove cominciamo?» domanda.
«Mi ha chiesto la pulizia viso, devo anche truccarla?»
«Il trucco? Non ci avevo pensato, ma… certo, certo, facciamo anche il trucco.»
«Deve andare a una cerimonia?» Azzardo.
«Cerimonia? No, no… cioè sì, quasi.»
Avverto un certo imbarazzo.
Le indico la saletta per iniziare dalla pulizia del viso. Prima del trucco dovranno passare almeno due ore, è indispensabile iniziare da lì.
Si incammina verso la stanza, mentre le faccio strada noto che si tormenta le mani «Ha freddo?» le chiedo.
«No, no.» risponde imbarazzata e le lascia cadere lungo i fianchi, battendole leggermente sulle cosce. Non riesco a inquadrare il suo comportamento.
Comincio rimuovendo il suo filo di trucco con il latte detergente, le pulisco il viso con acqua per poi passare allo scrub. Procedo, e intanto parlo del più e del meno, dell’ultima puntata di Ballando con le stelle e altre sciocchezze simili. Lei annuisce, sorride. Non aggiunge molto alla conversazione che, a questo punto, sarebbe più corretto definire monologo. Completata la pulizia passiamo alla ceretta.
Appena distesa, immagino, comincerà a parlare di suo marito e degli alunni. Lui insegna storia dell’arte e lei mi riporta passo-passo tutte le beghe scolastiche. L’odore della cera sciolta è gradevole e riempie l’ambiente.
La Gervasi non parla mai di sé, è mia cliente da anni, ho toccato ogni centimetro della sua pelle, e le sento affermare sempre “mio marito dice”, “mio marito pensa”, “mio marito vuole”; a volte mi sfiora l’idea che non abbia un’opinione propria, idee sue. Eppure…
Siamo ai massaggi e la sento tesa sotto le mani, strano, il mio lettino è il luogo ideale per lasciarsi andare a sfoghi d’ogni tipo, perfino a confidenze molto intime. Tra le mie clienti ho la gamma completa di personalità: la chiacchierona, la megalomane, la frivola, ho perfino quella che vorrebbe insegnarmi il mestiere. Non faccio mai domande confidenziali, ascolto senza giudicare e le mie risposte, alla richiesta di consigli, sono sempre vaghe o farcite di luoghi comuni, “il tempo paga”, “se sono rose fioriranno”. Una serie innocua e ben collaudata. Non lo faccio per ipocrisia, ho solo sperimentato che si fa presto a perdere una cliente.
La Gervasi stringe le labbra e senza aprire gli occhi ripete: «Grazie, grazie davvero.»
«Ancora?! Basta così Signora Gervasi – rispondo – si rilassi piuttosto, sennò non otteniamo nulla.»
Conosco bene l’aria furbetta di certe mie clienti, cercano sempre il mio “aiuto” per le loro scappatelle, certo non tutte sono uguali, ci sono le sfacciate che spiattellano chiaro e tondo le loro intenzioni, altre cercano di dissimulare con discrezione. Tutte, però, credono che io non percepisca la differenza tra il trattamento fatto per routine e quello chiesto per gli eventi eccezionali. Per questi ultimi hanno sempre fretta e mi costringono a rimandare qualche appuntamento. D’altronde, è ovvio, le cerimonie sono ampiamente preventivate e le vacanze anche, ciò che invece coglie di sorpresa è la possibilità di un appuntamento fuori dall’ordinario, lo si deve incastrare approfittando di una falla nella quotidianità, cogliere l’occasione che non dà tempo per organizzarsi prima.
Con la Gervasi, però, è tutto diverso.
So bene che i trattamenti che fa di solito non sono né per lei né per il marito, e sono certa che tra loro non sia più tempo di négligé e cenette afrodisiache. Lei segue il protocollo pre-estivo per quelli che incontra al circolo che frequenta nella bella stagione, ha solo bisogno di sentirsi presentabile. Ne fa una questione di decoro non di bellezza né di salute.
Il silenzio si sta facendo pesante, e devo riuscire a farla rilassare, provo a chiedere: «Suo marito e la scuola? I soliti problemi?» Se è possibile, si irrigidisce ancora di più.
«È in gita con alcuni studenti, un fine settimana per visitare la Valle dei Templi. Una lezione a cielo aperto, dice lui. Sempre che non piova.»
«In effetti, una gita in novembre…»
«In realtà l’ha organizzata lui, è stanco di non riuscire a coinvolgere i ragazzi e allora ha proposto questi tre giorni ai più volenterosi e hanno aderito.»
Fa una mezza smorfia che mi pare vada a danno del marito, forse non ha bevuto la favola del fine settimana con gli studenti modello e vuole ripagarlo a dovere.
Poi, quasi sottovoce, aggiunge «È prossimo alla pensione e ha tutta un’idea strana circa il nostro futuro.»
