[Lab 15] Minuetto celeste

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Minuetto celeste

C’è stato un tempo in cui mi sentivo impavido e credevo che la paura fosse un sentimento riservato solo agli animi deboli e alla gente ignorante.

Non ricordo come mi fosse venuta l’idea di puntare il cannocchiale verso il cielo. Pensai che, se la lente dello strumento riusciva a mostrare oggetti lontani sulla Terra, forse poteva farlo anche con quelli che occupavano il firmamento… da quell’istante la mia vita non fu più la stessa.
Notte dopo notte, neppure il gelo che mordeva il volto e irrigidiva le mani avrebbe potuto farmi desistere dai miei propositi: mentre il buio ingoiava ogni tetto delle case di Padova, puntavo il mio tubo verso la volta stellata e mi lasciavo sorprendere dall’immensità.
Mi colava il naso e mi lagrimavano gli occhi per cui, spesso, dovevo fermarmi per asciugare la carta su cui disegnavo con cura ciò che vedevo: i profondi crateri della Luna e le sue ombre, la piccola falce di Venere, l’innumerevole quantità di stelle che, a occhio nudo, non avrei mai potuto ammirare. Guardavo e annotavo con precisione ciò che il limpido cielo invernale mi mostrava.
Il sette di gennaio dell’anno 1610, mentre stavo osservando Giove, notai la presenza di quattro piccoli puntini luminosi, due da un lato e due dall’altro lato del pianeta. Sulle prime credetti che fossero delle stelle fisse che non avevo mai visto nonostante avessi già ispezionato molte volte quella zona del cielo. Pensai che forse, in passato, le lenti del mio cannocchiale erano troppo deboli; le mie mani indolenzite portavano ancora i segni delle molte ore trascorse nel laboratorio per perfezionarle.
La notte seguente tornai a guardare la stessa parte del cielo, e mi accorsi che quelle stelline sembravano essersi spostate, come se si fossero mosse. Che fosse solo un’illusione, un errore della vista, un difetto delle lenti o, forse, era colpa dell’umidità della notte che aveva appannato lo strumento?
Mi allontanai dall’oculare, stropicciai gli occhi, feci qualche passo nel buio e dei respiri profondi prima di ritentare l’osservazione ma, quando misi di nuovo l’occhio sul cannocchiale, mi accorsi che la situazione non era cambiata: i puntini luminosi avevano davvero assunto una formazione diversa da quella della notte prima. Il disegno sul mio taccuino ne era la prova evidente.
Annotai subito la nuova posizione di quegli astri. Da allora, notte dopo notte, ogni volta li trovavo disposti in modo differente. A volte precedevano il pianeta, altre lo seguivano. Come stormi di uccelli cambiavano spesso la formazione obbedendo a una legge di cui mi sfuggiva la regola. Una volta uno dei piccoli lumi sembrava essere svanito nell’oscurità ma, la notte successiva, riapparve.
Col passare dei giorni, mi resi conto che quegli astri non erano affatto stelle lontane e fisse come credevo: si trattava di corpi celesti che ruotavano attorno a Giove.
I loro movimenti sembravano una sorta di danza: seguivano un ritmo e una simmetria prestabilita simile a un minuetto. Era come se il pianeta li facesse volteggiare attorno a lui sostenendoli con mano sicura e invisibile.
Dovetti sdraiarmi per non vacillare perché era come se il mondo stesso si fosse capovolto all’improvviso sotto di me. Secoli di credenze spazzati via da una semplice lente d’ingrandimento.
Quelle piccole lune, brillanti come gemme nel velluto nero del cielo, continuavano a ruotare ignare del tumulto che avevano suscitato nella mia mente.
Mi chiedevo come fosse possibile negare ciò che gli occhi potevano vedere con tanta chiarezza: se quei quattro piccoli mondi non giravano attorno alla Terra ma attorno a Giove, perché mai la Terra doveva ancora essere ritenuta al centro di tutto il creato? Forse il nostro non era che uno dei tanti pianeti che danzavano attorno al Sole.
Nell’oscurità e nel silenzio potevo sentire il fluire del sangue ardere nelle vene, il cuore galoppare fino a mozzarmi il respiro.
Dunque, ben ragionava Messer Copernico nel dire che le cose del cielo funzionavano in modo diverso da quello che ci avevano sempre insegnato...
Questo fatto non si poteva più ignorare. Io ne avevo ottenuto la prova.
Sotto la grande volta stellata, mi sentivo parte del mistero della natura, un piccolo ingranaggio di un antico meccanismo che stava iniziando a svelare i suoi segreti.
I miei pensieri vagavano altalenanti come un vascello sbattuto dalla furia delle onde, a volte vedevo gli antri bui e dolorosi delle torture che avrei potuto subire dalla Santa Inquisizione per le mie scoperte, altre volte mi vedevo protetto dalla bonaccia di una baia, osannato come accade solo ai grandi uomini.
Conoscevo bene i rischi che avrei corso se avessi rivelato ciò che ormai non poteva e non doveva essere più essere taciuto al mondo. La verità divampava dentro di me come un fuoco che divorava le paure e l’orgoglio e la frenesia mi accecavano.
Di giorno insegnavo, di notte osservavo e scrivevo cercando di utilizzare le parole del popolo. Tutti coloro che sapevano leggere dovevano capire, o quantomeno intuire, la portata di ciò che avevo scoperto. “Sidereus Nuncius”: così volli intitolare la mia opera.

C’è stato un tempo in cui credevo che il potere del denaro e delle lusinghe mi avrebbe fornito la chiave per aprire qualsiasi porta. Anche quella della Chiesa.

