[Lab5] Anna da dimenticare

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Laboratorio 5: focalizzazione interna con narratore esterno.



Tema: Leggerezze.







Il suo compito era terminato, aveva già avuto il suo compenso e quindi, firmato il certificato di corretto montaggio delle attrezzature e del palco, se avesse voluto, sarebbe potuto ritornare a Roma. Quel paesino non offriva svaghi e non gli andava di restare a sentire la scaletta musicale per l’ennesima volta. E poi c’era Anna che sarebbe rientrata a Roma quella sera. Anna che pianificava tutto, prevedeva tutto ed evitava per lui qualsiasi inconveniente e, che adesso, voleva affrontare il discorso di loro due.
Prima di tornare avrebbe preso volentieri qualcosa da mangiare: il pranzo l’aveva saltato per seguire i lavori d’istallazione. Diede un’occhiata alle bancarelle affilate lungo la via che portava fuori dal paese, per la maggior parte erano banchetti di ciliegie; la primizia venduta a peso d’oro per la sagra che si stava svolgendo.
I negozi di generi alimentari erano chiusi, un unico bar in vista e tutti i tavoli erano occupati. C’erano un ragazzetto e una decina di vecchietti che si alternavano, se alcuni andavano, altri si sedevano; il ragazzo no, lui non si scollava dalla sedia.
Dal palco, posto in piazza Santa Liberata, comunque, si stava godendo lo spettacolo al contrario del paese in festa.
La gente, andava e veniva e col tempo la folla s’ingrossava. Transitava, per lo più, nello spazio tra due piazze. Le signore trovavano posto sulle panchine di travertino poste lungo il perimetro di Largo Belvedere, alcune degustavano ciliegie nei cestini da primizia, altre reggevano in braccio i bambini più piccoli. Sotto i tigli, allineati dietro i sedili di pietra, si andavano radunando giovanotti e padri di famiglia. Superati gli alberi, c’era la panoramica: una balaustra che circondava per tre quarti lo slargo circolare e si lanciava nel vuoto incontro alle nuvole.
Da lì si poteva sorvolare la campagna romana: sulla destra, incastonata sui monti tiburtini, si vedeva Tivoli e, velata dalla caligine di un maggio troppo caldo, Roma appariva scompariva.
I Rockes fecero il loro ingresso dando le spalle al pubblico, sulle prime note di “ma che colpa abbiamo noi” si voltarono, Shel Shapiro si accanì sulle corde della chitarra e ciò provocò un movimento tellurico tra la folla che si accalcò sulle transenne.
Andrea posò di nuovo lo sguardo sui tavoli del bar, il ragazzino stava ancora lì, seduto, il tavolo sgombro e nessuno a fargli compagnia. I Rockes suonavano, ma lui guardava un punto indefinito. “Ma perché non va con gli altri a scatenarsi in mezzo alla folla? Non gli frega proprio niente di tutto questo? E vai a divertirti!” Il ragazzo sembrò ascoltarlo, si alzò, sbadigliò allargando le braccia, fece due passi verso la calca della gente. Andrea, deciso a guadagnare quel tavolino, si fece largo tra la folla di adolescenti e sperava che quello non ci ripensasse e si rimettesse a sedere.


Luigi si stava annoiando a morte, rimuginava; ne aveva le scatole piene ma suo padre era stato chiaro, “ tu non ti muovi dal bar, se scopro che sei andato in giro ti rovino.” Per la rabbia strinse i pugni e gettò uno sguardo verso gli odiati cantanti. All’improvviso qualcuno sbucò tra la folla. Restò immediatamente colpito, affascinato dall’eleganza di quell’uomo: indossava un completo di lino bianco, portava i calzoni un po' corti sopra le caviglie abbronzate e i mocassini di cuoio lucido avevano lo stesso colore della cintura. Luigi, avrebbe potuto fargli largo, c’era spazio per fare un piccolo passo indietro, ma restò fermo, era ipnotizzato quando il tipo gli passò davanti, così vicino che respirò la scia del suo profumo. Gli gli ficcò gli occhi negli occhi mentre quello lo superava, e lo guardava ancora quando quello si girò, gli fece l’occhiolino, afferrò la sedia ancora calda e si lasciò andare sulla seduta.
Luigi distolse lo sguardo, aveva le guance in fiamme. “Che gli è preso a quello, ma che è scemo? Me fa l’occhietto, me fa. Ce manca solo che me piano pe’ frocio.” Fece due passi verso il palco ma tornò subito indietro e si diresse in panoramica, “ Magari da là se sentono de meno, ‘sti rompiscatole. Ma ‘st’altr’anno col cavolo che... L’animaccia loro e pure del sindaco”


