[Lab 3] L’ Impegno operoso

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L’ Impegno operoso


Per quanto andasse di fretta ‬c’era per lui un rito irrinunciabile ogni mattino che il buon Dio mandava in terra:‭ ‬quello di prepararsi un ottimo caffè fumante.
Il caffè gli piaceva molto carico e lo otteneva pressando un poco nel filtro la polvere bruna e aromatica.
Si reputava un buon intenditore di caffè, ‬prediligeva quello denominato‭ “‬Robusta‭”‬ ‬di qualità pregiata e di sapore intenso che conteneva maggior caffeina, ‭ ‬risultava più corposo e cremoso nella tazzina.
Mise la moka sul fornello e mentre attendeva, compì un rapido inventario del contenuto nella sua tracolla da fotografo:‭ ‬dentro c’era l’occorrente per l’impegno della mattina.

- Un mini seghetto elettrico a batteria,‭ ‬alimentato con pile a ioni di litio‭ (‬possedeva lunga autonomia di funzionamento e pesava solo‭ ‬2‭kg‭)‬.
- Un set di‭ ‬10‭ ‬lame da ferro‭ (‬in grado di tagliare del tubo d'acciaio‭)‬.
- Un ferma cavo d’acciaio.
- Un moschettone d’acciaio, ‬largo‭ ‬10‭ ‬cm.
- Una staffa chiusa da un perno avvitabile.
- Due cavigliere sportive in neoprene con chiusura in velcro‭ (‬da‭ ‬3‭kg cadauna‭)‬.
- Una bobina da cinquanta metri di filo d’acciaio‭ (‬spesso un millimetro, ‭ ‬altamente resistente alla trazione, ‭ ‬poteva reggere un carico da settecento chili‭)‬.
A lui, ‭ ‬in realtà, ‭ ‬bastava che ne reggesse un’ottantina complessivi senza spezzarsi, forse qualcosa in più per lo strappo dovuto alla velocità di caduta.

Compiuta la verifica versò il caffè fumante nella tazzina.
Vi mise solo mezzo cucchiaino di zucchero, ‭ ‬perché aveva il terrore della glicemia elevata e la teneva sotto controllo.
Non che avesse un problema con gli zuccheri, ‭ ‬ma sua madre era stata diabetica,‭ ‬temeva una possibile ereditarietà della malattia, quindi:‭ “‬Meglio prevenire che curare‭”‬.
Indossò il suo field jacket in cotone kaky di foggia militare e si accese la prima sigaretta della giornata.
Era un lunedì mattina del mese d’aprile.

Scese con calma in strada per dirigersi alla fermata del bus, ‭ ‬se non c’era traffico ‬col pullman ‬in una ventina di minuti si raggiungeva la Mole Antonelliana in centro.
Il tempo era bello e la mattina piena di sole, ‭ ‬metteva allegria.
Fischiettando, ‭ ‬appena fuori dal portone di casa ‬notò che sul marciapiede opposto non c’era più l’auto parcheggiata in malo modo, ‭ ‬che da mesi stazionava in fronte alla sua abitazione.
Gli prese quasi un colpo!
La sorpresa era tale da farlo restare incredulo, quasi smarrito, a fissare il tratto di marciapiede vuoto.
La macchina se n’era andata ‬così come era venuta,‭ ‬col suo carico d'inspiegabile essenza,‭ ‬come uno spettro,‭ ‬una leggenda metropolitana.
Ci volle un lungo momento per decidere se ciò che avvertiva fosse‭ ‬delusione o un sollievo di liberazione.
L’auto era comparsa per la prima volta intorno alla mezzanotte di un giorno di fine ottobre,‭ ‬sei mesi prima.
Quella sera rientrava da una cena.
Da quando sua moglie,‭ ‬quella stronza,‭ ‬se n’era andata in malo modo,‭ ‬aveva ripreso i contatti con i pochi amici rimasti,‭ non che facessero grandi bisbocce,‭ ‬ma una birra e una pizza mangiabile,‭ ‬ogni tanto,‭ ‬gli riusciva ancora di permettersela col suo magro sussidio sociale.
Il veicolo era un minivan Austin Morris,‭ ‬vecchio di oltre trent’anni,‭ ‬non se ne vedevano più in giro di ruderi come quello.
Non era in buone condizioni,‭ ‬alla luce dei lampioni mostrava una riverniciatura approssimativa:‭ ‬un colore grigio piombo opaco,‭ ‬solcato da crepe e fioriture di ruggine sulla scocca.
Era sorprendente che si consentisse ancora di circolare a rottami simili.‭ 
L’aveva notato perché stava sull’altro lato della strada,‭ ‬all’altezza del suo portone di casa,‭ ‬con le ruote laterali a cavallo del marciapiede.
Cosa che denotava la sciatteria del guidatore come del suo mezzo.
Chiunque fosse se ne fregava dell’immagine e delle sospensioni dell’auto.
Gli elementi di singolarità del catorcio non si fermavano all’estetica e a quel modo sguaiato di sostare:‭ ‬i finestrini erano oscurati a specchio,‭ ‬cosa non consentita dal codice stradale,‭ ‬inoltre,‭ ‬sebbene nulla si vedesse dell’interno,‭ ‬da uno spiraglio del finestrino filtrava una curiosa luminescenza opalina e verdastra.
Lui non avrebbe saputo dire cosa la generasse,‭ ‬era la prima volta che vedeva quel tipo di lume provenire dall’abitacolo di una macchina.
Il motore era in funzione al minimo dei giri,‭ ‬dal solito spiraglio saliva del fumo denso in quantità tale da far presagire che all’interno del veicolo,‭ ‬si fosse riunita una congregazione di accaniti tabagisti.
L’odore percepito nell’aria,‭ ‬chiariva inoltre che non si trattasse di semplice fumo di sigaretta.
Il proprietario del minivan doveva essere un personaggio assai eccentrico.
Ma non finiva lì,‭ ‬a completare l’insolito quadretto,‭ ‬dal mezzo veniva musica udibile a trenta metri di distanza.
Al soggetto non piacevano solo le canne,‭ ‬ma amava anche il death/metal più estremo.
Per la precisone quello del genere satanico-psichedelico dei Venom:‭ ‬un gruppo inglese della fine anni settanta ‬che anche lui conosceva perché da giovane li aveva amati molto.
Il brano in esecuzione era:‭ “‬League With Satan‭”‬,‭ ‬tratto dall’album‭ “‬Welcome to Hell‭”‬,‭ ‬uno tra i più inquietanti creati dal gruppo.
Quella musica andava molto nel giro di dark che frequentava a vent'anni, ‬c’era profumo di satanismo.
In realtà, il satanico era solo scenografia:‭ ‬nessuno ci credeva davvero,‭ ‬però quel teatrino attirava le ragazze e questo era il motore della giostra.
Durante quelle feste non facevano che impasticcarsi di ogni sorta di sostanze e farsi le ragazzotte del gruppo.
Un brivido di nostalgia per quel tempo di ruggente, giovanile, trasgressività,‭ ‬lo aveva costretto a fermarsi per qualche minuto in prossimità dell’auto.