Squilla il suo cellulare, ho le mani unte di olio e prenderle la borsa non è semplice, mi asciugo alla meno peggio con lo scottex e gliela porgo. Risponde a monosillabi, è imbarazzata, lo capisco perché abbassa inutilmente la voce, sono lì e la sentirei anche se sussurrasse. Le faccio cenno, se vuole mi allontano. Fa di no con la testa, e sul finale capto strane frasi per una donna quale da sempre la conosco: «Sì, Marcus, ti ho già detto che puoi rimanere a dormire a casa mia, e domenica, prima di andare a prendere mio marito, ti accompagnerò alla fermata dei pullman.»
Marcus è dunque il destinatario di tanta cura e attenzione per il proprio aspetto?!
La vedo nera, solo alla giovinezza si perdona tutto, mentre a una donna di una certa età no. Non la sto giudicando, è solo che quando ho detto che sembra non avere idee proprie non intendevo dire che fosse succube del marito, al contrario, e sebbene io creda non indossi più négligé, ho sempre avuto l’impressione che vivessero in perfetta simbiosi. N ho la conferma quando la conversazione riprende e mi chiede a sorpresa: «Lei pensa che alla mia età la vita possa regalarci ancora bellezza?»
«È questo il mio mestiere – rispondo – e lei è fortunata, ha un fisico snello e a parte la perdita di un po’ di tono che cerchiamo di mantenere con i massaggi sa bene di essere una bella donna, certo dovrebbe curarsi tutto l’anno, ma non sta a me dirglielo.»
Fissa il soffitto vagando dentro altri paesaggi.
«Devo farla questa cosa, anche se qualcuno potrebbe prendermi per matta, è l’unico e ultimo tentativo prima di capitolare» afferma senza guardarmi.
Ecco ci siamo, adesso mi racconterà tutto. Passo al trucco, la invito a star ferma, ma tra un colpo di matita e una pennellata di fard riesce a parlare.
«Devo risolvere la questione prima che sia troppo tardi. Vorrei strappargli dal petto quella triste spossatezza che lo sta distruggendo e ritrovare negli occhi l’entusiasmo che mi ha fatto innamorare di lui. L’amore per il passato e quello per il futuro, il primo l’ha fatto diventare amante della storia e dell’arte, il secondo lo ha portato all’insegnamento. Nei giovani ha sempre avuto fiducia.»
Riprendo il massaggio mentre le prosegue: «Sai Manuela? Ha ragione lui, dice che non siamo più in grado di badare a noi stessi, alle nostre cose. Io non ho più l’agilità di una volta e ho preso a trascurare tutto, la casa, me stessa, noi. Mentre lui dimentica metà delle cose da fare, come prendere le pillole della pressione, ad esempio. Ma abbiamo solo sessantasei anni, e ultimamente ha preso a riempirmi la casa di dépliant che decantano le lodi di assurdi pensionati per anziani. Ha fatto una ricerca certosina, valutando strutture anche fuori città. Non riesco nemmeno a capire se cerchi qualcosa con il massimo dei servizi oppure che abbia la massima distanza dalla nostra vita di adesso.»
Aggrotto la fronte, non capisco cosa possa risolvere il suo Marcus.
Sospira e ricomincia: «Voglio dimostrargli che si sbaglia, che abbiamo ancora tempo prima di gettarci via. Voglio trovi me rinata e la casa rinfrescata in tutto. Ho anche ordinato nuove piante che arriveranno oggi. La mia memoria è ottima, devo solo stare più attenta alle sue pillole mentre lui potrà badare alle nostre piante; con quelle, un tempo, era un mago. Marcus è un indiano che lavora presso amici a Cefalù, ho chiesto loro di prestarmelo per il fine settimana. È un uomo giovane, educato, abile in mille mestieri, mi aiuterà a non morire adesso.»
L’opera è compiuta. È soddisfatta, e lo sono anch’io. Il trattamento le ha risvegliato la pelle e lo sguardo.
All’intenzione abbiamo aggiunto le armi.
Sorride alla sua immagine riflessa sullo specchio e dice: «Mio marito tornerà fra tre giorni, il trucco occorreva a me stessa. L’ho capito solo adesso che hai fatto il miracolo.»
Gioisco perché so che il miracolo più concreto lo porterà a compimento lei, che inspira a fondo ed è già pronta per tornare a casa alla conquista di altro tempo, nuovo e migliore.
Le restituisco il bancomat e la saluto: «In bocca al lupo, signora Gervasi, l’ammiro e mi raccomando, non si arrenda e, soprattutto, non faccia arrendere lui.»
Re: [Lab6] La sigmora Gervasi
3È bello avere degli angeli custodi, vero? Niente, piccola digressione personale. Chi sa comprende.
Eccomi con l'auto-analisi del testo. Comincio col dire che il racconto, nel bene e nel male, rispetta fedelmente la sinossi. La tematica nasce da una esigenza personale: raccontare di una "mutazione", il passaggio dal lavoro alla pensione che può trascinare verso una prematura vecchiaia. Non tutti hanno hobby cui dedicarsi a tempo pieno oppure orticelli da andare a coltivare, in più la tempistica coincide sempre (giorno più giorno meno) con qualche problema di salute e non solo (compito che ho assegnato al marito della Gervasi, affibbiandogli la ricerca delle case di riposo). A seconda del mestiere, la pensione può essere accompagnata da una forte delusione per ciò che si lascia (a seconda del proprio punto di vista) incompleto o peggiorato rispetto a quando tutto ha avuto inizio. La mia prerogativa è quella di raccontare la realtà che ci circonda. Noioso? Può darsi, ma le scelte letterarie sono le note che abbiamo dentro e con quelle dobbiamo armonizzare.
