[LMI171] La soffitta

1
Qui il testo successivo all'editing effettuato da @Kikki

Traccia di mezzogiorno: La scoperta della bellezza

[LMI171] La soffitta

≪Anche no≫ rispondo in fretta, mentre provo di nuovo con il refresh dei messaggi.
Niente da fare, la schermata di Telegram è sempre bloccata, proprio come Discord e Instagram. 
L’ultimo messaggio di TG, risalente ormai a mezz’ora fa, recita: “Ma Ulde è morto???”
Sì, praticamente sono morto, in questo paesino di campagna abbandonato da Dio, dove il cellulare non prende e continuo a non trovare nemmeno una rete Wi-Fi. Oltretutto ho finito i giga e sono senza soldi, come Satispay mi ha già fatto notare. Quei tristi arricchiti dei miei genitori hanno deciso di tagliarmi i fondi, dopo la pagella del primo quadrimestre. 
E ora, dopo il colloquio con gli insegnanti, siamo arrivati alla reclusione.
≪Sei sicuro che non vuoi la limonata?≫ chiede di nuovo il mio carceriere, nella persona di mia nonna.
≪Sicuro, proprio come due minuti fa.≫
Lei non reagisce. Non so quanto fosse d’accordo sulla decisione dei miei genitori che io stia qui da lei durante il ponte per “portarmi avanti con gli studi” (per dirla come il triste arricchito maschio che, secondo l’anagrafe e la genetica, è mio padre). Ma i miei genitori non si prendono il disturbo di farmi da carcerieri personalmente; non possono certo rinunciare ai loro aperitivi gourmet a Milano e alle loro cene in ristoranti esclusivi. Se scoprissero qual è il ristorante con la cucina migliore al mondo, ma non fosse abbastanza esclusivo, sono certo che non ci metterebbero piede. Preferirebbero fare la fame pagando il triplo nel ristorante vicino, super chic e approvato dai loro amici.
La nonna mi fissa, senza dire altro. Torno a guardare il mio cellulare, scorrendo a caso le vecchie conversazioni per fingermi impegnato. È evidente che non sto studiando, ma non può certo costringermi. 
E poi, se anche non venissi ammesso alla maturità, sarebbe così un dramma? Per i miei sì, probabilmente. I tristi arricchiti non sopportano di avere figli scansafatiche, marchiati dalla vergogna della bocciatura.
Ma Ulde è morto???” continua a chiedere l’ultimo messaggio.
Ulderico. Quanto odio questo nome assurdo che mi sono trovato addosso. Appioppare ai figli nomi in stile nobiltà decaduta è un’altra tendenza tipica dei tristi arricchiti come i miei genitori, che si sentono superiori alle masse per via del loro studio di avvocati in una triste cittadina di provincia. Ho cercato a lungo di farmi chiamare “Rico” dai miei amici. Oltre a dare l’impressione che io abbia un nome normale tipo “Federico”, è anche il nome di un personaggio di Game of Thrones — un personaggio minore, ovviamente, ma meglio di niente.
Ma, ovviamente, il diminutivo che ha preso piede è stato “Ulde”.
≪Non puoi stare sul divano tutto il giorno, gioia≫ dice la carceriera, scuotendo il capo.
E questo chi l’avrebbe deciso, Dio? E poi perché mi chiama gioia? Che nome stupido è?
Sbuffo e torno a fingere che sia possibile fare qualcosa con il mio cellulare. I miei amici avranno già scritto intere enciclopedie su TG, dall’ultima volta che ho eseguito l’accesso.
≪Sto sistemando la soffitta≫ mi informa la carceriera. ≪Vieni ad aiutarmi.≫
