[Lab3] La libellula

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Lab: Show don't tell

Traccia: Mutamenti
Secondo alcune tradizioni, la libellula è il simbolo della trasformazione e dei cambiamenti quotidiani, ma anche dell'introspezione che insegna ad andare oltre le apparenze per cercare la propria identità.
Considerate che quello che state per leggere sia il sogno di una libellula.
La libellula trascorre gran parte della sua vita nella melma,
sul fondo degli stagni come larva, poi si trasforma,
acquista una nuova sembianza e con essa
un paio di magnifiche ali con le quali
si libera in volo.



Verso l’abisso

Ferma sulla strada, un sentiero sconnesso e impervio, la madre è inginocchiata nel fango, si strappa i capelli, il viso è una maschera dai lineamenti trasformati. Piange e si tiene il petto, la pioggia leggera le batte le piante dei piedi nudi.
Sotto le pieghe delle ascelle, fili invisibili la scuotono. Deve farcela: la volontà contro il disagio del corpo.
Si sposta sulle ginocchia, i palmi nei rivoli tra i sassi sul terreno, si guarda indietro.
Sua figlia  la ignora, è due passi lontano da lei, si fissa i pollici smaltati; colibrì azzurri sulla testiera del cellulare. Ride tra sé, “la solita sceneggiata, mamma, non so più quante volte mi hai fregata.” Le dà le spalle, la pioggia distorce i suoni che escono dalla bocca della donna, lei non se ne preoccupa.
 La madre allunga un braccio scarno verso la ragazzina. La implora.
— Ti prego, vieni con me. — La figlia non risponde, sembra voler tornare sui propri passi, ma poi si volta, le va vicino e parla piano. Non alza gli occhi dallo schermo.
— Mi hai fatto venire fino a qui, sono stata una scema a seguirti, Tu vai, ammazzati pure, io non farò un passo in più.
— Ormai manca pochissimo, non posso rinunciare ora. La figlia la guarda, nelle occhiaie nere lo sguardo vacuo di sua madre la sgomenta, in preda alla paura grida.
— Tu sei pazza! Lo capisci che non esistono nessun diavolo e nessun Dio? Dove troverai le risposte alla tua sciocca domanda? Quando saremo lassù, non farò nulla di quello che mi chiederai, non mi inginocchierò a pregare. Non ti ascolterà nessuno, non ci ascolta mai nessuno, non c’è nulla alla fine di questo maledetto sentiero, né sull’orlo dell’abisso né in cielo.
La pioggia fina nasconde le lacrime di entrambe, nessuna delle due vede il pianto dell’altra.
— Non dovrai pregare, solo ascoltare, ascoltare e basta, puoi farlo per me? Non posso far altro per salvarti, aiutami, è per noi che vado lassù, per la nostra salvezza.
La figlia scuote la testa, con le dita mano imita una bocca che parla a vuoto.
— Ma chi ti sta più a sentire. Che strazio!
Sua madre ha ripreso a salire il sentiero, lei alza gli occhi al cielo, sbuffa. La pioggia ha lavato via ogni resistenza, ricomincia a seguirla; non riesce a lasciarla sola.

L’inferno

È la madre ad arrivare per prima, la figlia ora la segue ad almeno venti passi di distanza.
Sulla spianata l'accoglie un’enorme bocca spalancata tra la roccia viva e la terra nera. L'aria è satura di zolfo e di altri miasmi pestilenziali. A fiotti tumultuosi si spargono nell’aria borbottii sommessi, crescono e rotolano tra urla e bestemmie. Rumori assordanti, d’ipogee tempeste, smorzano i lamenti dei dannati. Rovinosi boati franano verso l’abisso infuocato.
La madre si trascina sulle ginocchia, con le mani e gli avambracci bucati. Sul viso scarno le orbite livide non hanno più spazio per contenere le iridi dilatate.
Ombre scure fluttuano davanti alla spelonca, avvertono la presenza della donna, la minacciano, le intimano di non avvicinarsi.
— Vattene donna, Perché sei venuta alle porte dell’inferno? cosa cerchi? La morte forse? Vigliacca, non la troverai qui!
La madre, sconquassata dai singhiozzi, non ha più lacrime né fiato. Non ha nulla da perdere, deve andare avanti,  sua figlia è lì a pochi passi. I muscoli le bruciano ma riesce ad alzarsi in piedi, resiste, lotta, scalcia, ma ogni sforzo è inutile. Le ombre la trascinano lontano e lei, con le unghie, si artiglia al terreno, non cede, si rialza e di nuovo si avvicina.
— Nemmeno la vita è la mia? Urla alle bestie, e di nuovo le scorticano la pelle sul terreno, la assalgono con parole oscene, ma lei si rialza, sanguina e ancora si avvicina.
— Non con me! Povera creatura ingannata, vorrebbe gridare, ma le manca il respiro. Si ferma, prende fiato, le forze le tornano e urla: dalla gola salgono le voci di tutte le donne, insieme alla sua, unite in un coro che crepa la pietra rovente.
— Non con noi che portiamo il peso del più grande dei peccati. Vieni, Principe degli ingannatori, tu, che hai circuito la prima di tutte noi, dicci, che ne sarà di queste figlie? Per quanti secoli ancora dovranno portare il marchio del peccato? Essere, la madre per la figlia, un esempio della medesima sostanza? La tua menzogna deve essere cancellata. Ora!