Mi servivano denaro e protezione, sapevo bene che qualcuno avrebbe cercato di farmi tacere. Ma dilaniarsi nel dubbio non sarebbe stato utile ad alcuno. Allora l’ingegno venne di nuovo in mio soccorso: la battaglia contro l’ignoranza dovevano combatterla altri al posto mio. Potenti contro potenti.
Forte di questa illuminazione mandai il mio giovane assistente ad acquistare la carta più preziosa e, lontano da occhi indiscreti, vergai la lettera indirizzata al Granduca di Toscana Cosimo II di cui, a quei tempi, godevo la stima.
Ricordo ancora la cura con cui scelsi ogni parola e verbo:
“Considerando quanto il nome della Vostra Altezza Serenissima sia glorioso e come voi irradiate virtù divina e fortuna legale, mi è parso parso giusto associare questa nuova rivelazione astronomica al nome della vostra eccelsa famiglia, affinché gli astri appena scoperti, prendano il loro posto nei cieli eterni col nome di “Astri Medicei…”

C’è stato un tempo in cui ho dovuto nascondere il rossore del volto chinando la testa senza poter più rivolgere lo sguardo al cielo.

“Veemente sospetto di eresia” questo fu il verdetto del Tribunale della Santa Inquisizione contro di me.
Io, Galileo Galilei, fui considerato eretico e costretto ad abiurare. Se la paura è un sentimento riservato agli uomini deboli, ebbene, io fui debole.
Forse, se fossi stato condannato al rogo non mi sarei piegato, probabilmente avrei scelto il martirio in nome della Verità, ma l’idea di dover passare il resto dei miei giorni rinchiuso in un carcere della Chiesa, lontano dai miei strumenti e dai miei studi, mi sembrò mille volte peggiore della morte stessa. Per questo abiurai e ottenni di trascorre il resto dei miei giorni  recluso nella mia casa ad Arcetri.

C’è un tempo in cui i sensi perdono il loro potere e mostrano al nostro intelletto una realtà altrimenti invisibile. È ciò che, adesso, capita a me che sono vecchio e stanco, ormai. Oggi la strada mi appare chiara come non mai, ma ho bisogno dei miei bastoni per percorrerla dritta fino alla fine. E, per questo, mi sento fortunato. Ho due validi bastoni in carne e ossa che si occupano di me.

Mi muovo a tentoni tra le pareti. Del cielo e del movimento dei suoi astri mi resta solo il ricordo impresso nella memoria, una fitta coltre di nebbia mi vela gli occhi.
Bussano alla porta. Mi pare quasi di vederli, i miei fedeli amici Vincenzo Viviani ed Evangelista Torricelli; due anime nobili che sfidano la sorte, la Santa Inquisizione e i miasmi del mio corpo ogni volta che mi vengono a trovare.
Riconosco l’incedere dei loro passi nel corridoio.
Oggi loro sono  la mia vista e la mia penna e grazie al loro coraggio la scrittura de “Il dialogo sopra due nuove scienze” è quasi ultimata.
Finché avrò respiro non smetterò di combattere l’ignoranza.
Non si può fermare la Terra, non si possono fermare le idee con una carta di tribunale.
Esse sono come l’acqua: datele un po’ di tempo e scaverà la roccia.

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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@Monica wrote: C’è stato un tempo in cui mi sentivo impavido e credevo che la paura fosse un sentimento riservato solo agli animi deboli e alla gente ignorante.
Un buon incipit, in grado di intrigare il lettore e convincerlo a proseguire.
@Monica wrote: C’è stato un tempo in cui credevo che il potere del denaro e delle lusinghe mi avrebbe fornito la chiave per aprire qualsiasi porta. Anche quella della Chiesa.
L'argomento era troppo "in alto" e la serratura era "blindata" dalle autorità ecclesiastiche di quell'epoca oscurantista. Lo spieghi bene con la lettera all'alto intermediario cui Galileo chiese di intercedere col Vaticano per supportare la visione copernicana del sistema solare che lui poteva dimostrare.
@Monica wrote: C’è stato un tempo in cui ho dovuto nascondere il rossore del volto chinando la testa senza poter più rivolgere lo sguardo al cielo.
Ecco, questo contrassegno del periodo in cui Galileo, bollato come eretico, scelse l'abiura che gli consentiva di  non restare lontano dai suoi studi astronomico, sua ragione di vita, invece di languire e spegnersi in un carcere, non lo capisco.
Perché scrivi "senza poter più rivolgere la sguardo al cielo?" Lui non è ancora diventato cieco, lo diverrà in tarda età, anche se studierà ancora e ancora, e quindi, pur chiuso in casa, con o senza cannocchiale, poteva comunque osservare il cielo, almeno per una decina di anni. Mi sbaglio?
@Monica wrote: C’è un tempo in cui i sensi perdono il loro potere e mostrano al nostro intelletto una realtà altrimenti invisibile. È ciò che, adesso, capita a me che sono vecchio e stanco, ormai. Oggi la strada mi appare chiara come non mai, ma ho bisogno dei miei bastoni per percorrerla dritta fino alla fine. E, per questo, mi sento fortunato. Ho due validi bastoni in carne e ossa che si occupano di me.
Anche cieco, anche con i cinque sensi appannati, la mente del grande astronomo lavora alacre a una realtà che prima non riusciva a intravedere appieno. Bella questa tua asserzione, la mia preferita tra tutte) che vale a titolo universale per noi umani, quando la ricerca dei beni materiali e del piacere dei sensi cede il posto a una realtà che prima era offuscata da questi. Si acuisce la mente e lo spirito. Si cammina decisi verso il proprio vero appagamento.
Sei stata brava a presentare al lettore un Galileo vincente e propositivo nella china finale della sua vita. 
@Monica wrote: Non si può fermare la Terra, non si possono fermare le idee con una carta di tribunale.
Esse sono come l’acqua: datele un po’ di tempo e scaverà la roccia.
Il Galilei sa di avere ragione e che il mondo intero, prima o poi, lo riabiliterà. Assieme alle scuse della Chiesa moderna per quegli alti ecclesiastici ignoranti e chiusi alla realtà della logica e della matematica. Eppur si muove...

