[Lab 4] Eden

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Assediato da sterpi, rami di palma strappati al maestrale e calcinacci, il vecchio casinò di Porto Gaiano si affacciava al mare.
Eden, lo chiamavano ancora così. Splendido, maestoso, addormentato.
Un edificio liberty abbracciato dal verde, con due torrioni incoronati da cupole dorate, ampie finestre ad arco che correvano lungo i lati e terrazze ornate di statue.
Nato per essere una casa da gioco, era dotato di saloni per ricevimenti e di privé, salottini discreti quanto accoglienti.
Era lì dal 1924, ad attendere l’andirivieni di auto, signore ingioiellate e gentiluomini pronti ad accompagnarle per corridoi e saloni scintillanti di velluti e lampadari di cristallo.
Raduno di bella gente, allegra e vogliosa soltanto di divertirsi.
Eventi mondani. Troppo mondani. E quei privé, che si diceva avessero tappezzerie di damasco dorato, tappeti tessuti con fili d’oro e bagni con rubinetterie dorate.
Era davvero troppo.
Chiunque, con un minimo di senso della decenza non l’avrebbe tollerato.
Per questo l’Eden, ancorché completo di impianti e arredi, non fu mai aperto.
E dunque restò così, sospeso tra dimenticanza provvisoria e suntuoso abbandono.
Restò a farsi scavare dal Tempo. Gli lasciò corrodere cornicioni, infissi e sbocconcellare l'intonaco fino alla carne viva dei mattoni.
Nessuno si arrischierebbe a sostenere che i luoghi siano entità autonome.
Eppure i luoghi nascono, vivono e muoiono come qualsiasi cosa al mondo.
Hanno memoria, anzi sono memoria e dunque, in un modo tutto loro, probabilmente sognano.
Il sogno dell'Eden era banale e al tempo stesso straordinario: diventare se stesso. O almeno somigliargli.
E un giorno accadde.
Arrivarono con due macchine un pomeriggio di marzo del 1972. Costeggiarono il lungomare, fecero il giro dell'isolato e si fermarono davanti all'ingresso principale parlottando, indicando, stendendo carte sul cofano dell'auto.
Una settimana dopo arrivarono anche gli operai.

«Evento spettacolare a Porto Gaiano. Tornerà agli antichi splendori il palazzo che ospitò il casinò più esclusivo del centro Italia.
Nella suggestiva cornice, completamente restaurata, la nota stilista Rebecca Danesi presenterà la sua collezione dal titolo intrigante: ‘Gold to kill’»