Rivelazione

La figlia sorride sprezzante, asseconda la mania della madre, guarda altrove e a tratti continua a digitare messaggi, ma le parole della madre scavano solchi pronti per la semina. Indugia, si avvicina e la pena cancella l’ironia sul volto di bambina. L’amore distende i tratti del viso imbronciato, allunga un braccio e chiama:
— Mamma! Ti prego andiamo via. 
La donna crolla, seduta nel fango, non muove le labbra, ma le voci continuano a sussurrare. 
— Vieni da noi, vieni da noi...
La madre si alza e come una sola, grida:
— Io sono caduta perché tu hai mentito sotto l’albero della conoscenza, nessun umano è simile a Dio, Io ti chiamo a testimoniare davanti a questa figlia, Ammetti di aver mentito. Puoi farlo, sei il padrone su questa terra, oppure, sei tu Dio? Mostrati a me!
Una lingua di fuoco s’infrange nell’aria putrida, scaraventa la donna lontano dall’antro.
Una voce bassa, ma assordante riverbero di antichi echi, le scuote l’aria nei polmoni. La solleva da terra.
— Di che vai lamentandoti donna, ci lasciammo consapevoli entrambi che la cosa non avrebbe avuto seguito. Sei caduta quando io ti ho offerto una opportunità che non hai saputo cogliere. La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti, non fu Lucifero a tentarti, la sembianza che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina.
—Menti! Io Lui non l’ho mai visto sulla terra, mentre tu ti annidi in ogni luogo, Lui è solo una tua invenzione, è per questo che nel male cerco espiazione. Voglio pagare oggi! Prendimi, mettimi tra i peggiori dei dannati, ma lascia a questa figlia la libertà di vivere senza colpa, la mia anima è poca cosa come riscatto, ma io non ho altro.

La luce

Le nuvole si ritirano, la luce si bacia la terra e l’asciuga.
Con tremendo fragore si chiudono le fauci della caverna, inghiottono il demonio e le sue ombre; regna il silenzio, lo spazio è senza confini, poi, come l’acqua che smuove i ciottoli del ruscello, una voce limpida chiama.
- Eva, vieni e guardami.
- La figlia alza gli occhi, guarda se stessa riflessa nella Luce pulita.
- Tu sei Luce Eva, non restare nell’ombra, non hai nessun peccato nell'anima. Guarda chi sei davvero e non dimenticarlo mai.
La madre sfinita ha occhi di nebbia. Liquido fiato vitale scorre nel corpo, un fiume di pace lenisce il dolore. Fa appena in tempo a vedere il riflesso di Eva nella luce. Dietro le palpebre chiuse avverte L'ago entrare nella vena e i suoni del mondo reale.