≪Non posso, nonna.≫
 Lei storce il naso. ≪Hai molto da studiare, vedo.≫
Sbuffo e mi abbandono sul divano che puzza di vecchio. Mi guardo intorno in quel salotto deprimente, tutto tovagliette all’uncinetto e librerie con le antine a vetri. Sugli scaffali gli stessi libri di storia che affollano le librerie di casa mia. 
Ricordo che da piccolo provavo stima per i miei genitori, che avevano letto tutti quei libri. Poi però avevo scoperto che in realtà non ne avevano letto nemmeno uno. E perché ce li avete? avevo chiesto. Fanno arredamento, era stata la risposta di mia madre, neanche fossero dei soprammobili in vetro di Murano.
Refresh. Ricerca reti wi-fi. Possibile che da queste parti non usino nemmeno Netflix? Refresh.
≪Dai, gioia, alzati. Non costringermi a chiamare tua madre.≫
Niente internet qui, ma il telefono funziona perfettamente… la legge di Murphy all’opera! 
Mi alzo con uno sbuffo il più possibile marcato. La seguo su per le scale, senza dire nulla, ed esprimo il mio disappunto sospirando e strisciando i piedi. Al piano di sopra c’è una scala a pioli che ci porta in soffitta attraverso una botola da film horror: finalmente c’è qualcosa che mi piace, in questa casa!
Quassù è una nuvola di polvere. Valuto brevemente di fingermi allergico, ma purtroppo mia nonna non è affatto rimbambita. Si ricorda tutto, la vecchia, e io non sono mai stato allergico a niente.
La soffitta ha il tetto spiovente con travi di legno a vista, il pavimento di parquet opaco, scatoloni e bauli, ragnatele negli angoli. È bella in maniera irreale. Se la vedessi in un film horror penserei che sembra finta.
La nonna apre un baule e inizia a tirar fuori da lì scatole di cartone, su cui campeggiano scritte a penna nella sua grafia arzigogolata. Alcune scatole hanno nomi di persona, altre nomi di oggetti.
“Tazze servizio vecchio”, “Album da disegno”, “Tende zia Cristina”, “Cornici”, e poi “Chiara” (mia mamma), “Sveva” (mia sorella) e “Franco” (mio nonno). 
Salta fuori anche “Ulderico” e con un sospiro contemplo nuovamente la bruttezza del mio nome.
≪Perché mai devi risistemare?≫ le chiedo. Non ha senso: è tutto ordinato e perfettamente catalogato, in questa soffitta.
≪Sai, tua mamma non terrà tutto quello che le lascerò, e preferisco scegliere io cosa è meglio tenere, o buttare.≫
Perché all’improvviso parla di eredità? 
≪Sei malata, nonna?≫
Lei scuote il capo. ≪I soliti acciacchi.≫
≪E allora perché parli di cosa lasciare alla mamma?≫
Lei abbassa lo sguardo. ≪Per tenermi pronta. Sai, come dice tua mamma, non si sa per quanto potrò gestire questa casa, da sola…≫
≪Vogliono mandarti in ospizio!≫
≪Casa Serena≫ risponde a bassa voce.
≪Ma da quando?≫
≪Per ora non è stato deciso niente, quindi non preoccuparti, gioia. Piuttosto, aiutami a svuotare l’altro baule.≫
È di legno, con le maniglie di metallo annerito ai lati. C’è una serratura, ma non è chiusa. Sollevo il coperchio di legno. È pesante e oppone un po’ di resistenza.
Libri. Decine e decine di libri con i dorsi di cuoio dai colori scuri, su cui sono impresse scritte dorate. Sanno di polvere e di umidità.
“Il Rinascimento”, “De bello gallico”, “Storia del Medioevo italiano”, “L’800 inglese”, “Storia romana”.