Non potendo, il vasto argomento, articolare più di così  le grandi scoperte e il processo sùbito dal grande Galileo Galilei, mi complimento con te per avere fatto questo excursus efficace e coinvolgente.

Brava @@Monica  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Poeta Zaza wrote: Perché scrivi "senza poter più rivolgere la sguardo al cielo?" Lui non è ancora diventato cieco, lo diverrà in tarda età, anche se studierà ancora e ancora, e quindi, pur chiuso in casa, con o senza cannocchiale, poteva comunque osservare il cielo, almeno per una decina di anni. Mi sbaglio?
Ciao @Poeta Zaza e grazie infinite per il tuo commento approfondito e per l’apprezzamento.
Cerco di rispondere alla tua domanda. La mia intenzione in questa frase era quella di sottolineare il profondo senso di fallimento e sconfitta provato da Galileo. Un senso di vergogna anche nei confronti del cielo stesso. Quindi l’interpretazione non dovrebbe (almeno nei miei intenti) essere letterale ma suggerire l’idea del peso che gravava nel cuore dello scienziato per la scelta che aveva fatto. Certo poi che ossservare il cielo da recluso èe senza poter usare strumenti non è la stessa cosa, ti pare? Ma non è il senso letterale che volevo dare. Se non ti è arrivato, vuol dire che dovevo scriverlo meglio!

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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@Monica wrote: Ciao @Poeta Zaza e grazie infinite per il tuo commento approfondito e per l’apprezzamento.
Cerco di rispondere alla tua domanda. La mia intenzione in questa frase era quella di sottolineare il profondo senso di fallimento e sconfitta provato da Galileo. Un senso di vergogna anche nei confronti del cielo stesso. Quindi l’interpretazione non dovrebbe (almeno nei miei intenti) essere letterale ma suggerire l’idea del peso che gravava nel cuore dello scienziato per la scelta che aveva fatto. Certo poi che ossservare il cielo da recluso èe senza poter usare strumenti non è la stessa cosa, ti pare? Ma non è il senso letterale che volevo dare. Se non ti è arrivato, vuol dire che dovevo scriverlo meglio!
Hai ragione e tu l'hai scritta bene la situazione del nostro. Sono io che spesso ragiono con una visione ristretta rispetto a quello che leggo. Scusami  :sss:
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Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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@Monica wrote:
C’è stato un tempo in cui mi sentivo impavido e credevo che la paura fosse un sentimento riservato solo agli animi deboli e alla gente ignorante.
Questo incipit suggerisce un conflitto e conseguente cambiamento interiore del personaggio, pertanto stimola alla lettura al fine di scoprire: chi (Galilei), come (osservando il cielo notturno), quando (nel 1610), dove (a Padova) e perchè (per la paura di una condanna che gli avrebbe impedito di continuare a studiare) tutto ciò sia accaduto
Pertanto ottimo incipit. 
Altra storia vera, vedo che ti stai immergendo nel filone dei personaggi storici. Ti chiedo: come mai?
(y)
Ho letto tutto il racconto, ma come per @Poeta Zaza ti chiedo di accontentarti del commento solo sull'incipit. 

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Adel J. Pellitteri wrote: Altra storia vera, vedo che ti stai immergendo nel filone dei personaggi storici. Ti chiedo: come mai?
In realtà è proprio il filone dei personaggi storici quello di cui preferisco scrivere. Qui nel forum ci sono molti stimoli che aiutano ad ampliare gli orizzonti e provare generi letterari diversi e dunque cerco per quanto possibile di provare un po’ di tutto. Alcune cose riescono accettabili, altre meno, ma, quando è possibile, uno spunto dalla realtà cerco d’inserirlo.  :libro:
Grazie della lettura e del commento  :love3:

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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@@Monica  :)

Dimenticavo e aggiungo ora:

- anche i titoli che precedono, oltre l'incipit, i vari eventi della vita di Galilei, aiutano la lettura e caratterizzano il brano, come succo e contrassegno dei contenuti. 
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Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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  wrote:@MonicaMinuetto celeste
Bellissimo titolo!

Analisi dell'incipit:
  wrote:@MonicaC’è stato un tempo in cui mi sentivo impavido e credevo che la paura fosse un sentimento riservato solo agli animi deboli e alla gente ignorante.
Come ho scritto anche a @Poeta Zaza, vorrei non considerare questa unica frase come incipit. 
L'avrei messa dopo quello che io considero il vero incipit del racconto:
  wrote:@MonicaNon ricordo come mi fosse venuta l’idea di puntare il cannocchiale verso il cielo. Pensai che, se la lente dello strumento riusciva a mostrare oggetti lontani sulla Terra, forse poteva farlo anche con quelli che occupavano il firmamento… da quell’istante la mia vita non fu più la stessa.
Notte dopo notte, neppure il gelo che mordeva il volto e irrigidiva le mani avrebbe potuto farmi desistere dai miei propositi: mentre il buio ingoiava ogni tetto delle case di Padova, puntavo il mio tubo verso la volta stellata e mi lasciavo sorprendere dall’immensità.
Qui c'è quello che serve a creare una promessa, (la sua vita non sarà più la stessa) un luogo dove collocare il protagonista; a Padova, eventi atmosferici che creano l'immagine di un uomo disposto a sopportare il gelo per amore della scoperta. Il lettore si immedesima facilmente e la curiosità per andare avanti è stimolata dallo strumento, la lente e la volta stellata, ma anche dalla determinazione del personaggio, (neppure il gelo che mordeva il volto e irrigidiva le mani avrebbe potuto farmi desistere). L'avventura è servita…