La realtà

— Con questo starà meglio, vedrai, sta per svegliarsi. L’infermiera le fa un sorriso, con il palmo le stringe la mano poggiata sulla coperta a righe.
— Grazie. Eva, seduta accanto al letto, toglie la mano, evita lo sguardo diretto con la donna. Non vuole compassione.
Si passa una mano sui capelli lisci, le fanno male le gambe, ha gli occhi gonfi per il sonno perso. È L’ennesima notte passata al pronto soccorso. Al pensiero di non poter tornare a casa, serra la mascella, stringe la coperta tra le dita, le lacrime cominciano a scorrerle sulle guance, non riesce a fermarle, non vuole. “Non è di compassione che ho bisogno. Ho tredici anni, mamma, ho bisogno di te!"
— Eva…
— Sono qui.
— Avvicinati, devo parlarti.
— Perché lo hai fatto di nuovo, mamma? mi porteranno in una casa famiglia. Lo sapevi. Sapevi che mi avrebbero portato via se non restavi pulita, io ti odio, mamma, davvero.
Fa due passi sulle piastrelle chiare verso la porta, occhi bassi, la mano sul cellulare nella tasca dei jeans.
— Eva…
Eva si gira, torna indietro.
— Sono ancora qui, solo perché mi hanno detto di aspettare, che ti saresti svegliata presto. Ecco, ora sei sveglia, posso andare, così potrai continuare a fregartene di me.
— Eva, aspetta ti prego… nel sogno tu eri...  da adesso sarà tutto diverso, te lo giuro.
— Mamma, smettila! Ma non ti senti? Quante volte hai ripetuto questa lagna. Finirò in una specie di prigione per colpa tua e ancora non la smetti di mentire? Non solo a me, ma a te stessa.
— Eva, ti prego, prima che vai, dammi un po’ d’acqua.
Eva versa il liquido in un bicchiere. L’infermiera la chiama.
— È ora di andare piccola, ci siamo noi con lei non preoccuparti.
Eva porge il bicchiere, la madre le afferra il braccio, — guardami, Eva,— lo sguardo la cattura, è uno sguardo sincero che non le riconosce da troppo tempo. Un brivido l’attraversa, una discordia atavica la sconvolge. Sotto le pieghe delle ascelle, fili invisibili cercano di tirarla via, la scuotono, ma Eva scrolla le spalle, i fili si spezzano e gli occhi di sua madre affogano nei suoi.
— Non appena starò meglio verrò a prenderti e ti porterò con me…
— L’infermiera la prende per mano, la madre le lascia andare il braccio.
— Te lo giuro, Eva, te lo prometto.
Eva cammina di fianco alla donna in camice bianco, Sua madre è tornata da lei, nè è certa, presto sarà tutto come prima.

La libellula

La scrittrice è in mezzo alla piccola folla di gente. Stringe le mani dei lettori entusiasti; fanno la fila per avere la loro copia autografata. La madre aspetta seduta nella sala, in grembo ha il libro, legge e rilegge la dedica senza stancarsi.

Ali di seta fragile trama
nascosta
Nel liquido oscuro che intrighi ricama
Hai
Sollevato il fango e dalla luce sei stata incantata
E per noi
In meravigliosa libellula ti sei trasformata 

A mia madre, con immenso amore.

La madre chiude la copertina rigida, accarezza i caratteri in rilievo del titolo e il nome dell’autrice: 
La libellula, di Eva Costa

Re: [Lab3] La libellula

2
Alba359 ha scritto: si fissa i pollici smaltati
I pollici? 
Alba359 ha scritto: sguardo vacuo di sua madre la sgomenta, in preda alla paura grida.
Perché racconti che è in preda alla paura? È un tell pieno.
Alba359 ha scritto: — Tu sei pazza! Lo capisci che non esistono nessun diavolo e nessun Dio? Dove troverai le risposte alla tua sciocca domanda? Quando saremo lassù, non farò nulla di quello che mi chiederai, non mi inginocchierò a pregare. Non ti ascolterà nessuno, non ci ascolta mai nessuno, non c’è nulla alla fine di questo maledetto sentiero, né sull’orlo dell’abisso né in cielo.
La frase di dialogo appare un po’ artefatta.
Alba359 ha scritto: Non con noi che portiamo il peso del più grande dei peccati. Vieni, Principe degli ingannatori, tu, che hai circuito la prima di tutte noi, dicci, che ne sarà di queste figlie? Per quanti secoli ancora dovranno portare il marchio del peccato? Essere, la madre per la figlia, un esempio della medesima sostanza? La tua menzogna deve essere cancellata. Ora!
Altra frase artificiosa

