[LMI171] Cacciatori di fantasmi

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commento
Terza traccia
La valigia
A causa della crisi climatica il Po è in secca e sulle sue sponde è comparsa una valigia che contiene lo scheletro di una donna.
La valigia può essere di qualsiasi epoca e la donna una qualsiasi donna.
Boa: non può risalire alle grandi guerre.

«Ciao a tutti e ben tornati a un nuovo episodio di “Cacciatori di fantasmi”, qui con Fabrizio e Michele». Fabrizio fece una pausa e Michele girò la videocamera a inquadrare il proprio volto. «Oggi siamo ospiti di Giovanni e Rita, che ci hanno gentilmente dato l’occasione di trattare il loro caso. Allora, Rita, vuoi raccontarci come mai siamo qui?»
«Certo». La donna sorrise alla videocamera e strinse i braccioli della sedia a dondolo. Alle sue spalle, oltre il porticato, i campi ingialliti da cui veniva senza sosta il canto delle cicale. «È cominciato sei giorni fa. Era già da un po’ che non dormivo bene, facevo sogni strani, non ricordo di che genere. Insomma, quando ho iniziato a sentire voci pensavo fosse solo la mia immaginazione, no?»
«Che voci?»
«Sussurri». Allargò le braccia e aprì la bocca, in silenzio, come a cercare le parole. «Non so, non dicevano niente di preciso. E la temperatura scendeva di botto.»
«Era un timbro vocale profondo?»
«No, no. Era la voce di una donna.»
Arrivò Giovanni, il marito di Rita, e posò sul tavolo di vimini delle birre. «Anche io ho sentito le voci», commentò l’uomo. «Ma è solo quando è peggiorato che l’abbiamo ammesso l’un l’altra. Qualcuno ha maledetto la nostra terra. Non è solo la siccità.» Alzò lo sguardo ai campi arsi dal sole. «Ho visto cose, vicino al fiume. Un’ombra tra gli alberi, l’ho sentita camminare.»
«E ho sentito i suoi passi in casa», aggiunse Rita. «Di notte sposta gli oggetti, apre le porte, le luci sfarfallano. Non ci ha mai fatto del male, ma dopo quello che è successo ieri... Tutte le coltivazioni sono morte, da un giorno all’altro. Non ci resta una sola pianta viva.»
«Vi prometto che faremo luce su questo mistero. Quello che ci avete raccontato è un caso raro, di solito una manifestazione paranormale non va oltre pochi segni difficilmente interpretabili. È per questo che ne sappiamo così poco. È molto faticoso riuscire a comunicare in modo chiaro con l’altrove. Abbiamo tutti i nostri strumenti, stanotte speriamo di documentare qualcosa.»
Iniziarono l’indagine dalle campagne. Fabrizio andò in testa, il magnetometro in mano. «C’è qualche presenza qui? Potete interagire con questo strumento, fatelo illuminare se ci siete». Avanzavano lungo il viottolo sterrato in mezzo alle piante nere e rinsecchite. L’aria era bollente e ferma. «Siete stati voi a far morire queste piante?»
Un segnale minimo. Il gruppo si arrestò, e Michele sussurrò nella telecamera: «Avete visto?»
Fabrizio sollevò lo strumento, fece un paio di passi avanti, un paio indietro. Indicò con l’indice i filari di alberi da frutto e si avviò. La coppia gli venne dietro, intimorita.
«Perché avete maledetto la nostra terra?» Chiese Rita, la voce tremante.
