[Lab5] Agnese

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 Agnese si è lasciata alle spalle le viuzze intricate di Sant’Eustachio. Mentre cammina veloce, il suo unico pensiero è di arrivare da Cornelia prima che se ne accorga sua mamma. Del resto, era proprio colpa di sua mamma, se adesso si trovava ad affrettarsi lungo la scorciatoia.
Il profumo delle foglie umide scaldate dal sole la distraggono per un momento dalla sua preoccupazione.
Come poteva sua mamma pensare di farla andare alla festa di compleanno per i dieci anni di quell’antipatica della Maria Vittoria, detta Mariví, senza nulla di nuovo da indossare. Già la sentiva con quella vocina mielosa, vestita nuova da capo a piedi, che le faceva i complimenti per come aveva combinato le sue solite vecchie cose. La sua unica speranza era Cornelia, quella tedesca inquietante. Ad Agnese era stata simpatica fin da subito però, anche se la mamma e le sue amiche le dicevano di non darle confidenza.
Quasi era inciampata in una radice, solo una Cornelia poteva andare a vivere nella casa diroccata ai margini del bosco. Il sentiero comunque era ben calpestato, perché, nonostante le raccomandazioni, tutto il paese era andato almeno una volta da Cornelia. Lei veniva da lontano, da una città che, secondo quello che aveva capito Agnese, era famosa per gli hamburger. Pare che lì facesse un lavoro strano, come un manichino se ne doveva stare in vetrina. Insomma, che importanza ha, pensa Agnese mentre accelera il passo, quello che conta è che aveva consigli e soluzioni per ogni occasione.
Se la ricorda ancora la prima volta che l’aveva vista. Era bionda e alta, con un vestitino estivo che le penzolava addosso. Era entrata nel negozio di generi alimentari di sua mamma. “Buongiorno”, aveva esordito, ma detto da lei suonava come “ponciorno”. Aveva detto di chiamarsi Cornelia e che stava ristrutturando la cascina di pietra del Vinz, quella prima del bosco; chiedeva se potesse fare la spesa, come se qualcuno la dovesse autorizzare. La mamma era un po’ stupita e l’aveva solo salutata e detto che poteva servirsi.
Cornelia aveva riempito il suo cesto e da quel giorno una volta alla settimana andava a fare la spesa. Nel giro di poco tempo aveva reso abitabile la casetta e l’aveva allacciata alla corrente.
Dall’alto dei suoi nove anni Agnese considerava Cornelia un’eroina, aveva fatto tutto da sola e nessuno viveva con lei. Solo quando erano arrivati quegli uomini sulla Mercedes blu, ed era venuta fuori anche tutta la storia delle vetrine rosse e dei manichini, la gente del paese le era stata vicina.
Adesso sente l’odore acre del fumo del camino. Ci sta proprio bene in questa giornata, magari Cornelia aveva fatto una di quelle sue torte con le amarene, la cioccolata e la panna. Aveva detto che era la torta della foresta nera; per Agnese rimaneva un mistero come un postaccio potesse avere delle torte così buone.
Man mano che si avvicina alla radura il coraggio pare svanire. E se ci fosse stato qualcun altro a chiedere consiglio? E poi non era sicura che Cornelia conoscesse un modo per convincere la mamma a comperarle qualcosa di nuovo per il compleanno. Ci sarebbe voluta una pozione magica. Ma per quanto strana Cornelia, non era certamente una strega.
Mentre rimugina su cosa chiedere e soprattutto come chiederlo si siede su un masso e guarda da lontano la casa di pietra. Vede le tende a quadratini rossi, i gerani alla finestra e le pare di intuire un’ombra che si muove in casa. La porta si apre di colpo, ed eccola lì, Cornelia che guarda il cielo e chiama Maxi, il suo gattone arancione. Agnese si accuccia un pochino per non farsi notare, ma è felice che non ci sia nessun altro.
Infine, ripensa alla storia di Adalberta, che sua mamma aveva raccontato alla zia un pomeriggio. Adalberta era innamorata da almeno cinque anni di Sebastiano, il figlio del macellaio. Lui però nemmeno la vedeva. Si occupava dei suoi quarti di bue e le vendeva le bistecchine senza battere ciglio. Così Adalberta si rivolse a Cornelia, che le spiegò alcune cose. A pensarci, Agnese, si ricordava solo del parrucchiere, delle unghie delle mani, e poi avevano detto qualcosa a proposito di pizzo nero, ma non aveva capito bene dove andasse quel pizzo nero, perché non l’aveva mai visto addosso ad Adalberta.  Comunque sia, dopo poche settimane Adalberta passeggiava raggiante appesa al braccio muscoloso di Sebastiano e non comprava più bistecchine. I due si erano sposati l’estate scorsa, e anche Agnese aveva capito che Adalberta era incinta, perché sembrava un cocomero rivestito di bianco quel giorno.