 ≪Non ti bastavano i libri che hai giù?≫ le chiedo, sollevando un volume dalla costina bordeaux. C’è uno stile, un’eleganza inarrivabile in questi libri del secolo scorso. L’imperfezione della stampa sul cuoio, i caratteri tipografici con le grazie, dal sapore antico.
≪Li terrei tutti nella libreria, se potessi, ma non ce ne stanno altri, purtroppo.≫
Sbuffo. Tanto chi viene mai a trovarla, per far bella mostra dei suoi libri mai letti?
“Sparta — dalla storia al mito” si chiama il libro che tengo in mano.
Lo sfoglio lentamente, mentre la nonna continua a darsi da fare con le sue scatole. Alcune pagine sono stropicciate, arricciate. Molte pagine, a dire il vero. La costina è solcata da diverse pieghe, alcune leggere, altre marcate. 
≪L’hai comprato usato?≫ le chiedo, appoggiando il libro per terra, ma con attenzione.
≪No, perché?≫ replica lei. ≪Non compro mai libri usati.≫
≪Perché è stato letto.≫
Lei mi guarda perplessa. ≪L’ho letto io.≫
Mi vergogno un po’ per la mia uscita. ≪Credevo che… Anche i miei hanno dei libri come questo, ma non ne hanno letto nessuno.≫
≪Perché li ho letti tutti io.≫
Alzo lo sguardo. ≪Tutti? Tutti tutti?≫
≪Beh, quasi≫ ammette lei. ≪A volte qualche pagina l’ho saltata, quando ci sono troppe citazioni, trascrizioni di atti, o… cose così.≫
≪Come mai quei libri sono a casa dei miei, se sono tuoi?≫
≪Qui tutti non ci stanno e, beh, fanno arredamento.≫
Il suo tono è vergognoso e dispiaciuto. I libri non andrebbero trattati come li tratta sua figlia, e lei lo sa.
≪Tra casa tua e casa mia, ci saranno, non so… duecento libri? Tutti di storia?≫
≪Sì, tutti di storia≫ conferma lei.
≪Perché?≫
La nonna sospira. ≪Avrei voluto andare avanti a studiare, dopo le magistrali. Ma a quei tempi non si spendevano soldi per far studiare le ragazze.≫
≪Volevi studiare storia all’università.≫
Lei annuisce. ≪Ero così triste, all’inizio. Poi ho pensato che, anche se potevano impedirmi di iscrivermi all’università, non potevano impedirmi di studiare.≫
≪E hai iniziato a leggere libri.≫
≪Sì.≫
≪C’è di tutto, qui. Dai Babilonesi alla seconda guerra mondiale!≫
La nonna alza le spalle. ≪A me interessa tutto.≫
Tiro fuori un altro libro. Si chiama “La Rivoluzione russa”. Apro la copertina e un vecchio tascabile scivola giù, rimbalzando sul pavimento.
≪Perché c’è un libro per bambini, qui dentro?≫
≪Quale libro per bambini?≫ chiede lei, perplessa.
≪Questo. La fattoria degli animali.≫
Mia nonna scoppia a ridere.
≪Ma non vi insegnano più nulla, a scuola?≫
≪Perché?≫ 
La nonna scuote il capo. ≪Conosci il Grande Fratello?≫ chiede. ≪Non la trasmissione TV≫ si affretta ad aggiungere.
Molto vagamente, in realtà, ma decido di annuire.
≪Lo stesso autore ha scritto quest’altro libro, in cui gli animali della fattoria fanno la rivoluzione.≫
≪Vogliono più mangime?≫ chiedo ridacchiando. 
≪No. Vogliono più giustizia sociale. E credono che, se si governeranno da soli, potranno ottenerla.≫
≪Ci sta.≫
≪Sono i maiali a prendere il comando della rivoluzione, alla fine.≫
≪La rivoluzione riesce?≫
Lei annuisce. ≪Purtroppo sì.≫
≪Perché purtroppo?≫