Fabrizio scosse la testa. «Solo domande a cui possono rispondere “sì” o “no”. Per quelle più elaborate poi useremo la spirit box.»
Il terreno era molto esteso, camminarono a lungo e i valori sul magnetometro salivano in modo lento e costante. Arrivarono al limite degli alberi ingialliti, dove un prato incolto scendeva verso il fiume. «Qui non è più nostro. Il prato non è di nessuno. Oltre la terra è di altri contadini.»
«Forse c’è qualcosa», disse Fabrizio, «proviamo. Lo strumento dà una risposta molto chiara. Sembra indicare dritto verso il fiume».
Il corso d’acqua era in una secca eccezionale. Le rive erano alte e scoscese e la spiaggia sabbiosa amplissima. Era collegata a una grande barra fluviale e lì, in mezzo ai ciottoli mezzi sommersi, c’era un oggetto scuro. «Laggiù!» Gridò Michele.
I due ragazzi scesero. Era una grossa valigia di pelle, vecchia e sgualcita. Il magnetometro segnava i valori massimi, come impazzito. Fabrizio si fermò, si inginocchiò e fece scattare i ganci della valigia. Il segnale calò a zero.
«Veniva da qui, qualsiasi cosa c’è qui dentro. Ora la apro.» Spiegò alla videocamera, una punta di eccitazione mista a paura nella voce. «Abbiamo entrambi le nostre protezioni, i nostri amuleti. Dovremmo essere al sicuro.» Fece un lungo respiro e la aprì.
Ossa umane luccicarono al sole, coperte da alghe e incrostazioni verdastre. Fabrizio cacciò un urlo e cadde all’indietro. Era uno scheletro completo. Le ossa erano ammucchiate senza un criterio, da una parte il femore, con ancora la pelle bluastra attaccata, dall’altra il teschio, con dei ciuffi sporadici di capelli bianchi.
 «Ma che... Oh, dio...» Mormorava frasi sconclusionate, fuori di sé, mentre indietreggiava. La videocamera tremava in mano a Michele. La coppia era rimasta sopra i margini del fiume. Rita si era portata le mani alla bocca e Giovanni le aveva stretto forte le spalle.
Ci volle un po’ perché Fabrizio riuscisse a tornare a formulare frasi di senso compiuto. Michele si era inginocchiato a inquadrare da vicino lo scheletro. «Dev’essere l’origine della maledizione. Direi che questo è il nostro uomo.»
«In realtà penso sia una donna», lo interruppe Michele. «Guardate, vedete il bacino? È molto più largo di come sarebbe in un uomo». Spense la videocamera. «Fabri, dobbiamo chiamare la polizia».
«Sì».
Michele si voltò verso la coppia.
«Aspetta». Fabrizio aveva un tono strano. «A essere onesto, non credo che saprebbero come spezzare la maledizione.»
«Perché, noi sì?»
«Be’, forse».
«È morto qualcuno!»
«Chissà quanto tempo fa. Dobbiamo capire cosa tiene qui questo fantasma e dargli una chiusura definitiva. Questione di un giorno, non di più, e poi avvertiamo le autorità. Il tempo di fare le indagini. Pensa a Rita e Giorgio.»
«Giovanni».
«Giovanni. Glielo dobbiamo.»
Michele spostò il peso del corpo da un piede all’altro e fece schioccare la lingua. «Solo un giorno».
Fabrizio sorrise. «Grande».
Chiusero la valigia e tornarono dalla coppia. «La valigia è troppo pesante, sta venendo sera e la casa è lontana. Domani faremo le analisi direttamente qui.»
 
