[LAB 1] Le rose di Ophelia

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Le rose di Ophelia



Jacob Bennett era di cattivo umore quella mattina.
Nelle preparare le uova al tegamino della colazione il bacon si era carbonizzato: si era distratto per cacciare dalla cucina quel sacco di pulci di Duke che cercava di ficcare il muso nella sua tazza di latte e cereali.
Quel piccolo bastardo era la sola cosa che gli restava da quando Ophelia non c’era più: era il cane di lei, una vera sciagura quell'eredità.
Stava seduto nel patio a fumare la prima pipa della giornata e rimuginare i pensieri lugubri delle sue ore mattutine.
Il cielo di settembre era ingombro di nuvole: pensò che sarebbe venuto a piovere.
Osservò distratto la piccola montagnola al centro del giardino, il roseto di Ophelia era un cespuglio fitto e inestricabile di rami rinsecchiti.
La siccità degli ultimi mesi non aveva giovato a nuove fioriture, un po’ d’acqua avrebbe fatto bene a quei fiori.

Il pulmino postale guidato da Oliver Brooks spuntò sul viottolo polveroso che portava alla casa.
La figura segaligna e allampanata del portalettere scese dal mezzo reggendo alcune buste in mano.
« Salve Jac, come ti butta? Ho qui due lettere per te »
« Non c’è malaccio Olli. Saranno le solite fatture, nessuno oltre ai fornitori e la banca mi scrive mai. E tu, come te la passi? »
Sorridendo, Jacob fece cenno al postino di sedersi sulla panca accanto.
« Fermati un momento che ci facciamo una birra insieme. Lo sai che mi fa piacere di vedere almeno la tua brutta faccia ogni tanto. »
« Ahahah! Jac, sei un vecchio orso, si sa che non ti va di avere gente tra i piedi. »
« È vero, sopporto solo te che da anni mi porti, la posta con cose da pagare. »
« Jac, solo io riesco a mandare giù la birra che offri e dopo posso ancora a guidare il furgone, lo sai. »
« Perché sei più alcolizzato di me Olli. »
Risero di gusto.
Jacob prese dalla valigetta refrigerata due lattine nere di Oskar Blues Ten con le iscrizioni in oro.
Birra da dieci gradi e mezzo, roba spessa: l’unica che gli permettesse a di digerire le pesanti colazioni di prima mattina.
Stapparono le birre e iniziarono a bere lentamente.
Dopo il momento ludico restarono entrambi in silenzio, seri e pensosi come se gli umori si fossero adeguati al tono plumbeo del cielo sul giardino della casa.

Jacob, dette nuovamente fuoco alla pipa e tirò una profonda boccata.
« Che c’è Jac? Ti vedo cupo, hai qualche problema? » Chiese Oliver.
L’altro fece un sorriso stretto e tolse la pipa di bocca.
« C’è che ogni tanto mi manca Ophelia e ci penso. »
« Ti manca molto? »
« Sì, mi manca. Certe volte guardo il roseto e la rivedo nella mente: curva, con la cesoia in mano, a potare i rami secchi delle rose »
Oliver, scosse la testa e tirò fuori dal tascone della giubba la sacchetta del tabacco e le cartine.
« Le piacevano molto le rose vero? »
« Sì era una vera passione. Aveva il pollice verde la mia Ophelia. »
Annuì Jacob, poi aggiunse: « Il roseto quando lei era ancora qui, stava sul retro della casa. Da che sono rimasto solo, ho creato quella collinetta e piantate le rose dove stanno ora. Mi piace guardarle mentre sto seduto qui nel patio. »
Oliver guardò l’intrico di rami spogli con un’espressione incerta.
« Da quando se n’è andata, non ne sono più spuntate di belle come le sue. »  Disse Jacob, un’ombra di amarezza gli passò negli occhi.
« La ricordo la tua Ophelia, era davvero una bella donna. »
« Puoi dirlo forte, era bella da perderci il senno. » Assentì Jacob.
Il cane era tornato e scavava terra con le zampe sulla montagnola delle rose.
« Duke! Maledetto sacco di pulci, fila via! »
Jacob gli lanciò la lattina vuota della birra per farlo allontanare.
« È una piattola quel botolo. Ha la mania di scavare su quella terra e di pisciarci sopra. » Brontolò tra i denti Jacob.
« Sono bestie Jac, hanno le loro manie »
« Sì, le bestie hanno le loro fissazioni, come gli uomini del resto. »
Jac svuotò la cenere della pipa battendola sulla balaustra del patio.

« E tu che problemi hai Olli? »
Olli scosse il capo espirando una boccata di fumo della sigaretta che aveva confezionato.
« Sempre lo stesso: Ruby mi provoca la gastrite. »
« È una bella puledra la tua Ruby, sei un uomo fortunato. »
« Sì, è una gran bella topa. Ma io ho quasi cinquant’anni e lei venti di meno. Questo è il vero problema.
Oliver sputtò sull’assito un briciolo di tabacco rimasto fra le labbra.
« Più o meno la differenza di anni tra me e Ophelia. » Considerò Jac.
« Ma da quando, per un uomo di cinquant’anni, è un problema una donna di trenta? »
« Jac, mio padre diceva che le donne molto belle vanno bene per divertirsi, ma non per sposarle. »
« Ahahaha! Olli, tuo padre la sapeva lunga sulle donnne. »
« Cazzo che sì! Era un gran puttaniere. La buonanima di mia madre era sempre incazzata per il rossetto che trovava sulle sue mutande, quando faceva il bucato. Ahaha! »
Oliver lanciò il mozzicone della cicca sulla polvere del viottolo, poi riprese: « Mi fa impazzire di gelosia. Lavora nel locale dell’irlandese, lo conosci? »
« E chi non conosce la bettola di quel grassone dal pelo rosso. » Annuì Jacob.
« Bèh! Vedi: lei in quel posto serve i clienti ai tavoli. Veste sempre quelle cose corte e scollate, che col fisico che si ritrova...puoi capirlo, ha sempre un’aria provocante. È più forte di lei, le piace esibire quello che la natura glia fornito. »
« Eh... ha tanta roba la tua Ruby. Grazie a Dio. Perché dovrebbe avere vergogna di lasciarsi ammirare? »
« Sì, lo so, ma non c’è verso di fargli capire che questo fa venire delle idee strane ai maschi. Le dico: amore, copriti, per favore! Ne discutiamo fino a litigare. Ma lei se ne sbatte. »