Italo Carretti, capo cantiere, alzò un sopracciglio, ripiegò il giornale e accese il mozzicone di Toscanello che teneva in bocca perennemente spento.
«Allora, ci diamo una mossa?» gridò guardandosi intorno.
Si alzò e prese a entrare e uscire dall’edificio, a percorrere i vialetti del parco e a dare istruzioni a muratori, elettricisti e giardinieri.
Al tramonto tutto quel brulicare si fermò.
Italo prese la ricetrasmittente e dette il segnale.
Come per uno sciame di lucciole, a uno a uno si accese il rosa degli oleandri, il bianco dei pitosfori e l’azzurro delle ortensie.
Pini maestosi incoronavano la radura davanti alla scalea dell’ingresso, dove il bianco dei tendaggi ondeggiava dalle arcate, illuminate di luce dorata.
Con un mugugno soddisfatto, Italo raggiunse la terrazza costellata di tavoli rotondi. Nudi e senza sedie, giusto per misurare gli ingombri, domani si sarebbero agghindati di drappeggi, posaterie dorate, cristalli, porcellane e centrotavola.
Oggi no. Oggi erano ancora buoni per panini con cotoletta e cicoria, bottiglie di minerale e cartocci di salumi.
«Ok. Pausa» disse alla ricetrasmittente e un poco alla volta, a piccoli gruppi, arrivarono gli altri.
Per ultimo Nicola Mancino. Diciannove anni spesi male tra sale giochi e biliardi. Buttato fuori a calci dal padre e a calci spinto fino in cantiere. "Se vuoi mangiare, guadagnatelo". Tenne il punto per una settimana, ma quelli lo trattavano da coglione, lui che passava la nottata in bisca e faceva il duro, la mattina non riusciva a tenere gli occhi aperti e la cazzuola in mano.
Fu un giovedì dopo una nottata di pioggia. Dette la colpa al bagnato. Il Piastrella lo riprese per un braccio. Lo tenne per qualche secondo a penzolare nel vuoto e urlare con gli occhi di fuori, poi lo tirò su e lo sbatté a terra come uno straccio "La prossima volta ti lascio andare di sotto. La notte si dorme, hai capito stronzetto?"
Aveva capito. Vedere il mondo da quella prospettiva gli aveva chiarito tutto. 
Da allora, ogni primo giovedì del mese portava La Teglia.
La ordinava il giorno prima, passava a ritirarla da Pippo AmorDiBrace e poi faceva festa con gli altri come fosse il suo compleanno.
Doveva essere così anche quel giorno.
Scese dall'auto e vide il Piastrella che si sbracciava dalla balaustra «Corrì Nicò, è successo un casino!»
Dette uno sguardo d'addio alla Teglia e fece per attraversare.
In quel momento la sentì. Subito dopo la vide. L'ambulanza lo evitò per un pelo e inchiodò davanti al cancello. I portelloni si aprirono e quattro tute arancioni corsero dentro.
«Che succede?»
«Una modella» fece il Piastrella «S'è buttata.»
«Come buttata?»
«Si è affacciata dal terzo piano, è montata sul davanzale e poi è saltata giù».
In quel momento un infermiere li urtò «Lasciare libero, grazie» disse spingendo una barella.
Nicola dette un'occhiata e lo riconobbe «Italo!» fece cercando di andargli dietro.
«Niente, non è niente» disse quello tentando di alzare la testa mentre l'avevano già caricato.
«Fatemici parlare!» fece Nicola afferrando il braccio di un infermiere.
«Non adesso» disse quello, salì e chiuse il portellone con un tonfo.
L'ambulanza se ne andò urlando e lampeggiando mentre, dalla stessa parte, un'altra arrivava. Entrarono con la barella e uscirono poco dopo. Portavano un corpo coperto da un lenzuolo e ripartirono senza sirena e senza lampeggianti.
«Deve essere quella che si è buttata» fece il Piastrella cupo «Se l'hanno coperta, vuol dire che è andata.»
«Sì, ma che c'entra Italo?» chiese Nicola.
Il Piastrella lo guardò con un mezzo sorriso «La sfiga. Stava li sotto e l'ha preso in pieno.»
«Vuoi dire che gli è caduta addosso?»
L'altro annuì.
«E che si è fatto? Lo sai? Ci hai parlato?»
L'altro si strinse nelle spalle «Stai tranquillo, quelle non pesano niente. Avrà solo una frattura, massimo due.»
Nicola salì le scale ed entrò.
Lei era lì.
Seduta per terra, solo un telo attorno ai fianchi e il corpo completamente ricoperto di vernice dorata, parlava al cellulare «Questa roba è veleno, ti dico! Prende il cervello e ti fa impazzire!»
Nicola non riusciva a smettere di guardarla.
Lei alzò la testa e lo squadrò «Sì, siamo tutte d’oro, va bene?» disse torva.
In quel momento si udì un calpestio dalle scale  «Greta!» la donna scendeva a passi svelti «Ti stiamo aspettando da mezz'ora» la raggiunse, la afferrò per un braccio e la mise in piedi.
«Signora Danesi, io non posso...»
«Tu non puoi cosa? Lavorare?» ringhiò
«La pelle, signora. Brucia!»
«Non dire sciocchezze. È oro. Una sfoglia d’oro purissimo. Metallo nobile, mai sentito? Tra cinque minuti ti voglio in sartoria. E se ti trovo un’altra volta al telefono, puoi anche tornartene a casa. Sono stata chiara, signorina Uber?» Girò la testa e vide Nicola «Tu?»
Non dovette aggiungere altro, che quello era già fuori.