≪Alla fine, gli animali della fattoria portano avanti la stessa vita di prima, quando erano governati dagli uomini. Tranne i maiali. Nell’ultima scena, i maiali stanno seduti davanti a una tavola imbandita, a bere nei bicchieri e mangiare con forchetta e coltello.≫
Sono colpito da quell’immagine, forte e affascinante. 
≪È una metafora della rivoluzione russa≫ spiega la nonna.
La parola “metafora” mi riporta alla mente noiosi e infiniti commenti del testo, subiti durante le ore di italiano. 
Eppure questa metafora è… perfetta. Chiara, semplice, luminosa. Bella come solo la verità sa essere.
≪Vuol dire che…≫
Lei non mi risponde, non completa la mia frase. Aspetta che io ci arrivi da solo.
Sorrido. ≪Che quelli che hanno guidato la rivoluzione… alla fine sono diventati come quelli di prima!≫
≪Esatto≫ risponde semplicemente lei, mentre torna da armeggiare con le sue scatole.
Ne apre una, che contiene decine di fotografie antiche.
≪Quella sei tu?≫ le chiedo.
Un mezzo sorriso. ≪Sì, sono io.≫
≪Eri bellissima!≫
Lei si schermisce. ≪No, non direi. Ma ero giovane, e da giovani siamo tutti più belli.≫
Guardiamo insieme le vecchie foto di famiglia, ridendo e commentando, poi finisco di tirare fuori tutti i libri dal baule.
Si è fatta sera, la luce che proviene dall’abbaino è sempre più debole e sfumata.
≪Per oggi è meglio smettere≫ dice la nonna.
Sento una vibrazione nella tasca. Tiro fuori il mio telefono, dove decine, se non centinaia di messaggi sono arrivati tutti insieme.
≪Ulderico≫ mi chiama la nonna.
≪Sì?≫ chiedo distrattamente. Nel gruppo TG si parla di andare in piscina da Anto.
≪Guardami.≫
La guardo.
≪Non sei costretto a studiare se non vuoi. Solo, non smettere di studiare per punire i tuoi genitori. Sei solo tu che ci perdi, alla fine.≫
La nonna non dice altro, e scende la scale.
Io resto lì, con il mio telefono in mano, bloccato a metà di un movimento come se fossi vittima di un incantesimo.
Dopo un po’, non saprei dire quanto, infilo il telefono in tasca e scendo al piano terra.
Mi faccio largo tra il mio borsone ancora intatto e il mio zaino con i libri di scuola, entrambi buttati per terra sul  tappeto persiano, poi mi siedo sul divano.
Ripenso alla Fattoria degli animali, al commento della nonna, che a scuola non ci insegnano più nulla. Ma lei stessa sa che non è davvero così. Probabilmente, la prof l’aveva spiegato eccome. Ero io a non aver ascoltato.
Apro lo zaino quasi in trance, e scavando tiro fuori il libro di storia.
Cerco il capitolo che si chiama “la Rivoluzione russa”.
Semplicemente, inizio a leggere. Senza chiedermi su quale argomento potrei essere interrogato, senza cercare disperatamente di memorizzare le date. Leggo e basta.
Non so quanto tempo sia passato, quando la nonna viene a chiamarmi. Da quando è diventato così bello, leggere?
≪È pronto≫ annuncia lei.
Guardo l’ora e resto stupito. Sono le 21.00. Lei di solito cena alle 19.30, al massimo.
≪Come mai mangiamo così tardi?≫ le chiedo.
≪Non volevo disturbarti, gioia.≫
Sorrido. Mi alzo in piedi e mi stiracchio.
≪Nonna, posso chiederti una cosa?≫
≪Certo.≫
≪Perché mi chiami sempre gioia?≫
Lei arrossisce. ≪Perché non mi piace il nome Ulderico.≫
Scoppiamo a ridere insieme, io la mia carceriera, mentre il mio cellulare vibra sotto al libro di storia.