Jacon prese altre due birre e ne passò una a Oliver.
« Ai camionisti che vanno a mangiare in quel buco, non gli sembra vero di allungare le mani su culo e tette, ogni volta che passa tra i tavoli. »
« Vabbè, è adulta e vaccinata. Saprà dirgli di tenere le mani a posto. »
« Macché. Non ci pensa nemmeno. Invece di mollargli una sventola, squittisce e si limita a dei sorrisini di rimprovero. Dice che non può trattarli male perché l’irlandese non vuole che i clienti si lamentino, inoltre, non vuole perdere le mance. »
Oliver accompagnò le parole con un rutto rumoroso, causato dalla birra ingerita.
« Capisco. » Disse Jac. « E questa cosa ti fa incazzare. Giusto? »
« Puoi dirlo, Jac. Ci sclero di brutto. Mi tengo dall’andare là a prendere a calci qualcuno di quei maiali, solo per non farle perdere il lavoro. »
Jacob, pensoso, osservava le nuvole che si erano infittite.
« Ma, dimmi una cosa Olli, hai idea che ti tradisca? » Chiese al portalettere, dopo un momento di silenzio.
« No. Questo no. Ci metto la mano sul fuoco. Quando potrebbe del resto? Se non è al lavoro stiamo insieme. Potrebbe farsi solo una sveltina nel cesso del locale. Cosa che però non è possibile. »
Jaocob assentì: « Hai ragione! Il grassone se ne accorgerebbe subito: è lui che tiene la chiave della latrina, nessuno usa quel cesso senza che ne venga a conoscenza. »
« Esatto! Ma nonostante questo, il fatto che la tocchino e che lei li lasci fare, mi toglie il sonno la notte. »

« Ti capisco Olli. Anche io ho avuto un periodo nel quale ero gelosissimo della mia Ophelia. »
« Davvero jac? Non lo avrei mai detto. non mi sembri il tipo. »
Jacob tirò un lungo sospiro, come se gli tornassero in mente le ubbie di quel passato.
« Sì, invece. C’erano momenti in cui, se qualcuno la guardava, mi saliva il sangue agli occhi e vedevo rosso. Poi, mi sono dato una calmata. »
« Ti è passata la gelosia? »
« No, Olli. Ho scoperto il modo di farmela passare. »
Oliver lo guadò scettico.
« Cioè, dici che esiste una maniera? E quale sarebbe? »
Jac prese un sorso di birra e iniziò a raccontare.
« Vedi: ho analizzato bene la cosa. Ne ho dedotto che in realtà è lo stesso problema di quando da bambino perdevi i denti. L’idea del dente che doveva cadere ti faceva temere un dolore insopportabile. Ma quando accadeva, il dente veniva via con uno strappo: il male in realtà era minimo. Nulla di simile alla paura subita nell’attesa. »
« Ok, Jac. Ma questa cosa non è come per un dente da bambino. »
« È lo stesso meccanismo Olli, credimi, basta provare. »
Ispirato, riprese a raccontare con tono profondo e filosofico.

« La gelosia per una donna è una paura creata dalla nostra mente. È simile a uno di quei grossi ascessi gonfi e purulenti che, se non si eliminano per tempo, s’ingigantiscono e finiscono con avvelenare il sangue, creando setticemia e spargendo cancrena in tutto il corpo. La cura è drastica! Il bubbone va inciso in profondità e poi spremuto senza temere il dolore benché sia violento. Bisogna continuare a spremere per far uscire tutta la materia infetta al suo interno. Solo quando comparirà del sangue vivido e pulito si potrà medicare la ferita. Non vi è altra strada che questo percorso, amico mio. »
« Diavolo! Ma tu come hai fatto? »
« Bisogna avere del coraggio Olli. Bisogna costringersi a guardare nel buco nero della nostra paura. Affacciarsi sull’orlo oscuro dell’abisso della nostra anima e guardare, senza distogliere gli occhi. »
« Allora spiegami come si fa, perché da solo non ci arrivo proprio. »
« Bada: non è facile, è anche assai doloroso. »
« Ok! Ma, alla fine sei guarito dalla gelosia? »
« Certo. Ma, occorre il proposito ferreo di guarire. »
« Dai! Non tenermi sulle spine. Sputa il rospo! »
« Dunque: per due mesi, mezzora al giorno, immaginai la mia Ophelia, bella e desiderabile com’era, discinta e piena di lussuria. Insomma dissoluta come mai l’avevo vista. »
Oliver attento alle sue parole, iniziò rapido a rollarsi una nuova sigaretta.
« Ok! La immaginavi infoiata. Ma non vedo come questo possa averti risolto il problema? »
« Al tempo Olli. La immaginavo così, ma non con me, bensì tra le braccia di un altro. »
« Oh! Cazzo! Un altro che te la scopasse? E chi?. »