Ho preferito usare l'incipit in media res perchè è quello che, a prescindere dalla storia, preferisco agli altri. Il descrittivo? cosa avrei potuto descrivere, il centro estetico? No, certo. Il narrativo? Non sarebbe stato adatto, o forse sarebbe stato più complicato (lo ammetto), in fondo non c'è molta storia, un antefatto si poteva trovare, parlare del problema prendendolo alla larga pure, ma quando la mente si impunta nemmeno il più bravo la spunta (mio motto personale).
La trama è lineare, limitata all'ambiente del centro estetico e si svolge nel lasso di qualche ora. Non ci sono salti temporali e metto a confronto due personalità, una è la commerciante, che attraverso il dialogo fa mille deduzioni sulla cliente, e l'altra è la cliente che si trova lì per dare una svolta alla sua vita. Spero di avere messo del sentimento in entrambi i personaggi, perchè senza sentimento non c'è storia, avremmo solo dei surgelati.
il mio è un testo molto semplice e, lo so, forse non creerà nemmeno un vero dibattito.
Eccomi con l'auto-analisi del testo. Comincio col dire che il racconto, nel bene e nel male, rispetta fedelmente la sinossi. La tematica nasce da una esigenza personale: raccontare di una "mutazione", il passaggio dal lavoro alla pensione che può trascinare verso una prematura vecchiaia. Non tutti hanno hobby cui dedicarsi a tempo pieno oppure orticelli da andare a coltivare, in più la tempistica coincide sempre (giorno più giorno meno) con qualche problema di salute e non solo (compito che ho assegnato al marito della Gervasi, affibbiandogli la ricerca delle case di riposo). A seconda del mestiere, la pensione può essere accompagnata da una forte delusione per ciò che si lascia (a seconda del proprio punto di vista) incompleto o peggiorato rispetto a quando tutto ha avuto inizio. La mia prerogativa è quella di raccontare la realtà che ci circonda. Noioso? Può darsi, ma le scelte letterarie sono le note che abbiamo dentro e con quelle dobbiamo armonizzare.
Ho preferito usare l'incipit in media res perchè è quello che, a prescindere dalla storia, preferisco agli altri. Il descrittivo? cosa avrei potuto descrivere, il centro estetico? No, certo. Il narrativo? Non sarebbe stato adatto, o forse sarebbe stato più complicato (lo ammetto), in fondo non c'è molta storia, un antefatto si poteva trovare, parlare del problema prendendolo alla larga pure, ma quando la mente si impunta nemmeno il più bravo la spunta (mio motto personale).
La trama è lineare, limitata all'ambiente del centro estetico e si svolge nel lasso di qualche ora. Non ci sono salti temporali e metto a confronto due personalità, una è la commerciante, che attraverso il dialogo fa mille deduzioni sulla cliente, e l'altra è la cliente che si trova lì per dare una svolta alla sua vita. Spero di avere messo del sentimento in entrambi i personaggi, perchè senza sentimento non c'è storia, avremmo solo dei surgelati.
il mio è un testo molto semplice e, lo so, forse non creerà nemmeno un vero dibattito.
Re: [Lab6] La sigmora Gervasi
4Adel J. Pellitteri ha scritto: è una di quelle che d’inverno non fa nulla per la cura del suo aspetto
Adel J. Pellitteri ha scritto: Quando arriva al centro virgola la signora Gervasi mi abbraccia
Adel J. Pellitteri ha scritto: Siamo ai massaggi e la sento tesa sotto le mani, strano, il mio lettino è il luogo ideale peDopo "mani" ti suggerisco un punto e virgola.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Il silenzio si sta facendo pesante, e devo riuscire a farla rilassare, quindi provo a chiedere
Adel J. Pellitteri ha scritto: Squilla il suo cellulare, ho le mani unte di olio e prenderle la borsa noAnche qui, dopo "cellulare" ci sta meglio la pausa semi-lunga del punto e virgola.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Non riesco nemmeno a capire se cerchi qualcosa con il massimo dei servizi oppure che abbia la massima distanza dalla nostra vita di adesso.»Mi piace!
Adel J. Pellitteri ha scritto: «In bocca al lupo, signora Gervasi, l’ammiro e mi raccomando, non si arrenda e, soprattutto, non faccia arrendere lui.»Un bel finale: brava!
Cara @Adel J. Pellitteri , bentrovata qui!
A parte le pulci di cui sopra, che spero ti siano utili, mi ha convinto la struttura che hai scelto di dare al tuo racconto.
