[Lab2] Espana ‘82

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Quando sono nato doveva esserci una strana congiunzione astrale. Qualcuno deve essersi divertito a mescolare le carte, scombinare il mazzo. Capovolgere il cielo e scambiarlo con la terra. Altrimenti non potrei spiegarmi come mai certe volte mi sento colore, altre pennello, altre ancora una tela bianca. 
Vorrei proprio incontrarlo quel genio del male. Dovrebbe spiegarmi come mai, proprio oggi, tutto sembri esattamente come dovrebbe essere. Nell’ordine stabilito delle cose. Assolutamente normale. Il bambino ha lasciato il posto al vecchio e la malinconia si è infiltrata a tradimento nei pensieri e non vuole abbandonarmi. I sogni? Svaniti. Dovrei rifugiarmi nel giardino, sdraiarmi per terra, prendere in mano il pennello, intriderlo di colore e chiudermi nel mio mondo. Forse così riuscirei a mettere a posto le cose.
Se solo non avessi accettato questo maledetto appuntamento. Mi hanno detto che è per un motivo molto importante, una questione di interesse nazionale. Niente meno. E io non ho saputo dire di no. Mi sono troppo ammorbidito. Dovrei disdire, comunicare che non mi sento bene, trovare una scusa qualsiasi per rimandare. Si vede che sono proprio diventato vecchio. Del resto, ho quasi novanta anni suonati, inutile negarlo.
Quando ero giovane nessuno si sarebbe mai sognato di venirmi a cercare. Anzi, ero considerato un soggetto da evitare. Miró il contestatore, il nemico del regime, il surrealista, il visionario. Un imbrattatele allucinato convinto di essere un pittore.
Eh… ma le cose cambiano. Ora che il regime è caduto e il mostro non fa più paura, si può anche fare una dichiarazione d’amore a Miró e andarlo a cercare con tante riverenze. Intellettuali del cazzo, gente marcia. 
Quel manichino in doppiopetto è puntuale. Mi chiama maestro e fa tutta una sequela interminabile di cerimonie per dirmi quanto la mia arte sia apprezzata in tutto il mondo e quanto la Spagna sia orgogliosa di me. Quel coglione pensa di lisciarmi le piume, non sa quanto certi stupidi convenevoli mi facciano irritare.
Gli chiedo di andare subito al punto e spiegarmi il motivo dell’incontro.
«Sarebbe davvero un grande onore per il nostro Paese se lei disegnasse la locandina ufficiale dei mondiali di calcio» risponde senza farsi pregare oltre.
La risposta mi coglie di sorpresa. Non mi aspettavo proprio questo genere di richiesta. Poi, prosegue: «Naturalmente, il suo compenso sarà adeguato». Questa precisazione, al contrario, la temevo.
Miró e il calcio. Un matrimonio singolare.
Arte e denaro. Una combinazione infernale.
Mentre cerca in ogni modo di vincere la mia riluttanza, noto che mi fissa le mani: mi piace spremere il tubetto e sentire la consistenza cremosa del colore. Spesso pitturo con le dita e non esiste solvente in grado di smacchiarle a dovere.
«Maestro, allora, possiamo contare su di lei?» 
Per tutta la vita, cazzo per tutta la vita, dico io, ho combattuto contro chi considera l’arte solo un mezzo per fare denaro. Non so come io possa resistere alla tentazione di rispondergli per le rime. Non potrei mai creare a comando, per soldi, poi.
Sono proprio diventato un vecchio rimbambito. Mi riesce perfino di abbozzare un sorriso mentre gli indico la strada per uscire. 
Gli farò sapere. 
Certo, se avessi immaginato quello che aveva da dirmi, l’avrei lasciato fuori dalla porta.
Adesso devo andare in camera, sedermi sulla vecchia sedia a dondolo. Mi serve per guardare le cose da un’altra prospettiva.
La cantilena del giunco è simile al cullare materno. Una nenia che mi rassicura e infonde la calma necessaria. Non sono mai stato un tipo impulsivo, ho sempre ponderato le scelte e, soprattutto, rifiutato qualsiasi imposizione. 
Pilar è rimasta ad attendere in giardino. Mi piace osservarla dalla finestra. Vestita di bianco, sotto le palme da dattero, sembra una piccola stella che riluce. I passi lenti, la testa china sul libro di poesie. Se non accettassi questo lavoro, sono certo che lei capirebbe. Ha sempre rispettato le mie idee e fatto il possibile per lasciarmi lavorare tranquillo; non credo che avrei mai potuto desiderare una compagna migliore. 
Deve essersi accorta che la sto guardando e mi fa cenno di raggiungerla.
Il vento di mare agita le piante di salvia e rosmarino. Respiro a fondo.
Che calma... Barcellona è diventata troppo caotica; non riuscirei più a neppure a pensare con tutto quel frastuono. 
Godo di questa quiete carica di profumi.
Il silenzio contiene infinite melodie. È una sorta di musica muta di cui riesco a visualizzare le note. Le immagino adagiarsi con eleganza sulla tela e prendere vita.
Infinito e immobilità mi attirano come un vortice.
Un sasso, nella sua apparente fissità, racchiude infiniti movimenti. Potrei rappresentarli come scintille, scie che volano fuori dalla cornice o come lapilli che schizzano da un vulcano.
È più forte di me. Quando cammino nel giardino non posso evitare di soffermarmi. C’è sempre qualcosa che attira la mia attenzione. Può essere una foglia, un tronco d’albero, un fiore, un insetto. I giochi di luce che filtrano dai rami.