Ciao @Alba359

Come in altri lavori, non apprezzo lo spoiler iniziale, trovo che imbeccare il lettore non sia una mossa vincente. Idea mia.
A livello dell’esercizio del laboratorio, la parte che mi è piaciuta di più e mi pare più riuscita è quella all’interno dell’inferno (fatta eccezione per i dialoghi che proprio non mi paiono naturali) 
Credo che ci sia molta carne al fuoco. La madre (una tossica?) sta per perdere la figlia (anche lei tossica? Non ho capito) poi la trasformazione finale con happy ending. Mancano elementi per capire come avviene la trasformazione. Per il solo fatto di aver rischiato di perdere la figlia (tredicenne) la donna smette di drogarsi? Ci mostri la ragazza già adulta che ha pubblicato un libro. E tutti gli anni trascorsi? 
Secondo me è troppo materiale per un racconto breve. Anche la suddivisione in paragrafi non rende un buon servizio, secondo me.
È un lavoro interessante che merita molto più spazio. A meno di non riuscire a scegliere un momento della vita delle due donne, tutta la storia avrebbe bisogno delle pagine di un romanzo.  Ciò non toglie che alcune parti sono davvero ben riuscite e anche lo “show” in al uni momenti è perfetto.
Alla prossima 🌷

Re: [Lab3] La libellula

3
Alba359 ha scritto: Le dà le spalle, la pioggia distorce i suoni che escono dalla bocca della donna, lei non se ne accorge. preoccupa.
Questo è il primo dei casi di "lei" che non so se attribuire alla madre o alla figlia. Pensando che si tratti della madre,  credo vada meglio "accorge", perché che non se ne preoccupi sembra ovvio. Se parli della figlia, andrebbe meglio la formulazione: 

- Le dà le spalle, la pioggia distorce i suoni che escono dalla bocca della donna, ma la figlia non si preoccupa di capirli.
Alba359 ha scritto: Quando saremo lassù, non farò nulla di quello che mi chiederai, non mi inginocchierò a pregare. Non ti ascolterà nessuno, non ci ascolta mai nessuno, 
Quel "lassù" è ambiguo: io evidenzierei il posto, terreno, dove si stanno dirigendo.
Alba359 ha scritto: La madre, sconquassata dai singhiozzi, non ha più lacrime né fiato. Non ha nulla da perdere, deve andare avanti,  sua figlia è lì a pochi passi. I muscoli le bruciano ma riesce ad alzarsi in piedi, resiste, lotta, scalcia, ma ogni sforzo è inutile. Le ombre la trascinano lontano e lei, con le unghie, si artiglia al terreno, non cede, si rialza e di nuovo si avvicina.
— Nemmeno la vita è la mia? Urla alle bestie, e di nuovo le scorticano la pelle sul terreno, la assalgono con parole oscene, ma lei si rialza, sanguina e ancora si avvicina.
Allora è un luogo simbolico, quello dove la madre cede alle droghe, alle "ombre" che le divorano la sua vita?
Alba359 ha scritto: dom lug 17, 2022 8:45 pmUna voce bassa, ma assordante riverbero di antichi echi, le scuote l’aria nei polmoni. La solleva da terra.
— Di che vai lamentandoti donna, ci lasciammo consapevoli entrambi che la cosa non avrebbe avuto seguito. Sei caduta quando io ti ho offerto una opportunità che non hai saputo cogliere. La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti, non fu Lucifero a tentarti, la sembianza che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina.
—Menti! Io Lui non l’ho mai visto sulla terra, mentre tu ti annidi in ogni luogo, Lui è solo una tua invenzione, è per questo che nel male cerco espiazione. Voglio pagare oggi! Prendimi, mettimi tra i peggiori dei dannati, ma lascia a questa figlia la libertà di vivere senza colpa, la mia anima è poca cosa come riscatto, ma io non ho altro.
In questo incubo, la voce bassa di chi è? Se è il diavolo, è Lucifero, non ci piove, però lui dice di non esserlo. Dice che chi ha tentato la donna è stata la droga. E allora lui chi è, se non è il diavolo, se non è la droga?
La donna infatti gli risponde che "Lui è solo una tua invenzione" dove credo che Lui sia Lucifero. Posto questo, con chi crede di parlare la donna? A chi s'immagina di offrire la sua anima, ormai perduta, a vantaggio di sua figlia?

Alba359 ha scritto: La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti, non fu Lucifero a tentarti, la sembianza che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina.
Qui ci sono troppe virgole (da interrompere con un punto e virgola in mezzo, che dia maggiore respiro. Inoltre, sul finire, tu separi un soggetto (la sembianza) dal suo verbo (trascinò) con quella solitaria virgola dopo "negata".
Io trasformerei tutto il periodo così:

La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti; non fu Lucifero a tentarti, ma la sembianza, che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina.