Dopo quella prima sera la macchina se l’era trovata sotto le finestre giorno e notte, sette giorni su sette;‭ ‬il fatto aveva preso una piega assurda.
Ancora più strano era che nessuno pareva aver prestato attenzione alla cosa,‭ ‬soprattutto i vigli urbani di quartiere ‬così attenti a multare qualsiasi cosa sporgesse di un millimetro dalle strisce dei parcheggi a pagamento.
Passavano i mesi e l’auto era sempre lì,‭ ‬pareva inchiodata al terreno come un oggetto d’arredo urbano.
Ma che cavolo ci faceva, da dove veniva e cosa voleva?
Non se ne faceva una ragione:‭ ‬era giunto a domandarsi se non fosse che una sua proiezione di fantasia e che fosse solo lui a vederla.
Il conducente pareva non uscisse mai dal veicolo:‭ ‬stava intanato là giorno e notte a fumare e sentire musica.Avrà pur avuto necessità di cibarsi,‭ ‬dissertarsi.‭ ‬o andare al cesso.
Anche solo assentarsi per fare benzina,‭ ‬dato che‭ ‬pur col motore al minimo,‭ ‬quel catorcio doveva bere come una spugna.
Ma, se faceva queste cose, era abilissimo nel non farsi vedere.
‭P‬erché ogni volta che ‬per curiosità si era affacciato alla finestra,‭ ‬lo aveva visto lì anche alle tre di notte.
Di certo si assentava quando lui era impegnato in altre faccende.

Quella macchina emanava una sorta di fluido nefasto, che almeno a lui metteva in corpo un malessere sottile.
Forse perché lo squallore di quel rottame gli ricordava la sua condizione esistenziale e d’essere più vecchio di lui, con i suoi cinquant’otto anni d’età.
Era accaduto una sola volta,‭ ‬nella mattina di alcuni mesi prima,‭ che il proprietario dell’auto ‬si fosse mostrato di persona.
Lui rientrava a casa con le buste della spesa:‭ ‬l’uomo,‭ ‬della apparente età di quarant’anni,‭ ‬stava in piedi con le braccia incrociate e la schiena appoggiata al suo mezzo.
Portava occhiali a specchio,‭ ‬un vecchio giubbotto in pelle nera con le borchie,‭ ‬logori jeans neri e anfibi militari.
Sembrava il protagonista di un B-movie di punk anni‭ ‘‬70.
Il tipo lo fissava dietro il muro riflettente delle lenti: che guardasse lui era indubbio,‭ ‬poiché la via era deserta.
La scena aveva del surreale, oltre che dell’incomprensibile.
Atteggiò indifferenza allungando il passo a nascondere il disagio che gli procurava la cosa.
Per un momento aveva pensato di attraversare la strada e a brutto muso chiedergli perché lo stesse osservando in maniera tanto ostentata e irritante.
Ma nell’atto di farlo, sulla faccia del tipo si era disegnato un sorriso beffardo,‭ ‬una lama stretta di denti aguzzi e minacciosi che l’aveva raggelato.
Aveva guadagnato rapidamente il portone di casa in preda a uno sgomento incontrollabile,‭ ‬come a fuggire da una minaccia atavica e irrazionale.

La Mole Antonelliana era nel centro storico di Torino,‭ n‬el‭ ‬1964,‭ ‬venne dotata d’ascensore per visitatori che saliva fino al Tempietto a‭ ‬90mt d’altezza.
Per sicurezza,‭ ‬furono anche installate delle sbarre di protezione alla balconata del Tempietto.
C’era stato più volte con la borsa da fotografo,‭ ‬come un amatore in cerca di scatti panoramici, ma a lui interessavano solo le sbarre di protezione,‭ ‬perché da mesi aveva in mente un progetto.
Singolare che il progetto gli fosse fiorito in mente dopo l’incontro col tipo dell’auto.
Quella cosa lo aveva scosso dalla melassa d'ignavia che erano i giorni della sua vita:‭ ‬aveva smesso di elencare gli errori della sua esistenza e ritrovata una ragione d'impegno operoso.
L’ascensore della Mole, con le sue pareti di vetro, salì lentamente al Tempietto panoramico, come accertato‭ ‬da ripetute visite, al lunedì mattina non c’era anima viva.

Una struttura di sottili barre d’acciaio orizzontali, distanti in altezza una ventina di centimetri tra loro, andava a coprire lo spazio dalla‭ ‬balaustra del terrazzo fino al tetto del Tempietto.
Lavorò alacremente col seghetto elettrico per segarne quattro, liberando uno spazio di ottanta centimetri in altezza.
Poi a una delle spalliere di metallo verticali,‭ ‬su cui si innestavano le barre orizzontali,‭ ‬fisso con i morsetti il moschettone a U su cui era infilato il rocchetto di filo d’acciaio.
Creò un cappio scorrevole col la cima del filo d’acciaio e un morsetto inox.
Applicò all’estremità dei polpacci le due cavigliere in neopren.
Passò il cappio d’acciaio intorno al collo e si issò a sedere sulla balausta liberata dalle protezioni.

L’aria era fresca e tersa,‭ ‬lo skyline delle Alpi lassù offriva sempre una vista emozionante e suggestiva.
Con le gambe sospese nel vuoto guardò giù, ‬era sereno.

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Nightafter ha scritto: Mise la moka sul fornello e mentre attendeva, compì un rapido inventario del contenuto nella sua tracolla da fotografo
"mentre attendeva" è un inciso, quindi andrebbe una virgola prima (o tolta dopo)
Nightafter ha scritto: dal solito spiraglio saliva del fumo denso in quantità tale da far presagire che all’interno del veicolo,‭ ‬si fosse riunita una congregazione di accaniti tabagisti.
Qui la stessa cosa con "all'interno del veicolo"
Nightafter ha scritto: L’odore percepito nell’aria,‭ ‬chiariva inoltre che non si trattasse di semplice fumo di sigaretta.
Idem
Nightafter ha scritto: Un brivido di nostalgia per quel tempo di ruggente, giovanile, trasgressività,‭ ‬lo aveva costretto a fermarsi per qualche minuto in prossimità dell’auto.
Qui uguale
Un brivido di nostalgia per quel tempo di ruggente, giovanile trasgressività ‬lo aveva costretto a fermarsi per qualche minuto in prossimità dell’auto
Nightafter ha scritto: soprattutto i vigli urbani
 vigili
Nightafter ha scritto: Il conducente pareva non uscisse mai dal veicolo:‭ ‬stava intanato là giorno e notte a fumare e sentire musica.Avrà pur avuto necessità di cibarsi,‭ ‬dissertarsi.‭ ‬o andare al cesso.
Occhio alla spazio tra "musica" e "Avrà"
E la maiuscola in "o andare..."
Nightafter ha scritto: n‬el‭ ‬1964,‭ ‬venne dotata d’ascensore per visitatori che saliva fino al Tempietto a‭ ‬90mt d’altezza.
Toglierei la virgola
Nightafter ha scritto: L’ascensore della Mole, con le sue pareti di vetro, salì lentamente al Tempietto panoramico, come accertato‭ ‬da ripetute visite, al lunedì mattina non c’era anima viva.
L’ascensore della Mole, con le sue pareti di vetro, salì lentamente al Tempietto panoramico. Come accertato‭ ‬da ripetute visite, al lunedì mattina non c’era anima viva.