Un raggio che rimbalza sullo specchio d’acqua mi sembra una linea dritta che attraversa la tela verde e illumina di rosa acceso un grappolo di bouganville. Questo giardino è una parte fondamentale della casa. Non potrei mai mettermi a lavorare in un luogo qualsiasi. Intorno a me devo avere degli oggetti che facciano scoccare la scintilla.
Le cose che ho raccolto in giro, il muro di cinta con le sue pietre tozze e irregolari: tutto mi suggerisce idee, mi dà la carica.
Adagiata alla palizzata c’è una ruota di legno che apparteneva a un mulino per l’olio. Quando chiesi al vecchio Arnau se fosse disposto a vendermela, mi guardò stranito. Non capiva cosa avrei potuto farmene di quel pezzo di legno fradicio. Non poteva immaginare quanto mi affascinassero le sue cavità e tutte quelle linee che sembravano tagliare il cerchio in tante figure geometriche diverse. Quanto fossero preziosi per me quei piccoli chiodi, le imperfezioni, la ruvidità del legno marcito.
Come il vecchio aratro che ho scovato nella cascina di Bartolomeu. Trovo che abbia una forma sensuale, mi ricorda le fattezze di una donna. Quando glielo dissi, vidi traballare l’unico dente che gli era rimasto in bocca, non aveva mai riso così tanto.
Mi diede una pacca sulla spalla e mi offrì un bicchiere di rosso. Dopo aver bevuto, aveva gli occhi lucidi e brillanti. Due mezze lune che, di tanto in tanto, riaffiorano nei miei dipinti.
La vera fortuna è che in questa isola tutti hanno dei tesori da offrire: oggetti di arte popolare pura e commovente.
Quando inizio un lavoro è come se ricevessi una scarica o un insetto mi pungesse sul naso. Sono totalmente in balìa di una sorta di allucinazione. È una lotta tra me e la tela, tra me e l’angoscia. Devo continuare a lavorare finché l’ansia non si placa. Può succedere che una tela rimanga in lavorazione per anni, una volta che ho esaurito il primo impulso e va bene così.
Il mio laboratorio è come un grande giardino. Mi capita di lavorare a molte opere contemporaneamente: ce ne sono a decine che attendono il loro momento appoggiate alle pareti.
Sono come un giardiniere che deve prendersi cura delle proprie piante. Dopo averle seminate devo annaffiarle, innestarle, concimarle e poi lasciare che le immagini maturino nella mente. Senza alcuna fretta. A volte aggiungo un dettaglio e quel particolare mi scatena nuove sensazioni e nuove idee. È tutto in divenire fino a quando ogni segno è al proprio posto e coincide con la mia visione.
Camminare in questo giardino è come compiere un viaggio. Vado a rilento, assaporo ogni momento.
Pilar mi viene vicino e io le offro il braccio. Pare che sia io a sostenerla, ma la realtà non è quella che sembra. È lei il mio equilibrio.
Le chiedo di seguirmi in camera. Resterei per ore in silenzio sdraiato sul letto a comunicare senza bisogno di troppe parole. Ma devo tirare fuori il rospo se voglio stare meglio.
Nella parete di lato al letto è appeso un brandello di tela bruciacchiata.
«Pilar, ricordi quando ho dato fuoco alle tele?»
«Certo» mi risponde senza esitazione.
«Mi avevano offerto un milione di dollari per quei dipinti.»
«Lo so» un attimo di pausa e poi riprende: «Ti sei pentito?»
Neppure lei può credere a ciò che ha appena detto.
Quel giorno, mentre le fiamme divoravano le mie opere, ho provato una gioia incontenibile. Io le ho liberate. Rese immortali.
Meglio ucciderla, l’arte, che darla in pasto a certi sfruttatori.
Pilar mi stringe la mano. Sento che è il momento giusto di liberare la mente dal tarlo che si è conficcato dentro e non mi dà pace. 
«Mi hanno offerto molto denaro, Pilar. Tanti soldi per un nuovo lavoro.»
«Non vorrai dare fuoco a tutto l’atelier per questo. Se non ti va di farlo, basta che tu non accetti.»
Lei è sempre stata dalla mia parte. Solida.
«Stai già lavorando molto. Non sei stanco?» Materna.
Qui, nell’intimità della nostra stanza, non ho mai avuto vergogna di mostrarmi nudo, a mostrare la fragilità. Forse lo ha visto anche lei, il vecchio.
L’abbraccio forte. 
Adesso so cosa rispondere. 
«Sono lusingato che abbiate pensato a me per un’opera così popolare. Dare fiducia a un vecchio sognatore è un atto di coraggio e ne sono davvero commosso, ma... non credo di essere l’artista che fa al caso vostro.»
Sono già pronto ad alzarmi per congedare il mio ospite, ma la sua reazione non è affatto quella che mi aspettavo.
«Maestro, ci aiuti a comunicare al mondo una nuova immagine del nostro Paese. Ci faccia sognare.»
Il manichino non poteva scegliere argomento migliore per farmi cambiare idea.
Alla fine decido di accettare, ma solo a una condizione: sarà un dono di Joan Miró alla Spagna.
Adesso devo solo lasciare andare le mani dove vogliono, far fluire i pensieri e trasferire i segni sulla carta. Incidere il rame e spalmarlo di vernice.
Il sole, il calore del popolo spagnolo, la rinascita dopo l’oppressione. 
Comincia la parte migliore: il bambino sorride, affonda il pennello nel colore e si abbandona al sogno. Forse non sono ancora così vecchio.