« Non uno di preciso. Ogni volta pensavo a uno diverso. Mi figuravo le facce di quelli che sapevo desiderassero di portarsela a letto. Quelli che avvertivo come possibili antagonisti, in grado di poter piacere a lei. »
« Cristo! Che fantasia malata Jac. Ma questa cosa non ti faceva sbarellare di testa? »
« Per Dio! Puoi dirlo forte. Mi sembrava d'impazzire di gelosia. Mi venivano le vertigini e i sudori freddi. Alle volte mi accadeva anche di vomitare la colazione. Quando terminavo ero esausto, svuotato, uno straccio umano. »
Oliver fumava con accanimento, un lieve tremito alla mano segnava il nervosismo, ogni volta che portava alle labbra la sigaretta.
« Deve essere stata una cosa bestiale. »
« Sì, lo era. E ogni volta che facevo l’esercizio, alzavo l’asticella della fantasia. Mettevo negli atti degli eccessi di dissolutezza che mi stupivo di poter immaginare. Cose che, per pudore, non le avrei mai chiesto di fare con me. »
« Che follia! Lo credo bene. Pensare di vedere la mia Ruby impegnata in porcate con altri, mi fa venire la pelle d’oca solo a parlarne. »
« Infatti, come ho detto, è una pratica stravolgente, mette a dura prova la tua capacità di guardare nel buio della tua mente. »
« E questo, ti avrebbe guarito dalla gelosia? »
« Non lo crederai, ma è così. Dopo quel periodo è venuto il giorno in cui quelle immagini mi apparivano indifferenti, come se avessi fatto un poderoso vaccino contro il virus della malattia. »
« Veramente non provavi più fastidio o dolore? »
« Nulla! Come se gli interpreti di quelle fantasie fossero degli sconosciuti, anonimi attori di un film a luci rosse. »
« Per bacco! Eri guarito. »

« Sì! Ti dirò di più: per essere certo della guarigione permisi a Ophelia di uscire, da sola, a prendere un caffè con Tom Burns. »
« Diavolo! Tom Burns, lo ricordo bene! Quel bellimbusto, sciupafemmine, che correva dietro a tutte le gonnelle del circondario. Quello che poi è sparito. Dicevano che se la fosse data a gambe perché qualche marito incazzato lo cercava per ridargli il battesimo. »
« Esatto! Quel Tom Burns. »
Oliver si levò e stiracchiò lentamente le membra.
« Accidenti Jac, che storia! Mi hai incuriosito. Non prometto nulla, ma uno di questi giorni magari provo la cura. Del resto se funziona guarisco da questo inferno. Se non funziona, peggio di ora non può andare. »
Risero insieme con gran gusto.
« Prova Olli, poi mi racconti. »
« Certo. Sempre che non mi vada ad ammazzare oggi col furgone. Le due birre che mi hai fatto bere, tagliano le gambe una cosa che va bene. »
« Lo credo, vecchio ubriacone, hanno una gradazione alcolica che la misura dopo è lo scotch d’annata. »
Tornarono a ridere, dandosi affettuose pacche sulle spalle nel congedarsi

Il furgone di Oliver si allontanava sollevando nuvole di polvere, le prime gocce del temporale iniziavano a cadere sullo spiazzo della casa.
Jacob era contento di aver rivelato a Oliver la sua tecnica per vincere la gelosia.
Si domandava se il postino avrebbe avuto la forza di carattere per mettere in pratica il suo insegnamento.
Sapeva bene che quella cosa richiedeva uno sforzo disumano, paragonabile solo al fastidio che si prova quando il dentista tocca col trapano il nervo vivo, nel curarti una carie.
Caricò la pipa per una nuova fumata, guardò soddisfatto la pioggia iniziare a dissetare la terra arsa e brulla.
Le Rose di Ophelia avrebbero finalmente trovato nuova linfa su cui germogliare.
Anche lei e Tom, sotto i due metri di terra della montagnola, nellal quale dormivano da anni, ne sarebbero stati felici.

Ophelia amava troppo quei fiori.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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La storia é bella e godibile, mi piacciono i due marpioni che si confidano bevendo delle birre.
Il cane peró mi ha subito fatto pensare a una tomba casalinga e questo é un peccato.
I dialoghi mi sono piaciuti molto, anche se in alcuni c'erano dei brndelli di frase sopravvissuti ai tuoi, suppongo, severi tagli.
Invece l'incipit, quello mi é sembrato un po' slegato, come un puzzle che non combacia bene. Le immagini sono forti ed evocative e descrivono bene l'ambiente, peró mi dava l'idea che ognuna fosse per conto suo. Proabilmente é un problema mio.
Complimenti bella storia!

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Nightafter  
Provo a darti delle impressioni personali:
Nightafter ha scritto: Quel piccolo bastardo era la sola cosa che gli restava da quando Ophelia non c’era più: era il cane di lei, una vera sciagura quell'eredità.
Povero Duke! Non è nulla ma, duke è un animale. Potevi scrivere l'unica compagnia che gli restava.
Ok, fatta questa precisazione, noto l'ambientazione del racconto. Un paesaggio rurale americano, una di quelle casette di campagna col giardino, poco lontano dal villaggio. Sotto il portico seduto sulla panchina c'è Jac che fuma la pipa, la borsa frigo accanto:
capito subito il tipo, con pochi tratti è emerso dalla pagina. Poi arriva Olli, lui e il suo carattere vengono fuori durante il dialogo.

I due personaggi sono tratteggiati con abilità. Il tema dei loro discorsi è la gelosia. Scadono parecchio quando parlano delle loro donne, del resto sono quel tipo di uomini... 
Nightafter ha scritto: Jac, mio padre diceva che le donne molto belle vanno bene per divertirsi, ma non per sposarle.
Questa frase ci sta tutta nel racconto, ma a me fa incazzare sapere che mentalità del genere vanno tranquillamente in giro in realtà.
Nightafter ha scritto: Non lo crederai, ma è così. Dopo quel periodo è venuto il giorno in cui quelle immagini mi apparivano indifferenti, come se avessi fatto un poderoso vaccino contro il virus della malattia. »
Altro che vaccino! li ha accoppati tutti e due.