Molto enigmatico questo tuo racconto. Mi sembra che lo show don't rell sia applicato all'intera struttura narrativa, nel senso che è basato sul riflesso nel mondo esterno dello stato mentale interno del protagonista.
Il lettore è spinto dalla curiosità fino alla rivelazione finale. Forse per aggiungere mordente potresti calcare di più sulla curiosità del protagonista verso l'auto. Adesso è un pallino nella quotidianità della sua vita, mentre penso sarebbe più coinvolgente se fosse un elemento che spinge le sue azioni.
Apprezzo molto che il finale spieghi solo lo stretto indispensabile. Chi fosse l'uomo nell'auto resta all'interpretazione di chi legge. Uno spettro del passato? Sé stesso più giovane? Il diavolo? Chiunque sia, ha dato la spinta al protagonista necessaria a dare una svolta alla sua vita e porvi fine. Forse, per questo, potresti mostrare maggiormente il malessere del protagonista, sempre tramite elementi nel mondo esterno.
A presto  :D

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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@Nightafter  Bentrovato qui!  :)

Un racconto triste. Ora che l'ho letto due volte, alla terza vado a cercare i sintomi del disagio e del dolore 
che portano il tuo protagonista alla scelta finale:
Nightafter ha scritto: - Una bobina da cinquanta metri di filo d’acciaio‭ (‬spesso un millimetro, ‭ ‬altamente resistente alla trazione, ‭ ‬poteva reggere un carico da settecento chili‭)‬.
A lui, ‭ ‬in realtà, ‭ ‬bastava che ne reggesse un’ottantina complessivi senza spezzarsi, forse qualcosa in più per lo strappo dovuto alla velocità di caduta.
Qui c'è la preparazione, anche se non capisco la preoccupazione che la bobina regga o meno... Sarebbe diverso il risultato?
Nightafter ha scritto: Vi mise solo mezzo cucchiaino di zucchero, ‭ ‬perché aveva il terrore della glicemia elevata e la teneva sotto controllo.
Se aveva già una brutta idea in testa, perché non mettercene tre, di cucchiaini di zucchero, quella mattina?
Nightafter ha scritto: Il tempo era bello e la mattina piena di sole, ‭ ‬metteva allegria.
Fischiettando
Addirittura fischietta!
Nightafter ha scritto: Da quando sua moglie,‭ ‬quella stronza,‭ ‬se n’era andata in malo modo,‭ ‬aveva ripreso i contatti con i pochi amici rimasti,‭ non che facessero grandi bisbocce,‭ ‬ma una birra e una pizza mangiabile,‭
Persino l'assenza della moglie ha dato dei vantaggi alla sua routine.
Nightafter ha scritto: Il tipo lo fissava dietro il muro riflettente delle lenti: che guardasse lui era indubbio,‭ ‬poiché la via era deserta.
La scena aveva del surreale, oltre che dell’incomprensibile.
Atteggiò indifferenza allungando il passo a nascondere il disagio che gli procurava la cosa.
Per un momento aveva pensato di attraversare la strada e a brutto muso chiedergli perché lo stesse osservando in maniera tanto ostentata e irritante.
Ma nell’atto di farlo, sulla faccia del tipo si era disegnato un sorriso beffardo,‭ ‬una lama stretta di denti aguzzi e minacciosi che l’aveva raggelato.
Aveva guadagnato rapidamente il portone di casa in preda a uno sgomento incontrollabile,‭ ‬come a fuggire da una minaccia atavica e irrazionale.
Questa paura ha correlazione con la sua decisione di togliersi la vita?
Tra l'altro, tu inizi il racconto con lui che si prepara il caffè e che ha l'intenzione e l'occorrente per togliersi la vita.
Eppure, non esagera con lo zucchero, fischietta per la strada. Ecco, causa e effetto non vanno d'accordo. O sono io che non capisco, ed è probabile.
Nightafter ha scritto: Per sicurezza,‭ ‬furono anche installate delle sbarre di protezione alla balconata del Tempietto.
C’era stato più volte con la borsa da fotografo,‭ ‬come un amatore in cerca di scatti panoramici, ma a lui interessavano solo le sbarre di protezione,‭ ‬perché da mesi aveva in mente un progetto.
Singolare che il progetto gli fosse fiorito in mente dopo l’incontro col tipo dell’auto.
Il progetto di uccidersi, ma perché? Quale motivo avrebbe avuto per farlo, dimmi, @Nightafter  :sss:
Nightafter ha scritto: Creò un cappio scorrevole col la cima del filo d’acciaio e un morsetto inox.
Applicò all’estremità dei polpacci le due cavigliere in neopren.
Passò il cappio d’acciaio intorno al collo e si issò a sedere sulla balausta liberata dalle protezioni.

L’aria era fresca e tersa,‭ ‬lo skyline delle Alpi lassù offriva sempre una vista emozionante e suggestiva.
Con le gambe sospese nel vuoto guardò giù, ‬era sereno.
Qualche virgola te 'hanno già sistemata, io te la tolgo nell'ultima frase, a beneficio dei due punti.

Con le gambe sospese nel vuoto guardò giù: era sereno.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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@Nightafter ciao. Anche te hai cercato un certo equilibrio tra " il raccontato e il mostrato". Ovviamente, è più il mostrato. Questo grazie al percorso narrativo lasciato in mano a una unica persona che gestisce emozioni e la stessa storia. Non è un capolavoro di "show-dno't tell", dato l'equilibrio imposto, ma è ottimo, per quanto riguarda l'ambientazione. Torino la conosco bene. La città è piena dei fantasmi del passato, oltre a essere luogo di ogni rappresentazione di stampo "esoterico massone". Torino in questi anni ha ripreso a esternare malumori e la voglia di rinascere, di esistere come luogo di appartenenza a ciò che nell'epoca degli anni sessanta, la fece apparire come un sogno per tanti emigrati del sud. Sei stato bravo in questo. Ciao. (y)
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ehilà!
Comincio col segnalarti due piccole sviste, così ci togliamo subito il pensiero delle "pulci":
 1- kaki si scrive con due i, niente y finale.
2-"in fronte" non mi suona benissimo. Magari è corretto, dovrei controllare, comunque scriverei piuttosto "di fronte" o "dirimpetto". 