Re: [Lab2] Espana ‘82

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@Monica ha scritto: Quando sono nato doveva esserci una strana congiunzione astrale. Qualcuno deve essersi divertito a mescolare le carte, scombinare il mazzo. Capovolgere il cielo e scambiarlo con la terra. Altrimenti non potrei spiegarmi come mai certe volte mi sento colore, altre pennello, altre ancora una tela bianca. 
Vorrei proprio incontrarlo quel genio del male. Dovrebbe spiegarmi come mai, proprio oggi, tutto sembri esattamente come dovrebbe essere. Nell’ordine stabilito delle cose. Assolutamente normale. Il bambino ha lasciato il posto al vecchio e la malinconia si è infiltrata a tradimento nei pensieri e non vuole abbandonarmi. I sogni? Svaniti. Dovrei rifugiarmi nel giardino, sdraiarmi per terra, prendere in mano il pennello, intriderlo di colore e chiudermi nel mio mondo. Forse così riuscirei a mettere a posto le cose.
 Ciao, @@Monica   :)

Ti domando un chiarimento su un'apparente contraddizione fra l'ultima frase dell'incipit e le tre che ho evidenziato a metà del periodo.
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmnon sa quanto certi stupidi convenevoli mi irritino. mi facciano irritare.
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmGli chiedo di andare subito al punto e spiegarmi il motivo dell’incontro.
andare subito al dunque (secondo me è da preferirsi)
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmPer tutta la vita, cazzo per tutta la vita, dico penso io, ho combattuto contro chi considera l’arte solo un mezzo per fare denaro. Non so come io possa resistere alla tentazione di rispondergli per le rime. Non potrei mai creare a comando, per soldi, poi.
Questa la sua "identità" di pittore.
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmInfinito e immobilità mi attirano come un vortice.
Brava!   (y)
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmUn sasso, nella sua apparente fissità, racchiude infiniti movimenti. Potrei rappresentarli come scintille, scie che volano fuori dalla cornice o come lapilli che schizzano da un vulcano.
Ma dipingi anche tu, Monica?
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmUn raggio che rimbalza sullo specchio d’acqua mi sembra una linea dritta che attraversa la tela verde e illumina di rosa acceso un grappolo di bouganville.
Anche questa è una visione d'artista!
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pm
È lei il mio equilibrio.   (y)
Le chiedo di seguirmi in camera. Resterei per ore in silenzio sdraiato sul letto a comunicare senza bisogno di troppe parole. Ma devo tirare fuori il rospo se voglio stare meglio.
Nella parete di lato al letto è appeso un brandello di tela bruciacchiata.
«Pilar, ricordi quando ho dato fuoco alle tele?»
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pm
«Maestro, ci aiuti a comunicare al mondo una nuova immagine del nostro Paese. Ci faccia sognare.»
Il manichino non poteva scegliere argomento migliore per farmi cambiare idea.
Alla fine decido di accettare, ma solo a una condizione: sarà un dono di Joan Miró alla Spagna.
Adesso devo solo lasciare andare le mani dove vogliono, far fluire i pensieri e trasferire i segni sulla carta. Incidere il rame e spalmarlo di vernice.
Il sole, il calore del popolo spagnolo, la rinascita dopo l’oppressione. 
Comincia la parte migliore: il bambino sorride, affonda il pennello nel colore e si abbandona al sogno. Forse non sono ancora così vecchio.
Ho evidenziato la frase decisiva per muovere Mirò all'opera.
Brava, @@Monica - un gran bel brano sulla scelta del grande pittore spagnolo di dipingere la locandina dei mondiali di calcio in Spagna nell'82 (notti magiche per l'Italia!)-   :)