Adel J. Pellitteri ha scritto: sab gen 28, 2023 2:55 pmLa trama è lineare, limitata all'ambiente del centro estetico e si svolge nel lasso di qualche ora. Non ci sono salti temporali e metto a confronto due personalità, una è la commerciante, che attraverso il dialogo fa mille deduzioni sulla cliente, e l'altra è la cliente che si trova lì per dare una svolta alla sua vita.L'hai fatto bene.
Adel J. Pellitteri ha scritto: sab gen 28, 2023 2:55 pmHo preferito usare l'incipit in media res perchè è quello che, a prescindere dalla storia, preferisco agli altri. Il descrittivo? cosa avrei potuto descrivere, il centro estetico? No, certo. Il narrativo? Non sarebbe stato adatto, o forse sarebbe stato più complicato (lo ammetto), in fondo non c'è molta storia, un antefatto si poteva trovare, parlare del problema prendendolo alla larga pure, ma quando la mente si impunta nemmeno il più bravo la spunta (mio motto personale).Forte il tuo motto!
Re: [Lab6] La sigmora Gervasi
5Poeta Zaza ha scritto: una di quelle che d’inverno non fa nulla per la cura del suo aspettoGiusto, chiarire sarebbe stato utile.
Pulci graditissime. Sul mio file punteggiatura già sistemata, grazie infinite. @Poeta Zaza
Poeta Zaza ha scritto: Forte il tuo motto!
Re: [Lab6] La signora Gervasi
7Adel J. Pellitteri ha scritto: N ho la confermaNe
Adel J. Pellitteri ha scritto: Vorrei strappargli dal petto quella triste spossatezza che lo sta distruggendo e ritrovare negli occhi l’entusiasmo che mi ha fatto innamorare di lui. L’amore per il passato e quello per il futuro, il primo l’ha fatto diventare amante della storia e dell’arte, il secondo lo ha portato all’insegnamento. Nei giovani ha sempre avuto fiducia.»Questa parte del dialogo suona un po’ artefatta secondo me. Forse andrebbe sfoltita.
Ciao @Adel J. Pellitteri
È una storia semplice ma che tocca argomenti concreti e lascia qualcosa da rimuginare. Le descrizioni sono ottime e la scelta di filtrare tutto attraverso lo sguardo dell’estetista è una scelta che ho apprezzato. Il “risveglio” della signora è tangibile. Quando ha smesso di sentirsi viva? Ho percepito “la scossa” che la donna ha ricevuto trovando i depliant delle strutture per anziani che il marito sta valutando. Cavolo! Sarei diventata matta pure io! Mi piace molto il fatto che si sia lasciata anche truccare pur non avendo alcun evento speciale. Solo per sé stessa. È un passo importante, se non si sta bene con noi stessi, non si può trovare l’energia giusta per attuare i cambiamenti. È molto delicato il passaggio dalla vita lavorativa alla “quiescenza” e trovo che anche questa tematica tu l’abbia fatta ben percepire. La parte che mi ha convinta meno sono i dialoghi. Li renderei più verosimili. Un buon lavoro
Re: [Lab6] La signora Gervasi
8@Monica ha scritto:Grazie per esserti fermata a commentare. La tua osservazione mi dà la possibilità di ricordare a tutti gli autori quanto sia sbagliato aggiungere una frase (e a volte anche una sola parola) prima di inoltrare un testo. Nel 99% dei casi (e direi anche nel 100%) l'aggiunta si rivelerà un vero disastro, come in questo caso. Risulterà disarmonica, per il semplice fatto che essendo stato costruito, ogni testo, alla stessa maniera di uno spartito musicale – dove per assemblare le note si sta giorni e giorni a strimpellare – appiccicare una nota all'ultimo momento è fuori discussione. Purtoppo non sono la prima nè sarò l'ultima a cadere nella tentazione. Il flash che ad occhio e orecchio sembra calzare a pennello si rivelerà sistematicamente un inganno. Nel mio caso, l'errore è nato dal fatto che a una rilettura finale ho percepito la mancanza del sentimento (amore) provato dalla donna nei confronti del marito. Lì per lì la frase mi è sembrata adatta, ma è una vera ciofeca .
Questa parte del dialogo suona un po’ artefatta secondo me. Forse andrebbe sfoltita.
Hai detto bene, è una storia semplice e l'ambientazione potrebbe essere definita banale, ma tu hai notato che il mio scopo era toccare determinate tematiche; in questo caso il passaggio dalla vita lavorativa alla pensione che coincide, in linea di massima o meglio "inesorabilmente, con il decadimento fisico. Ecco perchè ho voluto unire i due simboli della rinascita quella mentale (la volontà di non arrendersi al progetto del marito) e quella fisica (facendo risplendere gli ultimi tratti di bellezza del corpo della Gervasi). Sotto questa ottica si comprende meglio la scelta del centro estetico. Non a caso parlo anche del rinnovo della casa con l'arrivo di piante e rinfrescata generale, perchè la rinascita deve agire in tutto il mondo che circonda i personaggi, un solo aspetto non sarebbe sufficiente.
Adesso vado a leggere l tuo pezzo.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
9@Adel J. Pellitteri ciao.