Lasciate da parte queste quisquilie, glisso sulla punteggiatura, di cui ti hanno già parlato nei commenti precedenti, e scendo nei particolari: 
Nightafter ha scritto: Il brano in esecuzione era:‭ “‬League With Satan‭”‬,‭ ‬tratto dall’album‭ “‬Welcome to Hell‭”‬,‭ ‬uno tra i più inquietanti creati dal gruppo.
Quella musica andava molto nel giro di dark che frequentava a vent'anni, ‬c’era profumo di satanismo.
Questa parte, secondo me, è troppo raccontata. Avresti facilmente potuto renderla più efficace inserendo magari un momento in cui effettivamente la canzone arriva alle orecchie del protagonista, citando anche una parte della canzone. 
Nightafter ha scritto: Forse perché lo squallore di quel rottame gli ricordava la sua condizione esistenziale e d’essere più vecchio di lui, con i suoi cinquant’otto anni d’età.
Qui, sinceramente, non ho capito chi è più vecchio di chi. Il protagonista è più vecchio del catorcio o è la macchina a essere più vecchia? Oppure il paragone è tra il protagonista e l'uomo misterioso proprietario della macchina descritta? 
Prova a esplicitare meglio, magari. 
Nightafter ha scritto: Lui rientrava a casa con le buste della spesa:‭ ‬l’uomo,‭ ‬della apparente età di quarant’anni,‭ ‬stava in piedi con le braccia incrociate e la schiena appoggiata al suo mezzo.
Portava occhiali a specchio,‭ ‬un vecchio giubbotto in pelle nera con le borchie,‭ ‬logori jeans neri e anfibi militari.
Sembrava il protagonista di un B-movie di punk anni‭ ‘‬70.
Qui invece sei riuscito/a a mostrarci il personaggio piuttosto bene, sembra quasi di vederne la posa un po' da spaccone. Ottimo il mix tra la descrizione della postura del "cattivo" e i dettagli del suo abbigliamento. Molto ben caratterizzato..
Nightafter ha scritto: Ma nell’atto di farlo, sulla faccia del tipo si era disegnato un sorriso beffardo,‭ ‬una lama stretta di denti aguzzi e minacciosi che l’aveva raggelato.
Ecco, qui secondo me lo "show" è ben riuscito. Forse la parte dove ti è riuscito meglio. Probabilmente per il paragone azzeccato con la lama, e il rimando a una lama reale, quella messa nello zaino per il tentativo di suicidio, che verrà di nuovo citata più avanti. 


Nel complesso, forse il tuo racconto presenta ancora un po' troppe parte raccontate, con tutto che appartengo a quel tipo di lettori un po' "vecchio stile"  che apprezzano anche le parti più tell e pensano che il troppo stroppi anche nel caso del mostrato.
 In ogni caso, al di là della riuscita o meno dello "show don't Tell", la storia secondo me c'è ed è ben sviluppata.  È stata una lettura piacevole, grazie! 

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Carissimi @Mina  e @Poeta Zaza 

anzitutto il mio ringraziamento per avermi letto e i vostri utili commenti e segnalazioni di refusi ed errata ortografia.

Proverò a chiarire qualcosa sullo spirito del racconto e sui quesiti che pone nel leggerlo.

Questa idea mi è nata circa vent'anni fa.
Avevo un cane che portavo a fine giornata a fare i suoi bisogni su un viale dietro casa.
Scendevo ogni sera alle 20,00 prima di cena e alle 24.00 prima di andare a letto.
Per mesi su quel controviale trovavo a quelle ore parcheggiata una vecchia due cavalli Citroen Van che versava nelle condizioni dell'auto descritta ne racconto.
Non aveva vetri a specchio, ma finestrini e parabrezza sporchi a tal punto da mascherarne l'interno.
Da deflettore leggermente socchiuso venivano fuori delle nuvole di fumo incredibili, aveva la luce di cortesia interna all'abitacolo accesa, ma doveva aver montato una lampadina verde, perché appunto generava una luminescenza verdastra.
Il guidatore non l'ho mai visto di persona, ma amava la musica di genere rock-satanico sparata a tutto volume.
Non so che facesse parcheggiato lì ogni sera, al mattino lasciava il contenuto del posacenere con cicche spente e filtrini di canne usati sull'angolo del marciapiede.

Quella macchina aveva per me qualcosa di lugubre e misterioso, il mio cane stesso, che non temeva di scontrarsi con pitbull e  rottweiler scantonava da quel tratto di viale come temesse di avvicinarsi.
Allora non scrivevo ancora, ma mi sono sempre riproposto di usare quel fatto come spunto per un racconto.

Veniamo al racconto in oggetto.

Il protagonista descritto nel racconto è un individuo psicologicamente disturbato, le troppe sconfitte della sua vita ne hanno minato la personalità e gli intenti.
E' un depresso cronico, un ossessivo compulsivo, affetto da ipocondria.
Questo spiega certe attenzioni salutistiche e le valutazioni sulla resistenza del filo d'acciaio che lo decapiterà, in uno che intende ammazzarsi entro la giornata. Certi tic divengono automatismi irrinunciabili.
L'idea del suicidio nasce in lui come una sorta di risoluzione di tutti i suoi problemi, non la vive come un fatto drammatico e funereo, ma nella sua mente malata diviene la via d'uscita liberatoria da una vita «vegetativa» senza stimoli e speranze.
Ecco perché nella mattina in cui va a togliersi la vita è allegro (fischiettante) e sereno come se andasse incontro a un evento felice.
La macchina e il soggetto che la guida non sono che la proiezione del male e del dolore che ha dentro, è certamente solo lui a vederle.
L'incontro con lo sconosciuto è il momento di «rottura» che si genera nella sua mente, alla fine guarda in faccia la sua paura interiore, ne è sconvolto, ma è anche il momento in cui qualcosa «cambia», trova l'idea di un progetto, di qualcosa che è ancora in grado di compiere con le sue mani.
Quindi la capacità di rigenerarsi per trovare un riscatto alla sua esistenza da rottamare.
Spero di aver un po' chiarito il senso che ho inteso dare al racconto,

Carissimo @bestseller2020 
mille grazie anche a te per la lettura e l'apprezzamento, inutile dire che entrambi conosciamo quello che rappresenta Torino nell'abito dell'esoterismo e e quanti spunti posso suggerire per chi si cimenta con racconti che guardano al mistero e a questo mondo sotterraneo, cosa che ho già approcciato nel mio racconto a puntate (che presto riprenderò a scrivere): «Il seme dell'odio».


Mia stimata @ScimmiaRossa 
Grazie anche a te per lettura e commento di cui farò utile tesoro.
«Qui, sinceramente, non ho capito chi è più vecchio di chi. Il protagonista è più vecchio del catorcio o è la macchina a essere più vecchia? Oppure il paragone è tra il protagonista e l'uomo misterioso proprietario della macchina descritta?
Prova a esplicitare meglio, magari»

Ovviamente intendevo che il protagonista reputi di essere più vecchio lui di quella macchaina, ma se non sono riuscito a chiarirlo, me ne scuso e provvederò.

«Probabilmente per il paragone azzeccato con la lama, e il rimando a una lama reale, quella messa nello zaino per il tentativo di suicidio, che verrà di nuovo citata più avanti.»

Qui perdonami ma sono io che non comprendo, infatti non mi risulta che nello zaino abbia inserito un coltello.
Dato che il suo intento non è di tagliarsi le vene, ma di impiccarsi a un cavo d'acciaio che al contempo lo ghigliottinerà come una antica garrota.

Grazie ancora a tutti voi, miei preziosi amici di penna.
A rileggerci e buone cose.

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Nightafter ha scritto:
Mia stimata @ScimmiaRossa 
Qui perdonami ma sono io che non comprendo, infatti non mi risulta che nello zaino abbia inserito un coltello.
Dato che il suo intento non è di tagliarsi le vene, ma di impiccarsi a un cavo d'acciaio che al contempo lo ghigliottinerà come una antica garrota.
Intendevo le il seghetto elettrico con le relative lame che lui usa per segare le barre di acciaio, Però vabbè e l'analogia ce l'ho vista solo io va bene così.  :D

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao @Nightafter

che storia… un finale ben costruito, un’atmosfera inquieta, in bilico tra la realtà e il tormento. Quel furgone col suo inquilino, così metaforico di una vita ormai sciatta, con le bolle di ruggine, “fuori posto” come quella del protagonista.
Mi è piaciuta la tua “pistola di Čechov. Mostrare gli attrezzi necessari al suicidio (candidamente inseriti all’interno di una tracolla da fotografo) l’ho trovato geniale. 
Mi è piaciuto tutto di questo racconto. Il messaggio, l’atmosfera, la costruzione del climax. Mi pare tu abbia assolto egregiamente il compito di mostrare.
Non ci racconti molto della vita del tuo protagonista. No, invece lo fai e lo fai bene. Ce lo hai mostrato il suo tormento, ce lo hai detto quanto è alto, ci hai detto che mestiere fa, ci hai descritto la sua gioventù e la delusione d’amore. Insomma, fratello, mi sembra di conoscerlo quell’uomo. Eppure non so nemmeno come si chiama.
Mi è piaciuto moltissimo, ma anche io comincio ad avere una certa età.