Eccola:



Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Grazie @Poeta Zaza! Anche per aver postato la mitica locandina. 
Miró era un sognatore un eterno bambino per certi aspetti (almeno questa è l’idea che mi sono fatta di lui studiando la sua vita) dipinse la locandina circa un anno prima di morire, era già molto anziano. Nel periodo iniziale che mi hai evidenziato ho immaginato che in quel momento sentisse addosso il peso dell’età, quindi tutto era nell’ordine giusto (non come la sua sensazione abituale, non so se mi sono spiegata) 🌼 No, non dipingo ma sono appassionata di storia dell ‘arte.🎨

Re: [Lab2] Espana ‘82

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E' vero, il tuo racconto ha un'anima poetica, ricca di poesia, di "infinite melodie". Mi piace molto anche l'idea di una persona che si trova davanti ad una scelta identitaria e in quanto tale, il più delle volte dolorosa. Mi ha anche ricordato in qualche quell'enormita di "Sostiene Pereira" che in fondo era tutto incentrato sull'identità , dapprima smarrita o forse dimenticata, ma questa è un'altra storia. Ottimo lavoro il tuo! 

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Ciao @Monica

Nonostante sia un bellissimo pezzo, quello che hai scritto, dove si nota la tua sensibilità artistica, credo che scrivere in prima persona sia leggermente diverso e difficile. VedI, io riesco a vedere degli errori, ma non riesco a non farli mentre scrivo. Alcune cose che dovremmo far sentire al personaggio le descriviamo, ma in realtà stiamo perdendo il punto di vista. In più tu hai scelto un personaggio reale, e anche se hai inventato, si notano delle frasi elaborate da informazioni e non dalla mente di Mirò. Non sappiamo e non sapremo mai cosa, davvero, pensava lui. Un personaggio di fantasia è sicuramente meno difficile, l'autore può davvero sparire dalla pagina, invece in questo racconto, chi legge è consapevole che il personaggio non può essere Mirò in prima persona.

Ti faccio due esempi dove trovo che si sposti il punto di vista. Cerco di essere utile e di spiegarmi meglio possibile.
@Monica ha scritto: Mentre cerca in ogni modo di vincere la mia riluttanza, noto che mi fissa le mani: mi piace spremere il tubetto e sentire la consistenza cremosa del colore. Spesso pitturo con le dita e non esiste solvente in grado di smacchiarle a dovere
Qui parli della sua riluttanza, ma non l'hai ancora mostrata, e dei vari modicon cui il suo interlocotore starebbe cercando per superarla. In effetti io che leggo vedo quello che sta succedendo: Il manichino gli ha fatto una richiesta. Mirò considera le due associazioni di idee, ci metterà un secondo, l'altro nota le mani del maestro, lo fa in quel momento perchè sta aspettando una risposta, in che modo sta cercando di convincerlo? e perchè dovrebbe tentare di fargli cambiare idea  se ancora non sa cosa gli risponderà? se sta cercando di convincerlo non l'hai fatto vedere, hai detto solo che nota le mani sporche di colore.

In più questa affermazione:
mi piace spremere il tubetto e sentire la consistenza cremosa del colore. Spesso pitturo con le dita e non esiste solvente in grado di smacchiarle a dovere. Perchè Mirò dovrebbe, quasi, scusarsi con i lettori, per le condizioni delle sue mani e che lui, tra l'altro, conosce benissimo? Questa frase è chiaramente una informazione di troppo, che non può recitare certamente a sè stesso. Almeno detta così. Forse avresti potuto scriverla diversamente
@Monica ha scritto: «Maestro, allora, possiamo contare su di lei?» 
Ecco, qui ci spieghi. Dopo la richiesta, l'uomo attende un momento, Mirò considera le due associazionidi idee:
Miró e il calcio. Un matrimonio singolare.
Arte e denaro. Una combinazione infernale.
Lo fa in silenzio, forse, pensa anche alle sue mani sporche di colore, perché l'uomo ci ha piazzato sopra il suo sguardo. Ma non dovrebbe badarci, lui fa il pittore! strano, se fossero state sporche di grasso, di farina... L'uomo nota le sue mani e rincara; possiamo contare su di lei? questa è la scena che io vedo, Toglierei la riluttanza, non aggiunge e non toglie nulla.
@Monica ha scritto: sab giu 11, 2022 4:19 pmPilar è rimasta ad attendere in giardino. Mi piace osservarla dalla finestra.
Un uomo vede sua moglie in giardino; perchè dovrebbe dirlo a se stesso? lui lo sa, quindi a chi lo sta dicendo? il punto di vista in prima persona è molto intimo, lui sa soprattutto quello che prova e che pensa. Lui la vede e senza rivolgersi a nessuno, tantomeno a se stsso, formula un pensiero:
 Pilar, stella mia. La tua luce illumina tutto il giardino, i tuoi piccoli passi assorti nella lettura. So che capirai se non accettassi questo lavoro.
Non so se sono riuscita a spiegare bene il mio punto di vista, scusa l'impiccio di parole :D