Comunque, gli ha rivelato mezza cura. Va bene il training autogenoo ma se poi non finisce a mazzettate mica funziona, hai voglia a immaginarti la ragazza in tutte le posizioni con gli altri. Immagino il povero Olli, diventerà matto.
Questa è una incongruenza secondo me, perchè rivelargli mezza verità? sapendo che a lui gli esercizi di immaginazione hano fatto bene sì, ma poi li ha fatti fuori.
Per me il tuo racconto funziona, ma è necessario trovare un rimedio per eliminare l'incongruenza, per il resto è descritto benissimo, i dialoghi sono realistici, i personaggi funzionano, il lessico è sempre dentro il registro,  e purtroppo anche questa battuta ci sta:
Nightafter ha scritto: Sì, è una gran bella topa.
Anche se a me fa venire i brividi. In fondo, se 'sti due parlano così...
Bene, per me è un ottimo lavoro.
Alla prossima lettura.

 
Ultima modifica di Albascura il dom mag 15, 2022 4:12 pm, modificato 1 volta in totale.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Nightafter 

C’è qualcosa di affascinante nel tuo modo di raccontare. Anche questa storia non è da meno. Non tanto per il contenuto, che, alla fine, era abbastanza intuibile per le informazioni che via via sono introdotte dai dialoghi, quello che mi piace da morire è l’atmosfera che si respira.
 Ho immaginato la scena, sentito gli odori, i rumori e gli stati  d’animo dei protagonisti. Le scene sono volutamente lente e danno il tempo al lettore di visualizzarle e di farsi un’idea dei personaggi. 
Le donne (che non fanno una gran figura) sono descritte fisicamente, gli uomini (che fanno una figura peggiore delle donne) sono descritti psicologicamente. Si parla delle loro pulsioni, paure, insicurezze. E alla fine vince la fuga e il desiderio di possesso spinto alle estreme conseguenze. C’è la parte scomoda dell’essere umano, una parte che non vorremmo mai vedere, mai dire di avere. Bravo tu a estrarre questo “succo amaro” . 
I dialoghi sono ben gestiti, in alcuni momenti forse un po’ troppo da “film”, ma in generale ho apprezzato tanto il tuo lavoro.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @BigWhoop , @Almissima , @Alba35 , @Monica


Grazie della lettura e dei generosi commenti.
Visto che per le dichiarate ragioni di rincoglionimento, la storia è totalmente fuori tema rispetto al tema dato, è veramente più di quanto meritassi.
Uscendo dai paesaggi che più mi sono consueti (Torino e comuni limitrofi), ho avuto la voglia di ambientare le vicende in uno di quei polverosi e indeterminati luoghi del MiddleWest americano.
Uno di quegli scenari abusati da infiniti film e telefilm statunitensi che, con diverse qualità narrative delle storie e della qualità filmica, tutti abbiamo in mente.
La storia potrebbe ispirarsi, per il suo contenuto, al così detto filone del "gotico americano", è stata per me una passeggiata fuoriporta, un innocente diversivo a ciò che di solito scrivo.
Nel pensarla avevo in mente i ritmi lenti di certi racconti di Baricco ambientati nello stesso scenario ( spero che lui mi perdoni per l'accostamento ardito e irriverente ).
I dialoghi tra i due sono ovviamente il tentativo di rendere la psicologia e il colorito linguaggio di due ruvidi rurali di quei luoghi.

Sul fatto che il protagonista cerchi di indurre l'amico allo stesso  "training autogeno" che con lui non ha avuto un pieno successo, va detto che lui è ancora convinto della bontà del metodo, che in effetti avrebbe potuto funzionare, se solo non avesse avuto la malaugurata idea di testarlo con sua moglie e il bel Tom. Si fosse fermato prima loro sarebbero ancora in vita.

Ma si sa, il "meglio è nemico del bene", la ricerca della perfezione è il troppo che stroppia.

Ancora grazie dei vostri commenti, che non mancherò di ricambiare a breve sui vostri ottimi lavori.
Un saluto e un abbraccio.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Nightafter ha scritto: Uscendo dai paesaggi che più mi sono consueti (Torino e comuni limitrofi), ho avuto la voglia di ambientare le vicende in uno di quei polverosi e indeterminati luoghi del MiddleWest americano.
Uno di quegli scenari abusati da infiniti film e telefilm statunitensi che, con diverse qualità narrative delle storie e della qualità filmica, tutti abbiamo in mente.
A me ha richiamato alla mente alcuni racconti di Carver (da “Di cosa parliamo quando parliamo d'amore”, ad esempio) e certe relazioni mascoline tossiche di Lansdale (da “La trilogia del drive-in”).

Secondo me puoi pure permetterti di osare di più e tagliare alcune battute (in fondo i due si conoscono) lasciando al lettore il compito di unire i puntini per ricostruire il passato.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Nightafter 
ho letto il tuo racconto tutto d'un fiato e, devo ammettere che deve pur aver  funzionato visto che la rabbia che sentivo crescere mentre ne "ascoltavo" le voci mi ha tenuta incollata al testo fino alla fine.
Al di là di qualche piccolezza credo che il punto forte della storia sia stato proprio l'aver dato una forte caratterizzazione dei personaggi, così fastidiosamente maschilisti e riconoscibili. Per piccolezze intendo, se posso permettermi, ed è davvero un mio umilissimo e sindacabile parere, frasi come questa
Nightafter ha scritto: Le piacevano molto le rose vero? »
Non riesco ad immaginarmi l'amico postino che, visti i toni di tutto il dialogo, ha premura di sottolineare un dettaglio come questo;
ci sarebbe un'altra frase che, a mio avviso, ha tradito un po' l'aderenza con il personaggio e cioè quando dice: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] 
Mettevo negli atti degli eccessi di dissolutezza che mi stupivo di poter immaginare... .
Ad ogni modo complimenti per la forte e coraggiosa caratterizzazione e a rileggerci presto (y)
[/font]