Passarono la notte in preda di incubi strani e vaghi, ma gli strumenti non registrarono nulla fuori dall’ordinario. La mattina andarono alla biblioteca comunale, sfogliando pagine di giornale e vecchi annali, che contenevano molte più informazioni di quanto fosse disponibile online.
Era la prima volta che avevano a che fare con qualcosa di così eclatante, di così esplicitamente paranormale, perciò traboccavano di entusiasmo. La ricerca però risultò quasi del tutto infruttuosa. Negli annali lessero di un grosso incendio che aveva coinvolto la zona, cento anni prima, quando c’erano più boschi che campagne. Nel tentativo di placare le fiamme, una donna era stata vista correre tra gli alberi, verso il fiume, e mai più fare ritorno. Nessun altro riferimento altrove. Non un nome, una descrizione, niente.
Il pomeriggio scesero al fiume. Il sole picchiava crudele sulla vegetazione appassita. Il richiamo delle cicale era interminabile e ronzavano ovunque coleotteri invasivi. Tra i rami degli alberi radi, qualche cornacchia cercava sollievo dalla calura. I quattro camminavano lungo la strada polverosa.
«Senza sapere chi sia stata quella donna, com’è morta e cosa la lega ancora a questo mondo, non possiamo liberarla», stava spiegando Fabrizio. «Non abbiamo avuto fortuna alla biblioteca, quindi speriamo ce lo dirà lei di persona. È a questo che serve la spirit box.»
Il fiume era un rivolo triste che scorreva lento. Tra i ciottoli dell’asta fluviale, la valigia aperta. Fabrizio si arrestò. «Siete tornati qui da soli?»
«No, perché?» Rispose Rita.
«Ieri l’abbiamo lasciata chiusa». Il peso di quella frase si depositò nell’aria densa del pomeriggio. Nella valigia lo scheletro giaceva immobile, mezzo scomposto, con brandelli di muscoli attaccati alle ossa attorno cui ronzavano i mosconi.
Michele accese la telecamera, posò a terra la spirit box e vi mise accanto un registratore audio e il magnetometro. «La spirit box produce fonemi senza senso pescandoli casualmente da diverse stazioni radio e riproducendoli al rovescio», spiegò. «Il fantasma può manipolarli e formare parole di senso compiuto. Il registratore ci permette di riascoltare successivamente il tutto, nel caso ci sfugga qualche parola o EVP.»
Fabrizio si schiarì la voce. «Dunque, chi ha aperto la valigia?»
Le voci degli speakers parlavano in sillabe sconclusionate.
«Qual è il tuo nome?»
Niente. Andarono avanti a lungo a interrogare il cadavere della donna, ma non sembrava voler rispondere. Dovettero interrompere quando Rita ebbe un malore per il caldo. Giovanni riuscì a sorreggerla e farla sdraiare. Le posò una mano in fronte. «Scotta», disse.
Michele abbassò la videocamera. «Torniamo indietro».
Fabrizio si morse il labbro inferiore e non disse niente. Aiutarono l’uomo a sollevare la donna per riaccompagnarla in casa. Il marito la portò a letto e le mise un asciugamano bagnato in fronte, ma lei non sembrava riprendersi. Dopo essersi assicurato fosse stabile, Michele li lasciò soli e riesaminò il materiale raccolto.
Fu allora che si accorse che qualcosa non andava. Confrontò le riprese dei due giorni e chiamò Fabrizio. «Ero troppo spaventato per ammetterlo, ma mi era sembrato strano sin da subito. Ora ho realizzato. Si tratta dello scheletro. Vedi, qui? Il primo giorno non aveva i muscoli, tutto questo tessuto non c’era. Oggi aveva anche più capelli. Guarda. Io... Non so cosa sta succedendo. Che dici, Fabri, può essere un buon momento per chiamare la polizia?»
Fabrizio dovette sedersi per non cedere sulle gambe. Non rispose.
«Gli spiegheremo tutto. Forse, forse loro possono identificare la donna nella valigia? Sai, con il DNA o cos’altro, non so come funziona.»
Si alzò in piedi e vide Giovanni sulla soglia, tremava. «Rita», disse. «È peggiorata. La febbre continua a salire e ha le braccia piene di ustioni. Ho provato a chiamare l’ospedale, ma il telefono non va, e l’auto non parte.»
Michele aprì la bocca e si resse al tavolo, le nocche bianche. «È il fantasma».
«Siamo bloccati qui. Vi prego, aiutatemi.» Aveva gli occhi lucidi. «Vuole prendersi la mia Rita.»
«Questo è troppo, Michi», mormorò Fabrizio. «Non pensavo potessero succedere cose di questo genere nella realtà. Che facciamo? Non siamo eroi, Michi. Cazzo, che facciamo?»
Michele alzò lo sguardo disperato su Giovanni. «Quanto dista il centro abitato più vicino?»
«Non ci arriverete mai a piedi prima che il sole cali. Non andate, non lasciateci soli con quella cosa stanotte. Aspettate almeno domattina.»
 