Forse tutto il testo è pieno di cosiderazioni simili, di cose che si pensano di lui, ma è per forza di cose che deve essere così, credo. Ho visto, per esempio il film su Frida Kalo, spettacolare, ma poi, leggendo su di lei ho capito che ben poco viene fuori, di lei vera, da quel film.
Buon labocontest, e se hai bisogno di chiarimenti riguardo il mio commento chiedimi pure.

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Grazie @Alba359
 Condivido in pieno le tue osservazioni e me ne servirò per rielaborare il testo. 
In effetti non è un monologo (almeno nelle mie intenzioni) ma un racconto in prima persona. Trattandosi di un personaggio reale, prima di scrivere mi sono documentata e ho ascoltato interviste ecc. proprio per fare un lavoro più mirato sul personaggio. Il progetto è “ambizioso” mi rendo conto. Lavorare su un personaggio di fantasia sarebbe più semplice ed esporrebbe a minori critiche ne sono consapevole. Ma ho pensato di fare esercizio “sfruttando” le mie esperienze teatrali. Ardito, lo so. Comunque non del tutto inventato. La gran parte delle cose che ho scritto sono frutto dello stesso pensiero dell’artista o almeno di quello che lui stesso ha voluto comunicare tramite interviste ecc.

Re: [Lab2] Espana ‘82

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@@Monica Ciao!
Ho letto con curiosità e interesse il tuo lavoro, anche perché il titolo è calamita per uno della mia generazione.
Spero di non ripetere cose già dette, ma non leggo gli altri (solo dopo) per non farmi influenzare.

Devo dire che mi hai portato su un sentiero inatteso: mai mi sarei aspettato di trovarmi nella testa di Mirò. E questo è un bene.
Così come lo è la tua scrittura, pulita ed efficace.
L’altra faccia della medaglia è che il tuo Mirò pensa troppe cose di sé, di quello che fa o ha fatto, per risultare totalmente credibile. Sembra, soprattutto nella parte centrale, che voglia spiegare al lettore e non che stia davvero pensando. Esempio:
@Monica ha scritto:
Mi capita di lavorare a molte opere contemporaneamente: ce ne sono a decine che attendono il loro momento appoggiate alle pareti.
Sono come un giardiniere che deve prendersi cura delle proprie piante. Dopo averle seminate devo annaffiarle, innestarle, concimarle e poi lasciare che le immagini maturino nella mente. Senza alcuna fretta. A volte aggiungo un dettaglio e quel particolare mi scatena nuove sensazioni e nuove idee. È tutto in divenire fino a quando ogni segno è al proprio posto e coincide con la mia visione.
Questo aspetto, che può essere una legittima scelta stilistica, diventa un problema nel momento in cui devi trattare velocemente la parte finale (ovvero il cambio di decisione). 

Ecco, se c’è un aspetto su cui mi sentirei di suggerirti una revisione è l’equilibrio tra la prima parte e il momento del sì: qui mi sono mancate le motivazioni (solo accennate) che invece sarebbero state utili per capire la personalità del maestro.
Mi sembra strano esprimere questa aspettativa ma è ovviamente figlia della tua scelta di farci conoscere questo personaggio e questo specifico episodio.

Qualche dettaglio:
- Mi piace molto l’inizio, che incuriosisce. Trovo che la parte più intrigante sia “…certe volte mi sento colore, altre pennello, altre ancora una tela bianca.”, e secondo me l’inizio sulla “congiunzione astrale” distrae la focalizzazione del lettore. Forse potrebbe essere più efficace un: “Quando sono nato doveva qualcuno deve essersi divertito a mescolare le carte, scombinare il mazzo. Capovolgere il cielo e scambiarlo con la terra. Altrimenti non potrei spiegarmi come mai certe volte mi sento colore, altre pennello, altre ancora una tela bianca.”


- “Vorrei proprio incontrarlo quel genio del male.”: perché genio del male? “Folle creatore”, “Divino burlone” o altro, ma non ci vedo il male: anche perché nel proseguo non ci sono riflessioni in tal senso.

- “…tutto sembri esattamente come dovrebbe essere. Nell’ordine stabilito delle cose.” VS “Forse così riuscirei a mettere a posto le cose.”, mi sembrano due affermazioni contraddittorie.

- “Se solo non avessi accettato questo maledetto appuntamento.”, mi sembra un’affermazione fuori dal flusso di quanto detto sin qui. Penso che sia un tema molto importante nel pov in prima persona: il rischio che corriamo, scrivendo, di anticipare il nostro pensiero dentro quello del personaggio. In questo caso forse sarebbe stato più efficace far si che l’appuntamento fosse già accaduto e far fare le riflessioni a posteriori.