Insomma, pensa la bambina, se voglio una soluzione, non mi rimane altro che parlare con Cornelia. Si alza, raddrizza le spalle e fa gli ultimi cinquanta metri.
Cornelia le apre appena lei bussa.
“Aniese, cosa fai qui tutta sola? Lo sa tua mamma?”
Mentre Cornelia la fa entrare in casa, Agnese le racconta tutto, della festa, del niente di nuovo, della mamma che non sa nulla, perché comunque era colpa sua se era qui. Non sa perché, forse per colpa del fuoco nel camino, del profumo di cannella, ma le vengono le lacrime agli occhi; e anche l’idea di tornare in paese da sola la inquieta, adesso che fa buio presto.
Per prima cosa Cornelia le piazza davanti un piatto di biscotti ancora caldi e un tè all’arancia. Chiama la mamma e le promette che riporta a casa Agnese in macchina, senza farle fare il sentiero da sola. Poi le si siede di fronte e aspetta.
La bambina si vergogna un po’ davanti a quello sguardo azzurro e un po’ è anche arrabbiata che Cornelia sembri un’alleata della mamma.
“Quindi è un problema di vestito, ciusto?”
Annuisce.
“Tu vuoi qualcosa di nuovo e speciale per la festa?”
Annuisce ancora.
“Vieni con me.”
Assieme vanno nella stanza da letto. Agnese rimane a bocca aperta davanti ai tesori nascosti nell’armadio.
Mai aveva visto così tanti vestiti di lustrini, e poi belli appesi c’erano anche dei minuscoli costumi da bagno di tutti i colori, perfino d’oro e decorati di piume e lustrini. Dietro alla seconda anta invece facevano mostra di sé abiti neri di tutte le fogge, certi sembravano addirittura di plastica e avevano delle decorazioni d’argento come catene o borchie.
“No, questo non va.” Dichiara Cornelia decisa e apre un baule pieno di foulard e scialli. Sembrava che ci fosse cascato l’arcobaleno tanti colori c’erano.
Agnese non ha il coraggio di muoversi, solo gli occhi saettano da un punto all’altro richiamati da una decorazione o da una particolare tonalità. Pensa solo che allora doveva essere vero che lavorava come manichino in vetrina, altrimenti come faceva ad avere così tanti vestiti.
“Dimmi, cosa pensavi di metterti per quella festa? Qualcosa di elegante o più sbarazzino e vistoso? Pantaloni o gonna?”
“Voglio qualcosa di speciale che non ha nessuno, e mi metto i pantaloni, perché dopo la torta usciamo in cortile a giocare.”
“Ok, allora va bene questo, questo e questo, però ti devi mettere i jeans altrimenti non funziona. Vieni con me!”
Agnese la segue e non capisce cosa voglia fare con quei minuscoli reggiseni pieni di paillettes.
Cornelia si siede decisa alla macchina da cucire, agguata un metro, prende le misure della bambina e inizia a lavorare.
Taglia, aggiusta e cuce. Agnese osserva tutto molto preoccupata. Lo sapeva che era di poche parole, ma ormai era passata più di un’ora e mezza, ancora non aveva capito cosa stesse facendo e fuori era buio.
All’improvviso Cornelia si gira verso di lei e fra le mani aveva il giubbino più bello che Agnese avesse mai visto. Era fatto di triangoli di paillettes lilla, azzurri e rosa, attorno al collo e ai polsini c’erano dei bordi di piume lilla e come bottoni degli enormi diamanti. Era una cosa da principesse questa, Agnese ne era certa. È leggero, come si sente leggera lei all’idea della Mariví che farà finta di niente, perché nemmeno era in grado di immaginarsi una cosa strepitosa come quella.
“Cornelia, qui ci metto una maglietta bianca, i jeans e basta, vero? Questa è una giacca gioiello come quelle sulle riviste, vero?” E continua a blaterare piena di entusiasmo per ogni piccolo dettaglio per tutto il viaggio fino davanti alla porta di casa dove l’aspetta sua mamma.
Agnese stampa un bacio sulla guancia di Cornelia e salta giù dalla macchina. È talmente felice che vola fra le braccia di sua madre dimenticandosi che era arrabbiata con lei.
Quel piccolo bacio innocente brucia sulla guancia di Cornelia, che per la prima volta sente che la sua vecchia vita ha prodotto qualcosa di buono.