Insomma. Da uomo è difficile apprezzare storie ambientate presso i centri estetici: noi parliamo di sport o di politica. Apro con una battuta
La voce narrante conduce bene il racconto. Una cosa che non mi piace, che Manuela è perfettamente d'accordo con la Gervasi. Almeno una cosa sconcia di lei , gliela potevi anche far pensare: che diamine! Le estetiste si mostrano sempre amorevoli e comprensive, ma non è detto che lo siano, o lo siano per convenienza. Questo, per creare un po' di attrito che non sarebbe guastato. Potevi tingere questa storia rosa con un punto di altro colore.
Giusto per allontanare il focus sulla presunta vita da pensionati, tra residence e il corollario di pannoloni per le fuoriuscite indesiderate.
A mio modesto parere, Manuela, benché brava a raccontare, non è stata brava a dipingerla come una cliente interessante. Troppo sui generis, preoccupata per le rughe e per un marito che non la guarda. Lei stessa, come estetista, non è interessante come personalità.
Due parole per il tema "risvegli". Forse un vero risveglio non vi è nella Gervasi. Io vedo solo la classica consapevolezza degli anni che sono andati via, e che, non si vuole accettare l'idea, che il tempo dell'amore non può essere come quello dei vent'anni. Anche qui, c'è una donna che è rilegata allo status symbol dell'eterna giovinezza. Rispondimi pure con quel che pensi del mio commento.
Ciao a presto.
Insomma. Da uomo è difficile apprezzare storie ambientate presso i centri estetici: noi parliamo di sport o di politica. Apro con una battuta
La voce narrante conduce bene il racconto. Una cosa che non mi piace, che Manuela è perfettamente d'accordo con la Gervasi. Almeno una cosa sconcia di lei , gliela potevi anche far pensare: che diamine! Le estetiste si mostrano sempre amorevoli e comprensive, ma non è detto che lo siano, o lo siano per convenienza. Questo, per creare un po' di attrito che non sarebbe guastato. Potevi tingere questa storia rosa con un punto di altro colore.
Giusto per allontanare il focus sulla presunta vita da pensionati, tra residence e il corollario di pannoloni per le fuoriuscite indesiderate.
A mio modesto parere, Manuela, benché brava a raccontare, non è stata brava a dipingerla come una cliente interessante. Troppo sui generis, preoccupata per le rughe e per un marito che non la guarda. Lei stessa, come estetista, non è interessante come personalità.
Due parole per il tema "risvegli". Forse un vero risveglio non vi è nella Gervasi. Io vedo solo la classica consapevolezza degli anni che sono andati via, e che, non si vuole accettare l'idea, che il tempo dell'amore non può essere come quello dei vent'anni. Anche qui, c'è una donna che è rilegata allo status symbol dell'eterna giovinezza. Rispondimi pure con quel che pensi del mio commento.
Ciao a presto.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio
Re: [Lab6] La signora Gervasi
10bestseller2020 ha scritto: nsomma. Da uomo è difficile apprezzare storie ambientate presso i centri estetici
bestseller2020 ha scritto: A mio modesto parere, Manuela, benché brava a raccontare, non è stata brava a dipingerla come una cliente interessanteSono d'accordo con te.
Ho bisogno di incattivirmi un po'. Hai perfettamente ragione. Da mesi fatico a riprendere i miei ritmi di scrittura e soprattutto sento il bisogno di tornare a scrivere icerberg pungenti.
Mi credi se ti dico che ho preso a modello la mia estetista? Sempre gentile e garbata.
P s a febbraio riprendo i massaggi, 10 sedute prima che cominci l'estate
Re: [Lab6] La signora Gervasi
11Ciao mia diletta @Adel J. Pellitteri
E’ davvero piacevole questo tuo racconto.
Si entra nella vita della protagonista come si stesse seguendo le vicende di un’amica intima o di una componente della propria famiglia.
Nel senso che la narrazione è intimista, rasserenante, poiché si narra di qualcosa che appartiene al vissuto di un quotidiano che ha il colore della realtà.
La grande piacevolezza della lettura sta nella semplicità dei fatti narrati, è una dimensione confortante senza aspetti drammatici, qualcosa che riesce a interessarci senza smuovere angosce.
Cosa così rara da trovare nelle narrazioni del quotidiano che ci circonda, e per questo diviene cosa rara e preziosa.
Quello che diviene oltremodo bravura di narratore è di riuscire a creare del suspense nella storia, che ci porta a cercare di comprendere l’innocente “mistero” che si cela dietro una richiesta apparentemente incongrua della cliente della protagonista.
Un mistero che sicuramente non nasconde alcun risvolto preoccupante, ma anzi lascia aperte delle ipotesi di natura allegra e licenziosa.
Scopriamo, poi, che non c’è nessun amante segreto o intenzioni fedifraghe della simpatica cliente, ma la sorpresa è abilmente rivelata solo nel finale, senza indizi che instradino a intuire la soluzione della vicenda.
Confesso che per una mia perversione personale, avevo immaginato tutta un’altra cosa: addirittura un racconto dalle tinte horror.