La sartoria era un salone al primo piano illuminato da immensi finestroni ad arco. Vi si accedeva da un camminamento rialzato scandito da inaspettati palchetti con ringhiere di ferro battuto. Addossate al muro di fondo, adesso c'erano scaffalature e ovunque tavoli ingombri di tessuti, rastrelliere e macchine da cucire. Davanti alle vetrate una serie di pedane rialzate dove modelle dorate si lasciavano stringere, accorciare, adattare gli abiti. In fondo, una grande scrivania di legno scuro e una poltrona Frau.
Rebecca Danesi entrò e si fermò in mezzo alla stanza.
«Qunto è successo ci ha colpito duramente» disse con tono grave «Quella povera ragazza...»
«Aveva un nome» disse una voce.
Rebecca si guardò intorno furente.
«Caroline. Si chiamava Caroline» disse la voce.
Rebecca strinse le labbra. Sapeva chi aveva parlato: Alma Trebbiani. Gliel'avrebbe fatta pagare.
«Certo, la povera Caroline ci mancherò molto. Ma tutto questo non può e non deve fermarci. Solo ventiquattro ore e poi tutto il nostro lavoro sarà sotto gli occhi del mondo. Non c'è tempo per debolezze o crolli nervosi. Il mondo vuole la perfezione. Io voglio la perfezione! La perfezione assoluta.»
«Allora dovevi assumere le sante del paradiso» borbottò Alma.
«Cosa hai detto?» gridò Rebecca. Attraversò la sala quasi di corsa, si avventò sulla donna e la strattonò come un pupazzo «Ripeti quello che hai detto!»
Alma si divincolò «Signora!» disse guardandola dritta in faccia «Sono mesi che lavoriamo come schiave senza un attimo di sosta. Mangiamo, dormiamo qualche ora su una brandina e ricominciamo da capo. E adesso anche la vernice! È tossica!»
«Ma quale tossica! L’oro non ha mai fatto male a nessuno!
«Le ragazze ce l’hanno addosso da giorni!»
«Deve fare presa. O preferiresti vederla cadere a pezzi in passerella?»
«Vomitano, signora» disse Alma e poi alle altre «Ditelo, ditelo che vomitate sangue!».
«Stupida sartina, prendi le tue cose e sparisci. Ora!»
La fissò per un attimo poi andò a sedersi dietro la scrivania, inforcò un paio di occhiali, aprì il portatile e con questo dichiarò chiusa la faccenda.
Alma Trebbiani si tolse il polsino con le spille, dette uno sguardo in giro pieno di commiserazione e uscì.
Nel salone calò il silenzio. 
Dal suo tavolo, Rebecca alzò la testa, lanciò un'occhiata minacciosa e subito cento mani ripresero a stringere, accorciare, adattare, tra il ticchettio ronzante delle macchine da cucire e l'andirivieni frusciante di rastrelliere con abiti che scivolano su corpi impossibili.
Quella notte Greta Uber ebbe un arresto respiratorio.
Il mattino dopo, alle dieci e trenta, Helene Jones entrò in coma.
«Ragazzine idiote, imbottite di schifezze» borbottò tra sé Rebecca Danesi.
La kermesse fu un successo di pubblico e stampa.
Il giorno dopo Italo Carretti, sulla sedia a rotelle come su un trono, diresse lo smantellamento.
Le luci si spensero per non riaccendersi mai più e l’Eden tornò nel silenzio, a sognare quello che avrebbe potuto essere.
Qualcuno dice che certe notti, dalle finestre, si intravede un luccichio dorato.
Ma si sbaglia di certo.
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Re: [Lab 4] Eden

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@aladicorvo  
Mi piace "morire ricoperte d'oro", mi piace la moderna schiavista senza pietá. La zarina della moda che mi ricorda tanto il Diavolo veste Prada. Mi piace anche la location e il ritmo del racconto.
Belli anche i personaggi di Italo, Nicola e il Piastrella.
La trama peró non mi ha convinta del tutto. È chiaro e lampante quello che succede: in barba allo spreco di risorse e vite  la narcisista Rebecca ottiene la sua sfilata lasciandosi alle spalle il nulla cosmico, nemmeno un vero restauro del casinò. Peró i personaggi, tanti, ben introdotti e caratterizzati, con le loro evoluzioni, piccole ribellioni e tragiche fini (sará cosí il plurale di fine?) rimangono freezati dalla fine e ripiombano nell'anonimato.
Mi sarebbe piaciuto che continuasse.
Almeno una presenza inquietante nel casinó, come nell'Overlook Hotel, che rimane ad aspettare i prossimi ospiti, un qualcosa che osserva sornione Italo sulla sedia a rotelle, la vittima mancata.