P.S.: se quello che si pone tra di loro lo trasformi in un inciso, soggetto e verbo non vengono separati.
Alba359 ha scritto: Menti! Io Lui non l’ho mai visto sulla terra, mentre tu ti annidi in ogni luogo, Lui è solo una tua invenzione
Secondo me, è difficile capire. Crede di parlare a Dio?
Alba359 ha scritto: mettimi tra i peggiori dei dannati, ma lascia a questa figlia la libertà di vivere senza colpa, la mia anima è poca cosa come riscatto, ma io non ho altro.
Offrendo a Dio la sua anima a favore della figlia lei si redime e Dio la salva. In genere, però, in letteratura si usa vendere l'anima al Diavolo per la conquista di beni terreni. Insomma, il senso sarà solo uno, la salvezza della figlia, ma questi dubbi sull'interlocutore, secondo me, non aiutano una lettura sciolta.
Alba359 ha scritto: La luce

Le nuvole si ritirano, la luce si bacia la terra e l’asciuga.
Con tremendo fragore si chiudono le fauci della caverna, inghiottono il demonio e le sue ombre; regna il silenzio, lo spazio è senza confini, poi, come l’acqua che smuove i ciottoli del ruscello, una voce limpida chiama.
- Eva, vieni e guardami.
- La figlia alza gli occhi, guarda se stessa riflessa nella Luce pulita.
- Tu sei Luce Eva, non restare nell’ombra, non hai nessun peccato nell'anima. Guarda chi sei davvero e non dimenticarlo mai.
La madre sfinita ha occhi di nebbia. Liquido fiato vitale scorre nel corpo, un fiume di pace lenisce il dolore. Fa appena in tempo a vedere il riflesso di Eva nella luce. Dietro le palpebre chiuse avverte L'ago entrare nella vena e i suoni del mondo reale.
Qui c'è la luce e la pace. Ma allora perché c'è ancora la droga nella vita della madre di Eva?
Alba359 ha scritto: Eva porge il bicchiere, la madre le afferra il braccio, — guardami, Eva,— lo sguardo la cattura, è uno sguardo sincero che non le riconosce da troppo tempo. Un brivido l’attraversa, una discordia atavica la sconvolge. Sotto le pieghe delle ascelle, fili invisibili cercano di tirarla via, la scuotono, ma Eva scrolla le spalle, i fili si spezzano e gli occhi di sua madre affogano nei suoi.
Qui si vede la reazione di entrambe: madre e figlia. I fili da burattino che facevano muovere la madre, Eva se li scrolla di dosso. Molto "show" qui. Brava, @Alba359   (y)
Alba359 ha scritto: La libellula

La scrittrice è in mezzo alla piccola folla di gente. Stringe le mani dei lettori entusiasti; fanno la fila per avere la loro copia autografata. La madre aspetta seduta nella sala, in grembo ha il libro, legge e rilegge la dedica senza stancarsi.

Ali di seta fragile trama
nascosta
Nel liquido oscuro che intrighi ricama
Hai
Sollevato il fango e dalla luce sei stata incantata
E per noi
In meravigliosa libellula ti sei trasformata 

A mia madre, con immenso amore.

La madre chiude la copertina rigida, accarezza i caratteri in rilievo del titolo e il nome dell’autrice: 
La libellula, di Eva Costa
Un bel finale, a suggellare la trasformazione della libellula madre. 
C'è molto "show" ma anche del "tell" mostrato nei dialoghi.
Il racconto mi è piaciuto, anche coi limiti che ti ho segnalato. Un buon lavoro, Alba.  :)
Lo spoiler forse andava messo qui, alla fine. 
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab3] La libellula