 Ora passiamo al racconto:
  wrote:@MonicaMi colava il naso e mi lagrimavano gli occhi per cui, spesso, dovevo fermarmi per asciugare la carta su cui disegnavo con cura ciò che vedevo: i profondi crateri della Luna e le sue ombre, la piccola falce di Venere, l’innumerevole quantità di stelle che, a occhio nudo, non avrei mai potuto ammirare. Guardavo e annotavo con precisione ciò che il limpido cielo invernale mi mostrava.
Il sette di gennaio dell’anno 1610, mentre stavo osservando Giove, notai la presenza di quattro piccoli puntini luminosi, due da un lato e due dall’altro lato del pianeta. Sulle prime credetti che fossero delle stelle fisse che non avevo mai visto nonostante avessi già ispezionato molte volte quella zona del cielo. Pensai che forse, in passato, le lenti del mio cannocchiale erano troppo deboli; le mie mani indolenzite portavano ancora i segni delle molte ore trascorse nel laboratorio per perfezionarle.
Galileo, personaggio conosciuto soprattutto dai libri di storia, nelle frasi che ho sottolineato lo hai reso umano. È uno che ha camminato davvero sulla terra e tu lo hai reso con pochi tratti.
  wrote:@MonicaDovetti sdraiarmi per non vacillare perché era come se il mondo stesso si fosse capovolto all’improvviso sotto di me. Secoli di credenze spazzati via da una semplice lente d’ingrandimento.
 Forse mi sbaglio, ma Galileo, notoriamente condivideva le idee di Copernico, mi sembra esagerato che vacilli e addirittura dovesse sdraiarsi, per lui doveva più essere una conferma a ciò che già sospettava. Ma ripeto potrei ricordare male.
  wrote:@Monica ben ragionava Messer Copernico nel dire che le cose del cielo funzionavano in modo diverso da quello che ci avevano sempre insegnato...
Infatti! Lui credeva che Copernico avesse ragione ma sapeva che era pericoloso dirlo apertamente. Ora il problema era divulgare la sua scoperta. 
  wrote:@Monica miei pensieri vagavano altalenanti come un vascello sbattuto dalla furia delle onde, a volte vedevo gli antri bui e dolorosi delle torture che avrei potuto subire dalla Santa Inquisizione per le mie scoperte, altre volte mi vedevo protetto dalla bonaccia di una baia, osannato come accade solo ai grandi uomini.
Conoscevo bene i rischi che avrei corso se avessi rivelato ciò che ormai non poteva e non doveva essere più essere taciuto al mondo. La verità divampava dentro di me come un fuoco che divorava le paure e l’orgoglio e la frenesia mi accecavano.
Di giorno insegnavo, di notte osservavo e scrivevo cercando di utilizzare le parole del popolo. Tutti coloro che sapevano leggere dovevano capire, o quantomeno intuire, la portata di ciò che avevo scoperto. “Sidereus Nuncius”: così volli intitolare la mia opera.

C’è stato un tempo in cui credevo che il potere del denaro e delle lusinghe mi avrebbe fornito la chiave per aprire qualsiasi porta. Anche quella della Chiesa.

Mi servivano denaro e protezione, sapevo bene che qualcuno avrebbe cercato di farmi tacere. Ma dilaniarsi nel dubbio non sarebbe stato utile ad alcuno. Allora l’ingegno venne di nuovo in mio soccorso: la battaglia contro l’ignoranza dovevano combatterla altri al posto mio. Potenti contro potenti.
Forte di questa illuminazione mandai il mio giovane assistente ad acquistare la carta più preziosa e, lontano da occhi indiscreti, vergai la lettera indirizzata al Granduca di Toscana Cosimo II di cui, a quei tempi, godevo la stima.
Ricordo ancora la cura con cui scelsi ogni parola e verbo:
“Considerando quanto il nome della Vostra Altezza Serenissima sia glorioso e come voi irradiate virtù divina e fortuna legale, mi è parso parso giusto associare questa nuova rivelazione astronomica al nome della vostra eccelsa famiglia, affinché gli astri appena scoperti, prendano il loro posto nei cieli eterni col nome di “Astri Medicei…”

C’è stato un tempo in cui ho dovuto nascondere il rossore del volto chinando la testa senza poter più rivolgere lo sguardo al cielo.

“Veemente sospetto di eresia” questo fu il verdetto del Tribunale della Santa Inquisizione contro di me.
Io, Galileo Galilei, fui considerato eretico e costretto ad abiurare. Se la paura è un sentimento riservato agli uomini deboli, ebbene, io fui debole.
Forse, se fossi stato condannato al rogo non mi sarei piegato, probabilmente avrei scelto il martirio in nome della Verità, ma l’idea di dover passare il resto dei miei giorni rinchiuso in un carcere della Chiesa, lontano dai miei strumenti e dai miei studi, mi sembrò mille volte peggiore della morte stessa. Per questo abiurai e ottenni di trascorre il resto dei miei giorni  recluso nella mia casa ad Arcetri.
In tutta questa parte trovo un po' debole la narrazione, sacrificata in nome di fatti storici riportati quasi come in un diario, che non è male ma avrei preferito più azione.
  wrote:@MonicaMi muovo a tentoni tra le pareti. Del cielo e del movimento dei suoi astri mi resta solo il ricordo impresso nella memoria, una fitta coltre di nebbia mi vela gli occhi.
Bussano alla porta. Mi pare quasi di vederli, i miei fedeli amici Vincenzo Viviani ed Evangelista Torricelli; due anime nobili che sfidano la sorte, la Santa Inquisizione e i miasmi del mio corpo ogni volta che mi vengono a trovare.
Riconosco l’incedere dei loro passi nel corridoio.
Qui ritrovo una bella scrittura, sta accadendo qualcosa che non sappiamo dai libri.
Ti faccio i complimenti per la tua passione per i racconti storici e per questo ottimo racconto.