Re: [Lab 4] Eden

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Ciao @Almissima 
Forse ti è mancata la soluzione perché in realtà il vero protagonista è l'Eden.
Magari troppo bonario, con quel suo cullarsi tra passato e presente, malinconico ma dopotutto libero dal dominio del Tempo.
Al contrario dei personaggi che invece, nonostante il loro agitarsi tra passioni e fantasmi di concretezza, restano destinati a dissolversi nell'oblio.

Grazie del passaggio  <3
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Re: [Lab 4] Eden

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aladicorvo ha scritto: Assediato da sterpi, rami di palma strappati al maestrale e calcinacci, il vecchio casinò di Porto Gaiano si affacciava al mare.
Eden, lo chiamavano ancora così. Splendido, maestoso, addormentato.
Un edificio liberty abbracciato dal verde, con due torrioni incoronati da cupole dorate, ampie finestre ad arco che correvano lungo i lati e terrazze ornate di statue.
Molto bella la descrizione del vecchio edificio. Non solo perché si riesce a visualizzarlo molto bene ma anche per l’atmosfera che si respira fin dalle prime righe. 
aladicorvo ha scritto: Per questo l’Eden, ancorché completo di impianti e arredi, non fu mai aperto.
Coûpe de teatre… quel “non fu mai aperto” attiva la storia in modo perfetto. Hai tutta la mia attenzione di lettore.
aladicorvo ha scritto: suntuoso
sontuoso
aladicorvo ha scritto: sbocconcellare l'intonaco fino alla carne viva dei mattoni.
Ottimo!
aladicorvo ha scritto: Come per uno sciame di lucciole, a uno a uno si accese il rosa degli oleandri, il bianco dei pitosfori e l’azzurro delle ortensie.
immagine molto suggestiva
aladicorvo ha scritto: sarebbero agghindati di drappeggi, posaterie dorate, cristalli, porcellane e centrotavola.
Oggi no. Oggi erano ancora buoni per panini con cotoletta e cicoria, bottiglie di minerale e cartocci di salumi.
Bellissimo “contrasto”, quasi un pugno. 
aladicorvo ha scritto: tra il ticchettio ronzante delle macchine da cucire e l'andirivieni frusciante di rastrelliere con abiti che scivolano su corpi impossibili.
questa descrizione coinvolge vista, udito e tatto. Bravissima.

Ciao @aladicorvo. Descrizioni da manuale in questo piccolo gioiello “aureo” .  Tutti i sensi sono coinvolti e pur restando lettori esterni al racconto, si riesce a immergersi pienamente nel contesto. L’Eden, il suo lusso sfrenato, le sue donne dorate, resterà a lungo nei miei ricordi e, forse, riuscirà a sopravvivere ancora nel tempo.  Bella storia, particolare, crudele e dorata al punto giusto. Speciale, come sempre.

Re: [Lab 4] Eden

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aladicorvo ha scritto: Assediato da sterpi, rami di palma strappati al maestrale e calcinacci, il vecchio casinò di Porto Gaiano si affacciava al mare.
Eden, lo chiamavano ancora così. Splendido, maestoso, addormentato.
Un edificio liberty abbracciato dal verde, con due torrioni incoronati da cupole dorate, ampie finestre ad arco che correvano lungo i lati e terrazze ornate di statue.
Nato per essere una casa da gioco, era dotato di saloni per ricevimenti e di privé, salottini discreti quanto accoglienti.
Era lì dal 1924, ad attendere l’andirivieni di auto, signore ingioiellate e gentiluomini pronti ad accompagnarle per corridoi e saloni scintillanti di velluti e lampadari di cristallo.
Bella descrizione di un posto e della sua funzione.
aladicorvo ha scritto: Raduno di bella gente, allegra e vogliosa soltanto di divertirsi.
Mi sembra riduttivo parlare solo di "divertirsi". Anche vincere, apparire, confrontarsi. Almeno un altro verbo.
aladicorvo ha scritto: suntuoso abbandono.
sontuoso
aladicorvo ha scritto: e accese il mozzicone di Toscanello che teneva in bocca perennemente spento.
toglierei l'avverbio
aladicorvo ha scritto: Davanti alle vetrate una serie di pedane rialzate 
virgola dopo "vetrate"
aladicorvo ha scritto: «Qunto è successo ci ha colpito duramente»
Quanto
aladicorvo ha scritto: La kermesse fu un successo di pubblico e stampa.
Il giorno dopo Italo Carretti, sulla sedia a rotelle come su un trono, diresse lo smantellamento.
Le luci si spensero per non riaccendersi mai più e l’Eden tornò nel silenzio, a sognare quello che avrebbe potuto essere.
Qualcuno dice che certe notti, dalle finestre, si intravede un luccichio dorato.
Ma si sbaglia di certo.
Non capisco: la sartoria, la casa di mode poteva permettersi la spesa del restauro per una breve kermesse? 
In ogni caso, con quell'enorme spesa, non era più logico sfruttare ancora l'Eden, per altri eventi magari?