Re: [Lab5] Agnese

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Almissima ha scritto: Come poteva sua mamma pensare di farla andare alla festa di compleanno per i dieci anni di quell’antipatica della Maria Vittoria, detta Mariví, senza nulla di nuovo da indossare.
Manca il punto interrogativo finale.
Almissima ha scritto: Quasi era inciampata in una radice, solo una strana come Cornelia poteva andare a vivere nella casa diroccata ai margini del bosco. Il sentiero comunque era ben calpestato,
Almissima ha scritto: dom ott 02, 2022 10:14 pmMa per quanto strana Cornelia, non era certamente una strega.
Ti riscrivo la frase per la punteggiatura:

Ma, per quanto strana, Cornelia non era certamente una strega.

Almissima ha scritto: All’improvviso Cornelia si gira verso di lei e fra le mani ha aveva il giubbino più bello che Agnese abbia avesse mai visto.
A parte queste piccole note che spero ti siano utili, hai scritto a tema, quello della leggerezza, che Agnese contribuisce a far emergere nella vita di Cornelia.
Per quanto concerne la focalizzazione interna, mi spiace ma ne ho vista poca.

Lieta che tu sia qui, @Almissima    :)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab5] Agnese

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Almissima ha scritto: Il profumo delle foglie umide scaldate dal sole la distraggono per un momento dalla sua preoccupazione.
Occhio

Piaciuto un sacco. La leggerezza c'è tutta, negli occhi innocenti con cui Agnese guarda il mondo: la focalizzazione sulla bambina è riuscitissima.
All'inizio non è molto chiaro quando sarà il compleanno, metterei un riferimento, anche piccolissimo, al fatto che si terrà il giorno dopo / la settimana dopo o quello che sia. Questo perché dalle prime righe avevo capito che Agnese stesse andando da Cornelia subito prima della festa, e quando ho capito che non è così, sono rimasto un attimo confuso.
Poi, sono da rivedere un attimo i tempi verbali. C'è un'alternanza tra presente e passato che, anche qui, confonde.
Infine, sul finale
Almissima ha scritto: Quel piccolo bacio innocente brucia sulla guancia di Cornelia, che per la prima volta sente che la sua vecchia vita ha prodotto qualcosa di buono.
Il soggetto della focalizzazione cambia improvvisamente da Agnese a Cornelia. Mi sembra non necessario, dato che è solo per una frase finale. È un passaggio bellissimo, ma secondo me funziona uguale se ce lo fai vedere attraverso gli occhi innocenti di Agnese, anzi potrebbe anche essere meglio, come tutti quei passaggi - piaciuti tantissimo - in cui la bambina non riesce a interpretare tutta una serie di cose legate a Cornelia

Come al solito, grande  :D

Re: [Lab5] Agnese

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Ciao @Almissima
che racconto delizioso!  Mi è piaciuto molto. Una sorta di fiaba.  Agnese interpreta la leggerezza e attraverso i suoi occhi di bambina mi ha riportato indietro nel tempo. Anch’io adoravo aprire gli armadi (non c’era una Cornelia nel bosco, eh eh, ma una vestaglia di rado rosa alla quale mia madre teneva moltissimo.) scusa la divagazione…
Ci sono dei problemi di concordanza dei verbi come ti ha segnalato anche @Mina, ma facilmente emendabili.
Sto cercando di leggere con l massima attenzione e di sfruttare i commenti del Lab per esercitarmi sulla focalizzazione interna. Nel tuo testo, man mano che si va avanti, la focalizzazione interna si perde. Ti faccio alcuni esempi in base a quello che ho capito, ma spero davvero che riescano a commentarci anche i nostri admin per confermare se abbiamo visto giusto o no.
Almissima ha scritto: Mentre cammina veloce, il suo unico pensiero è di arrivare da Cornelia prima che se ne accorga sua mamma. Del resto, era proprio colpa di sua mamma, se adesso si trovava ad affrettarsi lungo la scorciatoia.
come potrebbe arrivare da Cornelia senza che la madre se ne accorga. 
Almissima ha scritto: Almissimal profumo delle foglie umide scaldate dal sole la distraggono per un momento dalla sua preoccupazione.
Quanto è buono il profumo delle foglie umide scaldate dal sole, pensava. Solo a sentirne l’odore le preoccupazioni sembravano svanire.