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Carissimo, la tua passeggiata fuoriporta mi è piaciuta molto.
Colori, gesti, silenzi. E quei sorsi di Extra Strong che, una parola dopo l'altra, danno corpo a disagi, impotenze e solitudini.
Molto riuscito quel tuo giocare divertito con i luoghi comuni del nostro immaginario filmico,
solo a tratti contaminato da espressioni più adatte allo scrittore che a due maschietti middlewest
Nightafter ha scritto: Bisogna avere del coraggio Olli. Bisogna costringersi a guardare nel buco nero della nostra paura. Affacciarsi sull’orlo oscuro dell’abisso della nostra anima e guardare, senza distogliere gli occhi. »
Nightafter ha scritto: « Dunque: per due mesi, mezzora al giorno, immaginai la mia Ophelia, bella e desiderabile com’era, discinta e piena di lussuria. Insomma dissoluta come mai l’avevo vista. »
Nightafter ha scritto: « Sì, lo era. E ogni volta che facevo l’esercizio, alzavo l’asticella della fantasia. Mettevo negli atti degli eccessi di dissolutezza  cose che mi stupivo di poter immaginare. Cose che, per pudore, non le avrei mai chiesto di fare con me. »
Mi piacerebbe presto un'altra passeggiata.

E' sempre un piacere leggerti
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Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Mie dilette amiche @Ilaria Piras e @aladicorvo 

vi ringrazio della lettura, del gradimento alla storia e degli attenti commenti.

Concordo con voi che alcune frasi dei protagonisti appaiano in qualche modo troppo "letterarie" e distoniche rispetto al profilo psicologico che ho creato per i due rurali americani.
Ma come dicevo, mi piaceva fare il verso ai film e telefilm statunitensi ambientati in quel contesto culturale.
Orbene, sarà capitato anche a voi talvolta nel guardarli, di notare che ruvidi personaggi, dalla presumibile scolarizzazione elementare, quando iniziano a pontificare su argomenti più "elevati" del foraggio da offrire alle mucche, comincino a mostrare ( frutto di una sceneggiatura approssimata o di una traduzione di doppiaggio assai superficiale), un'eloquenza insospettabilmente aulica.
Non è raro, nei momenti di argomentazione introspettiva e speculativa, sentir pronunciare a Clint Eastwood, con grande serietà, monologhi degni di  Shakespeare.
Ecco, quando mi capita di sentirli mi viene da cascare dalla sedia, ma tant'è, questo è Hollywood.
Nel racconto, mi divertiva inserire una di queste distonie linguistiche così contrastante col profilo dei personaggi, contravvenendo al realismo del contesto, ma aderendo al realismo della finzione.

Grazie ancora a entrambe, un saluto e un abbraccio.  <3

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Nightafter, mi chiedevo il motivo dell'ambientazione americana e se tu fossi solito utilizzarla, ma vedo che qui sopra hai specificato che è stata una "passeggiata una tantum fuoriporta".

Direi che se l'intento era quello di mettere in scena un quadro di quel tipo, ci sei riuscito in pieno. Molto cinematografico il tuo racconto, anzi molto hollywoodiano. Chissà se esistono davvero dei posti laggiù in cui due uomini parlino davvero così, ma decenni di film americani ci hanno costruito l'immaginario per poterli credere veri  ;)

Sono talmente delle macchiette che non riesco neppure ad arrabbiarmi per il loro maschilismo...

I dialoghi sono accattivanti. Qualcuno un po' troppo elaborato per delle menti semplici - come ti hanno già fatto notare qui sopra - ma nel complesso scorrono bene.

Ho un appunto da fare. Sottolineare più volte la montagnola è risultato un auto spoiler colossale!

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Nightafter ha scritto: Nelle preparare le uova al tegamino
Nightafter ha scritto: Lo sai che mi fa piacere di vedere almeno la tua brutta faccia ogni tanto. »
Preferibile:
Lo sai che mi fa piacere vedere la tua brutta faccia ogni tanto, almeno.

Nightafter ha scritto: « È vero, sopporto solo te che da anni mi porti, la posta con cose da pagare. »
quella virgola dopo porti non ci va perché stacchi il verbo dall'oggetto.
Nightafter ha scritto: solo io riesco a mandare giù la birra che offri e dopo posso ancora a guidare il furgone, lo sai. »
Ti suggerisco:
solo io riesco a mandare giù la birra che offri e dopo riuscire ancora a guidare il furgone, lo sai.
Nightafter ha scritto: l’unica che gli permettesse a di digerire le pesanti colazioni
Nightafter ha scritto: Dopo il momento ludico restarono entrambi in silenzio, seri e pensosi come se gli umori si fossero adeguati al tono plumbeo del cielo sul giardino della casa.
Questa immagine è ben centrata sul momento condiviso. Bravo.
ivisoNightafter ha scritto: Annuì Jacob, poi
Ho notato che sempre, dopo il discorso diretto, inizi quello indiretto con la maiuscola. Sarebbero da collegare i due discorsi con la minuscola.
Nightafter ha scritto: Oliver guardò l’intrico di rami spogli con un’espressione incerta.
Un consiglio per la frase sopra: l'articolo indeterminativo è di troppo. Secondo me, suona meglio così:

Oliver guardò l'intrico di rami spogli con espressione incerta,
Nightafter ha scritto: Disse Jacob, un’ombra di amarezza gli passò negli occhi.
disse Jacob
Nightafter ha scritto: « Puoi dirlo forte, era bella da perderci il senno. » Assentì Jacob.
assentì Jacob
Nightafter ha scritto: È più forte di lei, le piace esibire quello che la natura glia le ha fornito. »
Nightafter ha scritto: ma non c’è verso di fargli farle capire
Nightafter ha scritto: ven mag 13, 2022 5:32 pmMa non vedo come questo possa averti risolto il problema? »
Qui il punto interrogativo è superfluo perché è una constatazione.
Nightafter ha scritto: ven mag 13, 2022 5:32 pmLe due birre che mi hai fatto bere, tagliano le gambe una cosa che va bene. »
Cambierei così:
Le due birre che mi hai fatto bere tagliano le gambe in un modo che va bene.
Nightafter ha scritto: ven mag 13, 2022 5:32 pmLe Rose di Ophelia avrebbero finalmente trovato nuova linfa su cui germogliare.
Anche lei e Tom, sotto i due metri di terra della montagnola, nellal quale dormivano da anni, ne sarebbero stati felici.