Re: [LMI171] La soffitta

2
@Raven  :)

Benvenuta nel mondo dei Contest del CdM! Spero di rivederti anche nel classico MI da svolgere da mezzogiorno a mezzanotte. :sss:

Un bell'esordio, per me.  La scoperta della bellezza dell'apprendere, in una soffitta e grazie alla nonna appassionata di storia.

Scrivi bene, e la scelta di fare tanto dialogato risulta vincente: il brano fila e non annoia. Bella la scelta di chiusura, che sigilla la complicità tra i due.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [LMI171] La soffitta

3
@Poeta Zaza  
Ciao, grazie!!!
Mi piacerebbe partecipare anche alla versione classica di MI. Non penso di riuscirci regolarmente perché il lasso di tempo è specifico e confligge con una serie di impegni, ma quando avrò modo parteciperò senz'altro E' divertente e anche un'occasione per mettersi alla prova con tematiche e tempistiche diverse da quelle a cui siamo abituati  
A presto!

Re: [LMI171] La soffitta

4
@Raven 
Che storia commuovente!
Io mi commuovo sempre quando le generazioni si incontrano, quando gli adolescenti scoprono le vere meraviglie della vita e in modo particolare le passioni proprie e altrui. E in generale ho una grande simpatia per i vecchietti.
Ho adorato la nonna, così vera e pratica, presente a se stessa, onesta rispetto alla propria situazione e alla propria famiglia.
L'unico appunto che mi permetto di farti riguarda la prima parte del tuo racconto. È vero che é un adolescente a parlare, ma per il mio gusto c'é qualche ripetizione di troppo, come ad esempio "triste".
A parte questo Ulderico mi é proprio simpatico: critico, tagliente e ribelle in modo adeguato alla sua età.
Mi piace molto come scrivi, hai uno stile scorrevole e fresco e mi ha dato grande soddisfazione leggerti.
Complimenti!

Re: [LMI171] La soffitta

7
Ciao @Raven 
Una scoperta della bellezza particolare, inusuale ai giorni nostri, per questo l’ho apprezzata. Dal punto di vista contestuale della storia penso sia ormai acclamato quanto sia difficile far capire a un ragazzo odierno la bellezza dei libri, fra le tante cose che ignora o che gli hanno scientemente fatto ignorare.
Occorre “disconnetterli” e tu hai risolto questo problema mandandolo in un posto privo di linea, o perlomeno di difficile connessione.
Hai esposto efficacemente all’inizio i condizionamenti di Ulderico, un  ragazzo moderno dall’arcaico nome medievale che detesta, una vanità dei suoi genitori, finti antichi che badano alle convenzioni. 
Hai rappresentato bene anche il suo atteggiamento verso questi genitori e sulla nonna; tutti atteggiamenti d’ordinanza nei giovani. Questa nonna mi è piaciuta, tristemente consapevole che potrà essere relegata in una casa di riposo; questo breve accenno l’ho trovato commovente.
Bella la presa di consapevolezza di Ulderico, il suo accendersi dell’interesse per la vita reale, per la vita di sua nonna, il suo amore per i libri.
Temi che non sempre sono trattati a quanto vedo di solito. Qui il cellulare è relegato a quello che dovrebbe essere: una cabina telefonica portatile.
È particolare sapere di Ulderico che si accorge della vita intorno a sé e per imitazione e curiosità comincia ad amare i libri di carta, la lettura per puro amore della conoscenza, senza nozionismo.
Un consiglio tecnico per i dialoghi: toglierei i caporali che hai messo da tastiera <<      >> perché appesantiscono, potresti sostituirli con questi «      » oppure con la semplice linea ―  meno ingombrante.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LMI171] La soffitta

8
Ciao @Raven un racconto delizioso e delicato, sulla bellezza e riscoperta dei libri. Il fascino per l'antico supera sempre il moderno. Se fossi stato catapultato anch'io da piccolo in quella soffitta, sarei rimasto affascinato di sicuro sia dal luogo che dalla bellezza estetica di quei vecchi volumi. Cosa di più affascinante per introdurre alla lettura? Hai trasmesso molto bene il percorso di autoconsapevolezza del giovane Ulderico, che già lo vedo andar via di casa il prima possibile. E che fantastica nonna!
Complimenti

Re: [LMI171] La soffitta

9
@Alberto Tosciri @Kasimiro 
Grazie per le bellissime parole! Anche a me sono piaciuti molto i vostri racconti, non li ho commentati perché non ho trovato particolari spunti di miglioramento.