Fu nel cuore della notte, mentre attendevano in dormiveglia su una poltrona in soggiorno, che si levò un urlo, alto e lunghissima, da lontano. Scattarono in piedi e si affacciarono alla finestra. Da oltre il filare di alberi filtrava un bagliore rossastro. Michele raccolse la videocamera e andò alla porta.
Giovanni li raggiunse, aveva un’espressione serissima. Porse loro una rivoltella. «Questa servirà più a voi. Io resto qui con Rita.» Alla loro espressione di sconcerto, aggiunse: «Tranquilli, è in regola. È registrata.» Parole così banali avevano un suono strano in una notte come quella.
Fabrizio prese la torcia e l’arma, mentre Michele usò la luce della videocamera. Fuori si sentivano distintamente grida di piacere che sembravano seguire il ritmo folle dei tamburi. La luce veniva dal fiume. L’aria era calda e secca e per terra non c’era neanche uno strato di rugiada. Si avviarono verso gli alberi.
Fu un percorso lungo e terrificante. A ogni passo le loro gambe si facevano più molli, ma erano in due, e questo bastò a non farli voltare indietro e scappare. Le urla e le cantilene erano sempre più nitide, ma non riuscivano a distinguerne le parole. Quando finalmente arrivarono in vista della spiaggia si fermarono davanti a quello spettacolo. Decine di persone danzavano e si dimenavano nudi sull’asta fluviale, attorno a un grande fuoco. Si muovevano in cerchio, piegandosi e contorcendosi verso la valigia, come ad adorarla, e cantavano parole che nessuno aveva mai udito.
Fabrizio esplose un colpo in aria. Le voci cessarono di botto, e tutti gli occhi si puntarono su loro due. Un altro colpo, verso il fiume. Aveva una pessima mira, ma bastò sparare verso l’acqua senza colpire nessuno, per spaventarli, e ci riuscì.
Presero a scappare in un caos, urlando e piangendo in modo assordante, e si arrampicarono dall’altra riva del fiume. Quando i due scesero alla spiaggia, la folla si era già dileguata. La valigia era ancora lì.
Ma era vuota.
Michele si lanciò all’inseguimento dei celebranti e Fabrizio lo seguì. Le loro sagome erano macchie che si allontanavano nei campi in tutte le direzioni. Una di loro non era troppo lontana. Michele la raggiunse ad ampie falcate e riuscì a sopraffarla. Saltò alle sue spalle e la buttò a terra. Le puntò la luce della videocamera in viso. Era una ragazza. Cercò di divincolarsi, ma lui la tenne giù, tra la terra secca. Quando si calmò, lui mollò la presa e lei restò ferma, ansimante.
Arrivò anche Fabrizio. Si tolse la maglietta, restando a petto nudo, e disse: «Mettiti qualcosa addosso».
La ragazza lo guardò con occhi colmi d’odio. Afferrò la maglietta e la indossò. Sopra campeggiava la scritta “Cacciatori di fantasmi”. Michele fece un mezzo sorriso. L’unico vero fantasma che avessero mai incontrato se l’erano appena lasciati scappare.
Fabrizio le puntò l’arma contro. «Cosa stavate facendo?»
Lei lo guardò in silenzio.
«Capisci quello che dico?»
Annuì.
«Chi... Chi siete?»
«Non lo so». La sua voce era flebile.
Sollevò le sopracciglia. «Come sarebbe?»
«Stavo sognando». Finalmente il suo sguardo incontrò quello dell’interlocutore.
«Sognando?»
«Stavano tutti sognando. La donna nella valigia ha chiamato tutti nei sogni, da quando è libera dalla sua tomba d’acqua.»
«Conoscevi qualcuno?»
Scosse la testa e i suoi capelli biondi ondeggiarono. «Quando sogni non conosci nessuno».
«Quindi non sai dove hanno portato lo scheletro della donna?» Fabrizio espirò rumorosamente e abbassò la pistola.
La ragazza ne approfittò per scattare in piedi, e riprese a correre. «Aspetta!» Fabrizio sparò, poco convinto, e la mancò. La inseguirono, ma lei era veloce. A ogni passo, quando le suole dei suoi piedi toccavano le coltivazioni rinsecchite per terra, cenere e scintille si sollevavano, e le piante avvampavano.
Michele sentì la morsa del terrore serrargli il respiro. Ben presto l’incendio divampò in tutto il campo. Gli girava la testa per il fumo, ma non smise di avanzare, e non perse mai di vista la ragazza. La notte era diventata un inferno nero squarciato dalle fiamme rosse. La ragazza si fermò e si voltò. Dietro di lei c’era un laghetto artificiale ancora pieno d’acqua. Il fuoco crepitava tutto attorno la riva circolare. Allungò le braccia verso di loro ed eruppe in una risata alta, acuta, folle. Dai palmi delle sue mani scaturirono fiamme. Investirono Fabrizio in petto e le sue urla graffiarono la notte.
«Fabri!» Michele non rallentò, chiuse gli occhi e la caricò a testa bassa. Prima che la ragazza potesse reagire, la afferrò per i fianchi e saltò. L’impatto con l’acqua fredda gli diede subito sollievo.
Affondò, trattenne il respiro. Aprì gli occhi e le lacrime si mischiarono con l’acqua stagnante. Sul fondo del laghetto, nella luce delle fiamme, stringeva tra le braccia la maglietta di Fabrizio con scritto “Cacciatori di fantasmi”. Nella maglietta, solo un mucchio di ossa coperte da alghe e incrostazioni verdastre.
Ultima modifica di Mina il gio lug 07, 2022 12:13 am, modificato 1 volta in totale.