Ecco, @aladicorvo   :) secondo me questo racconto ha solo toccato diversi personaggi che rimangono congelati nella memoria del lettore che li ha 
accolti nel suo immaginario, perché molto ben descritti e tratteggiati, come il ragazzo Nicola. Oppure Greta, che non dici che muore per l'arresto respiratorio e che quindi potrebbe essere la protagonista della denuncia della schiavista assassina di modelle d'oro. Sembra come "incompiuto",
Insomma, c'è materiale per un racconto a puntate, magari con un finale più giusto per le parti in causa.

Comunque complimenti per come l'hai scritto! Brava!  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 4] Eden

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Ciao @aladicorvo 

Una cosa che amo molto nel leggere le tue storie sono gli incipit d’apertura: possiedi il dono, o forse più propriamente l’abilità di dare, anche a un racconto breve, quell’afflato del grande romanzo d’autore.
Anche in questa storia non si può non apprezzare l’ottima descrizione con la quale introduci le vicende narrate, che calano il lettore in una dimensione di partecipazione sensoriale, facendogli avvertire clima, profumi e luce del luogo raccontato.

Questa tua capacità crea una sorta d’incantamento del lettore, una magia che solo le grandi penne sanno compiere attraverso la parola scritta.
Questa arte si compie sempre, a dispetto del soggetto descritto o della storia stessa.
In altre parole, leggerti è come accomodarsi fiduciosi su una comoda poltrona, sapendo che sarai in ogni caso intrattenuto nel migliore e più confortevole dei modi, perché la padrona di casa saprà servirti il suo nuovo cocktail, creato con sapienza per deliziarti il palato.

Se è vero che la cosa più interessante a piacevole del visitare un luogo sia il viaggio stesso che facciamo per raggiungerlo, questo è altrettanto vero nell’esperienza di leggere un tuo scritto.
E’ relativamente importante che la storia sia sorprendente nel contenuto e nel suo epilogo, poiché in ogni caso ciò che ti cattura e gratifica è il “modo” con cui la racconti, la sensazione d’appagamento perviene da ciò che ti procura “sensitivamente” la sua lettura.

Un bravo narratore è tale e sa catturarti anche quando ti elenca il numero e il colore dei calzini che tiene nel cassetto della propria biancheria.
Ciò detto, nella storia in oggetto, oltre a tutto quanto ho premesso, c’è anche un’ottimo racconto a sostenerne la bontà.

Complimenti amica mia, magnifica prova, come sempre.

Re: [Lab 4] Eden

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Ciao @aladicorvo ho letto il tuo racconto ricco di descrizioni molto accurate, mi hanno rapita. Hai uno stile coinvolgente, forse per questo mi aspettavo un finale diverso, è come se mi avessi lasciata con la bocca aperta senza poter addentare il dessert a fine pasto.
Alcuni personaggi, descritti con maestria, scompaiono dalla scena prematuramente, mi manca l'evolversi della loro partecipazione, o almeno l'Eden, alla fine con un ruolo più incisivo, me ne avrebbe dovuto dare conto.
La trama è bella e attuale.
Qualche dubbio sulla coerenza della storia: lo show must go on nonostante il suicidio, se sia credibile, ma lo posso interpretare con il potere dei soldi che prevarica il decorso di eventuali indagini; ma c'è Alma, che forse avrebbe reso questo difficile con gli inquirenti, poi gli altri due casi, che  avrei posizionato dopo, a spettacolo iniziato o alla fine.
Da lettrice interessata al racconto, del quale mi piacerebbe leggere anche una versione più lunga, con il finale più articolato, vorrei chiederti se i sintomi descritti a causa della copertura d'oro delle ragazze, siano frutto di fantasia, oppure verificati.
Ultimissima cosa: nel 1972 non c'erano portatili come li intendiamo noi oggi; è un refuso, o intendevi una cosa diversa che si chiamava così allora?
Grazie della lettura.
<3