- splendido questo passaggio:
@Monica ha scritto:
Il vento di mare agita le piante di salvia e rosmarino. Respiro a fondo.
Che calma... Barcellona è diventata troppo caotica; non riuscirei più a neppure a pensare con tutto quel frastuono. 
Godo di questa quiete carica di profumi.
Il silenzio contiene infinite melodie. È una sorta di musica muta di cui riesco a visualizzare le note. Le immagino adagiarsi con eleganza sulla tela e prendere vita.
Infinito e immobilità mi attirano come un vortice
- “Il manichino non poteva scegliere argomento migliore per farmi cambiare idea.”: ecco qui sento la mancanza di spiegazioni. Mirò ci ha spiegato il suo pensiero sull’arte, sulla creatività, sulla natura come fonte d’ispirazione, sul suo affetto per Pilar e sull’odio per i mercanti d’arte, ma cosa lo spinge davvero a cambiare idea? 



Ok, mi fermo qui perché penso di aver superato il livello di tediosi accettabile.

Recap: un bel racconto che dà valore aggiunto, forse da riequilibrare un po’

CIAOOO!!!

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Grazie @L'illusoillusore per l’analisi del testo e gli ottimi spunti. Per quanto riguarda la decisione di eseguire il lavoro, @Poeta Zaza ha colto perfettamente il punto. La tua domanda mi fa riflettere. A volte si pensa di riuscire a comunicare, ma la questione è davvero complessa.
Si è comunicato ciò che l ‘altro ha capito. Se non ci sono riuscita con te, il difetto è mio. Ci lavorerò.
Grazie 🙏 

Re: [Lab2] Espana ‘82

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MI ha fatto piacere leggere di  Mirò, un artista che conosco e trovo interessante. Mi riporta anche molto indietro, lo "incontrai" ai tempi di una ricerca studentesca sul dadaismo.
Premesso l'elogio della scrittura scorrevole ed efficace, condivido solo in parte le critiche sul rapporto autore - personaggio: se ne scegliamo uno reale, i pensieri che possiamo attribuirgli saranno di necessità ricavati dalle fonti disponibili. Il tuo Mirò rende bene le scelte di vita, l'etica e la vivacità dell'artista, salvo qualche passaggio un po' troppo didascalico.
Sono invece d'accordo sulla modifica dell'incipit e sulla necessità di spiegare, al caso tagliando altro, perché cambi idea a proposito del simbolo. Magari esiste qualche traccia... In mancanza gli avrei attribuito, per es. il timore che la nuova Spagna continui utilizzare iconografie  obsolete. Il suo manifesto è molto innovativo.
Il tuo è comunque un buon testo!
 
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [Lab2] Espana ‘82

13
Ciao carissima @MonicaX1974 

Questo racconto ci offre una finestra biografica immaginaria (ma che potrebbe ben rispondere a una realtà dei fatti) sugli ultimi anni di vita del grande artista spagnolo Joan Miró.
Dove percorri e analizzi il suo travaglio interiore di fronte alla proposta governativa di creare una locandina per i mondiali di calcio che si svolgeranno in Spagna. (Quelli che vincemmo gloriosamente).

Direi che ti è riuscito molto bene e con una scrittura gradevole e fluida, di dipingere questo ritratto del grande maestro, entrando nelle sue emozioni e nei suoi ricordi.
Stante la piacevolezza del racconto, mi è restato il dubbio sulla sua attinenza al tema dell’identità.
Mi pare che il grande personaggio non abbia dubbi sulla propria identità, né l’hanno i suoi committenti nel ritenerlo l’artista più rappresentativo e meritevole, nel paese per svolgere il compito che intendono assegnargli.
Tant’è che alla fine lui accetta quel lavoro e ne trae una rinnovata energia e motivazione artistica nel farlo.

Insomma il racconto è ben scritto e di piacevole lettura, ma non riesco a trovare lo sviluppo del tema dato in maniera evidente.
Un affettuoso saluto e a presto rileggerti.
Ciao.  <3

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Grazie @sefora per il consiglio e la lettura. Miró è un artista che mi intriga molto.🌷
Caro @Nightafter grazie per la lettura e per il tuo bel commento. Ho inteso parlare di una identità artistica, non ho pensato a una identità complessa o confusa o a una persona in cerca della propria identità. Vedendo gli altri scritti, credo proprio tu abbia ragione. Ho fatto una interpretazione troppo semplice del tema, certo meno azzecccata di altri. 💖