Andrea ordinò e intanto non perdeva di vista quel giovane che si spostava da un punto all’altro della piazza. Ogni tanto andava in panoramica, dava uno sguardo alle luci di Roma o a quelle seriche e gialle di Tivoli, poi tornava verso il palco, serio e imbronciato. Che cosa lo trattenesse lì, ad ascoltare il concerto, con quell’aria di fottersene completamente della gente e della musica, Andrea non riusciva a capirlo e a non pensarci. La sua curiosità era tanta che restò fino alla fine della perfomance dei Rockes.

La luna piena illuminava la campagna, l’argento sciolto brillava sui campi coltivati e sugli uliveti. Andrea stava ammirando il panorama, ma con la coda dell’occhio non perdeva di vista il ragazzo che era tornato a sedersi sul parapetto della balconata. Il concerto era finito, si sentivano solo qualche bestemmia e qualche risata dei ragazzi che smontavano il palco, e alcuni ubriachi che inveivano contro qualsiasi cosa. Andrea si avvicinò al ragazzo.
— Sei di qui? Vivi in questo paese?
— Sì, abito là, sopra al bar.
— Abiti qui! Hai dovuto ascoltare il concerto per forza, altrimenti non saresti mai venuto vero? Io mi chiamo Andrea —
— Sono Luigi, i Rockes non mi piacciono. Li fanno sempre qui i cantanti, tutti gli anni davanti casa mia. Mio padre affida il bar a suo fratello, per non sentirli si ubriaca e dorme fino la mattina dopo. Lui vuole che io controlli mio zio, ma lui mi passa diecimilalire se mi tolgo di torno, così, io sto qui fuori e accontento tutti e due, ma l’anno prossimo avrò la macchina, quel giorno me ne andrò a Roma.
— Ti piace Roma?
— credo di sì, non ci sono mai stato. —
—Ti piacerebbe andarci stanotte? in una mezz’ora ci siamo.
— Oh, che ti sei messo in testa! Guarda che io con gli uomini non ci vado. —
— Nemmeno io! Sono sposato, guarda. — Gli mostrò l’anulare, fece schioccare la lingua sui denti mentre scuoteva la testa e gli disse, — andiamo va’ che stasera t’insegno a volare.
La Tiburtina era un nastro di velluto lucido in mezzo alla campagna. Quando i primi palazzi della capitale si chiusero a nascondere loro il cielo, Andrea gli chiese:
— Che cosa vuoi vedere? Il Colosseo?
— L’altare della patria, voglio vedere piazza Venezia.
Nel tragitto, Luigi indicava tutto quello che riusciva a catturare con lo sguardo: le insegne dei negozi, le chiese, le fontane, le rovine… davanti alla guardia d’onore, alla cancellata artistica e alla gente, che pure a quell’ora se ne andava a spasso, Luigi ritrovò la favella.
— non sono mai stato al mare. — Andrea scoppiò a ridere.
—Però, una volta sono stato a Tivoli, ma non conta, ci sono andato a trovare mio nonno all’ospedale. Io e mio padre siamo andati alla stazione con l’asino di Gervasio, al ritorno ce la siamo fatta a piedi.
— Deve essere stato emozionante! Un’avventura.
— Non mi prendere in giro, al paese tutti i commercianti possiedono la macchina, solo i contadini vanno con l’asino, ma se devono andare alla stazione pagano qualcuno e si fanno accompagnare. Mio padre è rimasto così indietro che certe volte al bar… Pensi che possiamo andarci adesso? Al mare dico.
Andrea non rispose subito. Gli tornarono alla mente i giorni recenti passati a Ostia con Anna. Anna, che se n’era andata da una settimana. — Ti voglio bene — le aveva detto, ma lei si era messa a piangere ancora di più. Lui l’aveva consolata, l’aveva abbracciata, ma Le carezze e i baci non erano servite a fermare le sue lacrime. Lei si era addormentata singhiozzando e lui era uscito a fare due passi. Quando era tornato, lei stava facendo la valigia. — Vado da mia madre, — gli disse. —  Affronteremo il problema al mio ritorno a Roma. Adesso non ce la faccio, devo capire cosa ci sta succedendo.—