 

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Carissima @@Monica ed eccoci a noo con questo bel tributo a uno degli astronomi più famosi del nostro paese, nientemeno che Galileo Galilei.
Ho apprezzato molto la scelta di parlare di una figura così conclamata e allo stesso tempo attuale, l'emblema cioè dello scienziato che per amore della verità sfida il potere costituito.

Piccolo disclaimer: purtroppo, nella mia lettura, sei partita svantaggiata, avendo studiato a liceo, letto e riletto per gusto personale e poi visto rappresentare "Vita di Galileo" di Brecht. Dico "svantaggiata" perchè è quasi impossibilitato fare un paragone con un'opera così potente che rivede la figura dello scienziato sotto la luce dei suoi difetti e delle sue piccolezze, restituendoci una versione più credibile e familiarizzabile. Un dettaglio molto apprezzabile del tuo scritto, che lo avvicina a quello di Brecht: insisti fa subito sull'idea del coraggio e su come questo venga poi rivalutato, una volta che Galileo è messo davanti alla tortura.
Fatta questa premessa, andiamo ad analizzare l'incipit.
@Monica wrote: C’è stato un tempo in cui mi sentivo impavido e credevo che la paura fosse un sentimento riservato solo agli animi deboli e alla gente ignorante.

Non ricordo come mi fosse venuta l’idea di puntare il cannocchiale verso il cielo. Pensai che, se la lente dello strumento riusciva a mostrare oggetti lontani sulla Terra, forse poteva farlo anche con quelli che occupavano il firmamento… da quell’istante la mia vita non fu più la stessa.
Per me questo incipit è una bomba.
Apri subito con una battuta dal carattere filosofico, invitando quasi a colloquiare con il lettore. Poi l'idra fulcro del racconto (puntare il cannocchiale al cielo) viene buttata là, senza preamboli e senza aggiunte. In automatico, senza inutili e pesanti spiegazioni, il lettore deduce il contesto storico. Il tutto parlando di cose semplici e deducibili.
Insomma: super efficace.

Scelgo volontariamente di considerare l'incipit fino a qui, perché è anche la parte che mi ha colpito maggiore del racconto. Da questo punto in poi, lo confesso, l'attenzione si è ridotta progressivamente. 

La colpa, lo ribadisco, è dell'ingombrante paragone con l'opera di Brecht, per cui "ci sono andato veramente sotto". Analizzare il racconto in questi termini non sarebbe corretto, per cui scelgo di osservare e apprezzare l'intento divulgativo della tua opera: hai fatto un gran lavoro nel riportare sia le scoperte che gli eventi della sua vita in modo preciso e accessibile a tutti.
Ho apprezzato particolarmente la descrizione delle mani tremanti per il freddo, mentre Galileo traccia le mappe lunari. Anche altrettanto apprezzabile il modo in cui hai ripreso il tema del coraggio, rivisitandolo, quando il povero astronomo si vede davanti la santa inquisizione. 

Purtroppo la descrizione della scoperta delle lune di Giove suona un po' troppo pesante, specie in un testo di massimo 10000 caratteri. Il mio appunto critico è questo, di tentare di alleggerirlo o quantomeno di renderlo un po' più romanzato.

Una buona prova, davvero.
Ripeto, penalizzata da un paragone impari .
Incipit a cannone!
A rileggerti

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Grazie @Nerio per il tuo incoraggiamento e (ahimè non conosco l’opera di Brecht! Devo correre ai ripariiiiii) 
Certo che Galileo ha ispirato non solo scienziati ma artisti di tutti i tempi e dunque lungi da me la più pallida idea di volermi confrontare sia con i grandissimi che con scrittori più “ umani”. Pensando al tema danza (ed occupandomi attivamente di divulgazione astronomica) mi è subito venuto in mente la danza dei pianeti e, in particolare la scoperta di quella specifica “danza” che ha davvero contribuito a far un passo avanti (e credo tu sia d’accordo con me, questo passo è stato davvero tardivo per un sacco di ragioni) alle conoscenze umane. Il numero esiguo di battute spendibili non mi ha consentito di sviluppare (come giustamente mi hai segnalato) in modo più articolato e migliore la vicenda ma ho cercato di condensare i concetti in modo che anche un pubblico più ampio potesse avere delle informazioni semplici ma corrette. È un po’ come sposare le mie passioni che sono la scienza e la scrittura, la storia dell’arte ecc. Se dovessi rielaborare questo testo (ti chiedo un consiglio) sarebbe preferibile un narratore esterno o ampliarlo sempre con “l’ipotetica voce di Galileo?” . Grazie per tutto  :arrossire:

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Ciao @Albascura ti ringrazio per il,commento approfondito, i suggerimenti e anche per gradimento  :love3:
Albascura wrote: Forse mi sbaglio, ma Galileo, notoriamente condivideva le idee di Copernico, mi sembra esagerato che vacilli e addirittura dovesse sdraiarsi, per lui doveva più essere una conferma a ciò che già sospettava. Ma ripeto potrei ricordare male.
Sì, certo hai ragione. Il fatto che le cose in cielo potessero funzionare  in modo diverso da quello che per tanti anni si è continuato a voler sostenere era risaputo fin dai tempi di Aristarco di Samo. Mancavano le prove… Molti illustri “filosofi naturali” (all’epoca la parola scienziato non era ancora disponibile) sostenevano che la Terra non fosse al centro di tutto, ma non potevano dimostrarlo! Galileo non stava cercando quella specifica riprova ma la sua scoperta si può dire che sia stata “casuale”. L’ha osservata, annotata e si è reso conto di avere per le mani una vera bomba… (anche la bomba non c’era) Per questo ho immaginato il suo sbigottimento… Cambio  scenario per spiegarmi meglio. Quando è stato rilevato il bosone di Higgs, gli scienziati stavano lavorando da anni per “cercarlo”. Immaginavano che ci fosse ma non avevano la prova che esistesse davvero. Galileo, quando ha puntato il cannocchiale verso Giove, non lo ha fatto per cercare di dimostrare la teoria copernicana. Ci si è imbattuto e da lì l’estrema emozione.