Cioè in questo punto della storia mi è sorto un dubbio:
“Si incammina verso la stanza, mentre le faccio strada noto che si tormenta le mani «Ha freddo?» le chiedo.
«No, no.» risponde imbarazzata e le lascia cadere lungo i fianchi, battendole leggermente sulle cosce. Non riesco a inquadrare il suo comportamento.”
Ovvero che la Signora Gervasi, avesse freddo perché era morta.
In sostanza era il suo fantasma che voleva essere in perfetto aspetto fisico, e l’urgenza era dattata dal fatto che di li a due giorni dopo avrebbe dovuto essere seppellita.
Lo so che è una cretinata, ma per un momento ho supposto che fosse una bella storia gotica.
Comunque complimenti per l’ottimo racconto.
Un abbraccio amica mia
E’ davvero piacevole questo tuo racconto.
Si entra nella vita della protagonista come si stesse seguendo le vicende di un’amica intima o di una componente della propria famiglia.
Nel senso che la narrazione è intimista, rasserenante, poiché si narra di qualcosa che appartiene al vissuto di un quotidiano che ha il colore della realtà.
La grande piacevolezza della lettura sta nella semplicità dei fatti narrati, è una dimensione confortante senza aspetti drammatici, qualcosa che riesce a interessarci senza smuovere angosce.
Cosa così rara da trovare nelle narrazioni del quotidiano che ci circonda, e per questo diviene cosa rara e preziosa.
Quello che diviene oltremodo bravura di narratore è di riuscire a creare del suspense nella storia, che ci porta a cercare di comprendere l’innocente “mistero” che si cela dietro una richiesta apparentemente incongrua della cliente della protagonista.
Un mistero che sicuramente non nasconde alcun risvolto preoccupante, ma anzi lascia aperte delle ipotesi di natura allegra e licenziosa.
Scopriamo, poi, che non c’è nessun amante segreto o intenzioni fedifraghe della simpatica cliente, ma la sorpresa è abilmente rivelata solo nel finale, senza indizi che instradino a intuire la soluzione della vicenda.
Confesso che per una mia perversione personale, avevo immaginato tutta un’altra cosa: addirittura un racconto dalle tinte horror.
Cioè in questo punto della storia mi è sorto un dubbio:
“Si incammina verso la stanza, mentre le faccio strada noto che si tormenta le mani «Ha freddo?» le chiedo.
«No, no.» risponde imbarazzata e le lascia cadere lungo i fianchi, battendole leggermente sulle cosce. Non riesco a inquadrare il suo comportamento.”
Ovvero che la Signora Gervasi, avesse freddo perché era morta.
In sostanza era il suo fantasma che voleva essere in perfetto aspetto fisico, e l’urgenza era dattata dal fatto che di li a due giorni dopo avrebbe dovuto essere seppellita.
Lo so che è una cretinata, ma per un momento ho supposto che fosse una bella storia gotica.
Comunque complimenti per l’ottimo racconto.
Un abbraccio amica mia
Re: [Lab6] La signora Gervasi
12Nightafter ha scritto: Confesso che per una mia perversione personale, avevo immaginato tutta un’altra cosa: addirittura un racconto dalle tinte horror.Questo perchè ogni lettore cerca una storia che gli faccia provare dei brividi (ognuno con i propri gusti, le proprie aspettative).
Cioè in questo punto della storia mi è sorto un dubbio:
“Si incammina verso la stanza, mentre le faccio strada noto che si tormenta le mani «Ha freddo?» le chiedo.
«No, no.» risponde imbarazzata e le lascia cadere lungo i fianchi, battendole leggermente sulle cosce. Non riesco a inquadrare il suo comportamento.”
Ovvero che la Signora Gervasi, avesse freddo perché era morta.
In sostanza era il suo fantasma che voleva essere in perfetto aspetto fisico, e l’urgenza era dattata dal fatto che di li a due giorni dopo avrebbe dovuto essere seppellita.
Lo so che è una cretinata, ma per un momento ho supposto che fosse una bella storia gotica.
Vuoi vedere che la normalità spiazza più dell'imprevisto?
Nightafter ha scritto: Si entra nella vita della protagonista come si stesse seguendo le vicende di un’amica intima o di una componente della propria famiglia.Questo era ciò che volevo accadesse al lettore, quindi grazie di
Nel senso che la narrazione è intimista, rasserenante, poiché si narra di qualcosa che appartiene al vissuto di un quotidiano che ha il colore della realtà
Nightafter ha scritto: Comunque complimenti per l’ottimo racconto.Dai... troppo buono, avrei potuto scriverlo un tantino meglio.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
13Ciao @Adel J. Pellitteri
Un racconto dalla scrittura limpida, scorre molto bene. Avendo letto la sinossi sapevo quale fosse il mistero del personaggio, ciononostante il testo mantiene una buona tensione. Mi è piaciuta l'ambientazione da un'estetista e anche la storia.
Il cambio dal tu al lei non lo capisco, semmai sarebbe più giustificabile il contrario, data la confidenza che le fa.
Un bel racconto, Adelaide, mi è piaciuto.