“Non sento la terra sotto i piedi amore mio. Io non lo so cos’è che vorresti tu, Anna. Io so cos’è la libertà di amare, vorrei essere libero di volerti bene e basta, senza limiti.”

— No, Luigi. È molto tardi, ti riporto a casa.
Le luci di Sant’Angelo erano sbiadite dall’aurora. In prossimità del cimitero, Luigi chiese di fermare la macchina.
— Scendo qui, potrei incontrare qualcuno che mi conosce, mio padre mi ammazza se scopre cosa ho fatto stanotte. — Aprì lo sportello, scese e si chinò per salutare l’amico.
— lasciala qui, — disse Andrea.
— Che cosa? — Luigi si guardò addosso spaesato.
— Quella cassa da morto che ti porti sulle spalle, è anche il posto giusto non trovi? — Disse rivolto verso il cancello del camposanto. — Diglielo a tutti che stanotte sei stato a Roma, è stato bello no? Chissene importa di quello che pensa la gente e tuo padre.
— Già, chissene importa. Parli bene tu! Tra poche ore ricomincia l’inferno per me. Il bar, esiste soltanto il bar per lui.
— E tu? vuoi fare il barista per tutta la vita?
— Odio il bar. Io voglio viaggiare.
— Allora trova il modo, qualunque modo.
— Ci proverò. Grazie per il passaggio. Non ci vedremo più, vero?
— Non si può mai dire.
— Allora ci vediamo, a presto!
— Ciao, e mi raccomando, i sogni vanno acchiappati al volo.


Andrea girò la chiave ed entrò in casa, lei era in piedi, appoggiata allo stipite della porta della sala da pranzo, in lacrime. Lui si avvicinò, ma l’abbraccio restò vuoto. Lei si girò verso la stanza: Il tavolo era apparecchiato per due, al centro, le dalie e due candele consumate. Andrea capì, riuscì soltanto a dire:
— Mi dispiace.
— Dove sei stato! sono le sei del mattino. — Tra i singhiozzi arrivarono i soliti rimproveri: sei sempre il solito superficiale, non ti preoccupi mai di noi che ti vogliamo bene, mia madre aveva ragione, non dovevo tornare…
— Il fatto, Anna, è che Luigi non aveva mai visto Roma, veramente nemmeno il mare ma…
— chi diavolo è Luigi?
— Oh, un amico, l’ho conosciuto ieri sera ma, sai io volevo…
— Vado a telefonare a mia madre. Me ne vado. Voglio il divorzio!
Andrea andò in bagno. Si preparò per andare a letto, aspettò che lei rassettasse la cucina, che la suocera la venisse a prendere e poi andò a dormire.