Racconto a parte (che comunque non è così importante per il laboratorio) sono contenta che l’incipit funzioni. Lo stacco della prima frase (come delle altre ananloghe frasi che ho inserito per sottolineare i vari momenti della vita di Galileo) forse, hai ragione, fa immaginare che lo volessi considerare solo l’incipit. Nei miei intenti, non perfettamente riusciti evidentemente, era un po’ come inserire il refrain di una canzone… per restare in tema danza.
Grazie ancora!

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Ciao @@Monica

Un incipit che attira l’attenzione, con sentori di particolari d’altri tempi, come piace a me. Il desiderio di conoscenza di un uomo, il suo lavoro, il suo studio e la sua ricerca per realizzare questa conoscenza in tempi dove chi usciva dal seminato metteva a repentaglio la sua vita.
Hai scelto un personaggio storico rilevante, come senza dubbio è stato Galileo Galilei, per la cultura e la conoscenza scientifica che ha inciso nel mondo anche se Galileo non ebbe il coraggio di andare fino in fondo a confermare la convinzione della sua teoria davanti alla Santa Inquisizione. Storicamente parlando ebbe più coraggio Giordano Bruno, stessa epoca, frate domenicano, che rifiutò di rinnegare le sue convinzioni e andò al rogo nel 1600 quando Galilei aveva trentasei anni.
Storie e convinzioni diverse ma in un certo senso, forzando un po’, quasi contrapposte specularmente; si potrebbero mettere a confronto, ma solo perché personalmente trovo più consono al mio pensiero le idee di Giordano Bruno che descriveva un universo infinito, mondi infiniti, un Dio infinito cosmologico, quasi come uno Spinoza nostrano, cose che davano fastidio a quei tempi e oggi forse meno se non indaghiamo a fondo sul concetto di mondi infiniti, che non hanno a che fare con i pianeti sospesi che girano intorno a sé stessi e a una presunta stella fissa. E considera che Giordano Bruno fu visitato in carcere dalla Santa Inquisizione che gli disse che sapevano che lui aveva ragione, ma questa ragione non doveva essere divulgata e doveva rigettarla. C’è da spaziare. Per me, sia il geocentrismo e ancor più l’eliocentrismo non hanno attrattiva nella loro limitata finitezza che si vuole definitiva. Beninteso che tutti i calcoli e gli assiomi di tutte le teorie possono essere perfetti, ma anche partendo da un assunto sbagliato si possono ricavare formule giuste. Questo a mio parere blocca il pensiero e l’anima.
Non trovo oggettivo  filosoficamente e religiosamente che in un universo infinito ci debba o possa essere un centro, pianeti sospesi che girano su se stessi, compreso il nostro e una stella fissa ferma attorno alla quale giriamo. Non continuo ad addentrarmi perché per me questo è un terreno minato, e  attirerei l’ira funesta e gli strali di tanti Pelidi Achilli che vedono terrapiattisti ovunque, anche dove non ci sono, anche nei confronti di chi alla terra pizza con i bordi non ci ha mai pensato, raffigurazione ridicola. Forse mi attirerei anche i tuoi strali, avresti ragione ma io, credimi, non ho intenzione e non ho desideri e competenze per dimostrare il contrario di nulla e tantomeno alimentare scontri di pensieri contrapposti. Io non pretendo di avere la visione giusta, non pretendo di avere ragione. Ho solo dubbi, seguo il mio pensiero dove mi fa stare bene, non impongo  certo dogmi.
Ho cercato nel racconto una forma, come dire, più “romanzesca” avrei osato di più al tuo posto; amo tremendamente quell’epoca dove non era facile vivere per chi osava controribattere ai postulati imperanti, alcuni emerite sciocchezze, altri no. Volevo sentire la paura di un uomo, prima dello scienziato, del mito; la paura di finire interrogato dall’Inquisizione, anche se comunque non lo avrebbero condannato a morte Galilei ma lo avrebbero isolato e chiaramente questo non era sopportabile per la sua mente di studioso, reagendo di conseguenza nella maniera più comprensibile e umana rinnegando i suoi studi pur senza esserne forse del tutto convinto. Sempre romanzando lo avrei fatto pensare, riflettere sul clima dei suoi tempi, ma allora diventava davvero un romanzo e specie per la storia ci vuole molto tempo per le ricerche.
Il tuo finale mi interessa
@Monica wrote: Finché avrò respiro non smetterò di combattere l’ignoranza.
Un pensiero molto moderno. A quell’epoca non era usuale battersi affinché gli ignoranti venissero eruditi e instradati solo per il loro beneficio. Era una società molto classista in questo senso. Il desiderio che anche gli incolti assurgessero alla cultura venne dopo. Ma esistono ignoranti e ignoranti, non sono tutti uguali. Ne stiamo pagando le conseguenze oggi.
@Monica wrote: Non si può fermare la Terra, non si possono fermare le idee con una carta di tribunale.
Uhm… forse avrai capito quello che voglio dire, però non lo dico  :)
@Monica wrote: Esse sono come l’acqua: datele un po’ di tempo e scaverà la roccia.
Questo è vero. Ma a forza di scavare si è arrivati a un punto dove non si torna più indietro, se non altro per riordinare il pensiero e analizzare la conseguenzialità degli eventi . Ed è impossibile andare avanti senza causare tragedie. Ma si va avanti.
Perdonami per questo commento che come quasi tutti i miei è sempre al di là e al di sopra del contesto, pur tenendone certo conto, specie per temi storici che da sempre mi appassionano, ma amo indagare oltre al puro descritto, non solo a quello che è stato ma anche a quello che avrebbe potuto essere, nell’ottica immersiva a tutto campo dell’epoca che si è scelta. Amo disquisire e avrei avuto molte occasioni anche qui sul forum, ma devo limitarmi a qualche commento e a mettere musiche e film con sporadiche osservazioni, perciò approfitto, indebitamente e mi scuso, per inserire un po’ del mio modo di vedere e interpretare le cose anche quando leggo un racconto.
Spero di non aver disturbato.
Ciao.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Alberto Tosciri wrote: Ho cercato nel racconto una forma, come dire, più “romanzesca” avrei osato di più al tuo posto; amo tremendamente quell’epoca dove non era facile vivere per chi osava controribattere ai postulati imperanti, alcuni emerite sciocchezze, altri no. Volevo sentire la paura di un uomo, prima dello scienziato, del mito; la paura di finire interrogato dall’Inquisizione, anche se comunque non lo avrebbero condannato a morte Galilei ma lo avrebbero isolato e chiaramente questo non era sopportabile per la sua mente di studioso, reagendo di conseguenza nella maniera più comprensibile e umana rinnegando i suoi studi pur senza esserne forse del tutto convinto. Sempre romanzando lo avrei fatto pensare, riflettere sul clima dei suoi tempi, ma allora diventava davvero un romanzo e specie per la storia ci vuole molto tempo per le ricerche.
Ma quale perdono? @Alberto Tosciri io amo il contraddittorio e soprattutto stimo coloro che, in coerenza alle proprie opinioni, non temono di esporle pur consapevoli che, magari, non sono troppo popolari. Quindi grazie e ancora grazie per la lettura, per aver espresso il tuo pensiero e per avermi dato ottimi spunti per ampliare e migliorare il racconto. 
P.s.: adorerei leggere un tuo racconto su questo personaggio o su Giordano Bruno (che mi fa impazzire) e perché no? Su Ildegarda di Bingen… pensaci