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao @Nightafter,
innanzitutto complimenti, scrivi molto bene, in modo coinvolgente, non perdi mai l'attenzione del lettore. Si vede che il testo è stato revisionato più volte, è tutto pulito e perfetto. Si potrebbe pubblicarlo così com'è.

Centrare al 100% lo "show don't tell" secondo me è quasi impossibile (o meglio, quasi impossibile farlo realizzando un prodotto che qualcuno avrebbe voglia di leggere), ma tu sei senz'altro tra quelli che c'è arrivato più vicino. Usi questa tecnica come va usata, cioè mettendo il lettore in grado di capire gli elementi essenziali senza essere tu a fornirgli l'interpretazione precotta. Questo povero uomo (che mi ha fatto tenta tenerezza) si sente un fallito ed è ritenuto tale dalla società, percepisce la sua vita come priva di interesse e  l'unica scelta che gli rimane da fare per "dire la sua" è quella di togliersi la vita e di fare un capolavoro della sua uscita di scena. Tutto questo tu non lo dici, eppure io lo leggo chiaro come il sole.

Personalmente il fatto che badi allo zucchero nel caffè e fischietti non lo trovo incoerente. Porta avanti le sue abitudini come sempre, concentrato sull'obiettivo.
Nightafter ha scritto:L’auto era comparsa per la prima volta intorno alla mezzanotte di un giorno di fine ottobre,‭ ‬sei mesi prima.
L'elemento dell'auto è la cosa che mi è piaciuta di più. Un'immagine interessante, che cattura, che risulta significativa senza che tu spieghi perché, o offra una chiave di lettura univoca. Indirettamente rende anche bene l'idea del protagonista, che nelle sue giornate monotone ha come pochi momenti interessanti quelli in cui osserva un completo sconosciuto.

Ora arriviamo alle uniche 2 cose che non mi convincono.
Nightafter ha scritto:- Un mini seghetto elettrico a batteria,‭ ‬alimentato con pile a ioni di litio‭ (‬possedeva lunga autonomia di funzionamento e pesava solo‭ ‬2‭kg‭)‬.
- Un set di‭ ‬10‭ ‬lame da ferro‭ (‬in grado di tagliare del tubo d'acciaio‭)‬.
- Un ferma cavo d’acciaio.
- Un moschettone d’acciaio, ‬largo‭ ‬10‭ ‬cm.
- Una staffa chiusa da un perno avvitabile.
- Due cavigliere sportive in neoprene con chiusura in velcro‭ (‬da‭ ‬3‭kg cadauna‭)‬.
- Una bobina da cinquanta metri di filo d’acciaio‭ (‬spesso un millimetro, ‭ ‬altamente resistente alla trazione, ‭ ‬poteva reggere un carico da settecento chili‭)‬.
A lui, ‭ ‬in realtà, ‭ ‬bastava che ne reggesse un’ottantina complessivi senza spezzarsi, forse qualcosa in più per lo strappo dovuto alla velocità di caduta.
Questa lista è superbella e piacevole da leggere, toglierla sarebbe un peccato da un certo punto di vista. Ma dall'altro, perché mi dai già la chiave di lettura di tutto al minuto due? Se sta andando in giro a fotografare e non ha un lavoro, non c'è ragione che vada in giro con queste cose. Io già qui ho capito come sarebbe andata a finire, era voluto da parte tua?
Nightafter ha scritto:L’ascensore della Mole, con le sue pareti di vetro, salì lentamente al Tempietto panoramico, come accertato‭ ‬da ripetute visite, al lunedì mattina non c’era anima viva.
L'altra cosa che non mi torna è questa. Già trovo strano che non trovi su nessuno (ora, ammetto di essere salita sulla mole più di 10 anni fa, ma davvero ci sono momenti in cui non c'è nessuno, manco l'ascensorista? Una guardia?)
Ma anche se becca un momento in cui è solo, com'è possibile che lo facciano salire con tutti quegli strumenti in una borsa? Spero davvero che qualche controllo all'ingresso lo facciano, altrimenti rischiamo che il prossimo mega-attentato terroristico lo facciano al Museo del Cinema di Torino  :s

Grazie ancora per il bellissimo racconto!!! Peccato per la penalità del limite dei caratteri perché mi aspetto tu sia tra i più votati

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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@Nightafter  
Partiamo con le domande stupide: ma la cavigliere da 3 kg cadauna servono per farlo cadere dritto come un fuso per una decapitazione certa? Senza quel peso aggiuntivo cosa sarebbe cambiato?

Fatta la domanda, trovo che il tuo raccoto sia ben riuscito, la parte che ho apprezzato di più è quella che riguarda la macchina scassata e il suo misterioso proprietario. Per un momento ho pensato di essere in un libro di King. Una macchina parcheggiata viene trattata in maniera normale (nessuno si lamenta, i vigili la ignorano), ma di normale non ha nulla, apre le porte a millemila storie.
La tua storia è disseminata di cose ordinarie che hanno un sapore vagamente dissonante che mettono il lettore all'erta. Ciò nonostante per me è stata una sorpresa, non pensavo affatto a un suicidio, pensavo a una missione strampalata con un pizzico di esoterismo, la caccia a qualche essere pericoloso nascosto chissà dove. Una missione che poteva essere compiuta da un uomo preciso ai margini della normalità, un uomo che forse poteva vedere ciò che ad altri rimane nascosto.
Quindi la tua storia mi ha piacevolmente sorpreso, perchè pur avendo colto tutte le assonanze, ero partita per un'altra direzione.
Complimenti, piaciuta molto.

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Un bel racconto con molti dettagli vividi e ben descritti, complimenti sinceri
Non mi soffermo sulla parte grammaticale, visto che da altri è stata ben analizzata e quindi sarebbe superfluo; la psicologia distorta del protagonista senza nome è davvero singolare e mi ha "costretto" a rileggere più volte il testo per far coincidere le varie parti della narrazione

La lista degli strumenti all'inizio è un bell'indizio di cosa potrebbe accadere alla fine, anche se fino all'ultimo il suicidio non mi sembrava tra le scelte possibili, almeno fino a quando non ho letto della Mole e delle ripetute visite, che comunque mi avevano fatto supporre una rapina. Anche a me sorge il dubbio di come faccia ad entrare alla Mole con quell'attrezzatura e a rimanere del tutto solo, ma credo che una coincidenza del genere si possa sorvolare in un racconto come questo

Ciò che non mi convince del tutto, invece, è la lunga dissertazione sulla macchina ed il suo occupante. La forma è molto ben curata, l'atmosfera carica di ricordi che evoca nel protagonista ben descritta ed interessante, ma, sarà certo colpa mia, non ho colto il nesso tra la costante presenza del veicolo e la decisione ultima di suicidio. A costo di allungare ancora di più il racconto, personalmente, avrei "mostrato" meglio come le due cose si collegavano nella mente del personaggio, perché a me, magari a molti altri lettori più attenti no, sembra che il tutto manchi di un rapporto di causa ed effetto che, in conclusione del racconto, mi ha fatto un poco storcere il naso

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao carissimi amici

vi ringrazio tutti di avermi letto e benevolmente commentato,

Grazie cara  @monica  per le parole estremamente incoraggianti che con l'usuale simpatia mi dedichi.