@Alberto Tosciri Ecco, è da circa 2 mesi che ho iniziato a utilizzare le caporali, fino a quel momento usavo felicemente le virgolette classiche (") che sono veloci e semplice da inserire. Però mi sono resa conto che le caporali al momento vanno per la maggiore, quindi mi sono adattata. Infatti le ho inserite come simboli e ho fatto tutta una serie di copai-incolla, che porta via abbastanza tempo. Anche a me quelle che ho usato sembrano grossine, quelle più piccine che hai indicato tu sono più belle. Tu come fai a inserirle? Hai un metodo più veloce del copia incolla?

A presto!

Re: [LMI171] La soffitta

10
Raven ha scritto: @Alberto Tosciri Ecco, è da circa 2 mesi che ho iniziato a utilizzare le caporali, fino a quel momento usavo felicemente le virgolette classiche (") che sono veloci e semplice da inserire. Però mi sono resa conto che le caporali al momento vanno per la maggiore, quindi mi sono adattata. Infatti le ho inserite come simboli e ho fatto tutta una serie di copai-incolla, che porta via abbastanza tempo. Anche a me quelle che ho usato sembrano grossine, quelle più piccine che hai indicato tu sono più belle. Tu come fai a inserirle? Hai un metodo più veloce del copia incolla?
Se hai Word ti basta andare nei simboli e badando bene al carattere che userai per scrivere, ad esempio il solito font times new roman oppure uno di tua scelta puoi impostare per ogni caporale un comando da tastiera, ad esempio alt+z per « e alt+a per ». È molto comodo quando scrivi, io l’ho usato molto.
Ora non ricordo bene come fare l’impostazione perché non ho più Word, il vecchio pacchetto acquistato nel 2007 originale ha smesso di funzionare a un certo punto con windows10. (Uso Libre Office che è molto simile ed è scaricabile gratis) ma ti assicuro che non è per niente difficile, trovi informazioni dettagliate in rete


Ti spiego come faccio io in maniera artigianale, lo facevo anche con Word, puoi tranquillamente ridere, un informatico si sfascerà di risate, io sono terra terra, però funziona e non lo trovo stressante, perché faccio copia incolla solo una volta: prendo una cartella, che ho già impostata per 1800 caratteri e copio incollo un centinaio o anche più di caporali (o lineette), in una lunga colonna a piacere e sopra nello spazio bianco comincio a scrivere. Quando mi servono i caporali li richiamo con il tasto canc e vengono da me… li ho impostati così:  « »
in modo che scrivo il dialogo già dentro e quando finisce è già chiuso.
Scusa per la pietosa spiegazione, alla fine il risultato è comunque “normale” e non copi incolli ogni volta.
Con Word e impostazione tasti a tuo piacere è ancora meglio comunque.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LMI171] La soffitta

11
@Alberto Tosciri 
Grazie per la risposta!
Di solito uso più che altro i documenti Google, perché scrivo con dispositivi diversi e salvo tutto su Drive. Poi magari uso Word per dare la sistemata finale, ma non è detto (in questo caso non l'ho fatto, ad esempio). Con i documenti Google non ho proprio trovato l'opzione dei comandi da tastiera, mi sembra strano non ci sia proprio, più probabile che non la trovi io; on line non ho trovato nulla in merito, oppure ho trovato tutorial che sembravano pertinenti, ma poi descrivevano tutt'altro.