Ophelia amava troppo quei fiori.
Un po' me l'aspettavo il delitto, visto l'accenno alla scomparsa dell'uomo, ma mi è comunque piaciuta la costruzione del tuo epilogo.
La storia del marito che fallisce il suo esperimento di cura della gelosia (e che fallimento!)  ma lo vuole testare di nuovo sul suo migliore amico è senz'altro originale,

Ho letto con interesse il tuo racconto dove, rispetto ad altri tuoi (anche perché è un racconto autoconclusivo) riesci a calamitare l'attenzione del lettore sugli avvicendamenti della storia. I dialoghi sono credibili e scorrevoli, salvo le variazioni che ti ho suggerito sopra, se ti sembrano utili.
Bravo, @Nightafter  e ricordati che nei Contest c'è sempre una traccia intorno alla quale si costruisce, e dei limiti di caratteri.   :)


:ciaociao:  da Zaza
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao mia amata @Poeta Zaza

"Bravo, @Nightafter  e ricordati che nei Contest c'è sempre una traccia intorno alla quale si costruisce, e dei limiti di caratteri."

Grazie mia diletta, vorrei davvero ricordarmi di molte cose, nelle quali ripetutamente inciampo quando scrivo.
Mi pesano come macigni quei "gli" al posto del femminile "le", eppure quante volte continuo a caderci.
Posso confessarti che nella mia vita relazionale, non mi è mai accaduto in un discorso dal "vivo" di rivolgermi a una donna con una richiesta che esordisse con un "gli piace?".
Eppure nello scrivere mi perseguita come una maledizione.
Così come l'uso del maiuscolo iniziale in una farse tra due parti di discorso, altra vergogna trita e ritrita.
La riuscita di un racconto autoconclusivo in un contest, mi è riuscita solo perché c'era una settimana di tempo per scriverlo e due per fare un commento di altri racconti, se no manco ci provavo.
Infatti ho sforato di un numero esorbitante di caratteri e ignorando che ci fosse anche un "tema" da rispettare.

Sono senza speranza, amica mia. Il sogno di riuscire un giorno a scrivere un testo perfetto, per il quale da anni ormai continuo a cimentarmi, resterà tale e passerò a miglior vita con le mie virgole fuori contesto e i miei refusi insanabili.
I tuoi sforzi (benedetti) per aiutarmi a correggermi, ti varranno il Paradiso, mentre io precipiterò in geènna infuocata, insieme a milioni di anime analfabete.

Un abbraccio infinito <3

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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@Nightafter, per essere un testo lungo, mi è volato in un attimo (che, a differenza delle birre sorseggiate, me lo son bevuto tutto d'un fiato) Merito della tua scrittura coinvolgente. Si respira tutta, l'aria polverosa dell'ambientazione. Ci ho visto qualcosa anche di Tarantino.
Nightafter ha scritto: Osservò distratto la piccola montagnola al centro del giardino, il roseto di Ophelia era un cespuglio fitto e inestricabile di rami rinsecchiti.
La siccità degli ultimi mesi non aveva giovato a nuove fioriture, un po’ d’acqua avrebbe fatto bene a quei fiori.
D'istinto mi è venuto da chiedere: perché non le ha innaffiate lui le rose?
Nightafter ha scritto: Puoi dirlo, Jac. Ci sclero di brutto
Per caso ti è scappata un'espressione dialettale?
Complimenti per la trama. Arguta. Questo contrasto tra il pensiero introspettivo e la rude realtà regge benissimo, soprattutto in virtù del finale.
Ci vedo del gran potenziale. Molto piaciuto
Alla prossima lettura

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Nightafter ha scritto: È più forte di lei, le piace esibire quello che la natura glia fornito. »
Refuso: le ha fornito
Nightafter ha scritto: Sì, lo so, ma non c’è verso di fargli capire che questo
Direi che è un refuso: farle (ma potrebbe anche trattarsi della "parlata" scelta per il postino.
Nightafter ha scritto: accompagnò le parole con un rutto rumoroso, causato dalla birra ingerita.
non occorre allungare la frase, si capisce che il rutto viene dalla bevuta, anzi, evitando i puntalizzare, il lettore fa proprio il lavoro di associazione.
Nightafter ha scritto: Chiese al portalettere,
Lo sappiamo che non ci sono altri interlocutori, elimina.
Nightafter ha scritto: detto. non mi sembri il tipo. »
Refuso: Non
Nightafter ha scritto: che te la scopasse? E chi?. »
Refuso: elimina il punto la il punto interrogativo
Nightafter ha scritto: Per bacco
Refuso: Perbacco
Nightafter ha scritto: fatto bere, tagliano le gambe una cosa che va bene.
qui manca qualcosa
Ci sarebbe anche qualche virgola da sistemare, ma non mi azzardo perchè anch'io con le virgole non ci piglio sempre  :D