Ciao!
Un racconto dalla scrittura limpida, scorre molto bene. Avendo letto la sinossi sapevo quale fosse il mistero del personaggio, ciononostante il testo mantiene una buona tensione. Mi è piaciuta l'ambientazione da un'estetista e anche la storia.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Manuela, grazie per avermi chiamata, ho bisogno di fare la ceretta completa, un massaggio rigenerante e una maschera viso.»Credo ci sia una svista: all'inizio del testo la signora Gervasi dà del tu a Manuela e poi verso fine racconto passa al lei. Invece Manuela le dà sempre del lei. È voluto? A mio parere è un po' strano: o si danno entrambe del tu o del lei, altrimenti si fanno alcune supposizioni (che Manuela sia molto più giovane, ad esempio).
«Signora Gervasi – dico con sorpresa. Vorrei chiederle come mai voglia fare un trattamento
Il cambio dal tu al lei non lo capisco, semmai sarebbe più giustificabile il contrario, data la confidenza che le fa.
Adel J. Pellitteri ha scritto: . Non faccio mai domande confidenziali, ascolto senza giudicare e le mie risposte, alla richiesta di consigli, sono sempre vaghe o farcite di luoghi comuni, “il tempo paga”, “se sono rose fioriranno”. Una serie innocua e ben collaudata. Non lo faccio per ipocrisia, ho solo sperimentato che si fa presto a perdere una clienteManuela è molto saggia. Mi piace il contrasto che hai creato tra la sua immagine esteriore, volutamente frivola, e la ricchezza interiore.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Mio marito tornerà fra tre giorni, il trucco occorreva a me stessa. L’ho capito solo adesso che hai fatto il miracolo.»Qui torna al tu.
Adel J. Pellitteri ha scritto: «In bocca al lupo, signora Gervasi, l’ammiro e mi raccomando, non si arrenda e, soprattutto, non faccia arrendere lui.»Questa frase finale non mi convince. Mi pare un po' troppo esplicita. Non so, forse ci vorrebbe una via di mezzo tra un saluto formale e qualcosa che alluda al miracolo che hanno fatto insieme.
Un bel racconto, Adelaide, mi è piaciuto.
Ciao!
Re: [Lab6] La signora Gervasi
14Un bel racconto, @Adel J. Pellitteri, sequenze equilibrate, descrizioni efficaci, trama originale.
Una storia semplice ma che ha un messaggio che arriva diretto.
A parte le cose che ti hanno già detto, ho trovato la tua scrittura ottima: frasi ben scritte senza evoluzioni inutili.
Ottima prova!
Una storia semplice ma che ha un messaggio che arriva diretto.
A parte le cose che ti hanno già detto, ho trovato la tua scrittura ottima: frasi ben scritte senza evoluzioni inutili.
Ottima prova!
Re: [Lab6] La signora Gervasi
15ivalibri ha scritto: Credo ci sia una svista: all'inizio del testo la signora Gervasi dà del tu a Manuela e poi verso fine racconto passa al lei. Invece Manuela le dà sempre del lei. È voluto? A mio parere è un po' strano: o si danno entrambe del tu o del lei, altrimenti si fanno alcune supposizioni (che Manuela sia molto più giovane, ad esempio).Grazie per esserti fermata a commentare. Come ho già detto, il pezzo poteva essere scritto meglio, risente senza dubbio della mia ruggine. Per quanto riguardo "la svista", non credo ci sia. La signora Gervasi dà del tu mentre l'estetita (hai detto bene: abbastanza giovane) le dà del lei. (In Sicilia esiste ancora una forma di rispetto che, sebbene sempre più in decadenza, consente alla persona più adulta di dare del tu alla più giovane e ricevere da questa il lei). Non so in quale punto preciso hai avvertito la dissonanza perchè quando Manuela sembra entrare più in confidenza, tanto da far sospettare il tu, si limita alla riflessione personale.
Il cambio dal tu al lei non lo capisco, semmai sarebbe più giustificabile il contrario, data la confidenza che le fa.
ivalibri ha scritto: Un bel racconto, Adelaide, mi è piaciuto.Che ti sia piaciuto nonostante tutto, è un ottimo complimento. Grazie infinite.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
16Alba359 ha scritto: Un bel racconto, @Adel J. Pellitteri, sequenze equilibrate, descrizioni efficaci, trama originale.Grazie! Commento più che gratificante.
Una storia semplice ma che ha un messaggio che arriva diretto.
A parte le cose che ti hanno già detto, ho trovato la tua scrittura ottima: frasi ben scritte senza evoluzioni inutili.
Ottima prova!
Re: [Lab6] La signora Gervasi
17Adel J. Pellitteri ha scritto: . N ho la conferma quando la conversazione riprende e mi chiede a sorpresa: «Lei pensa che alla mia età la vita possa regalarci ancora bellezza?»Forse è qui la svista: la signora Gervasi passa al lei con Manuela dopo aver sempre usato il tu.
Ciao!