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Alba359 ha scritto: C’erano un ragazzetto e una decina di vecchietti che si alternavano, se alcuni andavano, altri si sedevano
Dopo alternavano, meglio i due punti esplicativi.
Alba359 ha scritto: il ragazzo no, lui non si scollava dalla sedia.
Dal palco, posto in piazza Santa Liberata, comunque, si stava godendo lo spettacolo al contrario del paese in festa.
Ti segnalo che ho dovuto scorrere in avanti il testo, per essere certa di chi si stava godendo lo spettacolo al contrario. Avevo il dubbio tra il ragazzo sulla sedia e il ragazzo di Anna, ancora senza nome.
Alba359 ha scritto: La gente, andava e veniva e col tempo la folla s’ingrossava. 
Quella virgola dopo "gente" separa il soggetto dal verbo.
Alba359 ha scritto: I Rockes fecero il loro ingresso dando le spalle al pubblico, e solo alle sulle prime note di ma Ma che colpa abbiamo noi” si voltarono,
Alba359 ha scritto: Andrea posò di nuovo lo sguardo sui tavoli del bar, il ragazzino stava ancora lì, seduto
Dopo "bar" ti consiglio il punto e virgola.
Alba359 ha scritto: Luigi, avrebbe potuto fargli largo, c’era spazio per fare un piccolo passo indietro, ma restò fermo, era ipnotizzato quando il tipo gli passò davanti, così vicino che respirò la scia del suo profumo. Gli gli ficcò gli occhi negli
Quella virgola dopo "Luigi" toglila...
Alba359 ha scritto: Che cosa lo trattenesse il ragazzo lì, ad ascoltare il concerto, con quell’aria di fottersene completamente della gente e della musica, Andrea non riusciva a capirlo e a non pensarci. La sua curiosità era tanta tale che restò fino alla fine della perfomance dei Rockes.
(per chiarezza)
Alba359 ha scritto: Sono Luigi, i Rockes non mi piacciono. Li I concerti li fanno sempre qui i cantanti, tutti gli anni davanti
Alba359 ha scritto: ma l’anno prossimo avrò la macchina, quel giorno me ne andrò a Roma.
"Ma" con l'iniziale maiuscola.
Alba359 ha scritto: — Ti piace Roma?
— credo di sì, non ci sono mai stato. —
"Credo" con l'iniziale maiuscola.
Alba359 ha scritto: — non sono mai stato al mare. — Andrea scoppiò a ridere.
"Non" con l'iniziale maiuscola. Ogni discorso diretto comincia con la maiuscola, e lo sai. Non capisco questi tre errori.
Alba359 ha scritto: l’aveva abbracciata, ma Le carezze e i baci non 
piccolo refuso
Alba359 ha scritto: Quando era tornato, lei stava facendo la valigia. — Vado da mia madre, — gli aveva detto disse. —  Affronteremo il problema al mio ritorno a Roma. Adesso non ce la faccio, devo capire cosa ci sta succedendo.—
Alba359 ha scritto: — lasciala qui, —  Lasciala qui -  disse Andrea.
Alba359 ha scritto: è anche il posto giusto non trovi? — Disse rivolto verso il cancello del camposanto.
Maiuscola iniziale frase e disse minuscolo.
Alba359 ha scritto: Andrea girò la chiave ed entrò in casa, lei era in piedi, appoggiata allo
Meglio punto e virgola dopo "casa".
Alba359 ha scritto: Il tavolo era apparecchiato per due, al centro, le dalie e due candele consumate
Anche qui, ti suggerisco il punto e virgola prima di "al centro".
Alba359 ha scritto: — chi diavolo è Luigi?
Chi
Alba359 ha scritto: Andrea andò in bagno. Si preparò per andare a letto, aspettò che lei rassettasse la cucina, che la suocera la venisse a prendere e poi andò a dormire.
Un finale leggero e giusto per una vicenda che ha visto il protagonista fare le scelte giuste per reindirizzare la sua vita. Mi è piaciuto, @Alba359:)
Un'altra pulce che ti aggiungo è che avrei fatto il nome di Andrea sin dalle prime battute del racconto.
Per la focalizzazione, mi pare un pareggio tra quella interna e quella a zero.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Alba359 ha scritto: si stava godendo lo spettacolo al contrario del paese in festa
Andrea, giusto? Lo spettacolo però non è ancora iniziato. Si stava godendo il viavai?
Alba359 ha scritto: quando quello si girò, gli fece l’occhiolino
Se invece della virgola metti una "e" si capisce subito che è Andrea a fargli l'occhiolino.
Alba359 ha scritto: non ti preoccupi mai di noi che ti vogliamo bene
Il noi non è chiaro a chi si riferisca. 