Almissima ha scritto: AlmissimaDall’alto dei suoi nove anni Agnese considerava Cornelia un’eroina, aveva fatto tutto da sola e nessuno viveva con lei.
 Cornelia doveva essere proprio speciale se aveva fatto tutto il lavoro da sola senza aver alcun aiuto. 

Re: [Lab5] Agnese

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Ciao @Almissima, ho letto volentieri il tuo racconto, che definirei una fiaba.
Credo tu abbia centrato appieno il.tema della leggerezza, mentre non mi sembra azzeccata la focalizzazione, perché quando entra in scena il secondo personaggio, sul finale cambia punto di vista (ma io sono una novellina a riguardo, quindi prendi con le pinze quanto scritto).
Mi piace molto la leggerezza di Agnese, che pur vivendo un problema per lei importante, si impegna per risolverlo, lavorando anche d'immaginazione.
Ben caratterizzata anche Cornelia.
La storia mi è piaciuta.
Seguono alcuni appunti che spero possano esserti utili (forse ripeterò qualcosa di già scritto, perdonami ma sto litigando con questo commento che mi scompare mentre digito e devo ricominciare daccapo).
Almissima ha scritto: quella tedesca inquietante. Ad Agnese era stata simpatica fin da subito
Qui per esempio, se ad Agnese era stata subito simpatica, secondo me dovevi scrivere "che tutto il paese trovava inquietante"
Almissima ha scritto: Solo quando erano arrivati quegli uomini sulla Mercedes blu, ed era venuta fuori anche tutta la storia delle vetrine rosse e dei manichini, la gente del paese le era stata vicina
Intendi che curiosavano e volevano sapere? Ho dovuto leggere due volte, perché ad una prima lettura "le era stata vicina" mi era sembrato un sostegno da parte della comunità, ma se non volevano darle confidenza, immagino intendessi altro. In questo secondo caso sarebbe stato più chiaro "la gente del paese le gironzolova intorno riempiendola di domande."

Anche io ho notato un'alternanza non giustificata di tempi verbali, errore nel quale tendo anche io a cadere.

Nel complesso, come detto, la storia mi è piaciuta.
Buona serata.
<3

Re: [Lab5] Agnese

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Almissima ha scritto:  Agnese si è lasciata alle spalle le viuzze intricate di Sant’Eustachio. Mentre cammina veloce, il suo unico pensiero è di arrivare da Cornelia prima che se ne accorga sua mamma. Del resto, era proprio colpa di sua mamma, se adesso si trovava ad affrettarsi lungo la scorciatoia.
se adesso si trova ad affrettarsi...
Almissima ha scritto: Il profumo delle foglie umide scaldate dal sole la distraggono per un momento dalla sua preoccupazione.
Farei un inciso:  Il profumo delle foglie umide, scaldate dal sole, la distraggono...
Almissima ha scritto: solo una come  Cornelia poteva andare a vivere nella casa diroccata ai margini del bosco. I
Una Cornelia, non mi sembra esatto. Ho visto altri errori ma te li hanno già fatti notare quindi mi fermo quì.
Almissima ha scritto: Agnese stampa un bacio sulla guancia di Cornelia e salta giù dalla macchina. È talmente felice che vola fra le braccia di sua madre dimenticandosi che era arrabbiata con lei.
Un finale da fiaba, Cornelia ha usato una magia per confezionarle il giubbino,  la sua disponibilità, la voglia di aiutare la bambina.

Re: [Lab5] Agnese

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Ciao @Almissima 

Questo racconto è una favola.
Una favola che, come tutte le favole, possiede una sua logica e coerenza interna che farebbe a pugni con la realtà.
Ma se si legge una fiaba, vien da sè che si debbano accettarne gli aspetti più fantasiosi, abbandonando dubbi e perplessità dettate dal senso critico.
Questo per dirti che nella sua “specificità” di genere il racconto è calzante e scritto bene.
Inoltre, è una di quelle favole con un lieto fine, cosa che non sempre avviene nelle favole moderne.