Grazie cara @Raven per le gentili parole d'apprezzamento.
Proverò a chiarire i dubbi che mi hai esposto:

"Questa lista è superbella e piacevole da leggere, toglierla sarebbe un peccato da un certo punto di vista. Ma dall'altro, perché mi dai già la chiave di lettura di tutto al minuto due? Se sta andando in giro a fotografare e non ha un lavoro, non c'è ragione che vada in giro con queste cose. Io già qui ho capito come sarebbe andata a finire, era voluto da parte tua?"

Voluta è l'idea di presentare degli elementi in qualche misura strani, che certo rimandano a qualche attività da compiere.
Direi che messi a quel punto del racconto suscitano sicuramente curiosità, ma credo che ben pochi in questa fase li abbiano legati a un progetto suicida.

"L'altra cosa che non mi torna è questa. Già trovo strano che non trovi su nessuno (ora, ammetto di essere salita sulla mole più di 10 anni fa, ma davvero ci sono momenti in cui non c'è nessuno, manco l'ascensorista? Una guardia?)
Ma anche se becca un momento in cui è solo, com'è possibile che lo facciano salire con tutti quegli strumenti in una borsa? Spero davvero che qualche controllo all'ingresso lo facciano, altrimenti rischiamo che il prossimo mega-attentato terroristico lo facciano al Museo del Cinema di Torino"

Al lunedì mattina di una settimana e di un mese di bassa stagione, è assai probabile che alle nove del mattino a nessuno venga voglia di salire sulla mole. Per esperienza personale ricordo di esserci salito (magari con mia figlia) in orario non di punta e di essere gli unici visitatori.
Per quanto concerne la sicurezza, posto che vi sia un controllo particolarmente attento, cosa che non è perché l'ascesa alla mole non ha delle attrattive per compiere qualche atto terroristico o vandalistico, essendo per altro un percorso distinto dal Museo del Cinema ospitato al suo interno, reputo che nessuno avrebbe fatto delle storie per la borsa di un fotografo amatoriale. 
Soprattutto se il personaggio fosse un habitué di quelle visite, magari gli avrebbero controllato la borsa una volta o due, nelle successive visite lo avrebbero semplicemente salutato come persona nota. 

Grazie di avermi letto carissima @Almissima 
e anche tu commentato in maniera incoraggiante e gratificante.

Alla tua logica domanda: 
"ma la cavigliere da 3 kg cadauna servono per farlo cadere dritto come un fuso per una decapitazione certa? Senza quel peso aggiuntivo cosa sarebbe cambiato?"

Esatto gli garantiscono di scendere come un filo a piombo.
Senza di esse, avrebbe potuto volteggiare nella caduta e spaccarsi la testa o altro contro le pareti dell'edificio.
Cosa che anche solo esteticamente avrebbe disturbato al nostro suicida "precisino".

Carissimo @Bardo96  

Anche a te va il mio ringraziamento per la lettura e il commento, son felice che pur nelle sue molte debolezze il racconto non ti sia dispiaciuto.

Per i tuoi dubbi sulla difficoltà d'introdursi all'interno della Mole con quell'equipaggiamento, ti rimando alla risposta che ho già dato all'amica @Raven.   
 Sulla tua nota:
" non ho colto il nesso tra la costante presenza del veicolo e la decisione ultima di suicidio"

Il protagonista descritto nel racconto è un individuo psicologicamente disturbato, le troppe sconfitte della sua vita ne hanno minato la personalità e gli intenti. E' un depresso cronico, un ossessivo compulsivo, affetto da ipocondria.
La macchina e il soggetto che la guida non sono che la proiezione del male e del dolore che ha dentro, è certamente solo lui a vederle.
L'incontro con lo sconosciuto è il momento di «rottura» che si genera nella sua mente, alla fine guarda in faccia la sua paura interiore, ne è sconvolto, ma è anche il momento in cui qualcosa «cambia», trova l'idea di un progetto, di qualcosa che è ancora in grado di compiere con le sue mani.
Quindi la capacità di rigenerarsi per trovare un riscatto alla sua esistenza da rottamare.
L'idea del suicidio nasce in lui come una sorta di risoluzione di tutti i suoi problemi, non la vive come un fatto drammatico e funereo, ma nella sua mente malata diviene la via d'uscita liberatoria da una vita «vegetativa» senza stimoli e speranze.

Spero di aver almeno in parte chiarito i dubbi che mi avete espresso in merito al racconto.

Vi abbraccio e saluto caramente tutti. Grazie ancora. :P (y)