Altre cose te le ha già segnalate poeta Zaza.
Secondo me potresti snellirlo qua e là e rimarrebbe un bel racconto breve.
<3

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Alba359 ha scritto: Andrea posò di nuovo lo sguardo sui tavoli del bar, il ragazzino stava ancora lì, seduto, il tavolo sgombro e nessuno a fargli compagnia. I Rockes suonavano, ma lui guardava un punto indefinito.
Perché sei uscita dalla focalizzazione interna? Fino a questa frase hai fatto benissimo…
Alba359 ha scritto: Luigi si stava annoiando a morte, ecc.
Da questo paragrafo cambi pdv. Perché? 

Ciao @Alba359. Carino il racconto,  centrato anche il tema della leggerezza. Scrivi molto bene e si riesce a immergersi in quello che racconti. Questo è un gran pregio.
Per quanto riguarda la focalizzazione leggendo mi è sembrato che, a un certo punto, tu ti fossi stancata dell’esercizio. All’inizio ho trovato il tuo scritto uno dei migliori per quanto riguarda la focalizzazione. Poi ti ho persa… 
In ogni caso una buona prova!

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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@Monica ha scritto: Da questo paragrafo cambi pdv. Perché? 
Si tratta sempre di focalizzazione interna. La telecamera si sposta sulla spalla di Luigi perchè mi sembrava che il personaggio meritasse. Facendogli dire quello che sta provando ho messo in evidenza il fatto che lui è l'esatto contraroi di Andrea. Andrea non pensa ad Anna per tutta la sera, anche quando torna a casa, sfiora appena i problemi della moglie, si giustifica in modo leggero senza un minimo di empatia, anche se secondo me ha tutte le ragioni.
Luigi invece è molto preoccupato per aver trasgredito, Volevo fosse chiara la differenza di vedute.
Quando Andrea gli fa l'occhietto, per Luigi è quasi un dramma, per Andrea invece è nulla, non ci pensa nemmeno che qualcuno potrebbe aver notato il gesto.
@Monica ha scritto: Andrea posò di nuovo lo sguardo sui tavoli del bar, il ragazzino stava ancora lì, seduto, il tavolo sgombro e nessuno a fargli compagnia. I Rockes suonavano, ma lui guardava un punto indefinito.
Mi sembrava di averlo fatto anche qui, ma in effetti...

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Ciao @Poeta Zaza  ti ringrazio moltissimo per il tuo passaggio e per  avermi dato, come sempre, preziosi consigli.
Questa però non la cambio:
Poeta Zaza ha scritto:   Sono Luigi, i Rockes non mi piacciono. Li I concerti li fanno sempre qui i cantanti, tutti gli anni davanti
Siamo negli anni sessanta, Il millenovecentosessantasei, precisamente. I Rokes a Sant'Angelo ci sono stati davvero e la gente non sapeva  neanche cos'era un concerto. Io mi ricordo. I ragazzi usavano esperessioni tipo: quando li fanno in cantanti quest'anno?  Sai chi sono i cantanti? li fanno in piazza o in panoramica? Il sindaco quest'anno vuole mettere il palco dei cantanti sotto al curvone... Idioma di gente paesana. :D