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Ciao @@Monica,
la tua scrittura è come sempre superba.
L' incipit è coinvolgente, fa alzare le sopracciglia ed assentire le persone con già abbastanza esperienza sulle spalle e probabilmente suscita una smorfia nei più giovani, che vorranno andare avanti per capire "dove vuoi andare a parare."
Il racconto a mio parere è prettamente didattico, un ottimo veicolo di informazioni che rimarranno sicuramente impresse nella mente. La lettura è più che piacevole, non posso definirla appassionante, ma sicuramente interessante.
Il tema della danza c'è, ma un po' sottotraccia. Ho avuto anche io il medesimo problema.
Ancora complimenti per la bella scrittura.
A presto.
<3

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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@Monica  carissima, l’incipit funziona, soprattutto perché lo riproponi in corso d’opera ottenendo un effetto ritmico che si collega a meraviglia col tema della danza, eco dell’incantevole titolo.
Detto questo, confesso che ho sofferto un poco il registro narrativo che, sebbene utilizzi espressioni intense come

mi lasciavo sorprendere dall’immensità.
Dovetti sdraiarmi per non vacillare perché era come se il mondo stesso si fosse capovolto all’improvviso sotto di me.
Nell’oscurità e nel silenzio potevo sentire il fluire del sangue ardere nelle vene, il cuore galoppare fino a mozzarmi il respiro.
I miei pensieri vagavano altalenanti come un vascello sbattuto dalla furia delle onde

Resta tuttavia legato a un tono diaristico, quasi obbedendo al dovere di documentare compiutamente eventi e riflessioni.
Così facendo anche il focus rimane bloccato nella rinuncia a cogliere altri spunti.
Il conflitto tra verità e salvezza, il pavido autoinganno nascosto dietro l’idea di male minore e dunque la sostanziale complicità con la ragion di stato.
@Monica wrote: C’è stato un tempo in cui ho dovuto nascondere il rossore del volto chinando la testa senza poter più rivolgere lo sguardo al cielo.
Qui c'è il cuore pulsante di tutto il racconto. Qui avrei giocato d'affondo.
Usando la cecità senile come la vera condanna, che non è il non poter più guardare le sue amate stelle, né la dorata prigionia. È l’obbligo di guardarsi dentro senza potersi più mentire. Fino ad ammettere che, anche potendo tornare indietro, avrebbe agito nello stesso modo.
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Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Modea72 wrote: più giovani, che vorranno andare avanti per capire "dove vuoi andare a parare."
Il racconto a mio parere è prettamente didattico, un ottimo veicolo di informazioni che rimarranno sicuramente impresse nella mente. La lettura è più che piacevole, non posso definirla appassionante, ma sicuramente interessante.
Grazie @Modea72 per questo tuo commento che mi fa riflettere. Volevo scrivere un racconto didattico? No. 
Però se tu hai percepito questo intento, ti ringrazio per avermelo segnalato. Ci lavorerò ancora.