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Nightafter ha scritto: reputava un buon intenditore di caffè, ‬prediligeva quello denominato‭ “‬Robusta‭”‬ ‬di qualità pregiata e di sapore intenso che conteneva maggior caffeina, ‭ ‬risultava più corposo e cremoso nella tazzina.
Che io sappia la miscela robusta non è di qualità pregiata, anzi. Può darsi che contenga più caffeina, ma la miscela migliore è la arabica. Nei caffè in commercio infatti spesso l'arabica viene mischiata alla robusta per fare maggior peso.
A parte questo dettaglio, non mi ha molto convinta questa parte iniziale sul caffè. Mi pare che introduca in maniera un po' fuorviante il personaggio. Il rituale del caffè fa infatti pensare a una routine quotidiana che si discosta dal disagio del protagonista. Può darsi che sia voluto, ma non mi pare necessario. 
Più riuscita invece la parte in cui mostri la sua attrezzatura. Fai pensare a chi legge che il personaggio sia un fotografo (ho pensato anche a un sommozzatore) ma comunque istilli dubbi e curiosità sul suo strano materiale che a me comunque non ha fatto pensare a un suicidio. Anche perché è un suicidio molto particolare. 
Nightafter ha scritto: quando sua moglie,‭ ‬quella stronza,‭ ‬se n’era andata in malo modo
Ripeti in malo modo, esattamente come per la macchina. Non mi convince il parallelismo, ma magari è solo una sensazione personale. 
Nightafter ha scritto: ‬gli riusciva ancora di permettersela col suo magro sussidio sociale
Qui mi sono chiesta quale fosse il sussidio sociale. Forse il reddito di cittadinanza perché non mi sembra abbastanza anziano per avere una pensione.
Nightafter ha scritto: motore era in funzione al minimo dei giri,‭ ‬da
Come mai tiene la macchina accesa? È un tipo proprio bizzarro!
Nightafter ha scritto: Mole Antonelliana era nel centro storico di Torino,‭ n‬el‭ ‬1964,‭ ‬venne dotata d’ascensore per visitatori che saliva fino al Tempietto a‭ ‬90mt d’altezza.
Metterei un punto o un punto e virgola dopo Torino. 
Nightafter ha scritto: L’aria era fresca e tersa,‭ ‬lo skyline delle Alpi lassù offriva sempre una vista emozionante e suggestiva.
Con le gambe sospese nel vuoto guardò giù, ‬era sereno.
Molto bello il finale. Suggestivo ed enigmatico come tutto il racconto. 
Ho trovato davvero ben calibrato l'uso dello show don't tell. Hai mostrato molto ma senza forzature e con grande scorrevolezza. Facendo dimenticare al lettore l'uso della tecnica. Il che denota sicuramente che il racconto è ben riuscito. Rimango un po' perplessa sulla parte iniziale del caffè. Non ho percepito l'ipocondria di cui parlavi in un commento. Non so ma qualcosa mi stona in quella parte. Altrimenti potresti inserire qualche dettaglio che faccia insinuare il dubbio che ci sia qualcosa di ossessivo compulsivo nel rituale del mattino. 
Il tema del cambiamento è centrato ma non mi è chiaro se la decisione del suicidio sia legata alla macchina. Parrebbe di no da quanto dici qui:
Nightafter ha scritto: ‬appena fuori dal portone di casa ‬notò che sul marciapiede opposto non c’era più l’auto parcheggiata in malo modo, ‭ ‬che da mesi stazionava in fronte alla sua abitazione.
Gli prese quasi un colpo!
La sorpresa era tale da farlo restare incredulo, quasi smarrito, a fissare il tratto di marciapiede vuoto.
La macchina se n’era andata ‬così come era venuta,‭ ‬col suo carico d'inspiegabile essenza,‭ ‬come uno spettro,‭ ‬una leggenda metropolitana.
Ci volle un lungo momento per decidere se ciò che avvertiva fosse‭ ‬delusione o un sollievo di liberazione.
Questa parte non mi convince. Se la macchina ha avuto un ruolo nel determinare la sua volontà di suicidarsi, e pare avercelo dato il largo spazio a lei dedicato nel racconto, come mai il fatto di vederla sparire non gli fa cambiare idea? O comunque come mai la sparizione non trova un seguito nella psiche del protagonista? Questo passaggio non mi è chiaro.
Il racconto nell'insieme mi è piaciuto ma calibrerei meglio gli aspetti che ti ho segnalato. 
Ciao!

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao carissima @ivalibri,

per ciò che riguarda il tipo di caffè ti cito questo breve articolo:

"Conosci la differenza tra Arabica e Robusta?
Estremamente diverse al palato, queste due miscele raccontano storie uniche. Una dal carattere dolce e leggero, l’altra più forte e decisa. La differenza principale tra Arabica e Robusta risiede proprio nella quantità di caffeina, che conferisce ai due tipi di caffè proprietà completamente differenti. L’Arabica rappresenta quel caffè classico, quasi rassicurante, da gustare in diversi momenti della giornata; la Robusta è il caffè forte e corposo che ci si concede al mattino per avere l’energia giusta.
Qual è la migliore varietà di caffè?
Appurato che si debba sempre prediligere caffè di alta qualità, torrefatto con cura e in modo corretto, la scelta della varietà migliore rimane molto soggettiva. In generale, possiamo affermare che chi predilige un caffè più corposo e forte, si orienterà verso selezioni che contengono della Robusta. Chi, invece, è amante di un sapore più vellutato al palato, sarà maggiormente attratto dalla varietà Arabica."

Ovvio che il personaggio che ama il caffè con carattere, prediliga la Robusta.

Il fatto che non si astenga dal prendere il suo caffè e l'attenzione a non eccedere con lo zucchero, nel giorno in cui ha deciso di ammazzarsi, la dice lunga sulla sua salute mentale.
Il sussidio sociale è quello di disoccupazione, poiché al tempo in cui si svolgono i fatti, non c'era ancora il reddito di cittadinanza.

La macchina che lo ossessionava scompare nel momento in cui lui ha elaborato la sua crisi con la scelta liberatoria di porre fine alla sua vita.

Mi ha davvero fatto sorridere che fra le ipotesi del mestiere del personaggio, ti sia venuta l'idea che potesse essere un ex sommozzatore.
Davvero non ci avrei mai pensato. :) 

Grazie davvero per la lettura e il commento.
Un saluto e un abbraccio.

 

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Nightafter ha scritto: Voluta è l'idea di presentare degli elementi in qualche misura strani, che certo rimandano a qualche attività da compiere.
Direi che messi a quel punto del racconto suscitano sicuramente curiosità, ma credo che ben pochi in questa fase li abbiano legati a un progetto suicida.
Onestamente quando, dopo l'elenco dell'attrezzatura, ho letto che sarebbe salito sulla mole ho dato l'idea del suicidio al 50%; l'alternativa era il bungee jumping (80 kg di peso sono quelli di un maschio medio, e fai chiaro riferimento a tagliare tubi d'acciaio, quindi avevo già dato per spacciato il parapetto della mole). Poi mano a mano che si svelava che stavamo parlando di un soggetto depresso, mi sono orientata sempre di più sul suicidio.
Da quello che leggo dagli altri commenti, era venuto in mente solo a me, quindi sarà una di quelle rare intuizioni che a volte capitano, quando magari in altri racconti ti sfugge completamente ciò che gli altri notano subito.
Inoltre non saprei dirti perché ma anche il titolo mi dà una sensazione del genere, cioè che l'impegno operoso sarebbe risultato in qualche modo ironico, o triste (sto cercando di spiegare un concetto che non è ben chiaro nemmeno a me... sensazioni)

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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RavenOnestamente quando, dopo l'elenco dell'attrezzatura, ho letto che sarebbe salito sulla mole ho dato l'idea del suicidio al 50%; l'alternativa era il bungee jumping
Cara @Raven, devo dire che questa idea del bungee jumping, unita all'ipotesi di @ivalibri (che il personaggio fosse un ex sub) denota la vivida fantasia propria degli scrittori.  :D

Sicuramente un filo d'acciaio è lo strumento meno indicato per quel tipo di attività sportiva.  :love:

Centratissima la sensazione legata al titolo, che vuole essere ironicamente amara.