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Alba359 ha scritto: e, che adesso, voleva affrontare il discorso di loro due.
e che, adesso, voleva affrontare ...
Alba359 ha scritto: La gente, andava e veniva
La gente andava e veniva
Alba359 ha scritto: Luigi, avrebbe potuto fargli largo
Luigi avrebbe potuto fargli largo
Alba359 ha scritto: Gli gli ficcò gli occhi negli occhi
Gli ficcò gli occhi negli occhi (o, se vuoi evitare un po' di "gli": Gli ficcò gli occhi nei suoi)
Alba359 ha scritto: “ Magari da là se sentono de meno
Spazio dopo le virgolette
Alba359 ha scritto: così, io sto qui fuori
così io sto qui fuori
Alba359 ha scritto: — credo di sì, non ci sono mai stato. —
Qui, e anche poi, occhio alla maiuscola a inizio linea di dialogo
Alba359 ha scritto: ma Le carezze e i baci
ma le carezze

Va be', le pulci le ho fatte, ma saprai che nel bilancio finale mi importa poco

Il racconto mi è piaciuto un sacco. Interessante l'alternanza di focalizzazione tra i due protagonisti. Con più caratteri a disposizione, mi sarebbe piaciuto un ultimo passaggio su Luigi, con un accenno di evoluzione
Emerge molto forte il personaggio di Andrea. Tra l'altro non posso non empatizzare con lui, adoro che non gli importi di nulla, questa leggerezza con cui vive la vita, e che lo rende una ventata d'aria fresca per chiunque incontri. Ventata che può essere tempesta per chi non sa come prenderlo, come Anna, ma tanto a lui non importa
Grande  (y)

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Ciao, @Alba359!
Bel racconto, grazie, e scritto bene. Avrei corretto la punteggiatura in alcuni punti, ma a me interessa la racconto in generale. Virgoline e virgolette la lascio ad altri :) Mi è piaciuto lo stile e i personaggi sono ben caratterizzati. La leggerezza è palese come tratto caratteriale di Andrea. Ha una bella filosofia di vita: riuscissi io a essere così!
Volevo dirti che sei stata brava.
Ho letto che devo commentare soprattutto riguardo alla focalizzazione. Che dire? Anche questo, secondo me, va bene :-) Ci sono più PdV ma sono ben fatti, e la transizione è chiara e morbida. Perfetto :)
Ti degnalo solo qualche punto, più che altro per scrupolo e non per necessità, vista la tua abilità di scrittrice…

Alba359 ha scritto: Roma appariva scompariva.

Qui forse manca una congiunzione "e".


Alba359 ha scritto: portava i calzoni un po' corti sopra le caviglie

Questa è una moda attuale che detesto con tutto il cuore. Se vedo uno vestito così, come minimo scappo, altro che andarci nella Città Eterna! Dalle mie parti di dice che i calzoni hanno litigato con le scarpe :P Mi chiedo se ai tempi della quasi leggenda Shel Shapiro si usava questa cosa. Dovremmo essere negli anni
Sessanta, visto che i Rokes si sciolsero nel 1970.


Alba359 ha scritto: Che gli è preso a quello, ma che è scemo? Me fa l’occhietto, me fa. Ce manca solo che me piano pe’ frocio.”

:rotol: :rotol:
Adoro il romanesco, Trilussa e compagnia bella :P
Secondo me questo è il vero italiano. Se Dante si fosse chiamato Claudio o Cesare (Alighiero), oggi parleremmo tutti in romanesco. Ti dirò di più: secondo me il romanesco è l'unico dialetto primario dell'italiano. Nnamo! A li m******i! Un mio amico romano… veramente un burino, visto che vive a Frattocchie… mi ha fatto un trattato sul "sticazzi". Indimenticabile :-)


Alba359 ha scritto: La luna piena illuminava la campagna, l’argento sciolto brillava sui campi coltivati e sugli uliveti

Bellissima immagine!


Alba359 ha scritto: La Tiburtina era un nastro di velluto lucido in mezzo alla campagna
Anche questa è bellissima!


Alba359 ha scritto: Gli mostrò l’anulare, fece schioccare la lingua sui denti mentre scuoteva la testa e gli disse, — andiamo va’ che stasera t’insegno a volare.

Bello. Centodieci e lode (con bacio in fronte :-) )


Grazie, Alba!