Re: [LMI171] La soffitta

12
@Raven ciao. Piacere che tu sia con noi. Io mi accomoderei sui commenti positivi che hai ricevuto. Scrivi bene e il percorso narrativo è privo di inciampi.
Tutto va liscio quando si racconta qualcosa che ha che fare sugli ambienti familiari. Sarò un disincantato ma la scoperta della bellezza dei libri è un cliché.
Però, se il giovane Alderico fosse rimasto in catarsi leggendo 1984 di Orwell, magari incuriosito dal fatto che "Il grande fratello" come programma televisivo, nasceva dalla profezia di questo "disincantato autore", la trama ne avrebbe preso valore. Non è facile pensare ( a quella età) di rimanere coinvolti leggendo della storia, ma di un libro che avrebbe rivoluzionato il mondo e la comunicazione anche dei giovani, questo sì. Di certo la nonna sapeva di 1984 e magari se lo avesse indirizzato a leggerlo e poi...
Comunque un buon lavoro. Ciao :)
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [LMI171] La soffitta

14
Raven ha scritto: Tu come fai a inserirle? Hai un metodo più veloce del copia incolla?
« Alt+174
» Alt+175

Una scrittura "facile", piana, con frasi semplici e dalla costruzione lineare. Solo un consiglio: togli un po' di possessivi. C'è un solo cellulare, così come c'è un solo carceriere: inutile e fastidioso ripetere il mio cellulare, il mio carceriere. Mi era sembrata poco consona all'età del ragazzo la definizione tristi arricchiti, ma poi la ribadisce più volte, anche con un tratto d'ironia, e in questo modo giustifica una scelta personale, un suo modo di vedere i genitori.
Ho qualche perplessità sulla trama, invece, che assomiglia a una favoletta e, come tale, sembra avere un fine dichiaratamente didascalico. I genitori sono delle figurine: nessuno dei due ha mai letto un libro, in perfetta sintonia scelgono un ristorante dove si spende molto, purché sia "in", non perdono un evento glamour e così via; per contro la nonna, di certo il personaggio più riuscito dei due, è tutta "perfettina", senza una sbavatura: lei ha letto tutti i libri, non condivide il comportamento dei genitori di Ulde, ma non si ribella, nemmeno quando decidono di rinchiuderla in una casa di cura; è buona d'animo, ordinata e prodiga di saggi consigli per il nipote. Quando mai nella vita incontriamo delle persone così perfettamente incasellate nel proprio "personaggio", senza un solo tratto in chiaroscuro? Mai, direi, se non nelle favole, appunto. Anche la conversione di Ulderico suona un po' troppo repentina: non glielo vedo un adolescente tutto invischiato nel mondo social dimenticarsi anche di cenare di fronte a un baule di vecchi libri... Certo, la traccia richiedeva una "scoperta", ma avrei cercato di renderla più graduale e meno improvvisa, magari lasciando intuire che quella sarebbe stata la strada intrapresa in futuro.
Comunque un buon esordio tra noi, mi auguro di continuare a vederti tra i partecipanti dei nostri contest anche in futuro.
Buon lavoro.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: [LMI171] La soffitta

15
@Marcello 
Grazie per il commento.
In realtà i genitori risultano così perché sono visti attraverso lo sguardo di Ulderico, che da buon adolescente vede tutto in bianco e nero ed è in una fase di ribellione verso i genitori. Nel mio concept sono due professionisti di successo (sono avvocati, come emerge ad un certo punto), che senz'altro nella vita hanno letto (quantomeno i testi di legge e presumibilmente la loro buona fetta di romanzi). Il forte handicap dei genitori è nell'importanza che danno all'immagine, che li porta a mettere in mostra libri di storia solo per dare l'idea di essere particolarmente colti; nella stessa maniera, scelgono i ristoranti più in anziché quelli in cui si mangia meglio, e hanno fatto passare ad Ulderico l'idea che si studi per far bella figura e per far carriera, non per imparare. 
In questo senso, la miccia che accende effettivamente il cambiamento di Ulderico (reso possibile dallo stato di serendipity creato dall'atmosfera della soffitta) è l'affermazione lucida della nonna, che ha capito che il ragazzo va male a scuola principalmente per ribellione ai suoi. Capire che non è lui ad avere potere sui genitori con la sua ribellione, ma sono loro ad avere potere su di lui condizionando le sue scelte, è la chiave del cambiamento. A quel punto Ulderico è libero di fare le sua scelte :) 
Rispondi

Torna a “Racconti lunghi”

cron