Grazie ancora per il commento.  <3

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao @Nightafter

ho letto con molta attenzione il tuo racconto, e devo dirti che via via che snocciolavi descrizioni, abitudini, e ricordi nostalgici del tuo protagonista, mi assaliva una malinconia soffocante. Nonostante il tema di questo Labocontest fosse incentrato sullo "show, don't tell", e sinceramente ho trovato che le parti raccontate siano state troppe rispetto al mostrato, io sono riuscita a immedesimarmi lo stesso. 
Una tristezza angosciante, una sensazione cupa, quasi a percepire che non vi fosse futuro, via d'uscita. Tant'è che ho subito pensato a un soggetto affetto da depressione: brutta bestia che ti inchioda all'apatia, e mi son detta, ecco, ora parte lo "show", ora Nightafter ci mostra gli effetti di quella malattia, e leggevo, leggevo, ma tu continuavi con minuziosissime descrizioni, narravi, e narravi.
Lo hai fatto bene, benissimo. Segno che le emozioni se ne fregano delle tecniche, se hanno da invaderti, lo fanno senza badare se lo scrittore utilizzi lo "show" o decida invece di raccontare, perché se lo fa bene, e mi ripeto, tu lo fai davvero bene, ti colpiscono al cuore come hanno colpito me nel leggere del tuo infelice protagonista. 
Non riporterò nel mio commento parti del racconto, perché come ti ho già scritto, mi è stato difficile estrapolare uno "show", che, ove c'è, è purtroppo soffocato dal sovrabbondante narrato, e non ti farò le pulci sulla punteggiatura perché te le hanno già fatte, però ci tenevo a lasciarti un feedback positivo, perché quando uno scrive bene, con maturità e consapevolezza, e maestria mi viene da dirti, si merita i complimenti di chi, come me, è invece alle prime armi, anche se ama follemente leggere, questo sì. 
Scrivere è faticoso, è un lavoro che richiede enormi energie, anche solo per partecipare a un Labocontest impegnativo come quello che abbiamo appena affrontato. Quindi, bravo! E grazie. Per la sensibilità con la quale ti approcci sia alla scrittura, che ami, non c'è dubbio, sia per la dedizione che spendi nel commentare i brani degli altri partecipanti.
Non me ne frega niente dello "show", io ho viaggiato lo stesso. Sono stata in una cupa ed esoterica Torino, e ho provato così tanta pena per lui, che avrei voluto stringerlo forte al mio cuore...
Grazie tante per aver scritto!  <3

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao @Nightafter, io sono tra quelli che non aveva capito che andava a suicidarsi. Tra gli oggetti che porta con sé nella tracolla e il fatto che si sta dirigendo alla Mole Antonelliana, avevo pensato a un'azione dimostrativa, o qualcosa del genere.
Riguardo all'auto parcheggiata, pensavo che fosse perché lo stavano controllando proprio per via delle azioni dimostrative fuorilegge cui era dedito.

Trovo l'incipit del caffè interessante e non vedo problema nel fatto che il protagonista curi minuziosamente i suoi riti nonostante stia andando a suicidarsi.

Se il messaggio che vuoi dare è quello di un soggetto disturbato, secondo me avresti potuto seminare qui e là qualche dato a favore di questo, perché non è chiaro.
Finché il protagonista non arriva alla Mole, l'impressione è quella di un soggetto molto meticoloso, abitudinario e preciso. Non disturbato.

Godibile la parte del racconto che parla dell'auto parcheggiata. Secondo me sarebbe stata ancora più godibile se avessi fatto capire che era frutto dell'immaginazione, o perlomeno instillare il dubbio nel lettore.

C'è molto raccontato, di show don't tell non ne ho visto molto. Scrivi molto bene, quindi questo non pregiudica il godimento della lettura. Se però questa era un'esercitazione sullo SdT, non posso dire che sia stato raggiunto.
Neanche il tema della mutazione riesco a vedere. È l'auto che non c'è più?

Comunque, a parte la tecnica dello SdT e la centratura del tema, il tuo racconto mi è piaciuto.

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao carissima @ioly78 @

Non posso che essere concorde con te: il racconto contiene solo briciole di "show, don't tell", cosa della cui mi sono poco preoccupato, poiché al di là della sfida tecnica, il fatto che tentare di sviluppare la storia in quello stretto letto di fiume, mi risultava assai poco funzionale a ciò che volevo raccontare.
Come diceva il buon Pierre De Coubertin: l'importante è partecipare, vincere è un optional.
La storia è quello che è nei suoi pochi pregi e molti difetti, i tuoi complimenti ovviamente assai graditi mi sembrano fin troppo generosi, ma mi fa molto piacere che la tua sensibilità abbia colto qualcosa che, forse per mio difetto, non ho evidenziato a sufficienza nel racconto.
Ovvero il dramma della solitudine e della depressione che consuma l'interiorità di certe esistenze.
Mi ha sempre molto colpito leggere o udire a fronte di un suicidio: " Sembrava così sereno. - Una vita regolare nessun ombra apparente. - Lo vedevamo ogni giorno, salutava sorridente.
Ecco quelle esistenze che in superficie appaiono come un lago placido e ridente, ma un certo giorno senza una comprensibile ragione decidono di uscire da una vita che non possono più portare avanti.

Grazie della lettura e delle belle Parole.
Un abbraccio.

Ciao mia dolce @Otta 

Grazie della lettura e delle considerazioni.
Confermo che di "show, don't tell" ce n'è pochino, vorrà dire per 'sta volta è andata così, mi riprometterò di essere più attinente al tema nel prossimo contest 

Per l'auto, direi che nel lettore il dubbio permane.
Il racconto non dichiara che l'auto sia frutto della fantasia del protagonista, posto che nella realtà possa esistere plausibilmente una situazione come quella descritta, dice solo che scompare il giorno che esce di casa per andare ad ammazzarsi.
Il resto fa parte della spiegazione che in veste di praticante psicoterapeuta ho fornito io nel rispondere ai vari commenti.

Grazie ancora della lettura e del commento
Un abbraccio.

Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

22
C'è qualcosa nel tuo modo di scrivere che cattura, che ti fa andare oltre il chiedersi 'L'ha fatto o non l'ha fatto 'sto maledetto SdT?' perché non ti importa.
Non ti importa dei preamboli, che nello scrivere come in altre situazioni, si dovrebbero chiamare preliminari e obbligati per legge.
Non ti importa degli infodump (che io per altro adoro) perché lo sguardo scivola sul mondo, si lascia cullare dai ricordi, immagina, sogna, e a tutto questo va riconosciuta ricchezza senza condizioni.
Non ti importa perché vuoi solo seguire la storia, perché alla fine ci resti male che sia finita così presto, come certe cose buone che si mangiano di rado.
Insomma, @Nightafter , non so se si è capito: mi è piaciuto. Molto.
Solo una cosa, lasciamela dire.
Nightafter ha scritto: Singolare che il progetto gli fosse fiorito in mente dopo l’incontro col tipo dell’auto.
Il personaggio, deliziosamente sulfureo, ha evidentemente una funzione rilevante.
Connette il protagonista ai suoi trascorsi scapigliati, suscita "un malessere sottile" e infine lo induce al progetto estremo.
Dunque, anche se non è importante sapere Chi o Cosa sia, ai fini del racconto, è una presenza forte.
Gli avrei concesso un' ultima apparizione nel finale, con lo stesso "sorriso beffardo e la lama di denti aguzzi" non più minacciosi perché adesso
Nightafter ha scritto: Con le gambe sospese nel vuoto guardò giù, ‬era sereno.
Bravo @Nightafter!





 
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Re: [Lab 3] L’ Impegno operoso

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Ciao @aladicorvo 

Ebbasta! (come si dice i raffinata langue d'oc), d'incensarmi!

Mi dovete bastonare, altro che incensarmi. perché ho già di mio un ego ipertrofico, se continuate non solo non progredisco (almeno nell'ortografia) con la scrittura, ma rischio di esplodere come un pallone ipergassato.

Che dire amica mia, tu riesci a trovare gradevoli anche le mie prolisse sbrodolate (infodump), allora non c'è scampo.

Che dire mi prostro in ringraziamenti e annego nel mio brodo di autostima ribollente.
Grazie infinite della lettura, delle attenzioni, delle coccole, insomma di tutto e di più.

Ti adoro. Ciao <3
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