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Ciao, @@Monica
Ti dirò, ho letto il tuo racconto con immenso piacere. Mi hai trasportata nella mente e nella vita di questo grande pittore. Ho letto i commenti precedenti e posso anche essere d'accordo sul fatto che ci siano parti didascaliche, immersioni forse non perfette nel pov, ma rimane il fatto che il tuo racconto mi ha emozionata, a riprova forse che la fruizione di un testo dipende molto anche dalla sensibilità e dal retroterra culturale di chi legge.
Ad esempio, il momento del cambio di idea del pittore sul lavoro a commissione, è il punto che più mi ha emozionata. L'immagine della Spagna franchista che viene spazzata via dai colori e dalla forme vivaci del pittore... Quale motivo migliore? E che bellezza e semplicità il modo in cui tu lo hai proposto!
Bisogna dire che forse non sono la lettrice ideale per testare questo racconto (sono laureata in spagnolo e quindi conosco bene il contesto) e forse non funziona altrettanto bene per chi non è consapevole di quanto sia stato lungo e travagliato il passaggio dalla dittatura alla democrazia in Spagna. Ma se fosse per me ti direi di non cambiare una virgola di quel passaggio, per non alterarne la bellezza.
Ci sono molti passaggi belli nel tuo racconto, descrizioni che ho davvero amato...ma non voglio annoiarti con quote e citazioni.
Se lo revisionerai, come forse è giusto perché le critiche sono preziose, spero che tu tenga anche in considerazione il mio apprezzamento e non ne altererai il respiro. 
Ciao!

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Ciao @@Monica, mi affascina il tuo modo di scrivere e anche questo tuo racconto mi è piaciuto. Nonostante che, anche di striscio, c'entri in qualche modo con il calcio, che odio profondamente  :asd:

Pro:
- La struttura del racconto è impeccabile, la sequenza delle scene è studiata molto bene, porti il lettore per mano a capire il travaglio per la decisione che poi prenderà il protagonista
- La padronanza della lingua, manco a dirlo, è senza sbavature
- Bellissimo l'incipit
- Si capisce in più punti che conosci il processo creativo attinente alla pittura e illustri molto bene la scintilla che fa scaturire l'arte nel pittore, da piccoli oggetti o oggetti insignificanti ai più
- Chiunque non conoscesse Mirò, dopo che ha letto il tuo racconto conosce il motore della sua arte
- Molto bello il punto in cui avviene la svolta nella decisione di Mirò di accettare l'incarico
- Bello il gioco bambino/vecchio, lo spirito creativo del bambino che esce dal corpo anziano dell'artista

Contro:
- ?
- ?
- forse che c'entra con il calcio?  :diavolo2: 

Il  tema dell'identità è centrato nell'identità dell'artista.
Il POV in prima persona è rispettato, riesci a bilanciare le informazioni che dai facendole scaturire man mano dai pensieri del protagonista.


In particolare, bello questo punto, in cui concentri l'attenzione sulle mani sporche di colore:

Mentre cerca in ogni modo di vincere la mia riluttanza, noto che mi fissa le mani: mi piace spremere il tubetto e sentire la consistenza cremosa del colore. Spesso pitturo con le dita e non esiste solvente in grado di smacchiarle a dovere.