P.S.: credo che si scriva "Rokes".
Il Sommo Misantropo

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Ciao @Alba359 

Questo racconto, che è scritto molto bene, ti lascia in bocca, con nostalgia, il sapore di certi vecchi film di Michelangelo Antonioni.
Quelli esistenzialisti, sul tema dell’incomunicabilità, dove la storia principale si dissolveva in altre storie secondarie e in apparenza irrilevanti.
Nel pieno di un’azione, a esempio, la macchina da presa si spostava su qualcosa o qualcuno casualmente all’interno della scena, abbandonando la narrazione principale per concentrarsi sul nuovo soggetto.

Così nel tuo racconto abbiamo una “main street” principale costituita dalla crisi di coppia del protagonista con la “Anna da dimenticare”, che però scompare nel sottofondo, poiché la “divagazione”, ovvero l’attenzione del protagonista per il giovane Luigi, diviene l’argomento narrativo principale della storia.

Di questo tuo eroe dell’insipienza che vive una sua vita interiore lontano, evidentemente, dalle cose concrete della vita, crogiolandosi in sogni di libertà e leggerezza, ricaviamo una morale assai povera.
Infatti, ci ricorda molto, a suo modo, lo stile esistenziale di molti uomini del nostro tempo, concentrati in una sorta d’egostismo che li rende inabili a una duratura vita di coppia e a calarsi nella comprensione delle esigenze della propria partner.

Anzi che si sentono quasi orgogliosi di vivere in questo elitario castello di emozioni e fantasie velleitarie.
I due protagonisti finiscono con l’avere eretto tra loro un muro di indecifrabile incomprensione dei relativi bisogni.
Lui vuole volare con l’anima e la fantasia, lei più prosaicamente lo vorrebbe più vicino alla terra e ai problemi concreti dell’esistenza.
Quello che alla fine ci mostri, è che piuttosto che smettere di cazzeggiare nel suo mondo di aspirazione, se vogliamo puerili e vacue, il protagonista, mentre la moglie se ne va per sempre, trova opportuno mostrare il suo disagio andandosene tranquillamente a letto a dormire.

Antonioni sarebbe felice di ricavarne un nuovo film, se fosse ancora in vita.

Complimenti amica mia, alla prossima.

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Ciao @Alba359 

ti hanno già segnalato la punteggiatura fuori posto, e alcune imprecisioni. 
Alba359 ha scritto: — Sono Luigi, i Rockes non mi piacciono. Li fanno sempre qui i cantanti, tutti gli anni davanti casa mia. Mio padre affida il bar a suo fratello, per non sentirli si ubriaca e dorme fino la mattina dopo. Lui vuole che io controlli mio zio, ma lui mi passa diecimilalire se mi tolgo di torno, così, io sto qui fuori e accontento tutti e due, ma l’anno prossimo avrò la macchina, quel giorno me ne andrò a Roma.
Un po’ troppo inverosimile. Il proprietario di un bar di un paese di provincia che abbandona il suo locale nel giorno del pienone perché non sopporta Il gruppo dei Rockes, e ordina al figlio di stare al bar solo per controllare il fratello? Dovrebbe lavorare e chiamare figlio e fratello a rinforzo, piuttosto. Ci vorrebbe un altro artificio per far stare il ragazzo seduto al tavolo da solo.
Mi sono chiesta, continuando nella lettura, come mai un gruppo insopportabile al punto da essere odiato da padre e figlio, di due generazioni diverse, venga chiamato tutti gli anni a suonare in paese.
Alba359 ha scritto: — Ti piace Roma?
— credo di sì, non ci sono mai stato. —
—Ti piacerebbe andarci stanotte? in una mezz’ora ci siamo.
Un adolescente che abita a mezz'ora di distanza da Roma e non ci è mai stato? 

Le descrizioni sono molto belle, in alcuni punti toccanti, e la focalizzazione richiesta mi pare sia stata rispettata. Ho trovato l’impalcatura del racconto, però, un po’ traballante, come se tu non avessi avuto il coraggio di osare di più. Prendilo per quello che è, un parere molto personale! :) 
Già.