Re: [Lab 4] Eden

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Ciao @aladicorvo
Un racconto che è l'ennesima conferma della tua bravura. 
Scrivi veramente bene ed è un piacere leggerti.
Le descrizioni sono il punto forte del testo, come d'altronde richiesto dal contest. Sono ricche di particolari ma mai pesanti o noiose. Hanno la loro funzione, quella di far immergere il lettore nell'ambiente, fanno visualizzare i luoghi, i personaggi, l'atmosfera. 
Forse la storia cattura meno l'attenzione rispetto ad altri tuoi racconti, ma si apprezza moltissimo la descrizione del luogo, che diventa il protagonista del testo.
Se non sbaglio l"Eden è presente anche in altri tuoi racconti. Fanno parte di un testo di più ampio respiro o è solo una suggestione che ricorre?
Comunque sia, complimenti!

Re: [Lab 4] Eden

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aladicorvo ha scritto: Chiunque, con un minimo di senso della decenza non l’avrebbe tollerato.
Occhio alla virgola dell'inciso
aladicorvo ha scritto: Gli lasciò corrodere cornicioni, infissi e sbocconcellare l'intonaco fino alla carne viva dei mattoni.
Questa frase ha un ritmo a singhiozzo, a causa di una lista di soli due elementi separati da virgola seguita da una coordinata. Metterei "cornicioni e infissi e" oppure "cornicioni e infissi,"


Piaciuto parecchio  :D le descrizioni non sono sovrabbondanti, dipingono molto bene immagini e sensazioni. È un po' pesante iniziare subito con una descrizione 
aladicorvo ha scritto: Assediato da sterpi, rami di palma strappati al maestrale e calcinacci, il vecchio casinò di Porto Gaiano si affacciava al mare.
Ma ci si passa sopra
A volte ti lasci andare un po' a stereotipi (specialmente per quanto riguarda la signora Danesi), ed è un peccato perché molte descrizioni le ho invece trovate ispirate.
Inoltre ho un paio di dubbi a livello di trama, in particolare com'è che in primo luogo abbiano avuto l'autorizzazione per fare un'esibizione del genere, e in secondo luogo com'è che non ci siano conseguenze per la signora Danesi dopo quello che ha fatto. Sono una capra nel mondo della moda, quindi sono sinceramente curioso
Il finale mi ha gasato parecchio, anzi vi avrei messo un riferimento anche all'inizio. Magari dei ragazzini che raccontano di questo luccichio dorato, o che lo vedono.
Rinnovo i miei complimenti  :sss:

Re: [Lab 4] Eden

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aladicorvo ha scritto: Assediato da sterpi, rami di palma strappati al maestrale e calcinacci, il vecchio casinò di Porto Gaiano si affacciava al mare.
racconto scritto veramente bene e dotato di un incipit accattivante, che cattura il lettore e lo porta là, davanti all'Eden.

descrizioni davvero belle e molto accurate, tanto da riuscire a vedere le scene quasi sempre.
caratterizzazione dei personaggi notevole e chiara, nitida, a partire dalla schiavista e ad arrivare ad Alma.
aladicorvo ha scritto: Il giorno dopo Italo Carretti, sulla sedia a rotelle come su un trono, diresse lo smantellamento
se non nulla da eccepire sulla stesura, ho qualche riserva sul finale.
mi spiego meglio: mi ha sorpreso il fatto che il giorno dopo cominci lo smantellamento. vista la determinazione della stilista e il successo della serata, mi sarei aspettato un prosieguo.
in ogni caso, complimenti sinceri
Non si può toccare l'alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.

Kahlil Gibran
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