Re: [Lab2] Espana ‘82

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Ciao @Monica provo a dare anch'io il mio contributo. Premetto che adoro Mirò. Quand'ero ragazzo e avevo velleità di diventare pittore, era tra i miei preferiti.
@Monica ha scritto: Quando sono nato doveva esserci una strana congiunzione astrale. Qualcuno deve essersi divertito a mescolare le carte, scombinare il mazzo. Capovolgere il cielo e scambiarlo con la terra. Altrimenti non potrei spiegarmi come mai certe volte mi sento colore, altre pennello, altre ancora una tela bianca. 
Bello questo incipit. Sono stato a riflettere su quelle righe finali diverse volte, come se c'era qualcosa che non mi tornasse. Opinione personale: toglierei il pennello. "Certe volte mi sento colore, altre una tela bianca" Il contrasto mi sembra più efficace, come cielo, terra.
@Monica ha scritto: Vorrei proprio incontrarlo quel genio del male. Dovrebbe spiegarmi come mai, proprio oggi, tutto sembri esattamente come dovrebbe essere. Nell’ordine stabilito delle cose. Assolutamente normale. Il bambino ha lasciato il posto al vecchio e la malinconia si è infiltrata a tradimento nei pensieri e non vuole abbandonarmi. I sogni? Svaniti. Dovrei rifugiarmi nel giardino, sdraiarmi per terra, prendere in mano il pennello, intriderlo di colore e chiudermi nel mio mondo. Forse così riuscirei a mettere a posto le cose.
Bel passaggio, rende molto bene la malinconia del tempo passato.
@Monica ha scritto: Eh… ma le cose cambiano. Ora che il regime è caduto e il mostro non fa più paura, si può anche fare una dichiarazione d’amore a Miró e andarlo a cercare con tante riverenze. Intellettuali del cazzo, gente marcia. 
Questo passaggio non mi convince. Mi sembra un atteggiamento di rivalsa verso il mondo appartenente a un giovane combattivo più che a un novantenne, dove la quiete inizia a prendere più spazio. Ma ci sono sempre le eccezioni. Probabilmente tu te lo immaginavi così.
@Monica ha scritto: Quel manichino in doppiopetto è puntuale. Mi chiama maestro e fa tutta una sequela interminabile di cerimonie per dirmi quanto la mia arte sia apprezzata in tutto il mondo e quanto la Spagna sia orgogliosa di me. Quel coglione pensa di lisciarmi le piume, non sa quanto certi stupidi convenevoli mi facciano irritare.
Stesso motivo di sopra. Magari mi sbaglio, ma un artista riconosciuto universalmente, alla fine del suo percorso, ha ancora tutta questa energia e insofferenza? Certo, il surrealismo e il dadaismo si scontravano con tutti, soprattutto con la società. Per questo lo avrei visto più agli esordi, un pensiero così.
@Monica ha scritto: Mentre cerca in ogni modo di vincere la mia riluttanza, noto che mi fissa le mani: mi piace spremere il tubetto e sentire la consistenza cremosa del colore. Spesso pitturo con le dita e non esiste solvente in grado di smacchiarle a dovere.
Cambierei la forma: "Non immagina che mi piace spremere il tubetto e sentire... che spesso pitturo con le dita e che non esiste...
@Monica ha scritto: Per tutta la vita, cazzo per tutta la vita, dico io, ho combattuto contro chi considera l’arte solo un mezzo per fare denaro. Non so come io possa resistere alla tentazione di rispondergli per le rime. Non potrei mai creare a comando, per soldi, poi.
Qui mi piace molto, esce fuori il temperamento del vero artista, che non ha età.
@Monica ha scritto:
È più forte di me. Quando cammino nel giardino non posso evitare di soffermarmi. C’è sempre qualcosa che attira la mia attenzione. Può essere una foglia, un tronco d’albero, un fiore, un insetto. I giochi di luce che filtrano dai rami.
Un raggio che rimbalza sullo specchio d’acqua mi sembra una linea dritta che attraversa la tela verde e illumina di rosa acceso un grappolo di bouganville. Questo giardino è una parte fondamentale della casa. Non potrei mai mettermi a lavorare in un luogo qualsiasi. Intorno a me devo avere degli oggetti che facciano scoccare la scintilla.
Bello. Sintetizzi l'essenza di quella che può essere l'ispirazione per un artista.
@Monica ha scritto: Adagiata alla palizzata c’è una ruota di legno che apparteneva a un mulino per l’olio. Quando chiesi al vecchio Arnau se fosse disposto a vendermela, mi guardò stranito. Non capiva cosa avrei potuto farmene di quel pezzo di legno fradicio. Non poteva immaginare quanto mi affascinassero le sue cavità e tutte quelle linee che sembravano tagliare il cerchio in tante figure geometriche diverse. Quanto fossero preziosi per me quei piccoli chiodi, le imperfezioni, la ruvidità del legno marcito.
Questo passaggio mi sembra troppo spiegato. Sarebbe bastato citare la ruota, lasciata da un vecchio, lasciando le sensazioni che hai ben descritto.
@Monica ha scritto:
Quando inizio un lavoro è come se ricevessi una scarica o un insetto mi pungesse sul naso. Sono totalmente in balìa di una sorta di allucinazione. È una lotta tra me e la tela, tra me e l’angoscia. Devo continuare a lavorare finché l’ansia non si placa. Può succedere che una tela rimanga in lavorazione per anni, una volta che ho esaurito il primo impulso e va bene così.
Il mio laboratorio è come un grande giardino. Mi capita di lavorare a molte opere contemporaneamente: ce ne sono a decine che attendono il loro momento appoggiate alle pareti.
Sono come un giardiniere che deve prendersi cura delle proprie piante. Dopo averle seminate devo annaffiarle, innestarle, concimarle e poi lasciare che le immagini maturino nella mente. Senza alcuna fretta. A volte aggiungo un dettaglio e quel particolare mi scatena nuove sensazioni e nuove idee. È tutto in divenire fino a quando ogni segno è al proprio posto e coincide con la mia visione.
Descrivi sapientemente i passaggi e le sensazioni legate alla creazione dell'opera d'arte. Forse, però, è come se lo spiegassi a qualcuno mentre dovrebbe più essere una riflessione introspettiva.

Mi è piaciuto questo tuo lavoro. Una bellissima scrittura. Riesci a trasmettere con la descrizione di semplici dettagli una serie di sensazioni molto poetiche. E un artista come Mirò aiuta senz'altro a trasmetterle.
Nel finale ho visto la fragilità dell'uomo che giungendo verso la sua meta, gli basta poco per cambiare idea. Anche una semplice parola dolce.
Ciao, alla prossima.
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