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Ilaris ha scritto: Dovrebbe lavorare e chiamare figlio e fratello a rinforzo, piuttosto.
Non hai conosciuto il signor Benito, una persona realmente esistita, non nel paese citato, a cui mi sono ispirata. Benito, lavoratore instancabile, un comunista di ferro, così si definiva, era contro tutto e tutti, soprattutto contro la musica leggera di quei tempi e le innovazioni. Benito non si ubriacava, se ne andava in campagna, costringeva la moglie e il fratello e i suoi figli a lavorare mentre lui si vedeva con un'altra donna.  Io ho inventato ma giaravano barzellette sul suo conto molto spassose.

Ilaris ha scritto: Un adolescente che abita a mezz'ora di distanza da Roma e non ci è mai stato? 
 Io ho sempre abitato da queste parti. Ho visto Roma a diciotto anni. Conoscevo benissimo altri paesi, Tivoli, Monterotondo... ma a Roma non ho avuto occasione di andarci prima di quell'età. Il racconto è ambientato negli anni sessanta. 
Ilaris ha scritto: come mai un gruppo insopportabile al punto da essere odiato da padre e figlio, di due generazioni diverse, venga chiamato tutti gli anni a suonare in paese.
Non mi pare di aver specificato che ogni anno, per la sagra delle ciliegie, andassero sempre i Rokes. I Rokes non erano insopportabili, erano bravini.
odiato da padre e figlio
Il figlio avrà i suoi gusti, il padre non li sopporta e basta, io l'ho caratterizzato simile a Benito e Benito era uno a cui non stava bene nulla, tranne fare cio che voleva.
Grazie del passggio e delle tue riflessioni @Ilaris 

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Nightafter ha scritto: Questo racconto, che è scritto molto bene, ti lascia in bocca, con nostalgia, il sapore di certi vecchi film di Michelangelo Antonioni.
Grazie per il bel commento.
Dopo aver letto le tue parole sono andata a rileggermi la versione originale, quella scritta meglio, con meno errori, perchè taglia quì e taglia là sono arrivata alla fine del contest che non avevo più tempo. Sai, il racconto aveva la bellezza di ventimilaottocento caratteri. Me lo sono rigirato in mente in binco e nero. Sono d'accordo con te, sarebbe stato un bel film d'altri tempi. La focalizzazione era distribuita su tutti e tre i personaggi, è stato un vero peccato che io abbia dovuto togliere tutta la parte dedicata ad Anna. Ti ringrazio anche perchè  così l'ho riletto e ho capito che merita di essere rivisto con un punto di vista diverso.

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Il tuo racconto mi é piaciuto molto, l'atmosfera d'altri tempi mi ha coinvolto subito e ho pensato alla dolce vita.
La leggerezza incosciente che traspare é molto affascinante.
Questi uomini che i tengono alla loro donna, ma che non riescono a resistere e comunque fanno cose che non devono e feriscono, sono davvero di altri tempi.
Ho molto apprezzato il tuo racconto.
L'unico anacrosimo é che il divorzio come lo conosciamo noi é diventato legale verso la fine del 1970, prima era una procedura prevista solo per alcuni casi dove la donna dalla potestá del marito ritornava alla potestá del padre, alcune volte addirittura senza nemmeno piú la dote, con la quale avrebbe dovuto sostentarsi.

Re: [Lab5] Anna da dimenticare

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Almissima ha scritto: L'unico anacrosimo é che il divorzio come lo conosciamo noi é diventato legale verso la fine del 1970, prima era una procedura prevista solo per alcuni casi dove la donna dalla potestá del marito ritornava alla potestá del padre, alcune volte addirittura senza nemmeno piú la dote, con la quale avrebbe dovuto sostentarsi.
Grazie per il commento e per avermi fatto notare l'imprecisione sul divorzio. Sono quelle cose che sfuggono e che ti fanno incavolare quando ti rendi conto di aver preso un abbaglio. Sono contenta che a te non sia sfuggito.
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