Di questo racconto dobbiamo evidenziare solo ciò che riusciamo a scoprire dal dialogo
1) Sono due uomini dalla vita non facile che durante una bevuta di birra si confidano, hanno un problema in comune: la gelosia. 
2) Entrambi hanno amato due donne molto più giovani di loro, belle e avvenenti.
3) La donna del padrone di casa è morta, quella dell'altro lavora in un bar dove la clientela, fatta perlopiù da camionisti, ne apprezza e palpa concretamente la fattezze.
4) Jacob, uomo burbero, solitario e fumatore di pippa, comincia con il decantare le lodi della moglie defunta, lasciando immaginare una storia idilliaca, parlando delle rose che la donna coltivava con passione, virando poi su come ha risolto il problema della gelosia. 
5) Oliver ascolta attento, seppure incredulo, si lascia convincere che quello messo in pratica da Jak possa essere un metodo valido per venire fuori dal suo inferno. 
6) Jak, infine, inserisce il nome di Tom Burns, l'elemento chiave con il quale ha messo letteralmente fine alla sua gelosia.
Ecco, questi sono gli elementi, il resto della trama viene svelato fuori dialogo. 

Mi è venuto, però, un dubbio, se Tom è sparito e con lui è morta anche la moglie di Jacob, come mai si ha la sensazione che si parli della donna come di una morte "naturale"? Non si dice nè che è sparita nè altro. Presumibilmente, essendo lei e Tom sepolti sotto la collinetta, non deve esserci stato nessun funerale. Insomma, dovrebbe essere rimasta una morte (o sparizione) avvolta nel mistero. 
Comunque il dialogo regge bene e assolve il compito di dare informazioni utili alla trama. 
A me l'incipit è piaciuto molto e devo dire che il fatto che disprezzasse il cane mi ha fatto intuire qualcosa, ma in modo sfuggevole, come è giusto che sia. In effetti se amava la moglie tanto da coltivarne le rose, avrebbe dovuto amare anche il cane di lei. 

Spero di non essere stata troppo rompi-balle, ciao e alla prossima

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Nightafter 

L’ambientazione americana mi piace, l’hai gestita molto bene per non essere del luogo, ma del resto nemmeno Salgari era mai stato a Mompracem e sembrava ci fosse nato. Nelle lunghe trattazioni sei sempre piacevolmente leggibile, logico, conseguente, non annoi mai. Ricordo un tuo magistrale racconto a puntate sul WD, quei fratelli figli di una creatura mostruosa che finirono in un isola incontrando la loro madre nella sua vera natura, che mi avvinse in particolar modo. Mi hai fatto venire il desiderio di provare anche io a cimentarmi in qualcosa di ambientazione americana, superando alcune mie reticenze.
Ho letto anche tutti i tuoi commenti al racconto e capisco cosa intendi dire quando parli della ruralità di alcuni personaggi rappresentati nei film americani, con alcune battute che travalicano magari la cultura di quei contadini e allevatori e con le inevitabili lacune di alcune traduzioni e doppiaggi; a proposito di questi ultimi qualcuno dovrebbe dire qualcosa a un certo punto, in particolare per il doppiaggio femminile le cui autrici sembrano provenire tutte dalla stessa scuola romana e si sente, eccome se si sente.
Nel tuo racconto mi è piaciuta la caratterizzazione di questi due uomini, la gelosia verso le loro donne è comprensibile e palpabile, espressa secondo i loro modi di vedere, ma penso che se anche i personaggi fossero stati dei luminari in qualsiasi parte dello scibile, alla fine la gelosia si sarebbe comunque palesata, essendo un sentimento vecchio come l’uomo e insito nella sua natura. C’è poco da fare. Sono convinto che Jacob non abbia nessun rimorso, da come parla pacatamente con il suo amico Oliver, da come vive la sua solitaria vita quotidiana. È un uomo “tranquillo”, schematico, abitudinario, non sa vedere, non sa andare oltre il suo modello di vita. Forse si tratta di una sorta di società patriarcale, comunque un uomo che non ammette deroghe al suo modello di vita, specie se attuate nei suoi confronti. A mio parere, da come si esprime amava veramente Ophelia, un amore che intendeva dovesse essere totale e reciproco, che lui pretendeva così, come facente parte della natura. La gelosia non era contemplata, prevista, non era benvenuta. Ophelia, che apparteneva anche lei a quel mondo avrebbe dovuto saperlo e anche il suo amante Tom. Sicuramente sapevano a cosa potevano andare incontro. Ma queste cose cose vanno uguali in tutto il mondo, basta vedere la cronaca nostrana. In America del Nord, ma quasi dappertutto, è molto facile divorziare per cose del genere e anche minori. Ma le leggi non sono mai a favore di uomini come Jacob. Forse Jacob era proprietario della casa, forse percepiva un reddito, una pensione. Lo avrebbero ridotto sul lastrico e a dormire sotto un ponte e allora meglio prevenire, evitare e procedere in altro modo. Occorre fare dei calcoli giocoforza, oltre che con i sentimenti anche con le finanze. Dal punto di vista di Jacob non farebbe una piega. Ha eliminato la fonte e la causa del problema e continua la sua solitaria e monotona vita, sembra che viva all’inizio di un deserto dall’ambientazione, rotto solo oltre che dalla sua casa da quell’inquietante roseto. Dispensa consigli su come vincere la gelosia con assoluta sincerità e convinzione, pur sapendo che non funzioneranno o molto difficilmente andranno a buon fine. Quasi come consigliare indirettamente un altro omicidio, sul quale magari saprà impartire pensieri anche a tal proposito, sempre davanti a una buona birra ghiacciata. E si aprirebbero nuovi interessanti scenari letterari. In fondo non si prova orrore, forse alla fine del racconto si viene assaliti dall’inquietudine nel sapere cosa ha fatto Jacob, ma è una sensazione ovattata, non si riesce a odiarlo veramente, si prova una sorta di cupa simpatia, come davanti alle storie di rapinatori famosi che dopo aver svaligiato milioni o miliardi spariscono dalla circolazione, in qualche lontano paradiso. L’hanno comunque fatta franca, hanno superato in qualche modo il “sistema” che li avrebbe obbligati a vivere poveri, malpagati e infelici per tutta la vita. Meglio la ribellione. Jacob a modo suo è un ribelle. Certo non è Sandokan, ma ha impedito che le regole del suo mondo, delle sue convinzioni personali venisse infranto e che magari dovesse pure pagarne lui le conseguenze. Non lo ha permesso, al di là che sia morale o immorale il suo comportamento; non ha permesso che qualcuno lo giudicasse. Una conclusione certo non auspicabile, non imitabile ma in questo mondo molte tragedie sarebbero state evitate se chi si fosse disposto a dettare le regole della vita e le penalità alle trasgressioni, avesse fatto altro nella vita.
p.s.
Scusa l'eccessiva prolissità, son fatto anche così.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Adel J. Pellitteri 