Re: [LMI171] Cacciatori di fantasmi

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Mina ha scritto: Veniva da qui, qualsiasi cosa c’è qui dentro
@Mina Io ci metterei "ci sia qui dentro"

A parte questo, hai scritto un vero horror, con tanto di scheletro, maledizione e fantasmi.
La trama di per sé mi é piaciuta molto anche se a mio avviso, forse perché é una storia concentrata, qualche buco ce l'ha.
Non ho ben capito se lo scheletro semplicemente ha posseduto il corpo di qualcun altro oppure se si era talmente rinvigorito da diventare persona lei stessa.
Avrei dedicato più spazio alla ricostituzione del corpo. A quello che il corpo faceva per conto proprio di notte, tornando scheletro di giorno.
Ma soprattutto i due cacciatori sono troppo fortunati a beccare proprio lei rincorrendo i partecipanti allo sabba.
Per i miei gusti ci voleva un pochino più di background, per esempio sulla terra di nessuno, almeno una minileggenda riferita da una vecchia sdentata.
Lo scheletro ha il potere di lanciare le fiamme, cosa che giustifica il fatto che qualcuno abbia ben pensato di affondarlo nel Po; però un indizi o accenno sul perché abbia quel potere oppure sui motivi che la spingono a tornare in vita. Perché torna? Qual é il suo vero obiettivo e che funzione hanno i due ghostbuster rispetto ai piani della malvagia?
Sono tutte domande che mi sono posta e mi sono risposta che non basterebbe un racconto per contenere tutto ciò, quindi spero ardentemente che tu ne voglia fare una novella, sarei la prima lettrice.

Re: [LMI171] Cacciatori di fantasmi

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@Mina 
Almissima ha scritto:[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]mi sono risposta che non basterebbe un racconto per contenere tutto ciò, quindi spero ardentemente che tu ne voglia fare una novella[/font]
Ho avuto anche io la stessa impressione, che la storia che hai in mente sia troppo complessa per essere contenuta in 16.000 caratteri, ci sono parecchi input che non hai avuto lo spazio per approfondire, che sono molto interessanti ma risultano un po' sprecati.
Ciao!

Re: [LMI171] Cacciatori di fantasmi

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@Almissima @Raven grazie mille! :rosa: in effetti ho dovuto tagliare molto per far stare tutto  :s
Almissima ha scritto: Non ho ben capito se lo scheletro semplicemente ha posseduto il corpo di qualcun altro oppure se si era talmente rinvigorito da diventare persona lei stessa.
Nel mio intento sarebbe la seconda
Almissima ha scritto: Ma soprattutto i due cacciatori sono troppo fortunati a beccare proprio lei rincorrendo i partecipanti allo sabba.
Avrei dovuto specificarlo, era più lenta degli altri perché appena rigeneratasi
Almissima ha scritto: però un indizi o accenno sul perché abbia quel potere oppure sui motivi che la spingono a tornare in vita. Perché torna? Qual é il suo vero obiettivo e che funzione hanno i due ghostbuster rispetto ai piani della malvagia?
Le risposte non ho avuto lo spazio di inserirle, speravo fosse sufficiente così
Almissima ha scritto: Sono tutte domande che mi sono posta e mi sono risposta che non basterebbe un racconto per contenere tutto ciò, quindi spero ardentemente che tu ne voglia fare una novella, sarei la prima lettrice.
Grazie  :arrossire:

Re: [LMI171] Cacciatori di fantasmi

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@Mina 
Secondo me hai il materiale di base per tirar fuori un romanzo, se ci lavori su. L'idea a me piace molto e ci sono tanti spunti che renderebbero bene, con il giusto spazio. Ad esempio l'elemento della ragazza che appare nei sogni e attrae a sé le persone può essere usato per descrivere i sogni del protagonista, magari spingendo sull'elemento horror (io adoro l'horror!). Potresti anche utilizzare i punti di vista alternati dei cacciatori di fantasmi e della coppia, hai tanto materiale.
A presto!

Re: [LMI171] Cacciatori di fantasmi

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Raven ha scritto: @Mina 
Secondo me hai il materiale di base per tirar fuori un romanzo, se ci lavori su. L'idea a me piace molto e ci sono tanti spunti che renderebbero bene, con il giusto spazio. Ad esempio l'elemento della ragazza che appare nei sogni e attrae a sé le persone può essere usato per descrivere i sogni del protagonista, magari spingendo sull'elemento horror (io adoro l'horror!). Potresti anche utilizzare i punti di vista alternati dei cacciatori di fantasmi e della coppia, hai tanto materiale.
A presto!
Grazie  :love: anche io amo l'horror! Ci penserò su  :D
A presto!

Re: [LMI171] Cacciatori di fantasmi

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@Mina ciao. Ti sei cimentato con un pezzo impegnativo. Purtroppo i buchi nella trama sono evidenti. Alla fine non si capisce  l'identità della persona finita nella valigia, il perché, come, quando. Tutto è rilegato a una sorta di caccia alle streghe, condotta da due acchiappa fantasmi. Infatti, sin da subito, vi è questa impostazione che tale rimane sino alla fine. Appare naturale, con questo limite,  non riuscire a fuorviare la trama in qualcosa di diverso e di più verosimile. Comunque ci hai messo tanto impegno e coraggio. Ciao  (y)
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