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Poeta Zaza ha scritto: Lo spoiler forse andava messo qui, alla fine. 
Lo spoiler non è importante, non aggiunge e non toglie nulla al racconto è solo una curiosità che volevo condividere con voi. Che stia sopra o sotto non mi crea nessuna preoccupazione. Lo dico qui anche per Monica, non volevo imbeccare nessuno.
@Monica ha scritto: lun lug 18, 2022 8:33 amCome in altri lavori, non apprezzo lo spoiler iniziale, trovo che imbeccare il lettore non sia una mossa vincente. Idea mia.
La parte in corsivo invece fa parte del racconto, integra un aspetto importante e crea, secondo me, la sottotrama che predispone il lettore a leggere qualcosa di insolito.
Dico all'inizio considerate che questo sia un sogno, e nei sogni la realtà è amplificata e distorta.
La donna è in un letto d'ospedale, sogna d'incotrare Lucifero, di chiedergli di salvare sua figlia dallo stesso suo destino. Ora, chi vuole può leggere in quella esperienza onirca qualsiasi cosa, prenderlo alla lettera, chiedersi, come hai fatto tu, Mariangela, se la donna crede o no di parlare con Dio... qualsiasi cosa mi va bene.
È un sogno e come tale va preso, non voglio mica interpellare Freud. 
Per me che l'ho scritto un senso ce l'ha, e l'ho scritto con la consapevolezza che molti lo avrebbero letto in diversi modi. Non è importante.
IL messaggio invece si, quello mi preme. Qualunque sia stata la vita della madre non si è ritorta su quella della figlia. Considerando che la cristianità da millenni attribuisce il peccato originale a Eva, La scrollata di spalle della ragazza ci libera dal peccato.
Leggendo meglio, Zaza:
Poeta Zaza ha scritto: lun lug 18, 2022 3:01 pmUna voce bassa, ma assordante riverbero di antichi echi, le scuote l’aria nei polmoni. La solleva da terra.
Di che vai lamentandoti donna, ci lasciammo consapevoli entrambi che la cosa non avrebbe avuto seguito. Sei caduta quando io ti ho offerto una opportunità che non hai saputo cogliere. La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti, non fu Lucifero a tentarti, la sembianza che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina.
é Lucifero che parla e si rivolge alla donna come se fossero tutte dalla prima all'ultima, nella frase il demonio si riferisce proprio all'incontro sotto l'albero dove avvenì l'inganno.
E quando dice non fu Lucifero a tentarti si riferisce a lui stesso.
@Monica ha scritto: lun lug 18, 2022 8:33 amAltra frase artificiosa
Qui rispondo a Monica, scusate se vi ho accorpato in un unico commento, ma sono le quattro di notte, domani non avrò tempo di commentare. Le frasi che tu trovi artefatte, in un film, forse, le avresti trovate spettacolari. Dico forse, si tratta di gusti personali ma, prova a immaginare: La madre sta sognando, nel sogno avviene qualcosa di insolito dall'inizio alla fine. Lei è davanti alle porte dell'inferno, é li per salvare sua figlia vuole parlare con Lucifero. Un coro di voci si impossessa di lei. Diventa un numero infinito di donne e poi una sola e si sta rivolgendo al diavolo mica a Romoletto, un po' di scena epica ci stava bene secondo me. Magari anche no, però, come ci si rivolge al demonio? se io fossi posseduta da anime in pena che devono tutte insieme chiedere riscatto a Lucifero che parole userei? A me son venute queste, e ripensandoci non le cambierei.
Spero di aver risposto a tutto altrimenti scusatemi, é davvero tardi.

Re: [Lab3] La libellula

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Alba359 ha scritto: — Di che vai lamentandoti donna, ci lasciammo consapevoli entrambi che la cosa non avrebbe avuto seguito. Sei caduta quando io ti ho offerto una opportunità che non hai saputo cogliere. La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti, non fu Lucifero a tentarti, la sembianza che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina
Alba359 ha scritto: — Non con me! Povera creatura ingannata, vorrebbe gridare, ma le manca il respiro. Si ferma, prende fiato, le forze le tornano e urla: dalla gola salgono le voci di tutte le donne, insieme alla sua, unite in un coro che crepa la pietra rovente.
— Non con noi che portiamo il peso del più grande dei peccati. Vieni, Principe degli ingannatori, tu, che hai circuito la prima di tutte noi, dicci, che ne sarà di queste figlie? Per quanti secoli ancora dovranno portare il marchio del peccato? Essere, la madre per la figlia, un esempio della medesima sostanza? La tua menzogna deve essere cancellata. Ora!
Ciao Alba! 