Ti ringrazio infinitamente per la considerazione che hai dedicato al mio raccontino.
Come sempre sono benvenute le tue note e le segnalazioni dei molti refusi.


Sul tuo dubbio riguardo alla dipartita della compianta  Ophelia, posso farti notare che il racconto gioca sul meccanismo di dare per scontata la sua morte. Ti cito le parti in cui si accenna alla sua scomparsa:

-  "da quando Ophelia non c’era più"
- "« C’è che ogni tanto mi manca Ophelia e ci penso. »
   « Ti manca molto? »
   « Sì, mi manca."



Come vedi si parla di qualcuno che non c'è più, una mancanza di presenza, ma non di una morte.

Infatti quello non detto ma che si può supporre, è che la bella  Ophelia, si sia data alla macchia col bel Tom.
Evidentemente il caffè consumato insieme deve essere stato oltremodo dolce e gradevole.
Anche Tom è scomparso in concomitanza a lei, ovvio che tutti abbiano pensato che siano fuggiti insieme, lasciando al povero Jac solo il vispo cagnetto e la sua ombrosa solitudine.
Possiamo immaginare che quella scomparsa abbia fruttato a Jac gli sguardi e i comenti salaci di tutta la cittadina, per anni lo avranno indicato come il becco da citare in tutte le storielle scherzose raccontate nei bar.
Ci sarà stata anche una denuncia di scomparsa presentata de Jac, che come migliaia di altre denunce e ricerche si è spenta nella convinzione generale di un allontanamento volontario.
Jac stesso nell'accennare alla cosa con l'amico, lo fa con un velato pudore, come chi rammenta una dolorosa malattia di cui quasi ci si vergogna a parlarne.
L'ambiente rurale e ruvido in cui si svolge il racconto, può lasciarci immaginare come certi drammi coniugali siano vissuti nel sentimento collettivo.
Quindi, sì, c'è un mistero sulla sparizione della bella protagonista, ma uno di quei misteri a cui danno una risposta anche i sassi del polveroso paese.

Un saluto e un abbraccio  <3

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Ciao @Alberto Tosciri 

Grazie dell'accurato e interessante commento.
Hai compiuto una minuziosa analisi delle motivazioni interiori del protagonista nel compiere il suo delitto.
Direi che hai compreso pienamente le componenti culturali e caratteriali che intendevo dare alla sua personalità ruvida e ombrosa.
Di certo Jac amava moltissimo sua moglie, di certo pensava che il suo metodo avrebbe avuto successo.
Sono convinto che lui ritenga estremamente giusto quello stratagemma che ha ideato per combattere la gelosia.
Penso che in cuor suo sia fortemente convinto che sia una strada innovativa, coraggiosa e dolorosa per esorcizzare il timore del tradimento coniugale,
allo stesso tempo è certo che no abbia funzionato con lui, solo perché non lo ha praticato a sufficienza, o forse ha peccato di troppa sicurezza nel aver voluto testare nella pratica il successo della cura.
Chissà, se non avesse mandato di sua sponte Ophelia nelle braccia di Tom, il suo castello di certezza d'essere immune alla gelosia, non sarebbe mai crollato.
Per questa ragione, fa parte Olli del suo metodo segreto. Forse l'amico non farà il suo identico errore e potrà testimoniare sulla bontà della cura.
Solo il tempo saprà dirlo.

Grazie ancora carissimo amico mio.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

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Che spettacolo! Al di là dei piccoli refusi qua e là, il racconto mi è piaciuto parecchio, particolarmente per lo stile. Mi è piaciuta la descrizione dell'ambiente in cui i due uomini si muovono e mi sono piaciuti i loro scambi coloriti. Le personalità dei due emergono, ma non il loro modo di esprimersi: mi sembra che parlino in modo troppo uguale, avrei gradito un po' di differenziazione in più, specie per quanto alcune loro espressioni siano particolari.
Gli indizi su come stanno realmente le cose non mancano nello svolgersi della storia, e lo si capisce già molto presto, quindi il finale più che un plot twist è una conferma. Comunque molto efficace.
Penso che il lato più interessante di questo racconto sia l'aver scavato nel modo di pensare di due persone schifose come queste. Si comportano come se le cose che stanno dicendo siano del tutto normali e questo è agghiacciante. I loro ragionamenti sono malati, ma il dialogo trasmette una sorta di coerenza perversa nelle loro idee. Ho trovato più nauseante questo di uno splatter, quindi chapeau.

Re: [LAB 1] Le rose di Ophelia

23
Non resta che associarmi alle critiche (scarsa aderenza alla traccia, refusi, prevedibilità del finale, difettosità varie) e anche agli elogi. L'ambientazione vecchio west è riuscita e  caricaturale, i due maschi stereotipi purtroppo diffusi e i dialoghi scorrono, malgrado qualche inciampo o ripetizione.
A rileggerti!
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com
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