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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Ciao @@Monica 

Minuetto celeste
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Pensavo che "minuetto"  fosse una sorta di canzone, ma andando a curiosare scopro che è una danza "a piccoli passi". Ecco perché hai scelto questa parola, dal lento movimento dei pianeti. Tutto chiaro. :D
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C’è stato un tempo in cui mi sentivo impavido e credevo che la paura fosse un sentimento riservato solo agli animi deboli e alla gente ignorante.
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Come incipit è un po' magro, ma comunque evidenzia lo stato di rassegnazione e la stessa vita del narratore. 
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Non ricordo come mi fosse venuta l’idea di puntare il cannocchiale verso il cielo. Pensai che, se la lente dello strumento riusciva a mostrare oggetti lontani sulla Terra, forse poteva farlo anche con quelli che occupavano il firmamento… da quell’istante la mia vita non fu più la stessa.
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Così si narra. Ma penso che Galileo, come tutti gli uomini di scienza, aveva quella fame assoluta della scoperta.
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Notte dopo notte, neppure il gelo che mordeva il volto e irrigidiva le mani avrebbe potuto farmi desistere dai miei propositi:
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 mentre il buio ingoiava ogni tetto delle case di Padova, puntavo il mio tubo verso la volta stellata e mi lasciavo sorprendere dall’immensità.
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Immagino che ci abbia passato l'intera vita nel segnare i millesimali spostamenti nel cielo. Ha avuto una costanza mica da poco.
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Il sette di gennaio dell’anno 1610, mentre stavo osservando Giove, notai la presenza di quattro piccoli puntini luminosi, due da un lato e due dall’altro lato del pianeta. 
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e, mi accorsi che la situazione non era cambiata: i puntini luminosi avevano davvero assunto una formazione diversa da quella della notte prima. Il disegno sul mio taccuino ne era la prova evidente.
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Cara Monica, adesso ci dai la spiegazione, dato che Galileo ancora non poteva sapere tutto. Cosa erano i quattro puntini che pensava fossero stelle? Io sono ignorante in materia, e dato che per te è il pane, adesso spieghi, o fai abiura :D
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Dovetti sdraiarmi per non vacillare perché era come se il mondo stesso si fosse capovolto all’improvviso sotto di me. Secoli di credenze spazzati via da una semplice lente d’ingrandimento.
Quelle piccole lune, brillanti come gemme nel velluto nero del cielo, continuavano a ruotare ignare del tumulto che avevano suscitato nella mia mente.
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Qui lo spieghi, ma ti chiederei se sono parole tue, consapevole delle scoperte ulteriori, o Galileo che per primo le chiamò cosi!
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C’è stato un tempo in cui credevo che il potere del denaro e delle lusinghe mi avrebbe fornito la chiave per aprire qualsiasi porta. Anche quella della Chiesa.
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Sarei curioso di sapere se sono frasi estrapolate da qualche suo autobiografia o tue.. Che si sei immedesimata nel grande Galileo?
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vergai la lettera indirizzata al Granduca di Toscana Cosimo II di cui, a quei tempi, godevo la stima.
Ricordo ancora la cura con cui scelsi ogni parola e verbo:
“Considerando quanto il nome della Vostra Altezza Serenissima sia glorioso e come voi irradiate virtù divina e fortuna legale, mi è parso parso giusto associare questa nuova rivelazione astronomica al nome della vostra eccelsa famiglia, affinché gli astri appena scoperti, prendano il loro posto nei cieli eterni col nome di “Astri Medicei…”
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Quindi anche Galileo cercò di paracularsi? Non sapevo! :D
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“Veemente sospetto di eresia” questo fu il verdetto del Tribunale della Santa Inquisizione contro di me.
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Credo che sia stata la massima rappresentazione dello Stato tiranno, da parte della chiesa/stato pontificio... Se sento ancora l'odore tuttora.
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Oggi loro sono  la mia vista e la mia penna e grazie al loro coraggio la scrittura de “Il dialogo sopra due nuove scienze” è quasi ultimata.
Finché avrò respiro non smetterò di combattere l’ignoranza.
Non si può fermare la Terra, non si possono fermare le idee con una carta di tribunale.
Esse sono come l’acqua: datele un po’ di tempo e scaverà la roccia.
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Insomma, ti sei aggrappata alla tesina universitaria. Hai messo i panni dello scienziato e svelato la sua vita, tra gioia e dolore. Tra successi e insuccessi, tra libertà e prigionia. Uno dei primi precursori a patire la censura; quella che ancora oggi è viva e presente. Il racconto è appassionato, ma è comunque una tua versione o, come dicevo prima, frutto di biografie? A te la risposta. Ciao.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab 15] Minuetto celeste

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bestseller2020 wrote: Qui lo spieghi, ma ti chiederei se sono parole tue, consapevole delle scoperte ulteriori, o Galileo che per primo le chiamò cosi!
Galileo comprese che quei corpi celesti orbitavano intorno a Giove e dunque il cielo ritenuto perfetto e immutabile delle stelle fisse (cielo oltre la superficie della luna) non era così… le chiamò “medicea sidera” 
bestseller2020 wrote: Sarei curioso di sapere se sono frasi estrapolate da qualche suo autobiografia o tue.. Che si sei immedesimata nel grande Galileo?
Sono parole mie… ho solo tentato di immedesimarmi nel grande Galileo…  :facepalm:
bestseller2020 wrote: Quindi anche Galileo cercò di paracularsi? Non sapevo! :D
Eh sì, e quelle che ho riportato sono una specie di traduzione contemporanea della dedica fatta  da Galilei ai Medici nel Sidereus Nuncius
bestseller2020 wrote: ma è comunque una tua versione o, come dicevo prima, frutto di biografie? A te la risposta. Ciao.
È una mia versione basata su studio e letture ma rielaborata secondo il mio sentire e dunque narrativa… non tesina! 
Grazie @bestseller2020!

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