Re: [Lab6] La signora Gervasi
18ivalibri ha scritto: conversazione riprende e mi chiede a sorpresa: «Lei pensa che alla mia età la vita possa regalarci ancora bellezzaEccola la svista! Sì, giuro riletto anche oggi non me ne sono accorta. Comincio a preoccuparmi. Singh singh. Grazie.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
19Adel J. Pellitteri ha scritto: La richiamo la confermandoleRefuso
Trovo molto interessante la scelta del punto di vista; devo dire che funziona bene: oltre alla protagonista, anche il personaggio di Manuela ne esce molto interessante. Giochi su un equivoco, è abbastanza chiaro dall'inizio che ci sia, ma l'assenza di sorpresa è bilanciata dalle note di positività che la rivelazione ci consegna.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Marcus è un indiano che lavora presso amici a Cefalù, ho chiesto loro di prestarmelo per il fine settimana. È un uomo giovane, educato, abile in mille mestieri, mi aiuterà a non morire adesso.»Questo passaggio non mi piace moltissimo. Mi suona come una spiegazione per il lettore per chiarire il malinteso, più che come una naturale linea di dialogo, potrebbe essere messo giù in maniera più naturale.
Grande
Re: [Lab6] La signora Gervasi
20Mina ha scritto: Questo passaggio non mi piace moltissimo. Mi suona come una spiegazione per il lettore per chiarire il malinteso, più che come una naturale linea di dialogo, potrebbe essere messo giù in maniera più naturale.Accolgo a pieno il tuo suggerimento. Questo forum, grazie ai commenti, è una vera benedizione.
Grazie per il passaggio.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
21«Voglio dimostrargli che si sbaglia, che abbiamo ancora tempo prima di gettarci via. Voglio trovi me rinata e la casa rinfrescata in tutto. Ho anche ordinato nuove piante che arriveranno oggi. – E con una certa enfasi continua – La mia memoria è ottima, devo solo stare più attenta alle sue pillole mentre lui potrà badare alle nostre piante; con quelle, un tempo, era un mago.» Si ferma un attimo, sembra rimugini su come portare a buon fine il suo piano, poi riprende: «Marcus, sì, proprio Marcus mi aiuterà. Devo ringraziare i miei amici che me lo prestano per il fine settimana. È un giovane indiano, educato, abile in mille mestieri, da anni cura la loro villa a Cafalù; mi aiuterà a non morire adesso.»
@Mina ecco la mia risposta al tuo suggerimento, dimmi con sincerità se suona meglio.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
22«Devo risolvere la questione prima che sia troppo tardi. Vorrei strappargli dal petto quella triste spossatezza che lo sta distruggendo. Quando lo conobbi, fu l' entusiasmo che aveva negli occhi a farmi innamorare di lui. La passione lo ha sempre contraddistinto anche tra i suoi colleghi. – Sospira, stringe i pungi e riprende – Con gli alunni è sempre stato un giovane tra i giovani. E adesso…» Non finisce la frase e abbassa le palpebre.
Questo è il passaggio che mi hai suggerito di sfoltire. Dimmi sinceramente se suona meglio.
@@Monica
Questo è il passaggio che mi hai suggerito di sfoltire. Dimmi sinceramente se suona meglio.
@@Monica
Re: [Lab6] La signora Gervasi
23Adel J. Pellitteri ha scritto:Decisamente molto più realistico, bello che si fermi a pensarci su
«Voglio dimostrargli che si sbaglia, che abbiamo ancora tempo prima di gettarci via. Voglio trovi me rinata e la casa rinfrescata in tutto. Ho anche ordinato nuove piante che arriveranno oggi. – E con una certa enfasi continua – La mia memoria è ottima, devo solo stare più attenta alle sue pillole mentre lui potrà badare alle nostre piante; con quelle, un tempo, era un mago.» Si ferma un attimo, sembra rimugini su come portare a buon fine il suo piano, poi riprende: «Marcus, sì, proprio Marcus mi aiuterà. Devo ringraziare i miei amici che me lo prestano per il fine settimana. È un giovane indiano, educato, abile in mille mestieri, da anni cura la loro villa a Cafalù; mi aiuterà a non morire adesso.»
@Mina ecco la mia risposta al tuo suggerimento, dimmi con sincerità se suona meglio.
Re: [Lab6] La signora Gervasi
25Il racconto mi è piaciuto. Soprattutto perché scorrevole. L'unico appunto che faccio è che, secondo me, il profilo dell' estetista non risulta reale, dalla narrazione. Mi spiego meglio. Tu stessa hai detto di aver preso, per il personaggio dell'estetista, come esempio la tua di estetista. Questo non vuol dire mancanza di sentimenti o di non essere in grado di trasmettere emozioni ma, semplicemente, non sapersi mettere nei panni di altri, grossa difficoltà per chiunque. Nessuno è in grado di farlo. Non è questione di empatia e nemmeno di capacità di scrittura ma di vedere, ognuno alla sua maniera, un aspetto di chi ci è intorno o vicino. Non so se mi son espressa in modo comprensibile. Se hai bisogno di chiarimenti, son qui. Comunque, questa è un'ottima prova!