Cominciò citando un paio di dialoghi che a mio parere sono davvero troppo artificiosi, ma avrei potuto citarne tanti altri. Devi davvero lavorarci su, sui dialoghi a mio avviso. 
Non posso non concordare con i commenti precedenti, purtroppo. Ti dirò, io il definirei addirittura teatrali. Infatti in alcuni punti ho avuto quasi l'impressione di sentirli declamare a un attore su un palco, o magari cantarli in un'opera lirica. Ma il tema del Lab era lo show don't tell e qui, secondo me purtroppo non ci siamo.
Alba359 ha scritto: Sua figlia  la ignora, è due passi lontano da lei, si fissa i pollici smaltati; colibrì azzurri sulla testiera del cellulare.
Ecco, questa secondo me è l'unica parte in cui sei riuscita a farmi vedere le dita di Eva, smaltate di azzurro, che digitano veloci sul cellulare. Ma purtroppo non ho notato altri punti altrettanto mostrati nel tuo testo.

E in generale credo che questo racconto sia una torta che ha troppi strati.
Prima il prologo-spoiler, poi l'abisso, l'inferno, la rivelazione, la luce e non so più cos'altro. Ho pensato a un'allegoria e mi dicevo: ma dov'è lo show don't tell?
Poi si scopre che è tutto un viaggio mentale della madre, in overdose.  E alla fine abbiamo addirittura un salto in avanti di molti anni, con Eva adulta, diventata scrittrice. Quindi quello che abbiamo letto dovrebbe essere uno stralcio del suo romanzo, con tutta probabilità. 
Un po' troppa carne al fuoco per un racconto breve, a mio parere, che ti ha fatto perdere di vista l'obiettivo del Lab.

Re: [Lab3] La libellula

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@Alba359  
Il tuo racconto mi ha confuso, molto probabilmente perchè non ho colto la dimensione onirica delle prime due parti.
Per quanto mi riguarda i cambi di scena sono troppo bruschi e ogni volta ho dovuto riorientarmi.
La trama in sè mi é molto piaciuta. L'idea della madre tossicodipendente che, grazie a un trip più forte del solito, riesce ad emanciparsi dalla dipendenza, mi é molto piaciuto.
Per me alla fine non é chiaro se la madre arriva nella vita della figlia nel momento in cui quest'ultima presenta il proprio libro oppure se davvero ha mantenuto la sua promessa andando a prenderla nella casafamiglia dove senza dubbio sarà finita.
Anche la parte dell'inferno per me non é stata chiara. Non capivo il delirio religioso e nemmeno le risposte del diavolo in persona. Mi ha anche confuso il fatto che Eva fosse la figlia e non la madre. Quindi pr un momento mi sono chiesta chi fosse il personaggio che chiedeva conto a Satana, forse Lilllith che in qualche mito a me sconosciuto poteva passare per la madre di Eva ( quella di Adamo per intenderci).
Insomma alla fine ho capito più o meno cosa era successo, ma, nonostante le descrizioni spettacolari e molto immersive, la lettura non è stata agevole per me.

Re: [Lab3] La libellula

7
ciao @Alba359 


Che foga questo racconto!
Tutta la prima parte, dove al termine apprendiamo trattarsi del delirio di questa madre tossica in overdose, è descritta con toni apocalittici.

Direi che il lettore viene letteralmente travolto da questa scena infernale, proposta con un linguaggio di estrema violenza visiva.
L'inferno vissuto dalla donna nell'estremo tentativo di salvare la propria figlia da un destino simile al proprio è drammaticamente coinvolgente.
Un vero esercizio di alta scrittura.
Il racconto è vibrante, la scrittura incandescente come l'eruzione di un vulcano.
Se posso fare un mio personalissimo appunto di gusto, ho meno apprezzato l'happy end consolatorio, dove tutto trova pace e lieto fine.
Ma si sa, io ho un animo perverso e incline ai finali tragici.

Complimenti bella prova.
Un caro saluto.

Re: [Lab3] La libellula

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Ciao @Alba359,
se invece dello spoiler utilizzassi quelle frasi e/o il concetto in un altro punto, ad esempio sul finale dove c'è la poesia, oppure non so, immagini tratte da un documentario e da un libro? Perché secondo me è la chiave di lettura del tutto, è un peccato non inserirla, oppure lasciarla all'esterno del racconto, come succede utilizzando uno spoiler. 
Oppure, più semplice ancora, inserisci le frasi iniziali come fossero una citazione, carattere italico. Semplice e chiaro.