Il meccanismo fiabesco si muove all’interno della visione ingenua ed edulcorata di una bimba di nove anni che si rivolge a una misteriosa straniera (probabilmente una ex prostituta in vetrina della famosa Herbertstrasse di Amburgo) per avere un aiuto.
Ovvero procurale un vestito adatto per presenziare alla festa di compleanno di una sua amichetta.
C’è nel meccanismo qualcosa che ricorda la Cenerentola che accetta l’intervento della fata per partecipare all’ivito a corte.
Qui, poiché i tempi cambiano, abbiamo una ex prostituta (assai abile nel taglia e cuci) a far le veci della fata, per risolvere il problema della bimba.
La misteriosa straniera, facendo incetta di parti dei suoi vecchi abiti da lavoro, riesce, magicamente, in poche ore, a confezionargli un giubbottino fiabesco.
Direi che nell’ottica fiabesca del racconto, si tocca bene il tema della leggerezza richiesto dal contest, e un pizzico di poesia che non guasta.

Complimenti e a presto rileggerci.

Re: [Lab5] Agnese

9
Ciao @Almissima 
Almissima ha scritto: Già la sentiva con quella vocina mielosa, vestita nuova da capo a piedi,
  Non suona bene, neanche come lessico di una bambina
Almissima ha scritto: Se la ricorda ancora la prima volta che l’aveva vista. Era bionda e alta, con un vestitino estivo che le penzolava addosso. Era entrata nel negozio di generi alimentari di sua mamma. “Buongiorno”, aveva esordito,
Questa parola stona con il registro scelto e sposta la focalizzazione

Almissima ha scritto: Quel piccolo bacio innocente brucia sulla guancia di Cornelia, che per la prima volta sente che la sua vecchia vita ha prodotto qualcosa di buono.
Il finale a mio avviso contraddice il senso del racconto, perché per la bambina:
Almissima ha scritto: Il sentiero comunque era ben calpestato, perché, nonostante le raccomandazioni, tutto il paese era andato almeno una volta da Cornelia
quindi Cornelia ha già fatto del bene a tutti, riscattando la difficile vita vissuta.

Il racconto è carino e fantasioso. La focalizzazione interna credo sia stata rispettata, tranne in qualche punto.


A rileggerti :) 
Già.

Re: [Lab5] Agnese

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Mi è piaciuto, @Almissima 
Mi è piaciuta la focalizzazione sullo sguardo di Agnese che vede e sente tutto, ma che i suoi nove anni non le permettono di decodificare.
Funziona molto bene perché ogni cosa ruota intorno al suo piccolo universo di bambina e acquista solo il significato che serve a risolvere il suo problema.
Ben condotta anche l'altalena tra ipocrisia e fascinazione del mondo adulto, quell'oscillare tra "starne alla larga" e "chiedere consigli"  
Almissima ha scritto: AlmissimaSolo quando erano arrivati quegli uomini sulla Mercedes blu, ed era venuta fuori anche tutta la storia delle vetrine rosse e dei manichini, la gente del paese le era stata vicina.
Delizioso, piccolo flash con l'imprecisione dell'occhio bambino che scambia per partecipazione la curiosità morbosa.




Almissima ha scritto: qualcosa a proposito di pizzo nero, ma non aveva capito bene dove andasse quel pizzo nero, perché non l’aveva mai visto addosso ad Adalberta.
Incantevole il cameo di Adalberta, Sebastiano e quel pizzo nero che finisce chissà dove.

E infine la magia del guardaroba di Cornelia, scintillante come quello di una fata, la gioia per la rivalsa su quell'antipatica della Marivì che le fa ignorare la prevedibile reazione della madre.
Brava, @Almissima secondo me hai centrato in pieno la consegna del Lab.
Unica pecca lo strappo del finale, te lo hanno già fatto notare e dunque non lo ripeterò.
A rileggerti  (y)
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Re: [Lab5] Agnese

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Eccomi a fornire il mio commento/feedback a questo testo. Anche qui, il personaggio di Agnese mi suona come un mal celato riferimento al personaggio di Mignon, la ragazza di origine italiana immaginata da Goethe. Se posso, avrei reso Agnese un po' più 'bambina', nonostante il fatto che, per quello che mi sembra di capire leggendo il tuo testo, è già un poì grandicella. Ad es., metterei (ma ti sto parlando del mio gusto personale), che ad Agnese piace tirarsi giù le maniche per 'nascondere le mani, magari perchè è un po' chiusa, o che, sempre tirandosi giù le maniche per nascondere le mani, si chiuda nelle spalle tendendo il tessuto al massimo, perchè magari è in un gruppo e questa cosa lafanno in molti, etc. Ti sto dando degli spunti, sia chiaro; non è assolutamente mia intenzione snaturare il testo.
Per quanto concerne lo stile, per quanto mi riguarda, il presente storico, in questo caso appesantisce la narrazione: secondo me ci starebbe meglio il passato remoto. Per il resto, il testo è molto molto bello. Complimenti!!
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