Sicuramente vedo lo show don't tell e il mutamento nel tuo racconto, a mio avviso hai centrato entrambi gli obiettivi. 
Veniamo agli spunti di miglioramento.
Alba359 ha scritto: — Mi hai fatto venire fino a qui, sono stata una scema a seguirti, Tu vai, ammazzati pure, io non farò un passo in più.
— Ormai manca pochissimo, non posso rinunciare ora. La figlia la guarda, nelle occhiaie nere lo sguardo vacuo di sua madre la sgomenta, in preda alla paura grida.
— Tu sei pazza! Lo capisci che non esistono nessun diavolo e nessun Dio? Dove troverai le risposte alla tua sciocca domanda? Quando saremo lassù, non farò nulla di quello che mi chiederai, non mi inginocchierò a pregare. Non ti ascolterà nessuno, non ci ascolta mai nessuno, non c’è nulla alla fine di questo maledetto sentiero, né sull’orlo dell’abisso né in cielo.
La pioggia fina nasconde le lacrime di entrambe, nessuna delle due vede il pianto dell’altra.
— Non dovrai pregare, solo ascoltare, ascoltare e basta, puoi farlo per me? Non posso far altro per salvarti, aiutami, è per noi che vado lassù, per la nostra salvezza.
La figlia scuote la testa, con le dita mano imita una bocca che parla a vuoto.
— Ma chi ti sta più a sentire. Che strazio!
Nei tuoi dialoghi mi sono un po' persa. Sia per via dell'aspetto onirico, come hanno detto in precedenza, sia per via dei trattini che a volte aprono ma non chiudono, sia perché per mantenere la fluidità non precisi spesso chi sia a parlare. Di conseguenza ho dovuto rileggere più volte per capire cosa stavo leggendo. Forse dovresti operare una scelta, c'è troppa carne al fuoco e ciò che vuoi comunicare non arriva del tutto, o non tutto a tutti. Less is more, secondo me.

Il finale in effetti è un po' discordante come effetto; sarà che ormai noi siamo un po' disincantati rispetto a questa immagine della scrittrice che firma autografi e stringe mani di decine di lettori entusiasti, però risulta un po' fiabesco e irreale rispetto all'atmosfera drammatica e sporca del resto del racconto.

Ciao e grazie per il racconto, spero di rileggerti presto

Re: [Lab3] La libellula

9
Un racconto che mi scuserai se definisco "difficile": l'atmosfera a metà tra l'onirico ed il visionario mi ha spiazzato abbastanza, complice forse anche la lettura veloce
La trama è molto intrigante, il sogno folle della madre/figlia e la disperazione di entrambe, il continuo richiamo all'inferno ed al peccato originale, il tutto mischiato in modo da "forzare" il lettore a proseguire per comprendere tutto ciò che è sottinteso fino alla rivelazione finale

Concordo con chi fa notare che ricorri molto al "detto", limitando abbastanza il "mostrato"; alcune frasi non mi convincono del tutto, forse perché spezzate da troppo dialogo 
Alba359 ha scritto: Ferma sulla strada, un sentiero sconnesso e impervio, la madre è inginocchiata nel fango, si strappa i capelli, il viso è una maschera dai lineamenti trasformati. Piange e si tiene il petto, la pioggia leggera le batte le piante dei piedi nudi.
Questa frase mostra molto bene la madre, non indulge in descrizioni inutili e fa capire benissimo cosa prova e come devo figurarmi il personaggio
Alba359 ha scritto: L'aria è satura di zolfo e di altri miasmi pestilenziali. A fiotti tumultuosi si spargono nell’aria borbottii sommessi, crescono e rotolano tra urla e bestemmie. Rumori assordanti, d’ipogee tempeste, smorzano i lamenti dei dannati. Rovinosi boati franano verso l’abisso infuocato.
Questa descrizione, invece, mi sembra troppo vaga e "casuale", messa lì a descrivere genericamente l'inferno dantesco; complice anche il linguaggio molto aulico, "ipogee tempeste", mi pare che spezzi troppo il tono del racconto: fino a questo momento si è tenuto molto piano e quasi colloquiale, semplice, adesso viene preso per i capelli e portato in alto, poi alla frase successiva ributtato giù dov'era prima

Il racconto mi è piaciuto molto, complimenti, e ci tengo a sottolineare che la "critica" qui sopra è dovuta solo all'argomento del contest 
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